Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568)/Vittore Scarpaccia et altri pittori viniziani

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Vittore Scarpaccia et altri pittori viniziani

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Pietro Perugino Iacopo detto l'Indaco
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[p. 518 modifica]VITA DI VITTORE SCARPACCIA ET ALTRI PITTORI VINIZIANI E LOMBARDI

Egli si conosce espressamente che quando alcuni de’ nostri artefici cominciano in una qualche provincia, che dopo ne seguono molti l’un dopo l’altro; e molte volte ne sono in uno stesso tempo infiniti; perciò che la gara e l’emulazione, e l’avere avuto dependenza chi da uno e chi da un altro maestro eccellente, è cagione che con più fatica cercano gl’artefici di superare l’un l’altro quanto possono maggiormente. E quando anco molti dependono da un solo, subito che si dividono, o per morte del maestro o per altra cagione, subito viene anco divisa in loro la volontà; onde per parere ognuno il migliore e capo di sè, cerca di mostrare il valor suo. Di molti dunque che quasi in un medesimo tempo et in una stessa provincia fiorirno, de’ quali non ho potuto sapere, nè posso scrivere ogni particolare, dirò brevemente alcuna cosa; per non lasciare, trovandomi al fine della Seconda Parte di questa mia opera, indietro alcuni che si sono affaticati per lasciar il mondo adorno dell’opere loro. De’ quali dico, oltre al non aver potuto aver l’intero della vita, non ho anco potuto rinvenire i ritratti, eccetto quello dello Scarpaccia, che per questa cagione ho fatto capo degl’altri. Accettisi dunque in questa parte quello che io posso; poichè non posso quello che io vorrei. Furono addunque nella Marca Trivisana et in Lombardia nello spazio di molti anni, Stefano Veronese, Aldigieri da Zevio, Iacopo Davanzo bolognese, Sebeto da Verona, Iacobello de Flore, Guerriero da Padova, Giusto e Girolamo Campagnuola, Giulio suo figliuolo, Vincenzio bresciano, Vittore Sebastiano e Lazaro Scarpaccia viniziani, Vincenzio Carena, Luigi Vivarini, Giovanbatista da Cornigliano, Marco Basarini, Giovanetto Cordegliaghi, il Bassiti, Bartolomeo Vivarino, Giovanni Mansueti, Vittore Bellino, Bartolomeo Montagna da Vicenza, Benedetto Diana e Giovanni Buonconsigli, con molti altri de’ quali non accade fare ora menzione. E per cominciarmi dal primo, dico che Stefano Veronese, del quale dissi alcuna cosa nella vita d’Agnolo Gaddi, fu più che ragionevole dipintore de’ tempi suoi; e quando Donatello lavorava in Padova, come nella sua vita si è già detto, andando una volta fra l’altre a Verona, restò maravigliato dell’opere di Stefano, affermando che le cose che egli aveva fatto a fresco, erano le migliori che insino a que’ tempi fussero in quelle parti state lavorate. Le prime opere di costui furono in S. Antonio di Verona, nel tramezzo della chiesa, in una testa del muro a man manca, sotto il girare d’una volta; e furono una Nostra Donna col Figliuolo in braccio, e S. Iacopo e S. Antonio, che la mettono in mezzo. Questa opera è tenuta anco al presente bellissima in quella città, per una certa prontezza che si vede nelle dette figure, e particolarmente nelle teste, fatte con molta grazia. In S. Niccolò, chiesa parimente e parocchia di quella città, dipinse a fresco un S. Niccolò, che è bellissimo. E nella via di S. Polo, che va alla porta del vescovo, nella facciata d’una casa, dipinse la Vergine con certi Angeli molto belli et un S. Cristofano. E nella via del Duomo, sopra il muro della chiesa di S. Consolata, in uno