Le fanciulle d'ieri e quelle d'oggi

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Sofia Bisi Albini

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Le fanciulle d’ieri

e quelle d'oggi



Sofia Bisi Albini



C
i si maraviglia dell’immenso progresso compiutosi in questi ultimi anni nel mondo scientifico e industriale, e nessuno ancora si è accorto di un altro grande maraviglioso progresso: quello delle fanciulle, le madri di domani, grazie alle quali la società sta per compiere un’evoluzione sorprendente. E sono le madri d’oggi e quelle di ieri che l’hanno sapientemente preparata.

Noi siamo nate nel mattino radioso del nostro Risorgimento e sappiamo quale largo respiro corse per l’Italia. Le nostre mamme, che fanciulle avevano visto il 48, erano ancora palpitanti di tutte le emozioni provate. Noi trovavamo in fondo ai cassetti coccarde italiane e francesi che avevano visto i giorni inebbrianti del 59, e compitavamo su vecchi proclami patriottici. Vedevamo le mamme tutte occupate a fondar scuole degne dei nuovi tempi, società di Mutuo Soccorso fra operaie, ricoveri per i bambini lattanti delle donne che lavorano nelle fabbriche...

Certe nonne scotevano il capo. A quarant’anni esse avevano incominciato a portar la cuffia, e a cinquanta erano già vecchie di corpo e di spirito come ora non vediamo nessuna donna neppure a ottanta anni. Esse si levavano da letto alle undici e se ne stavano tutto il giorno sedute nella poltrona davanti al tavolino da lavoro, o nell’angolo del sofà a ricevere, facendosi servire dalle figliole nubili, che davano loro del lei, o da domestici devoti come schiavi, che le calzavano e le vestivano come se esse non avessero le mani e non potessero inchinarsi.

Vi erano eccezioni, naturalmente: v’erano state le donne meravigliose che avevano partecipato a tutti i sogni e le ansie dei loro uomini, congiurato con essi, aiutato, scritto, viaggiato, per tener desta la grande idea di un’insurrezione che ci facesse finalmente liberi! Ma la maggioranza della vecchia generazione femminile d’allora era apata ed egoista [p. 5 modifica]e si stupiva e si scandalizzava delle esaltazioni patriottiche delle contemporanee, disapprovando la nuova generazione che prendeva delle abitudini affatto nuove di attività e d’indipendenza. Figlie maritate e nuore si occupavano fuor della loro casa — di cose che non le riguardavano — dicevano, ed esse si credevano più cristiane delle loro figliole perchè recitavano tutte le sere il Rosario; ma non amavano, no, il prossimo come loro stesse, e non facevano agli altri ciò che avrebbero voluto fosse fatto ad esse.

Fortunate noi che fummo figlie di donne generose e attive! 1848 Come dissi, nella nostra infanzia era ancora nell’aria il suono delle trombe e il rullo dei tamburi dell’epopea grandiosa, e noi abbiamo assistito all’ultimo strappo, dalle unghie dell’Austria, di quel Veneto che essa non voleva abbandonare. Fu veramente la liberazione di tutti gli spiriti e parve che solo allora fosse possibile di mettersi al lavoro di organizzazione della nuova patria.

Un soffio di democrazia aveva portato in alto tutti i cuori. Democrazia nel suo vero vecchio senso di distruzione di ogni privilegio e nel senso largo e moderno di unione di uomini che vogliono e chiedono la libertà in ogni sua possibile applicazione.

Ed è noto come, nella Lombardia sopratutto, i primi a sognare e lavorare segretamente e così pericolosamente per una libertà che pareva utopia, i primi a infiammarsi alle idee del grande agitatore genovese, i primi ad accorrere alla chiamata di quel figlio di popolo e liberatore di popolo che fu Garibaldi, sono stati giovani appartenenti per nascita, per censo, per coltura a quelle antiche famiglie che, nobili o no, erano chiamate aristocrazia.

Tutto si rinnovava, si rinfrescava, si slanciava con entusiasmo verso nuovi ideali. Ciò che si veniva organizzando e avesse un carattere di modernità, era accolto con simpatia, con entusiasmo, come se portasse un suggello di patriottismo, e veniva aiutato perchè fosse coronato da successo.

