La zecca di Bologna/Capitolo VI

Da Wikisource.
../Capitolo V

../Capitolo VII IncludiIntestazione 4 febbraio 2020 75% Da definire

Capitolo V Capitolo VII


[p. 189 modifica]


LA ZECCA DI BOLOGNA





CAPITOLO VI.


Paolo V — Coniazione del 1612 — Orazio Provagli incisore dei nuovi coni — Nuove monete del 1613 e modificazioni nelle impronte volute dal papa — Gregorio XV — Urbano VIII — I ducatoni, mezzi ducatoni, il gabellone da tre bianchi — Innocenzo X — Nuove battiture — Gli incisori Cristoforo Quercia e Pietro Tedesco — Alessandro VII — Clemente IX — Clemente X — Miglioramenti nelle macchine dell'officina.


Il secolo XVII si apre con un breve periodo di quasi nessuna vitalità per la zecca di Bologna, del quale è forse a ritrovarsi la ragione nelle condizioni del commercio generale più che in quelle del luogo.

Ma dopo quel breve periodo la zecca nostra riprende il suo corso regolare ed aumenta notevolmente d’importanza col successivo accrescersi dei commerci in Italia ed appunto per la regolarità che acquista, la storia ne diventa più semplice e meno varia. Ciò premesso riprendiamo il corso della nostra illustrazione ricordando il periodo del pontificato di Paolo V (1605-1621).

Nel primo decennio di questo periodo non si coniarono che piccole quantità di moneta bassa: la più notevole fu certamente la battitura di 6 mila scudi di quattrini, concessa per chirografo del papa 29 marzo 16091: tal moneta porta appunto incise le date 1609 e seguenti.

L’offitium magisterij primarij officine monetalis fu concesso, nella seduta consigliare del io novembre 1612, a Carlo Angeli per un anno e gli fu mantenuto [p. 190 modifica]a tutto il 16142. Siccome i patti che furono combinati con lui rimasero in vigore qualche tempo anche colle successive locazioni, ne ricordiamo le parti importanti, sfrondando il documento dalle solite lungaggini di forma e dalle ripetizioni.

Il nuovo zecchiere si impegnava di battere monete d’oro, d’argento e di rame, con tali avvertenze.

1.° " Per le monete d’oro li scudi et doble che si batteranno et caveranno di Zecca, dovranno tenere di fino den. 22 per onza senz’alcun rimedio et a numero ne andranno scudi n. 107 11/15 per libra di peso, overo per maggior facilità per ogni onze undici 1/4 scudi 101, che è il medesimo. Et le doble da due et da quattro scudi alla medesima proportione similmente senza alcun rimedio nel peso o nella bontà. Et così ciascun scudo dovrà pesare alla proportione Car. n. 17 gran. 3 71/4 di grano et pochissimo più; et delli quattrini dovranno essere di rame schietto buono ne andaranno per libra di peso numero 120. Et delli mezzi Bolognini pur di rame schietto n. 40 per libra di peso. „

2.° Per le monete d’argento si prescriveva: " debbono conforme la nuova lega tenere di fino oncie undici per libra senza sorte alcuna di rimedio et a numero delle Piastre, o lire, che dovranno valere soldi 20 l’una, ne anderanno per libra di peso n. 47 1/9 similmente senza alcun rimedio et così delli bianchi o meze lire n. 94 2/9 et carlini n. 192 et li mezi carlini n. 384. „

3.° Il zecchiere era tenuto " per onoranza „ pagare al Comune soldi 17 e denari 8 per ogni libbra di monete piccole battute (carlini, mezzi carlini). „

Da questo documento risulta che, in luogo della soHta lega bolognese di 9,22 oncie, fu da allora introdotta la lega romana di 11 oncie.

Seguono molti altri capitoli relativi ai doveri del zecchiere anche rispetto ai mercanti che portavano [p. 191 modifica]metalli preziosi in zecca, e relativi all’obbligo nel maestro delle stampe di notare in un libro il numero delle pille e torsèlli in sue mani. Il zecchiere avrebbe riscosso lire dodici mensili dalla Camera di Bologna, avrebbe prestato cauzione, ecc., ecc.3.