sfondamento [p. 519 modifica]fatto nel muro, dipinse una Nostra Donna et alcuni uccelli, e particolarmente un pavone, sua impresa. In S. Eufemia, convento de’ frati Eremitani di S. Agostino, dipinse sopra la porta del fianco un S. Agostino con due altri santi, sotto il manto del quale S. Agostino sono assai frati e monache del suo Ordine; ma il più bello di questa opera sono due profeti dal mezzo in su, grandi quanto il vivo; perciò che hanno le più belle e più vivaci teste che mai facesse Stefano; et il colorito di tutta l’opera, per essere stato con diligenza lavorato, si è mantenuto bello insino a’ tempi nostri, non ostante che sia stato molto percosso dall’acque, da’ venti e dal ghiaccio. E se questa opera fusse stata al coperto, per non l’avere Stefano ritocca a secco, ma usato diligenza nel lavorarla bene a fresco, ella sarebbe ancora bella e viva, come gli uscì delle mani, dove è pure un poco guasta. Fece poi dentro alla chiesa, nella cappella del Sagramento, cioè intorno al tabernacolo, alcuni Angeli che volano, una parte de’ quali suonano, altri cantano et altri incensano il Sagramento, et una figura di Gesù Cristo, che egli dipinse in cima per finimento del tabernacolo. Da basso sono altri Angeli che lo reggono, con veste bianche e lunghe insino a’ piedi, che quasi finiscono in nuvole, la qual maniera fu propria di Stefano nelle figure degl’Angeli, i quali fece sempre molto nel volto graziosi e di bellissima aria. In questa medesima opera è da un lato S. Agostino e dall’altro S. Ieronimo in figure grandi quanto è il naturale, e questi con le mani sostengono la chiesa di Dio, quasi mostrando che ambiduoi con la dottrina loro difendono la S. Chiesa dagli eretici, e la sostengono. Nella medesima chiesa dipinse a fresco in un pilastro della cappella maggiore una S. Eufemia con bella e graziosa aria di viso; e vi scrisse a lettere d’oro il nome suo, parendogli forse, come è in effetto, ch’ella fusse una delle migliori pitture che avesse fatto; e secondo il costume suo, vi dipinse un pavone bellissimo, et appresso due lioncini, i quali non sono molto belli, perchè non potè allora vederne de’ naturali, come fece il pavone. Dipinse ancora in una tavola del medesimo luogo, sì come si costumava in que’ tempi, molte figure dal mezzo in su, cioè S. Nicola da Tolentino et altri; e la predella fece piena di storie in figure piccole della vita di quel Santo. In S. Fermo, chiesa della medesima città dei frati di S. Francesco, nel riscontro dell’entrare per la porta del fianco, fece per ornamento d’un Deposto di croce, XII profeti dal mezzo in su, grandi quanto il naturale, et a’ piedi loro Adamo et Eva a giacere, et il suo solito pavone, quasi contrasegno delle pitture fatte da lui. Il medesimo Stefano dipinse in Mantova nella chiesa di S. Domenico alla porta del Martello, una bellissima Nostra Donna, la testa della quale, per avere avuto bisogno i padri di murare in quel luogo, hanno con diligenza posta nel tramezzo della chiesa, alla cappella di S. Orsola, che è della famiglia de’ Recuperati, dove sono alcune pitture a fresco di mano del medesimo. E nella chiesa di S. Francesco sono, quando si entra a man destra della porta principale, una fila di cappelle murate già dalla nobil famiglia della Ramma, in una delle quali è dipinto nella volta, di mano di Stefano, i quattro Evangelisti a sedere, e dietro alle spalle loro, per campo, fece alcune spalliere di rosai, con uno intessuto di canne a mandorle e variati alberi sopra, et altre verdure piene d’uccelli e particolarmente di pavoni. Vi sono anco