Fu così che, quando i Municipi si affrettarono a fondare scuole pubbliche, anche parecchie famiglie del patriziato e quelle della antica borghesia vi inscrissero i loro figli. [p. 6 modifica]

Sì, noi abbiamo avuta la nostra prima istruzione con le fanciulle del popolo, dalle quali ci divideva una diversità di usi, di pensieri, di abiti, di linguaggio, ben più grande che ora non esista. Noi abbiamo per le prime avvicinate come uguali sui banchi di scuola, e imparato a conoscere, le figliole di una classe che era sempre rimasta separata: bambine di operai e di bottegai che si mostravano più studiose di noi, 1875e molte volte più intelligenti; e se noi siamo state spesso urtate da rozzezze e volgarità che ci erano ignote, abbiamo però anche conosciuto bontà, delicatezze, fierezze che mai avevamo sospettate.

Due settimane fa, a Milano, entrata nella bottega di un cartolaio per comperare una matita, io scorsi al banco una donna che mi destò un inaspettato lontano ricordo. Dio mio, è possibile che dopo quarantacinque, quarantasette anni, ci si riconosca ancora? I nostri occhi nel guardarci ritrovarono reciprocamente la piccola compagna di scuola.

— Ma tu sei la Suvini!

— Ma tu sei la Sofia Albini!

E ci siamo stesa la mano attraverso il banco, rievocando commosse i lontani ricordi di scuola elementare.

E' così: è per questo spirito di liberazione da molti pregiudizi e molte convenienze che non avevano base di giustizia, che le nostre madri ci fecero tali da poter educare le fanciulle quali oggi sono.

E' questo, o fanciulle oggi ricche ed eleganti, che rese possibile ai vostri padri, usciti dal popolo, di esplicare tutta la loro operosità ed intelligenza, liberi da timidezze e soggezioni, imparando dalla convivenza con una classe più elevata, virtù che ignoravano.

Le nostre madri ebbero dei momenti di esitazione nella nostra educazione. Troppa differenza v’era fra quanto esse sentivano di dover fare e quanto si era fatto fino allora, ma se pensiamo che esse furono le prime a mandarci alle scuole pubbliche, e farci proseguire gli studi in istituti superiori, aprendo davanti al nostro spirito tutta una letteratura classica e romantica ch’ era stata fino allora considerata come pericolosa, e furono le prime a concederci a vent’anni di uscire sole per andar a lezioni, per visitare un’amica o portar soccorsi a povere [p. 7 modifica]famiglie, dobbiamo dire che il passo più decisivo verso una nuova educazione fu fatto da esse.

Ed è perchè noi abbiamo potuto constatare quanto questa loro fiducia ci fu benefica, e come abbia sviluppato in noi il senso di responsabilità e di dignità, che noi abbiamo voluto dare alle nostre figliuole ciò che fu l’orgoglio e le mani sprofondate nelle tasche...la fortuna della nostra giovinezza, insieme a ciò che sentivamo necessario, e non ci fu dato.

Abbiamo voluto completare l’opera cominciata su noi, per farle migliori di noi. E le abbiamo educate a quella sincerità, a quella giustizia, a quella fiducia in loro stesse che oggi ne fa delle personalità così interessanti.


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Soltanto dieci anni fa le ragazze erano considerate dai più come delle creature insignificanti.

A nessun scrittore sarebbe venuto in mente di studiarle e descriverle: erano dei bocconcini senza colore e senza sapore che le mamme agganciavano all’amo e tendevano ai pesci guizzanti nel mare della vita, - così si pensava dai più; e naturalmente si giudicava che anche le ragazze non facessero altro che dar la caccia ad un marito.

All’epoca della nostra giovinezza, in cui ancora sopravvivevano degli ideali, erano succeduti anni di marasmo in cui tutto parve infiacchirsi e abbassarsi nella vita italiana. Imperava l’interesse, l’egoismo e la sensualità. Non v’era più un palpito per cose grandi; non v’era che scetticismo nella vita e nella letteratura, questa rispecchiando quella, e contribuendo a diffondere e alimentare, sempre più, gusti e idee corrotte e corruttrici.

