Lettere d'una viaggiatrice/Viaggio a Cosmopoli/Lungo la via

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Lungo la via

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Viaggio a Cosmopoli Viaggio a Cosmopoli - Nizza la bella
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LUNGO LA VIA

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Nizza, marzo,........


(Io prego il tipografo e il correttore a non lasciar passare, per errore di stampa, che io sia andata a Costantinopoli: e supplico i miei lettori a leggere Cosmopoli e non Costantinopoli. Cosmopoli è un romanzo, uno dei più belli di Paolo Bourget: Cosmopoli era una grande rivista, stampata in tre lingue, dalla copertina rossa: ma io non voglio parlare di ciò. Cosmopoli è un paese..... cioè, sono cento paesi diversi,.... Cosmopoli è a Nizza, ma non soltanto a Nizza..... Cosmopoli comincia alla frontiera di Ventimiglia, ma neppure là, comincia..... infine, leggete appresso!). In verità, Cosmopoli, da gennaio ad aprile comincia a [p. 138 modifica]Genova, in tutta la sua espressione mondiale. Tanta gente straniera, è vero, discende, in questi quattro mesi a Firenze, a Roma, a Napoli, ma molta gente, risale subito a Genova, ma dell’altra, oltre tutta la prima, vi arriva da altri paesi, tanto che fra la folla di arguti genovesi che si agita nella stazione, fra i modesti viaggiatori italiani di seconda classe, che vi giungono, stipati come sardelle e traboccanti dalle carrozze con un grande sospiro di sollievo, gli sleeping-cars zeppi di tedeschi e d’inglesi, i vagons-restaurants pieni di americani, di russi, di ungheresi, di spagnuoli, i treni express composti solo di una prima e di una seconda classe, i treni di lusso composti solo di prima classe, e i treni specialissimi, di estremo lusso, diciamo così, fatti solo dei vagons-lits o dei vagons-restaurants; immediatamente vi danno il senso di trovarvi fra la gente di tutta l’Europa, cioè fra la gente di tutto il mondo, la più ricca e la più vagabonda, le più ricca e la più malinconica, la più ricca e la più gioconda, la più ricca e la più malata, la più ricca e la più ardente a vivere, ma sempre la più ricca: [p. 139 modifica]Cosmopoli! , è così, sotto un radiante sole mattinale, che io, venuta, ahimè, dal paese tradizionale del sole, non vedevo più da molti giorni, in una prima giornata di primavera, fu colà, nelle penombre affumicate della stazione di Genova, diradate dalla luce calda e aurea, ancora nella dolce Italia, al principio di quella deliziosa riviera di Ponente, che è una delle gemme del nostro paese, colà che mi trovai presa fra cittadini di tutte le nazioni e cittadine di tutti i paesi, fra i linguaggi di ogni Stato e i dialetti di tutte le regioni straniere, fra una folla di visi nuovissimi, esotici, che io non rivedrò mai più, nella vita, com’essi, sino alla morte, non rivedranno mai più il mio volto, fra un pellegrinaggio di gente ignota, misteriosa, che se ne andava verso Cosmopoli e che era Cosmopoli, essa stessa, tutta quanta, come io pure, essere anonimo, sconosciuto — felicemente sconosciuto e anonimo — diventavo Cosmopoli anche io, cioè una particella di quel mosaico, la infinitesima particella italiana, travolta in quella moltitudine babelica, trasportata verso la Cornice, verso la Costa d’azzurro, verso [p. 140 modifica]tutti quei paesi del sole e del mare, del riposo e della gioia, della eleganza e della malattia, del lusso e della squisita corruzione. La mia piccola coscienza italiana tentava reagire contro quell’assorbimento: avrei voluto essere una frazione più grande d’Italia, avrei voluto che altri, che venti altri, che cento altri, fossero meco, acciò anche noi fossimo un lato importante di Cosmopoli, ma ero sola e non potevo che rappresentare una pietruzza del mosaico, inavvertita, in quell’incognito profondo di Cosmopoli che è una delle delizie di questi viaggi, dove tutti s’incontrano e dove nessuno sa o saprà mai dell’altro!