alcuni Angeli bellissimi. In questa medesima chiesa dipinse una S. Maria Maddalena [p. 520 modifica]grande quanto il naturale, in una colonna, entrando in chiesa a man ritta. E nella strada detta Rompilanza della medesima città, fece a fresco in un frontespizio d’una porta, una Nostra Donna col Figliuolo in braccio et alcuni Angeli dinanzi a lei in ginocchioni, et il campo fece d’alberi pieni di frutte. E queste sono l’opere che si truova esser state lavorate da Stefano, se ben si può credere, essendo vivuto assai, che ne facesse molte altre. Ma come non ne ho potuto alcun’altra rinvenire, così nè il cognome, nè il nome del padre, nè il ritratto suo, nè altro particolare. Alcuni affermano che prima che venisse a Firenze, egli fu discepolo di maestro Liberale, pittore veronese, ma questo non importa, basta che imparò tutto quello che in lui fu di buono, in Fiorenza da Agnolo Gaddi. Fu della medesima città di Verona Aldigieri da Zevio, famigliarissimo de’ signori della Scala, il quale dipinse, oltre a molte altre opere, la sala grande del palazzo loro, nella quale oggi abita il Podestà, facendovi la guerra di Gerusalemme, secondo che è scritta da Iosafo. Nella quale opera mostrò Aldigieri grande animo e giudizio, spartendo nelle facce di quella sala, da ogni banda, una storia con un ornamento solo, che la ricigne attorno; nel quale ornamento posa dalla parte di sopra, quasi per fine, un partimento di medaglie, nelle quali si crede che siano ritratti di naturale molti uomini segnalati di que’ tempi, et in particolare molti di que’ signori della Scala, ma perchè non se ne sa il vero, non ne dirò altro. Dirò bene che Aldigieri mostrò in questa opera d’avere ingegno, giudizio et invenzione, avendo considerato tutte le cose che si possono in una guerra d’importanza considerare. Oltre ciò il colorito si è molto bene mantenuto, e fra molti ritratti di grandi uomini e litterati, vi si conosce quello di Messer Francesco Petrarca. Iacopo Avanzi pittore bolognese, fu nell’opere di questa sala concorrente d’Aldigieri, e sotto le sopradette pitture dipinse, similmente a fresco, due trionfi bellissimi e con tanto artifizio e buona maniera che afferma Girolamo Campagnuola che il Mantenga gli lodava come pittura rarissima. Il medesimo Iacopo insieme con Aldigieri e Sebeto da Verona dipinse in Padova la cappella di S. Giorgio che è allato al tempio di S. Antonio, secondo che per lo testamento era stato lasciato dai marchesi di Carrara. La parte di sopra dipinse Iacopo Avanzi; di sotto, Aldigieri alcune storie di S. Lucia et un cenacolo; e Sebeto vi dipinse storie di S. Giovanni. Dopo tornati tutti e tre questi maestri in Verona, dipinsero insieme in casa de’ conti Serenghi un par di nozze, con molti ritratti et abiti di que’ tempi. Ma di tutte l’opere di Iacopo Avanzi fu tenuta la migliore; ma perchè di lui si è fatto menzione nella vita di Niccolò d’Arezzo per l’opere che fece in Bologna a concorrenza di Simone, Cristofano e Galasso pittori, non ne dirò altro in questo luogo. In Venezia ne’ medesimi tempi fu tenuto in pregio, se bene tenne la maniera greca, Iacobello de Flore, il qual in quella città fece opere assai, e particolarmente una tavola alle monache del Corpus Domini, che è posta nella lor chiesa all’altar di S. Domenico. Fu concorrente di costui Giromin Morzone, che dipinse in Vinezia et in molte città di Lombardia assai cose, ma perchè tenne la maniera vecchia e fece le sue figure in punta di piedi, non diremo di lui se non che è di sua mano una tavola nella chiesa di S. Lena all’altare dell’Assunzione, con