La coniazione incominciò subito e procedette spedita per molto tempo, tantochè il 26 marzo 1616 gli ufficiali della zecca, contenti dello scrupolo con cui l’Angeli disimpegnava i proprii obblighi, prolungavano il termine della sua locazione a tutto il 16184.

A incisore dei coni fu scelto Orazio Provagli, di gran nome a’ suoi tempi e che appartiene a una famiglia di artisti che figurano decorosamente nella storia dell’arte bolognese del secolo XVII: arte, convien notarlo, che non fu a Bologna così baroccamente sbrigliata come nel resto d’Italia in quel tempo tantochè tutti i rami dipendenti, (l’incisione delle monete tra gli altri) risentono di quella corretta grandiosità di disegno che è la più bella caratteristica della grande scuola dei Caracci, oggi giustamente tornata in onore.

Ai primi del 1613 troviamo il ProvagH ricordato come incisore nella zecca bolognese: e forse la nomina a quell’ufficio è anche precedente.

Da un foglio che porta la data 1613, 29 marzo togliamo quanto segue:

— " La Congregatione de’ SS.’ Assunti sopra la Zecca ordina a ms. Oratio Provagli cuniatore, che pigli li disegni et mostre del cunio del san Petronio per farne uno dei migliori et de’ più belli che si possa conformi alli ricordi et avvertimenti datili per cuniare le Piastre d’argento da una banda et intorno vi siano le lettere S. Petronius Protect, et [p. 192 modifica]
che per il rovescio vi si ponga una Felsina armata di corazzine e celata o elmetto con le lettere Bononia docet.

" Per il Bianco si ponga da un lato il S. Petronio col raggio e con la Bologna sotto e con lettere S. Petronius Bonon, et per il rovescio un Leone rampante con lettere Bononia Mater studiorum.

" Per il Carlino si faccia la S.ª Madonna di S. Lucca da una parte con lettere.... (sic); et una targa con l’arma della città dell’altra parte et lettere Bononia docet.

" Per il mezo Carlino si ponga un mezo S. Petronio, da una banda con lettere S. Petronius, et per rovescio lettere nel mezo d’una ghirlanda, con uno scudetto, la Croce dell’Arme della Città (et) Bononia docet5.

Gli Assunti di Zecca non sospettavano certo la tempesta che avrebbero condotta sulla città, dopo un tal ordine. La battitura era già da qualche tempo attivata quando il legato pensò bene di mandare a Roma alcuni esemplari delle nuove monete perchè fossero mostrati al papa6. Questi, osservato che non vi si era posto nessun segno della sua sovrana autorità e saputo che non si era osservato il peso di Roma "con straordinaria alteratione et con parole di molta indignatione„ mostrò il suo risentimento all’Ambasciatore bolognese Silvio Albergati. Questi " rispondendo con ogni debita riverenza „ ebbe un bel scusarsi e far considerare a Paolo V che non lo si era fatto che per mostrare che le monete erano e dovevano restare in Bologna e perchè non si confondessero coi testoni romani. A nulla valsero le repliche dell’Albergati e l’intercessione del Cardinal Serra: il papa ordinò subito che si facesse sospendere la coniazione7). Nei giorni successivi l’ambasciatore cercò [p. 193 modifica]placare l’irritato papa, ma non fu nemmeno ricevuto in udienza, cosicché dovette limitarsi a parlare col cardinal Borghese e a comunicargli le lettere che gli venivano dal Reggimento bolognese. Dopo qualche tempo il papa, venuto a più miti consigli, riceveva l’Ambasciatore che rendeva conto agli Assunti di zecca dell’udienza con questa lettera:


