Medaglie di Zecche Italiane

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Alessandro Lisini

1896 Indice:Rivista italiana di numismatica 1896.djvu Rivista italiana di numismatica 1896 Medaglie di Zecche Italiane Intestazione 6 giugno 2018 75% Da definire

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MEDAGLIE

DI ZECCHE ITALIANE



Una delle più piccole monete che sia uscita nel medio evo dalle zecche italiane è certamente la medaglia che fu computata la metà del denaro piccolo o mezzanino. Questa moneta, non tanto per la sua rarità quanto per la sua piccolezza» sfugge facilmente alle osservazioni e allo studio anche del più diligente numismatico. Notissima infatti è la sua esistenza; pure fino ad oggi nessuno ha ancora detto (per quanto io so) quando e da chi sia stata battuta per la prima volta nelle nostre officine monetarie. Ma debbo dichiarare che non è mio intendimento di emettere su questa parte una sicura opinione; l’argomento non si presenta così facile da essere risoluto alla leggera, e ogni giudizio che qui fossi per darne potrebbe essere còlto in fallo da qualche dotto nummografo. Mi propongo invece di far conoscere alcuna di queste monete, che non credo ancora nota ai numismatici.

E tosto dirò che tra le medaglie di assai antica apparenza trovo quella coniata dalla zecca di Lucca, moneta che sembra sia rimasta sconosciuta ai due valenti illustratori di quella celebre officina1. Il conio di questa monetuccia è molto trascurato e la [p. 228 modifica]leggenda non apparisce quasi mai per intiero. Non è duopo avvertire che questo difetto, comune a quasi tutte le pìccole monete del medio evo, è in particolare comunissimo alle monete lucchesi dal IX al XII secolo. Tuttavia dalle poche lettere che vi si vedono impresse si può leggere con bastante certezza, da una parte nel giro + INPERATOR o IMPERATOR e nell’area, dentro a un cerchio, la lettera H; dall’altro, + ENRICVS e nello spazio LVCA · Questa medaglia si dovette battere tra il 1039 e il 1125, cioè in quel periodo che corse tra l’impero di Enrico III e l’impero di Enrico V2, e la riprova sta anche nel fatto di aver trovato tre o quattro esemplari di questa moneta con altri denari lucchesi e anche non lucchesi assegnati a quell’epoca. Con tutto ciò non intendo di dire che prima del 1039 la medaglia non sia stata coniata in altre città3.

Il peso della medaglia lucchese è in media da grani 8 a 8 1|2, peso rispondente, come vedesi, alla metà del denaro, cui la medaglia risponde altresì nella bontà del titolo.

Dopo Lucca quasi tutte le città dell’alta e media Italia, dove in maggiore e dove in minore quantità, coniarono per un tempo più o meno lungo simili monete, ma il mezzo denaro ebbe corso, ed anche [p. 229 modifica]oggi conoscesi, con diversità di nome. Fu certamente battuto nella città di Cremona, quando nel 1155 ottenne da Federico I il privilegio di tenere aperta la zecca, privilegio che appunto allora lo stesso imperatore aveva tolto ai Milanesi suoi ribelli. La medaglia uscita da quell’officina, ricordata dal Carli, dall’Argelati, dallo Zanetti4, fu chiamata cremonese, come venne provato dal Doneda5 col citare un documento bresciano del 1198 dove è così ricordata: debet dare unam medhalliam vel unum cremonensem. Il P. Tonini, nella Illustrazione della Zecca di Cremona6, pretese anche di pubblicarla, ma s’ingannò, perchè invece di presentare un cremonese dette il disegno del mezzanino equivalente alla metà del denaro imperiale, mentre il cremonese era valutato soltanto la quarta parte. Questo pezzo è in tutto eguale alle altre monete di quella zecca battute col nome dell’imperatore Federico, fatta eccezione per la grandezza e pel peso, il quale appena raggiunge gli 8 grani. Nel diritto della moneta leggessi + FREDERICV nel campo fr, nel rovescio + CREMONA e nel mezzo croce con due palle e due punte dentro il cerchio. Da un concordato fatto nel 1254 tra Cremona, Brescia, Parma, Piacenza, Pavia e Tortona risulta che la medaglia doveva essere coniata al taglio di 816 e once 1 1|2 d’argento fino per libbra7.

Due altre città in Toscana, oltre a Lucca, fecero uso della medaglia, cioè Firenze e Siena; ma ambedue [p. 230 modifica]per brevissimo tempo, e dovettero cessarne il conio alla metà del 1200. Di Firenze ne pubblicò due tipi Ignazio Orsini nella prefazione al Fiorinaio, dichiarando che uno d’essi era d’argento e l’altro di rame8. Certamente l’Orsini cadde in errore, perchè all’epoca in cui furono stozzate quelle monete, che deve comprendersi tra gli ultimi anni del secolo XII e la metà del secolo successivo, in Toscana non ebbero corso monete di puro rame. E chi bene osserva qualche esemplare del secondo tipo, che l’Orsini credette di schietto rame, facilmente si accorge che in esso v’è pur mischiata una piccola parte d’argento. Ai due tipi riprodotti dall’Orsini ne aggiungo ora un terzo, egualmente di buona lega, nel cui centro vedesi la figura di S. Giovan Battista più che a mezzo busto coperto da mantello con la mano destra alzata e con croce nella sinistra. Il Santo è racchiuso da un cerchio che nella parte superiore si riunisce al nimbo circondante la testa. La leggenda all’intorno dice S. IOHANNES B. Dall’altra parte v’è impresso il giglio senza fiori e nel contorno: + FIORENTIA: pesa grani 6.