molti Santi. [p. 521 modifica]Fu molto miglior maestro di costui Guariero pittor padovano, il quale, oltre a molte altre cose, dipinse la cappella maggiore de’ frati Eremitani di S. Agostino in Padoa et una cappella ai medesimi nel primo chiostro; un’altra cappelletta in casa Urbano prefetto, e la sala degl’imperadori romani, dove nel tempo di carnovale vanno gli scolari a danzare. Fece anco a fresco nella cappella del podestà, della città medesima, alcune storie del Testamento Vecchio. Giusto, pittore similmente padovano, fece fuor della chiesa del Vescovado nella cappella di S. Giovanni Batista, non solo alcune storie del Vecchio e Nuovo Testamento, ma ancora le revelazioni de l’Apocalisse di S. Giovanni evangelista, e nella parte di sopra fece in un Paradiso, con belle considerazioni, molti cori d’Angeli et altri ornamenti. Nella chiesa di S. Antonio lavorò a fresco la cappella di S. Luca, e nella chiesa degl’Eremitani di S. Agostino dipinse in una cappella l’arti liberali; et appresso a quelle le virtù et i vizii, e così coloro che per le virtù sono stati celebrati, come quelli che per i vizii sono in estrema miseria rovinati e nel profondo dell’Inferno. Lavorò anco in Padova, a’ tempi di costui, Stefano pittore ferrarese, il quale, come altrove si è detto, ornò di varie pitture la cappella e l’arca, dove è il corpo di S. Antonio, e così la Vergine Maria, detta del Pilastro. Fu tenuto in pregio ne’ medesimi tempi Vincenzio pittore bresciano, secondo che racconta il Filareto, e Girolamo Campignuola, anch’egli pittore padoano e discepolo dello Squarcione. Giulio poi, figliuolo di Girolamo, dipinse, miniò et intagliò in rame molte belle cose, così in Padova come in altri luoghi. Nella medesima Padova lavorò molte cose Niccolò Moreto, che visse ottanta anni e sempre esercitò l’arte; et oltre a questi molti altri, che ebbono dependenza da Gentile e Giovanni Bellini. Ma Vittore Scarpaccia fu veramente il primo che fra costoro facesse opere di conto; e le sue prime opere furono nella scuola di S. Orsola, dove in tela fece la maggior parte delle storie che vi sono, della vita e morte di quella Santa; le fatiche delle quali pitture egli seppe sì ben condurre, e con tanta diligenza et arte, che n’acquistò nome di molto accommodato e pratico maestro. Il che fu, secondo che si dice, cagione che la nazione milanese gli fece fare ne’ frati minori una tavola alla cappella loro di S. Ambrogio, con molte figure a tempra. Nella chiesa di S. Antonio, all’altare di Cristo risuscitato, dove dipinse quando egli aparisce alla Maddalena et altre Marie, fece una prospettiva di paese lontano che diminuisce, molto bella. In un’altra cappella dipinse la storia de’ martiri, cioè quando furono crucifissi, nella quale opera fece meglio che trecento figure, fra grandi e piccole, et in oltre cavalli et alberi assai, un cielo aperto, diverse attitudini di nudi e vestiti, molti scorti e tante altre cose, e si può vedere che egli non la conducesse se non con fatica straordinaria. Nella chiesa di S. Iob in Canareio all’altare della Madonna fece quando ella presenta Cristo piccolino a Simeone, dove gli figurò essa Madonna ritta, e Simeone col piviale in mezzo a due ministri vestiti da cardinali. Dietro alla Vergine sono due donne, una delle quali ha due colombe. E da basso sono tre putti, che suonano un liuto, una storta et una lira, o vero viola: et il colorito di tutta la tavola è molto vago e bello. E nel vero fu Vittore molto diligente e pratico maestro, e molti quadri che sono di sua mano in Vinezia [p. 522 modifica]e