— " Molto Ill.i SS.i Osservandissimi.
" Nella mia audienza ordinaria di questa mattina ho rappresentato a N. S.re il dispiacere grande, che ha sentito cotesto Reggimento per l’alterazione presa da S. S. circa la nuova moneta battuta in cotesta Zecca, con haverle esposto con la debita riverenza, ma vivamente, quanto da VV. SS.e mi fu scritto per Corriero espresso per giustificatione del detto Reggimento intorno a questo negotio. Da S. B.e sono stato ascoltato con molta benignità, dicendomi ch’era sicurissima della devotione di cotesto Publico verso la Santa Sede; et finalmente doppo gagliardissima instanza fattale da me, con supplicarla, che si degnasse haver per raccomandata la riputatione del Reggimento, S. S.à mi ha detto, che penserà a qualche rimedio et che io sia dal S.r Cardinale Serra; a questo ho risposto che supplicavo S. B.e a voler ella medesima farmi la gratia, al che ha replicato: andate dal Cardinale Serra, che haverete sodisfattione; come non ho mancato di fare, poiché subito dopo pranzo mi sono trovato da S. S.a R.a la quale perchè hoggi dovea andare all’udienza di N. S.e ho informato di quanto havevo riportato da S. S.à et l’ho supplicata insieme a voler con la sua favorita protettione ottener da S. B.e qualche buona risolutione intorno a questo negotio. Hora, che è la prima di notte, S. S.a R.a mi ha mandato a dire, che non ostante l’ordine dato con le passate al S.r Cardinale Capponi, che si dovesse ribatter tutta la moneta. Nostro Signore, per l’ufficio passato da me nella mia audientia, si è contentato, che questa sera si scriva al detto Signor Cardinale Capponi, che delli bianchi, Carlini e mezi Carlini, se ne ribattano solamente mille scudi con l’Arma di S. S.à da una parte, ma che le Piastre si ribattano [p. 194 modifica]
tutte con la detta Arma, aggiongendovi littere che dicano venti bolognini, per sfuggire la confusione de’ Testoni et che del restante dell’Argento che si trova in Zecca si battono tanti Testoni e giulij. Questo è quanto, si è potuto cavare di presente con difficoltà grande. VV. SS.e intanto veddano di andar trattenendo il S.r Legato, con supplicarlo del suo favore, che io procurerò di fare nuovo ufficio con S. Be per veder, se si può ottenere, che non si ribatta quantità alcuna di detta moneta; S. S.à mi ha detto ancor questa mattina che di Bologna sono state mandate qua’ alcune verghe d’oro, per batter scudi, al che io ho risposto che non ne tenevo avviso alcuno, ma che sicuramente non poteva esser interesse del Reggimento, il quale non ha modo da far batter quattrini di rame, non che scudi d’oro.

Né occorrendomi altro, bacio per fine a VV. SS.e le mani.

Di Roma, li xxij agosto 1615.

Di VV. SS.e Ill.e Afr.° Servitore

Silvio Albergati. — „8.


Fu quindi per contentare il pontefice che nel diritto delle piastre (o 2 giulii), in luogo della Felsina, fu posta Tarma del papa e del legato e il nome dello stesso pontefice. Le parole poi lasciate in bianco nel progetto che abbiamo riferito, pei Carlini furono Praesidium et decus intorno alla figura della B. V. di S. Luca col Bambino.

Gregorio XV (1621-1623). L’Angell rimase in ufficio fino al giugno del 1620, cogli stessi patti e seguitando a coniare le stesse monete: gli successe un G. B. Bassano per poco tempo, e che gli cedette di nuovo il posto, finché l’11 maggio 1623 veniva nominato in sua vece e per tre anni Lodovico Selvatici, di Modena9, già conduttore della zecca della sua città da dove era fuggito col [p. 195 modifica]fratello avendo coniato monete di titolo inferiore al prescritto.

Urbano VIII (1623-1644). È appunto a questo tempo che risale la introduzione di altre monete d’oro e d’argento quali il ducatone, il mezzo ducatone e il gabellone da 3 bianchi, già adottati i due primi dagli Stati vicini, non escluso Modena degli Estensi, che seguitava a fabbricarli fin dal 160410.

In seguito a una relazione compilata da due orefici assai pratici di cose di zecca, Carlo Viscardi e Giacomo Corsini, e dopo autorizzazione e forse ordine perentorio del papa gli Assunti di Zecca il 28 novembre 1624 ordinavano al zecchiere di coniare:

1.° " Il Ducatone nuovo di Bologna da 10 bianchi e mezo: tenga di fino onze undici per libra peserà once una carati 18 1/2, valerà L, 5 e soldi cinque.

2.° " Il mezzo Ducatone simile a proportione et valerà L. 2. 12. 6.