Il mezzo denaro battuto nella zecca di Siena, sconosciuto al Promis9, è pure di billione e il suo peso giunge a 6 grani, che vai quanto dire alla metà del denaro minuto. Conserva il consueto tipo della moneta senese, cioè ha da un lato, nel centro, la lettera S e nel contorno + SENA VETVS, dall’altro ALFA ET O e nel mezzo la croce.

L’Orsini, in riprova che le monete da lui pubblicate erano veramente mezzi denari o medaglie citò un antico codice, chiamato Bullettone, ai suoi [p. 231 modifica]tempi esistente nell’Archivio del Vescovato [fiorentino, dove, sotto l’anno 1134, si trova fatta menzione di denari e mezzi denari (pro tredecim denariis cum dimidio) e nel 1156 della medaglia spendibile (unam medaliam expendibilem). La medaglia, sebbene raramente, è pure ricordata nei documenti senesi. Qui riferirò un conteggio del Camarlingo della repubblica di Siena che prova come la medaglia effettivamente fosse valutata mezzo denaro10.

Il libro spetta all’amministrazione tenuta dal i dicembre 1226 a tutto giugno 1227. Alla fine di ogni mese le riscossioni sono riassunte con le seguenti cifre:

Dicembre L. 1108 — sol. 10 — den. — medaglie.
Gennaio L. 75 — sol. 15 — den. 10 — medaglie 1.
Febbraio L. 120 — sol. — den. 28 — medaglie 1.
Marzo L. 537 — sol. 4 — den. 2 — medaglie
Aprile L. 135 — sol. 5 — den. 8 — medaglie 1.
Maggio L. 468 — sol. — den. 5 — medaglie
Giugno L. 184 — sol. 18 — den. 5 — medaglie 1.

Sommando partitamente le monete, abbiamo questo risultato, cioè L. 2627 — sol. 52 — den. 58 — medaglie 4; se poi si valutano le quattro medaglie due denari, e si riducono i denari a soldi e i soldi a lire, avremo una somma di L. 2629 e sol, 17, e infatti, al termine dei sette mesi la somma totale viene indicata nel libro con queste parole: Summa summarum dictorum mensium preteritorum, a KaL navembris preteritis usque KaL julii, de omnibus adquistis et redditibus et proventibus omnibus..., est M.Mxcc.cccxxviiij lib. et xvij sol. (L. 2629 e sol, 17).

Noto in fine che alcuna di queste monetuzze [p. 232 modifica]veniva imposta in quei diritti di censo, quasi sempre stravaganti, che si facevano pagare a titolo di vassallaggio. E siccome si aveva cura di mantenerli inalterati anche per secoli, così la medaglia si seguitò ad esigere anche quando era cessato l’uso di batterla e nullo era considerato il suo valore. Citerò ad esempio due pagamenti fatti alla repubblica di Siena il 14 agosto 133811.

Ancho dal Comune di Grosseto per lo cienzo che debono (sic) dare ongni anno ne la festa di Santa Maria et Aghosto quaranta soldi, una medaglia et una chuffia di seta.... ij lib, medaglia.

Ancho dal Comune di Montalcino per lo cienzo che debono (sic) dare ongni anno per la festa di Santa Maria d’Aghosto, diecie lib. una medaglia di piccioli tutti senesi; et la cufia non diè.... x lib. medaglia.

Nel computo finale le due medaglie non vennero considerate nulla.

Alessandro Lisini.               





Note

  1. V. Memorie e documenti per servire alla Storia di Lucca (T. XI, Lucca, Giusti, 1860-1870); Discorsi del conte Giulio di S. Quintino, e Storia della zecca lucchese di D. Massagli.
  2. Il Massagli (Opera citata, pag. 32), scrive: " Ho potuto convincermi che lutti i denari d’argento Enriciani, stampati in Lucca, essendo di un solo tipo, debbono appartenere ad un solo regnante, e però non ad altro possono attribuirsi se non all’imperatore Enrico II.„ Questa opinione persuade poco, perchè mal si concilia con l’uso della moneta lucchese che generalmente facevasi in Toscana anche dopo il 1024.
  3. I denaretti oboli di Verona col nome di Ottone e di Enrico imperatori vengono attribuiti al primo Ottone (962-967) e al primo Enrico (1004-1044), ma osservando bene quei coni, non si direbbero di tanta antichità.
  4. Carli, Delle monete e zecche d’Italia, Tomo I, p. 353. — Argelati, De Monetis Italiae, Tomo V, pag. 11. — Zanetti, Nuova raccolta delle monete, etc. Tomo III, nota 11 e tomo IV, nota 285.
  5. Ved. Zanetti, Opera citata. Tomo IV, pag 416.
  6. Nel Periodico di numismatica e sfragistica, diretto dai marchese Strozzi. Anno I, pag. 51 e 96.
  7. Il Concordato fu messo alle stampe dal conte Carli nel tomo III della sua opera già ricordata, a pag. 180.
  8. Orsini, Storia delle monete della Repubblica fiorentina (Firenze, 1760), pag. XXXIII.
  9. Promis D. Le monete della Repubblica di Siena, Torino, 1868.
  10. Il codice conservasi nel R. Archivio dì Stato in Siena, nella serie detta della Biccherna.
  11. Archivio di Stato in Siena. Biccherna. Libro del Camarlingo ad annum, 31.