Nulla di ciò che era onesto e puro si salvava dal mordace, e molte volte elegante cinismo di uomini che, se anche possedevano ingegno e sensibilità artistica, non avevano altrettanta sensibilità morale; e dietro ad essi e come essi era tutta quella massa di cretini e di volgari che credevano mostrarsi uomini superiori non avendo fede in nessuna onestà, e meno che in altre in quella delle donne. Ma siamo usciti, se Dio vuole, dal periglioso passo. Varii elementi contribuirono a questo risveglio di fedi, d’energie e di purezza. [p. 8 modifica]

I nuovi ideali sociali aprirono gli occhi su molte ingiustizie che permanevano, malgrado la cresciuta civiltà, ad aggravare la condizione di quelli che lavorano. La cognizione di molti problemi sociali e di molte miserie fisiche e morali, e lo studio dei rimedi necessari, portarono nello spirito di ognuno di noi, pensieri, preoccupazioni, sentimenti all’infuori del nostro piccolo io.

Poi vennero le nuove, stupefacenti, rapide scoperte scientifiche e industriali e furono, a parer mio, un eccitante prodigioso per l’intelligenza e il sistema nervoso dei giovani, perchè risvegliarono in essi la curiosità, l’interessamento, l’ammirazione, che io chiamo i ventilatori dello spirito perchè mettono in fuga quelle scorie e impurità che sono l’apatia e l’ignoranza.

Anche la diffusione degli sports contribuì indubbiamente a rinvigorire le fibre e a distogliere i giovani da divertimenti malsani e snervanti, per farli vivere all’aria aperta, in sani esercizi fisici, a contatto con la natura che esercita sempre un’influenza purificatrice.

Ma un altro coefficiente di questa rinascita di fede in sè e negli altri, io credo che la gioventù d’oggi l’abbia trovato nella grande sventura che colpì l’Italia nel 1908.

Quell’uomo che ebbe il soprannome di Cancelliere di Ferro, il Bismark, scrisse in un suo quadernetto giovanile questo pensiero, che può parer romantico nella forma ma è profondamente vero:

“Non rivoltiamoci contro il dolore; esso è altrettanto necessario della gioia alla nostra coltura interiore. Se il sole della gaiezza matura e fa fiorire, la pioggia delle lagrime rinfresca e aumenta la linfa.„

Anche chi non pianse, rabbrividì fin nel profondo delle viscere quando, a frasi rotte come singhiozzi, il telegrafo portò per l’Italia l’orribile notizia che Messina e Reggio erano scomparse sotto un cataclisma inaudito.

In tutti gli animi giovanili una vampata di abnegazione bruciò in quel punto ogni sentimento cattivo, fiacco, o volgare. Per la prima volta, dopo tanti anni, si riaccese nella muova generazione l’impeto che aveva portate le camicie rosse verso quelle terre d’Italia che invocavano di unirsi alla Patria libera. Essa comprese che cosa sia questo legame che stringe i figli di una stessa Nazione e conobbe l’intimo gaudio di dimenticare sè stessi per gli altri.

Dissi in altra occasione come io pensi che la nostra gioventù non sarebbe forse accorsa con tanto entusiasmo nelle terre d’Africa, non avrebbe gridato con così alto e commosso affetto il nome d’Italia, se il disastro del 1908 non avesse già fatto vibrare in essa il sentimento d’italianità, e non si fosse allora allenata al sacrificio. [p. 9 modifica]


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E fu in quei due anni memorabili della nostra Italia che la fanciulla apparve anch’essa, a chi fino allora aveva avuto gli occhi chiusi, in tutta la sua compiuta ed interessante modernità. Ella si affermò come una personalità che ha coscienza dei suoi doveri e della parte di lavoro che la società attende da lei, e la sa compiere con abilità e dignità.

delle vesti scure e dimesse...Vent’anni fa, ancora vi erano molte vite inutili di fanciulle da marito, monotone esistenze chiuse fra il sacco della biancheria e il tavolino da lavoro; giovinezze che sfiorivano fra sogni, illusioni e rimpianti, senza che le madri s’accorgessero quale tirannia commettevano nel loro egoistico amore.