3.° " Il Gabellone da 3 bianchi come sopra pesarà 1/4, c. XI e valerà L. 1. 20 (sic).

4.° " La Piastra, et sarà di due Bianchi di detta bontà, pesarà carati 34 e valerà L. i.

5.° " Il Bianco sarà proportionabilmente di detta bontà pesarà carati 17, valerà soldi x.

6.° " Il Mezzo bianco overo Carlino alla rata per metà del bianco pesarà carati 8 y, valerà soldi 5.

7.° "Il quarto di bianco overo mezo carlino alla rata soddetta rispettivamente valerà soldi due e mezo„11.

Si noti che il valore del Ducatone bolognese era un po’ minore di quello romano e ciò fu stabilito, [p. 196 modifica]dopo lunghe trattative col cardinal legato, allo scopo che le nuove monete rimanessero a Bologna, evitando così alla città l’esodo delle monete buone. Vedremo che quel valore rimase ai ducatoni bolognesi per oltre un decennio.

Lodovico Selvatici, che evidentemente aveva imparato a sue spese a Modena, dove il Duca gli aveva confiscato beni e case, che cosa procurasse coniar monete di titolo inferiore a quello che richiedeva il valore corrente, a Bologna si comportò certo correttamente perchè fu riconfermato nel geloso ufficio per altri tre anni e nel 1634 ebbe facoltà di battere per ben 30 mila scudi di monete d’argento12.

Fu probabilmente per protezione che nel maggio del 1635, concorrendo all’appalto della zecca, Orazio Provagli bolognese e il Selvatici, ottenne il posto lucroso il primo per un triennio13.

Di Orazio Provagli il Zanetti, in uno scritto inedito, parla molto a lungo: realmente è artista degno d’attenzione, come osservammo. E una prova della stima che gli tributavano i coetanei è nelle parole del partito, che, da incisore de conii lo innalzava a capo dell’officina monetaria. In quest’ufficio rimase fino al 1653, in cui gli successe il figlio Bartolomeo14.

In qualità di assaggiatore fu dato al Provagli un collega in arte ricordato spesso per lavori d’oreficeria nelle carte bolognesi di quel tempo: Paolo Riva15.

Innocenzo X (1644-1655). Prima di ricordare le coniazioni del tempo di questo papa, crediamo utile [p. 197 modifica]accennare anche alle principali questioni sul valore, la bontà, e il corso delle monete che si coniavano a Bologna in quegli anni: questioni che davano origine a carteggi continui tra gli Assunti, l’Ambasciatore, la Camera Romana e alcuni Cardinali.

Tutte le questioni si assomigliavano nella causa che le originava: le accuse cioè, che si facevano a Roma alla bontà della moneta bolognese; accuse che venivano sempre vigorosamente combattute e spesso dimostrate ingiuste, annulando quindi i bandi e le disposizioni restrittive sul corso di quelle monete. Dai fasci di carteggi che rimangono16 e dalle frasi che qualche Cardinale si lascia sfuggire tra le complimentose assicurazioni di deferenza, ci sembra d’indovinare che a Roma si pensasse di arrivare una volta o l’altra alla chiusura definitiva della zecca, per togliere questo ultimo attributo di libertà cittadina.

Ma l’osso era troppo duro a rodere, e Bologna sempre orgogliosa de’ suoi diritti secolari seppe sventare tutte le trame e conservare intatto per lungo tempo ancora il privilegio di batter moneta.

Le coniazioni, durante le varie locazioni di Orazio Provagli, si succedevano specialmente per la moneta minuta17): quadrantes, soldi, doppi soldi, obuloso, murajole come il popolo le chiamava. Anzi nel 1650 si dovette ordinare di far sospendere le coniazioni di queste ultime, perchè la città ne era invasa18.

Nel maggio 1653 era eletto maestro di zecca per tre anni Bartolomeo Provagli incisore e architetto [p. 198 modifica]bolognese coi soliti patti che è inutile ricordare19. Appena eletto, il nuovo zecchiere presentava all’esame del Consiglio un suo progetto che ci rimane per l’attuazione di un torchio idraulico per la rapida fabbricazione delle lastre da cui tagliare i tondelli delle monete20. La somma rilevante che il Provagli domandava fu probabilmente la ragione per cui il progetto per allora non ebbe attuazione. Vedremo che più tardi perfezionò il suo ritrovato ed ebbe incarico di attuarlo.

