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La vista curta

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Giuseppe Gioachino Belli

1835 Indice:Sonetti romaneschi IV.djvu sonetti letteratura La vista curta Intestazione 24 gennaio 2025 75% Da definire

L'entróne der teatro Una fettina de Roma
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835

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LA VISTA CURTA.

     Come sta, Nnino,1 la commar Celeste? —
Pe stà2 sta bbene, ma cquell’occhi cani
J’hanno tanto infarzito,3 sor Oreste,
Che mmanco ariconossce li cristiani.4

     V’abbasti a ddì cche prima de ste feste,
Un giorno sott’all’Arco de Pantani,5
Pijjò un par de somari co’ le sceste6
Pe’ ’na coppia de frati francescani. —

     Ma mme dichi davero o mme canzoni? —
È vvangelio: du’ asini bbadiali7
Li bbattezzò ppe’ ffrati bbelli e bboni. —

     Dunque, o all’occhi nun cià8 ttutti sti mali,
O cquer giorno che vvedde9 li torzoni,10
Lei guardava le cose co’ l’occhiali.

10 ottobre 1835.

Note

  1. [V. la nota 6 del sonetto: Er disinterresse, 10 genn. 35.]
  2. Per istare.
  3. [Gli hanno tanto infalsito: le sono diventati così falsi, così guasti.]
  4. Cristiani, vuol dire: “uomini.„
  5. [L’arco che si apre in quel maraviglioso muraglione che probabilmente formava il recinto del Foro d’Augusto. È detto dei Pantani, per le pozzanghere che v’erano intorno, prima che Paolo V ne rialzasse il livello.]
  6. Ceste.
  7. Tanto-fatti, grandi e grossi.
  8. Non ci ha.
  9. Vide.
  10. [Torzone (da torzo, torsolo), a Roma come a Firenze significa propriamente: “frate converso.„ Ma qui, in senso di spregio, sta per “frate in generale.„]