Chi più pronuncia ora la parola zitellona? Sono scomparse quelle figure insecchite, smunte, dallo sguardo timoroso, dalle vesti scure e dimesse che odoravano d’incenso; e quelle altre dalla voce maschile e il passo da granatiere che credevano mostrare il loro disprezzo per gli uomini, vestendosi quasi da uomo, e salutandovi con le due mani sprofondate nelle tasche, o puntandovi la punta dell’ombrello nel petto. E quelle altre ancora che si davano l’aria di giovinette a quarant’anni, e nei balli si mettevano in gruppo con le ragazze, e passavano le lunghe giornate fra uno sbadiglio, un punto di ricamo e una spumacciatura di cipria, con una sola ora interessante: la passeggiata nella strada più frequentata, a fianco della vecchia mamma, con un farino composto e ubbidiente di signorina ammodo che può benissimo trovar un marito per la strada...

Ora, come sono sparite gli scialli e le cuffie, e una signora di cinquant’anni ci fa spesso stupire increduli se ci presenta un suo figlio con tanto di barba, così noi non distinguiamo più le fanciulle di vent’anni da quelle che s’avvicinano alla trentina.

Vi farò ridere, se vi dico che ho l’impressione che accadde di noi, nonne, mamme e figliole, quello che della farina, delle uova e dello zucchero sotto le mani della cuoca. Ci siamo bene amalgamate, comunicandoci reciprocamente le nostre qualità, e formando del mondo femminile una buona, soffice e nutriente pasta, che il mondo maschile dell’avvenire troverà squisita. [p. 10 modifica]

Tanta persistente freschezza nella donna d’oggi si deve a questa vita nostra più igienica, più aperta, così alle correnti d’aria pura come alle correnti d’idee, a questa nostra vita morale fattasi più schietta, più sana, più robusta, che ci rende resistenti anche di fibra e dà ai nostri volti, anche se vecchi, una luce che pare quasi giovinezza.

Fanciulle, mamme e nonne ci siamo avvicinate come non mai prima, e viviamo una stessa vita, malgrado che ognuna di noi sia così gelosa della propria indipendenza. Ma pensieri, preoccupazioni, godimenti, letture, discorsi ci sono comuni, perchè noi abbiamo aperta davanti agli occhi delle fanciulle la vita in tutta la sua sincerità, mentre una volta esse avevano l’impressione che qualche cosa di vergognoso ci fosse sempre dietro quelle porte che trovavano chiuse alla loro curiosità. Ciò che con ipocrita e pericoloso sistema si voleva loro nascondere, oggi si va svelando ad esse quietamente, per lavoro spontaneo della loro mente, per gli studi più completi e più seri, per una maggior sincerità del loro e del nostro carattere.

Le mamme di una volta non ricordavano forse di avere, da fanciulle intuito e compreso molte cose, e finto di non conoscerle? Era una commedia di ben cattiva lega che si recitava allora fra madri e figliole.

Oggi noi sappiamo che a una fanciulla non è più possibile non intuire i misteri della vita e non conoscere certe brutali e vergognose verità. Tutto, nella strada, nel teatro, nei giornali è detto, è esposto, è scritto, ma non per questo le fanciulle d’oggi sono meno pure di quel che noi fossimo.

Pensiamo che nelle epoche più corrotte che conti la storia, le fanciulle erano educate nei conventi, e maritate senza nulla conoscere degli uomini e della vita.

Questa schiettezza con cui ora tutto si rivela alla loro intelligenza, la semplicità e la franchezza con la quale esse parlano con noi madri di ciò che sanno, vedono e pensano, sono virtù tutte nuove, che le arma contro l’inganno e infondono loro un fiero sentimento di superiorità sulla gioventù maschile: perchè indovinano come troppe volte questa non sappia resistere alle seduzioni del luridume, sia o no, mascherato di eleganza.

Il fatto è che la vita familiare, grazie all’averla sgombrata di molti sottintesi e molte reticenze che si sapevano dall’una e dall’altra parte inutili, e spesso pericolosi, è diventata più limpida e simpatica. Le figlie sentono di avere nelle loro madri delle amiche e non direbbero mai a un’amica quello che non potrebbero dire a noi. Insieme si sale con lo spirito verso verità e altezze che qualche anno fa erano ancora avvolte nelle nubi del pregiudizio.