Da qualche anno la città difettava di monete d’oro e d’argento; perciò nel 1654 si ordinò una grande coniazione di 25 mila scudi d’oro. Vista l’importanza della somma, fu steso un contratto a parte col maestro di zecca, il 3 agosto21. Vi si prescrive di battere doble e scudi d’oro di 22 carati di bontà intrinseca con 1/8 di rimedio, del peso usuale, e che ne vadano per libbra di peso 109 scudi d’oro e in proporzione doble, dobloni: le doble di carati 35, lo scudo 17 1/2, il doblone in proporzione: la battitura dovrebbe esser finita entro il prossimo mese di settembre, e il zecchiere avrebbe date garanzie, ecc.

A meglio provvedere ai bisogni della città si coniarono anche monete d’argento, come ci assicura un bando del 22 giugno 1655, che invitava i mercanti a portar oro e argento in zecca per farne moneta piuttosto che asportarlo, con danno della città22. Tra gli altri furon messi in circolazione pezzi da 20 soldi e 24 mila lire di doppi soldi23. [p. 199 modifica]Un nuovo maestro dei conii fu scelto e approvato nella seduta consigliare del 28 agosto di quel l’anno nella persona di Cristoforo Quercia24. Questi incominciò tosto a fabbricare i nuovi conii, resi necessarli per la morte del vecchio papa e per l’assunzione del nuovo che fu Alessandro VII (1655-67). Frattanto il Provagli era riconfermato zecchiere a tutto il 1659: nel nuovo triennio egli coniò 6600 lire di murajole e, riconfermato ancora sotto Clemente IX (1667-69) e Clemente X (1670-76) a tutto il 1671, in successive volte, coniò monete d’oro, d’argento, (tra cui carlini, mezzi carlini, da 6 e da 3 bolognini per 20 mila lire), murajole, quattrini (de’ quali ne andavano 144 alla libbra25), alle solite condizioni. Notevole è invece la decisione del 24 novembre 167 1 di battere scudi d’argento da 4 lire di valore e da 2 lire ai soliti pesi, lega e bontà e di mutare il conio delle murajole da due bolognini e la loro lega fissata "ab unciis tribus, ac tribus partibus unciae ad uncias sex purioris argenti26„.

Prima di abbandonare l’officina Bartolomeo Provagli potè finalmente attuare il suo disegno per una nuova Macchina de’ balzi per tirare le lastre colla forza di un cavallo, (ch’egli sostituì a quella dell’acqua modificando il suo progetto primitivo). In quell’occasione si rifecero a nuovo gli utensili della zecca guasti pel lungo uso, tra cui quattro taglioli per tagliare a tondelli il metallo, un castello con due torchi, martelli, ponzoni, ecc.27. Poco dopo, eletto zecchiere Giovanni Carlo Gualcheri, questi ebbe [p. 200 modifica]l'incarico di migliorare la macchina dei balzi per semplificare sempre più il lavoro e renderlo adatto alle esigenze nuove28. Il Gualcheri, dietro mercede di lire dodici al mese e l’uno per cento sulle monete d’oro da coniarsi e il due per quelle d’argento, s’impegnò, nel solito contratto, a fabbricare dobloni, doble o scudi d’oro alla lega di denari 21 e 7/8, senza rimedio, in ragione di 55 doble per libbra di Bologna; poi scudi d’argento da lire 4, mezzi scudi da lire 2, lire da 20 bolognini alla lega di oncie 11 per libbra con rimedio di 2 denari per libbra, more solito, al peso di 57 di tali lire per libbra e gli scudi e mezzi scudi in proporzione: quattrini, (se gli si ordinavano) in ragione di 144 per libbra e bagaroni (o mezzi bolognini) in numero di 40 per libbra; con mercede di soldi 7 e denari 8 pei primi e soldi 6 e denari 4 pei secondi, ogni libbra, per ricompensa della fattura, delle spese e del calo29. Contemporaneamente fu nominato maestro incisore dei conii certo Pietro Tedesco, aumentandosi poco dopo il relativo salario da lire 80 a 250 annue30.