Ebbene, non oltre Ventimiglia solamente, vive fra l’inverno e la primavera, in residenza di tre settimane, d’un mese e anche più, questa massa di stranieri in cui, diciamolo, le donne, le signore, sono in grande preponderanza. Cosmopoli è eccessivamente femminile — e ha il maggior amore dei paesi caldi. Tutta la [p. 141 modifica]bellissima riviera ligure, da quella Sampierdarena, che meritò il nome utile se non poetico della Manchester italiana, sino al confine, si è venuta trasformando in un seguito di alberghi e di alberghetti, di ville e di villini, di pensioni e di pensioncelle, poichè Cosmopoli è ricca, sì, spesso è molto ricca, ma, anche spesso, non è ricchissima e ama spender poco, e, sovra tutto, Cosmopoli ama, spesso, di fare economia. Da Varazze ad Alassio, due dimore di convalescenti delle malattie di petto, da Sanremo a Bordighera avvolte, ambedue, nei loro boschi di palmizii, da Pegli a Ospedaletti, in quei bei paesi tutti bianchi, tutti lindi, messi fra i colli e il mare, guardanti, dalla mezza costa, i piccoli seni azzurri fra gli scogli che si avanzano, traforati dalla via ferrata, fra il profumo delle mimose e delle violette che, nella notte stellata, diventa così acuto, in quei paesi vi è una popolazione di forestieri che sverna, al sole, lasciando cullare la propria tristezza, la propria noia, la propria gioia, da quella molle canzone del mare che è la nostalgia di noi tutti. In quasi tutti questi paesi liguri, in [p. 142 modifica]verità, non vi è che il solo albergo, oltre il mare e il sole; del resto, manca qualunque occupazione o distrazione del corpo e dello spirito: vita di silenzio, di quiete che a tanta gente conviene, poichè tanta gente non domanda che questo, alla sua dimora sulla costiera. Solo Sanremo è piena di vita, di movimento, ha delle belle e grandi vie, dei magnifici alberghi, dei magnifici negozii, un teatro in inverno, cavalli e carrozze per grandi gite, e qualche salone dove si balla: mi dicono, anche, che vi si giuochi, di nascosto, anche alla roulette e al trente et quarante, per attirare maggior numero di forestieri, qualche particella dei trecentomila che se ne vanno, ogni inverno, intorno a Montecarlo o a Montecarlo. Anzi una volta, una società audace tentò di trasformare Ospedaletti, fra Sanremo e Bordighera, in un Montecarlo e costruì dei villini e, sovra tutto, costruì il palazzo del giuoco, non ricco come quello di Montecarlo, ma abbastanza somigliante, all’esterno: poi, il governo italiano, convenendogli più tenere il giuoco del lotto che è una immoralità sua, diretta, la quale colpisce, sovra [p. 143 modifica]tutto, le classi più povere, non dette mai il permesso che vi si giuocasse. Il Casino di Ospedaletti è restato vuoto, deserto, con la sua facciata, fra il verde, che guarda il mare: ha un aspetto funebre, in quel silenzio, in quella solitudine. Soggiungerò che il palazzo del giuoco di Montecarlo, che così amabilmente è chiamato il Cercle des étrangers, malgrado tutta la sua fiammata di gas della facciata, malgrado tutta la luce elettrica dei grandi giardini, lì intorno, malgrado lo splendore degli alberghi, dei restaurants che lo circondano, ha qualche cosa di austero, come linea. Voi potete non essere un giuocatore, non aver mai toccato una carta, non volerla toccar mai, non aver mai palpitato ai salti della pallina bianca sul piatto della rollina, può non premervi nulla che la gente perda o guadagni, ma il palazzo del giuoco, di fuori, vi parrà sempre austero. Ah , il nostro governo è immorale, ma in un’altra maniera, più burocratica, più ministeriale, più fiscale: e Sanremo, Ospedaletti, Bordighera debbono contentarsi della loro lussureggiante vegetazione, dei loro giardini, degli chalets [p. 144 modifica]così bizzarramente costruiti e ricordanti i paesi nordici, delle piccole ville e dell’innocente tennis, conforto delle misses inglesi. Non importa! Cosmopoli ama particolarmente questo pezzo d’Italia, fra Sanremo e la frontiera: i tedeschi adorano Sanremo, ove si svolse la tragedia di Federico Guglielmo, l’agonia di quella grande anima di principe e di poeta: gli austriaci l’amano, poichè la loro randagia imperatrice vi è venuta e vi è ritornata sempre, sino a pochi anni prima della sua tremenda morte: gli inglesi, perchè la imperatrice Federico e il suo Mackenzie vi furono e vi vollero restare: e là intorno vi è Taggia, il paese di Ruffini, dove egli ha messo la scena del suo Doctor Antonio, che ha fatto lacrimare, in segreto, tante vecchie zitelle inglesi: e più in là vi è Bordighera che fu, che dovrebbe essere, che merita di essere villeggiatura di regine e di principi, Bordighera, la regalmente profumata, Bordighera, il cui paesaggio ha un’armonia d’ineffabile bellezza; e infine, infine, la frontiera, cioè Ventimiglia, cioè la frontiera, dove Cosmopoli arriva, in folla sempre crescente, si [p. 145 modifica]precipita alla dogana dove... o perde i bagagli, o li lascia a Ventimiglia, o perde il treno per Nizza! Non vi sono che dieci minuti di fermata, ma Cosmopoli si chiama legione, ha quattro, sei bauli, otto bauli per ognuno dei suoi cittadini e i suoi piccoli bagagli variano da otto a dieci, per persona. Così, volendo andare a Nizza, a Cannes, a Mentone, col direttissimo, si resta a Ventimiglia e vi si va molto più tardi, con un treno omnibus: e Cosmopoli bestemmia, in tutte le sue cento lingue, non eccettuata l’italiana.