Lo studio è veramente un faro che rischiara gli angoli più oscuri, [p. 11 modifica]così della scienza come della coscienza. L’istruzione seria che ricevono le fanciulle oggi, sa trarle fuori dal morbido e scivolante terreno della frivolezza e delle mondanità, da quello meno viscido, ma non meno pericoloso, dei sogni, delle sentimentalità e delle morbose malinconie, da quello così sassoso delle meschine, materiali fatiche esaurienti e così spesso inutili, per farle assurgere a una vita di lavoro in cui l’arte sa porre il suo suggello di bellezza, a doveri di educazione e di esempio giovinette a quarant'anni... nei quali nessuno può sostituire la madre, a quelli di governo della casa e di aiuto spirituale e di collaborazione, nei quali nessuno deve sostituire la moglie.

Per quel senso di equità ch’è nel carattere del nostro Paese, forse anche per il ricordo del nostro glorioso Rinascimento, in cui la coltura della donna ebbe tanta influenza sugli ingegni maschili, le scuole classiche e le Università furono da noi aperte senza difficoltà alle fanciulle. Ciò che non si fece in altri paesi che noi crediamo più progrediti; per esempio, in Germania, ove si lascia piena libertà ai giovani e alle signorine di passeggiare e divertirsi insieme, ma non di studiare. Da noi invece s’incontrarono per la prima volta, liberi, nelle aule severe di una scuola.

E s’incontrarono come rivali. Le fanciulle decise a vincere i maschi con la loro assiduità e il loro buon volere, e spesso riuscendovi, ricevono è vero qualche volta sgarbi dagli inetti e dai maleducati, ma si conquistano la stima e la simpatia dei compagni intelligenti ed educati.

Si sono visti dei matrimoni di antichi compagni di Liceo o d’Università, e vi fu chi disse che dunque la scuola promiscua è un pericolo per le fanciulle, — come se il conoscersi e l’amarsi studiando non fosse più degno di giovani intelligenti e puri che l’amarsi... ballando.

L’amore dello studio una volta spariva nelle fanciulle appena avevano finite le scuole. Ora invece fiorisce dopo. Gli è che esse hanno capito che la vera coltura è quella che ognuno si fa da sè dopo che nella scuola si sono messe delle buone fondamenta. Solo allora infatti si può scegliere il nutrimento più adatto e più simpatico al proprio spirito, e tutti sappiamo che ciò che piace vien digerito bene.

Oggi non vi è, si può dire, fanciulla intelligente in Italia, che finito un corso regolare di studi non si domandi: che cosa posso fare? [p. 12 modifica]Perchè ella non può pensare che una creatura, nell’età sua più preziosa, possa rimanersene nella ridicola posizione di attesa... di quel qualcuno che non si sa chi sia — che non si sa da che parte verrà, — che forse non verrà mai...

Pare impossibile che vi sia stato un tempo in cui tutti i padri e tutte le madri tenevano le loro figliole in una situazione così poco dignitosa.

Pensiamoci bene: è il cartello del si vende che si lascia penzolare per anni dal proprio balcone: tutto ciò che una madre fa per rendere eleganti le sue figliole, per farle divertire, ha l’aria di una vera esposizione per trovar l’acquirente. Oh, voi avete ragione, figliole care, di ribellarvi a questa, non so se più penosa o comica posizione; avete ragione di chiedervi: che cosa posso fare? E di fare qualche cosa. Qualche cosa in cui mettere tutta la vostra intelligenza, in modo che vi diventi un gran piacere: qualche cosa in cui esplicare le vostre particolari attitudini, o le vostre particolari virtù, e possa essere utile a voi e agli altri.

Oggi, quanti babbi e quante mamme ignorano il tormento di non trovar marito alle loro figliole! quanti fratelli sono sollevati dalla preoccupazione di dover mantenere un giorno le loro sorelle! Essi vedono le loro simpatiche ragazze, liete e disinvolte, assorbirsi in un lavoro che dà loro godimento e profitto, e le renderà indipendenti. Oppure prese dell’entusiasmo di un’arte o dedicate con tutta l’anima a un’opera benefica.

Forse certe madri, liberate dal poco piacevole compito di portarle in giro perchè abbiano modo di incontrare qualcuno a cui possano piacere, pensano che con questa vita operosa e più indipendente le loro figliole hanno maggiore occasione di mostrarsi sotto una simpatica luce. E certamente, in fondo al cuore anche di quelle fanciulle che non sembrano punto preoccupate del loro avvenire, fiorisce una speranza, senza ch’esse la coltivino; ma sono soddisfatte che nessuno se n’accorga, e di non sembrare degli uccellini su un ramo, impazienti di spiccar il volo.