Abbiamo avuto cura fin qui, perchè i documenti lo consentivano, di ricordare volta per volta le coniazioni, o almeno le principali, delle varie sorta di monete e le particolarità relative, perchè d’interesse speciale. Ma verso lo scorcio del secolo XVII, avendo il commercio italiano esteso le sue branche dovunque e Bologna, centro di attività industriale e di scambi sempre maggiori, sentendo sempre più il bisogno di provvedersi di grandi quantità sì di monete grosse che divisionali, per evitare il pericolo (per il passato [p. 201 modifica]così frequente) di vedere arenato a tratti il proprio commercio per la mancanza del corrispettivo da darsi ai prodotti in natura, entrò in un periodo di tale produzione monetaria che si credette inutile stabilire volta per volta nei contratti di appalto della zecca le somme da coniare. Per l’avvenire quindi troveremo nei verbali delle sedute del Reggimento riportata la sola concessione generica agli Assunti di far batter moneta per tutto l’anno. Ci sfugge così, nella maggior parte dei casi, la notizia delle singole coniazioni, mancandoci anche i registri dei saggiatori che tenevano nota delle partite uscite di zecca. In compenso l’uso sempre crescente di apporre le date delle battiture alle monete ci permette, coll’esame di queste, di renderci esatto conto dell’attività dell’officina bolognese.






Note

  1. Bolle e brevi. A queste serie appartengono tutti i brevi con cui i papi nominavano i sovrastanti alla zecca, carica lucrosa e che era concessa a personaggi influenti di Bologna.
        Partiti, 1612, 14 marzo, 20 marzo 1618, 27 ott.
  2. Partiti, 1612, 10 nov. 1613, 10 dic. e Istrumenti e scritt., 1614, 31 gennaio.
  3. Istrumenti e scritture, 1614, 31 gennaio.
  4. Partiti, 30, c. 47, r.
  5. Istrumenti e scritture.
  6. Partiti, 31, c. 95, r.
  7. Istrumenti e scritture. Fascio di lettere dal 1615, 8 agosto al 12 settembre dello stesso anno, sotto la prima data.
  8. Ibid.
  9. Partiti, 31, c. 36, r.
  10. Crespellani, op. cit.; Cesare Duca, pag. 78 e segg., e 82.
  11. Partiti, 31, c. 62, r. e Piani, ecc., b. 12 dell’Assunteria di Zecca, 20 nov. 1624. "Relazioni intorno ad un provvedimento riguardante gli scudi d’oro.„
  12. Partiti, 32, c. 3, V., e 33, c. 9, v. Sopra una battitura di quattrini, V. doc. XVIII.
  13. Partiti, 25 maggio 1635, 33, c. 42, v.
  14. Partiti, 28 aprile 1642, 3 aprile 1647, 4 gennaio 1650.
  15. Partiti, 5 genn. 1644.
  16. Carteggi dell’Ambasciatore agli Assunti. — Istrumenti e scritture e sp. dal 1637 al 1650 circa.
  17. V. doc. XIX.
  18. Partiti, 36, c. 40, r., e 105, 106. Istrumenti e scritture 1648, 14 marzo, 1650 13 dicembre. Lettere dell’Ambasciatore 15 luglio 1651.
  19. Parati, 37, c. 42, r.
  20. Vi è unito il disegno della pianta del fabbricato della zecca.
  21. Istrumenti e scritture, V. dee. XX.
  22. Bandi.
  23. Partiti, 1 febbraio, 1655, e 28 giugno, 28 agosto, 22 dicembre 1655 e 21 febbr. 1656.
  24. Partiti, 37, c. 61, V.
  25. Partiti, 4 giugno, e 10 nov. 1659, 23 dic. 1660 (nomina di assaggiatori) 23 maggio 1665, 22 genn. 1666, 21 maggio 1666, 3 giugno 1667, 16 genn. 1671.
  26. Partiti, 40, c. 16, v.
  27. Partiti, 5 settembre 1678.
  28. Partiti, 29 ottobre 1672.
  29. Assunteria di Zecca. Piani, ecc. 1673, 5 maggio.
  30. Partiti, 18 marzo 1673 e 28 giugno 1675.