ritratti di naturale et altro, sono molto stimati per cose fatte in que’ tempi. Insegnò costui l’arte a due suoi fratelli, che l’immitarono assai: l’uno fu Lazaro e l’altro Sebastiano, di mano de’ quali è nella chiesa delle monache di Corpus Domini, all’altare della Vergine, una tavola dove ella è a sedere in mezzo a S. Caterina e S. Marta, con altre Sante e due Angeli che suonano, et una prospettiva di casamenti, per campo di tutta l’opera, molto bella, della quale n’avemo i proprii disegni di mano di costoro nel nostro libro. Fu anco pittore ragionevole ne’ tempi di costoro Vincenzio Catena, che molto più si adoperò in fare ritratti di naturale, che in alcuna altra sorte di pitture, et invero alcuni che si veggiono di sua mano, sono maravigliosi, e fra gl’altri quello d’un tedesco de’ Fucheri, persona onorata e di conto, che allora stava in Vinezia nel Fondaco de’ tedeschi, fu molto vivamente dipinto. Fece anco molte opere in Vinezia, quasi ne’ medesimi tempi, Giovanbatista da Conigliano, discepolo di Giovan Bellino; di mano del quale è nella detta chiesa delle monache del Corpus Domini una tavola all’altare di S. Piero martire, dove è detto Santo, S. Niccolò e S. Benedetto, con una prospettiva di paesi, un Angelo che accorda una cetera, e molte figure piccole, più che ragionevoli. E se costui non fusse morto giovane, si può credere che arebbe paragonato il suo maestro. Non ebbe anco se non nome di buon maestro, nell’arte medesima e ne’ medesimi tempi, Marco Basarini, il quale dipinse in Venezia dove nacque di padre e madre greci, in S. Francesco della Vigna, in una tavola, un Cristo deposto di croce, e nella chiesa di S. Iob in un’altra tavola un Cristo nell’orto, et a basso i tre Apostoli che dormono, e S. Francesco e S. Domenico con due altri Santi; ma quello che più fu lodato di questa opera, fu un paese con molte figurine fatte con buona grazia. Nella medesima chiesa dipinse l’istesso Marco, S. Bernardino sopra un sasso, con altri Santi. Giannetto Cordegliaghi fece nella medesima città infiniti quadri da camera, anzi non attese quasi ad altro, e nel vero ebbe in cotal sorte di pittura una maniera molto delicata e dolce, e migliore assai che quella dei sopra detti. Dipinse costui in S. Pantaleone, in una cappella accanto alla maggiore, S. Piero che disputa con due altri Santi; i quali hanno indosso bellissimi panni e sono condotti con bella maniera. Marco Bassiti fu quasi ne’ medesimi tempi in buon conto, et è sua opera una gran tavola in Vinezia nella chiesa d’i frati di Certosa; nella quale dipinse Cristo in mezzo di Piero e d’Andrea nel Mare di Tiberiade et i figliuoli di Zebedeo, facendovi un braccio di mare, un monte e parte d’una città con molte persone in figure piccole. Si potrebbono di costui molte altre opere raccontare, ma basti aver detto di questa che è la migliore. Bartolomeo Vivarino da Murano si portò anch’egli molto bene nell’opere che fece, come si può vedere, oltre a molte altre, nella tavola che fece all’altare di S. Luigi, nella chiesa di S. Giovanni e Polo, nella quale dipinse il detto S. Luigi a sedere col piviale indosso, S. Gregorio, S. Bastiano e S. Domenico, e dall’altro lato S. Niccolò, S. Girolamo e S. Rocco, e sopra questi altri Santi infino a mezzo. Lavorò ancora benissimo le sue pitture, e si dilettò molto di contrafare le cose naturali, [p. 523 modifica]figure e paesi lontani, Giovanni Mansueti, che imitando assai l’opere di Gentile Bellino, fece in Vinezia molte pitture. E nella scuola di S. Marco, in testa all’udienza, dipinse un S. Marco che predica in