Non è detto infatti che quella loro apparente indifferenza allontani la possibilità di una felicità futura. Gli uomini migliori, se hanno anche qualche volta l’aria di guardar con piacere quelle che meglio vestono o ballano, in realtà seguono col pensiero quelle che vedono camminare franche e dignitose per una via di lavoro: e il giorno in cui vogliono farsi il loro nido, ripensano a quelle che più sapranno ripararlo dal vento della vanità e della frivolezza.

Oggi noi vediamo anche fanciulle molto ricche sfuggire una vita snervante e scipita di svaghi e di flirt, e darsi a studi serii o a lavori interessanti. Bastò che la Croce Rossa facesse appello all’aiuto delle [p. 13 modifica]donne perchè una falange di fanciulle si inscrivesse ai suoi corsi e affollasse con costanza e abnegazione i suoi ambulatori. I Patronati scolastici, i Dopo Scuola, tutte le opere benefiche, le scuole festive, i bambini dell’ospedale, i ciechi, sanno che cosa portano di fervido e lieto aiuto le signorine. A Imola ne vidi che vanno a far lettura e a insegnar lavori ai pazzi cronici.

Ogni nuova via di lavoro che s’apre vede accorrervi fanciulle, anche non bisognose di guadagno, quando questa via porta all’aiuto di qualche miseria. Basti accennare alle scuole delle Infermiere che vedono inscriversi ogni giorno squisite e giovani creature che non hanno rinunciato alla speranza di avere un giorno un nido loro, ma si credono in diritto di usar intanto della loro vita seguendo la loro vocazione, che può giovare a qualcuno, e potrà procurar loro una professione se saranno destinate a non trovare un compagno.

Anche al dolore oggi le fanciulle sanno opporre una energica volontà, una resistenza affatto nuova: non vogliono lasciarsi travolgere, non vogliono ridursi deboli creature da destare pietà e rattristare le persone che amano. Noi ne vediamo, sotto spasimi che farebbero prendere la rivoltella a un uomo, lottare e buttarsi a un lavoro con un ardore che sembra una sfida. In questi due anni di guerra libica, che tanti cuori di fanciulle hanno spezzato, noi abbiamo avuto lo spettacolo di veri eroismi femminili.


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In Inghilterra, in Germania, in Francia si sono accorti quali individualità interessanti siano oggi le fanciulle, e gli scrittori si compiacciono di studiarle e descriverle. I francesi, per quel loro bisogno di una letteratura stuzzicante, si rallegrarono di aver uno spunto nuovo per poter poi ritrarre di fantasia delle personcine originali e spesso estremamente piccanti. Ma in ogni modo il mondo si è accorto finalmente che le fanciulle hanno anch’esse un carattere, e non sono figure sbiadite e insipide, tutte fatte sullo stesso stampo.

Come ci avviene in ogni altra cosa, noi italiani sappiamo anche in questa modernità conservare la giusta misura perchè possediamo, grazie a Dio, un buon senso o forse meglio un buon gusto che ci salva dalle esagerazioni che portano così facilmente al ridicolo. Troppe tradizioni etiche ed estetiche noi abbiamo perchè ci si esalti per tutto ciò che è nuovo, come accade spesso nei paesi del Nord. L’amore della sincerità nell’educazione e nella vita femminile, che da noi volle dire elevazione morale e maggiore dignità personale, in certi paesi fu intesa soprattutto come una necessità di levare da tutto ciò che è umano ogni velo, anche [p. 14 modifica]materiale, di modo che quella che noi chiamiamo la nuda verità, diventò per essi la vera nudità.

Ma da noi, come dicemmo, le nostre tradizioni e il nostro carattere ci fanno rifuggire istintivamente da tutto ciò che è eccessivo, e, per ciò che riguarda la nuova generazione, nessun squilibrio si nota, perchè non vi è abisso fra essa e la vecchia: l’evoluzione s’è compiuta dalle nostre mamme a noi e da noi alle nostre figliole, naturalmente, con un processo di perfezionamento di cui non abbiamo che da rallegrarci.


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A chi dicesse che queste mie pagine sono troppo ottimiste, io chiederò se essi hanno avuto come me, durante vent’anni, la possibilità di essere a contatto con migliaia di fanciulle d’Italia e di poterle studiare attraverso le loro lettere, o conoscendole personalmente, come io ebbi la fortuna di fare.

Dirigendo la Rivista per le Signorine (che oggi si è fusa con questo nuovo periodico) io mi trovai ad essere, come mi chiamavano le mie giovani lettrici, la mamma spirituale di due generazioni di fanciulle, e io vidi nascere, aiutai ad alimentare questo desiderio di vita operosa e serena nelle fanciulle, e posso dire che esso si diffonde sempre più e che è meraviglioso il risveglio delle provincie che più erano legate da vecchi pregiudizi e da abitudini chiuse e tiranniche, di cui le madri soffrivano quanto le figliole.

Vi è chi pensa, guardandosi in giro nelle grandi e piccole città, che è ben grande ancora la schiera delle fanciulle che passeggiano sui marciapedi, vestite per gli occhi della gente che passa.

Sì, v’è una borghesia, ancora molto piccina anche di cervello, e vi è anche quella nuova, degli arricchiti di ieri, le cui intelligenti figliole hanno saputo rapidamente assumere le attitudini e le forme della società elegante, ma non vivono che di mondanità.

Più che la sete di godimenti, è in esse però, io credo, l’impazienza di trovare un marito che le faccia uscire dalla loro famiglia ove, malgrado le mutate condizioni di vita e il desiderio di trasformarsi, tratto tratto si rivela l’origine popolana.

Queste fanciulle vestono con eleganza eccessiva e non lasciano occasione di trovarsi a contatto del mondo che si diverte; e sono veramente quei tali cartelli di cui parlai più su, destinati ad attirar l’acquirente. Una volta però che hanno raggiunto il loro sogno, appaiono calme, e la gioia di non sentirsi, non più soltanto delle ricche, ma delle [p. 15 modifica]signore, e di crearsi il loro ambiente come lo sognavano, fa fiorire in esse delle virtù squisite che sono la fortuna delle famiglie ove entrano.

Vi sono eccezioni? è vero: lo sfoggio volgare di ricchezza che oggi noi vediamo, il vestire, non secondo il proprio buon gusto, ma come vogliono le donne meno rispettabili di Parigi e i sarti speculatori, la mancanza di signorilità in ogni loro atto o gesto, prova come l’improvvisa ricchezza abbia portate in su molte donne che non hanno avuto il tempo di educarsi; ma le loro figliole, siatene sicure, reagiranno e sapranno camminare da sè in una via più dignitosa, perchè sempre più apparirà la bellezza delle fanciulle della classe veramente educata.

Deliziamoci intanto noi allo spettacolo di quest’attraente falange di giovinette, moralmente così sane, così disinvolte e sincere, che sanno muoversi, pensare, agire, senza bisogno di essere sempre seguite, guidate, consigliate.

Sono veramente le compagne che occorrono agli uomini di oggi; sono le madri forti di corpo, d’intelligenza e di animo che occorrono per i figli di domani. L’educazione nuova, che ha liberato il loro cammino da tante stolide convenzionalità (che invece di essere una difesa erano un’offesa alla loro purezza e alla loro dignità) le ha anche liberate dalla insidiosa ragnatela che la noia, i disinganni, gli scoraggiamenti tessono intorno ad ogni debole anima femminile.

La nuova società ha bisogno di donne colte senza pedanteria e vanità, — pensose, ma serene, — laboriose, ma calme, — le cui mani siano sempre pronte a compiere con abilità e con grazia ogni più delicata creazione d’arte, come ogni più semplice e umile lavoro. Donne che sappiano occuparsi del benessere del loro nido e dell’educazione dei loro figlioli, ma ricordarsi anche sempre dei poveri nidi ove madri e bambini soffrono.

La casa italiana sarà sempre più un tempio sacro a promesse indistruttibili, e una scuola di energia e di amore, e i figli vi cresceranno con un senso di così alta adorazione e così profonda fiducia nelle loro mamme, che tutto ciò che vi è d’ingiusto nelle leggi e nei costumi, riguardo la donna, sarà da essi proclamato indegno di un popolo civile.

Combattere così le battaglie femministe non vuol dire giungere a una vittoria inebbriante?...

È quella che attende le fanciulle italiane d’oggi, le madri di domani.