sulla piazza, ritraendovi la facciata della chiesa, e fra la moltitudine degl’uomini e delle donne che l’ascoltano, turchi, greci e volti d’uomini di diverse nazioni, con abiti stravaganti. Nel medesimo luogo, dove fece in un’altra storia S. Marco che sana un infermo, dipinse una prospettiva di due scale e molte loggie. In un altro quadro vicino a questo fece un S. Marco che converte alla fede di Cristo una infinità di popoli, et in questo fece un tempio aperto e sopra un altare un Crucifisso; e per tutta l’opera diversi personaggi con bella varietà d’arie, d’abiti e di teste. Dopo costui, seguitò di lavorare nel medesimo luogo Vittore Bellini, che vi fece, dove in una storia S. Marco è preso e legato, una prospettiva di casamenti che è ragionevole e con assai figure, nelle quali imitò i suoi passati. Dopo costoro fu ragionevole pittore Bartolomeo Montagna vicentino, che abitò sempre in Vinezia e vi fece molte pitture; et in Padova dipinse una tavola nella chiesa di S. Maria d’Artone. Parimente Benedetto Diana fu non meno lodato pittore che si fussero i sopra scritti, come in fra l’altre sue cose lo dimostra l’opere che sono di sua mano in Vinezia, in S. Francesco della Vigna, dove all’altare di S. Giovanni fece esso santo ritto in mezzo a due altri Santi, che hanno in mano ciascuno un libro. Fu anco tenuto in grado di buon maestro Giovanni Buonconsigli, che nella chiesa di S. Giovanni e Paulo, all’altare di S. Tomaso d’Aquino, dipinse quel Santo circondato da molti ai quali legge la scrittura sacra, e vi fece una prospettiva di casamenti che non è se non lodevole. Dimorò anco quasi tutto il tempo di sua vita in Vinezia Simon Bianco, scultore fiorentino, e Tullio Lombardo molto pratico intagliatore. In Lombardia parimente sono stati eccellenti Bartolomeo Clemento da Reggio et Agostino Busto scultori. E nell’intaglio Iacopo Davanzo milanese e Gasparo e Girolamo Misceroni. In Brescia fu pratico e valentuomo nel lavorare in fresco Vincenzio Verchio, il quale per le belle opere sue s’acquistò grandissimo nome nella patria. Il simile fece Girolamo Romanino, bonissimo pratico e disegnatore, come apertamente dimostrano l’opere sue fatte in Brescia et intorno a molte miglia. Nè fu da meno di questi, anzi gli passò, Alessandro Moretto, delicatissimo ne’ colori e tanto amico della diligenza, quanto l’opere da lui fatte ne dimostrano. Ma tornando a Verona, nella quale città sono fioriti et oggi fioriscono più che mai eccellenti artefici, vi furono già Francesco Bonsignori e Francesco Caroto eccellenti; e dopo, maestro Zeno veronese, che in Arimini lavorò la tavola di S. Marino e due altre con molta diligenza. Ma quello che più di tutti gl’altri ha fatto alcune figure di naturale che sono maravigliose, è stato il Moro veronese, o vero come altri lo chiamavano, Francesco Turbido, di mano del quale è oggi in Vinezia in casa Monsignor de’ Martini il ritratto d’un gentiluomo da Ca’ Badovaro, figurato di un pastore che par vivissimo, e può stare a paragone di quanti ne sono stati fatti in quelle parti. Parimente Batista d’Angelo, genero di costui, è così vago nel colorito e pratico nel disegno, che più tosto avanza, che sia [p. 524 modifica]inferiore al Moro. Ma perchè non è di mia intenzione parlare al presente de’ vivi, voglio che mi basti, come dissi nel principio di questa vita, avere in questo luogo d’alcuni ragionato, de’ quali non ho potuto sapere così minutamente la vita et ogni particolare, acciò la virtù e meriti loro da me abbiano al meno tutto quel poco che io, il quale molto vorrei, posso dar loro.