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Opere di Raimondo Montecuccoli/Considerazione III

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Considerazione Terza

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DE' DRAGONI


considerazione del signor foscolo


Riferita a pag. 88 del testo, nota (2)


I. Taluni derivarono l’etimologia de’ dragoni dalla voce alemanna tragen, portare, perchè i dragoni erano fanti portati da’ cavalli1. Onde confutare questa inezia l’Enciclopedia presume che dragone fosse soprannome ingiurioso assunto da’ soldati per impaurire. Un autore più recente lo crede derivato dal titolo di dracores o dracoses di cui fu insignito pel suo coraggio Costantino Paleologo imperadore2. Ma nè la lingua greca nè la storia bisantina conoscono sì fatti nomi; bensì dregases era nome de’ principi di Servia imparentati a’ Paleologhi; e fu portato dall’ultimo imperadore di Costantinopoli3. Tant’era desumere i dragoni dalle corazze de’ sarmati conteste d’unghie di cavallo, imitanti la scagliosa pelle del dragone 4 Più probabile è l’etimologia di Egidio Menagio da’ draconari di Vegezio: aveano diverso istituto5; ma non abbiam noi de’ veliti che non hanno di romano altro che il nome? Se non che poco giova il sapere sì [p. 260 modifica] fatte etimologie, e l’ignorarle non nuoce; ne ho scritto perchè la pedanteria grammaticale è scabbia attaccaticcia.

II. L’uso degli archibugieri, a cavallo fu inventato da’ francesi nelle ultime guerre del Piemonte, e da essi furono chiamati dragoni, il qual nome tuttavia ritengono appresso di loro : così il Melzo, che pubblicò il suo libro sul principio del secolo XVII6; onde gli scrittori francesi sulla sua fede assegnano il merito dell’invenzione al maresciallo di Brissac condottiere della guerra di Piemonte7. Ma uno storico francese più citato che letto, anteriore di molti anni al cavaliere Melzo, e contemporaneo agli uomini de’ quali scrisse, conservò agli italiani la lode dell’invenzione e della perfezione di questa milizia. Le seigneur Strozzi quitta l’Italie, et vint trouver le Roy au camp de Marole avec la plus belle compagnie qui fut jamais vue de 200 arquebusiers à cheval, le mieux dorés, le mieux montés, le mieux en point qu’on eût su voir; car il n’y en avoit nul qui n’eût deux bons chevaux qu’on nommoit cavalins qui sont de légère taille, le morion doré, les manches de maille, qu’on portoit fort alors, la plupart toutes dorées ou bien la moitié, les arquebuses et fourniments de même: ils alloient souvent avec les chevaux légers et coureurs, [p. 261 modifica]de sorte qu’ils faisoient rage; quelquefois ils se servoient de la pique, de la bourguignote et du corselet doré, quand il en faisoit besoin; et qui plus est, c’étoient tous vieux capitaines et soldats bien aguerris sous les bannières et ordonnances de ce grand capitaine Jeannin de Medicis, qui avoient quasi tous été à lui, tellement que quand il falloit mettre pied à terre on n’avoit besoin de grand commandement pour les ordonner en bataille, car d’euxmêmes se rangeoient si bien qu’on n’y trouvoit rien à redire etc8.

III. Il maresciallo Strozzi visse sotto Enrico II, che guerreggiò in Piemonte nel 1554, tempo in cui gli archibugieri a cavallo militarono anche a piedi sotto il maresciallo di Brissac. Lo Strozzi era uomo letterato; tradusse in greco i Commentari di Cesare, e li illustrò in latino, opera veduta negli autografi dal Brantôme9; veniva d’Italia, ove il Macchiavelli e il Palladio aveano illuminata la tattica e l’architettura militare degli antichi10: anzi fu in Francia accusato come ammiratore e seguace intempestivo degli ordini di guerra greci e romani 11. Giovanni de’ Medici è conosciuto ne’ nostri annali sotto il nome di Capitano delle bande nere 12 Comandò i cavaleggieri di Leone X, atterrì gli spagnuoli che correano l’Italia, e morì sul [p. 262 modifica]campo di battaglia nel fior dell’età procacciando con la sua fama il trono della Toscana al suo figliuolo Cosimo primo granduca. Ma chi fra’ nostri scrittori celebrò il nome di questo giovine eroe? Per coronare una tomba italiana io devo cogliere i fiori in terre straniere13.

IV. Giova dire dell’uso di due cavalli per cavaliere, uso celebrato sino da’ tempi antichissimi e dismesso da noi: Numidae.... quibus, desultorum in modum, binos trahentibus equos inter acerrimam saepe pugnam in recentem equum ex fesso armatis transultare mos erat 14. Siffatti cavalieri eran detti άμφίπποι nella tattica antica perchè i combattenti saltavano da un cavallo su l’altro 15: costume serbato da’ Tartari e prescritto dal Montecuccoli 16. Oltre a’ due cavalli ogni archibugiere italiano aveva un palafreniere e un ronzino al modo del soldato lacedemone che in guerra era servito da un iloto. Sino a tutto il secolo XVI la cavalleria eletta componeasi di gentiluomini militanti a loro spese, seguitati da’ servi e scudieri, i quali fuor di fazione portavano su ronzini l’armatura de’ loro signori. Quantunque dopo quel tempo la cavalleria tutta toccasse stipendi, serbavansi i ronzini e i garzoni per servizio de’ corazzieri17, e la cavalleria secondo [p. 263 modifica]il Melzo doveva essere composta di cittadini nè frammista a gente di contado. Onde anche il Montecuccoli parla di garzoni e ronzini; e quasi fino a’ dì nostri al soldato di cavalleria grave restava in Francia il titolo di maître.

V. Da parecchie memorie francesi citate dall’enciclopedista, da me non vedute, appare che dal maresciallo Strozzi sino a’ primi anni del regno di Luigi XIV i dragoni erano di poco uso in Francia e in pochissimo numero; bensì dalla storia delle guerre de’ principi di Orange contro la Spagna e da’ commentari delle cose di Germania vedesi che nel secolo XVII i dragoni erano reputati come milizia di grandissima utilità18. Luigi XIV nel corso del suo regno li aumentò sino a 43 reggimenti, e le prime compagnie de’ dragoni del re gli furono inviate dal Montecuccoli; notizia ignota a’ biografi dell’autore, e somministrata dagli autori francesi19. Disgustato il conte della corte imperiale20, trattò col re di Francia e si impegnò ad arruolargli due reggimenti a cavallo. Ebbe il danaro per la leva, ed avea già spedite quattro compagnie di dragoni quando egli si riconciliò co’ ministri cesarei. La probità in lui era pari al valore, e rimandò al re di Francia i danari inviatigli. [p. 264 modifica]

VI. Frequentissimi occorrono gli esempi sì nell’antica tattica sì nella moderna di cavalieri che combattendo a piedi restituirono la battaglia. Dalle circostanze si derivarono le regole; e si crearono i dragoni che cavalcando hanno celerità nelle marcie, ed azzuffandosi a piedi vincono gli ostacoli insormontabili alla cavalleria. Però il Montecuccoli prescrive l’uso di questa milizia: ma andava ella ordinata ed armata come a’ dì nostri? I dragoni d’allora erano propriamente fanti che cavalcavano; oggi sono propriamente cavalieri che si schierano anche a piedi.

Se nelle emergenze d’una battaglia e nell’ardore della zuffa si ordinassero due squadroni in un battaglione, avrebbero i nostri dragoni con la lor grave armatura, co’ lunghi spadoni, co’ calzoni di pelle e gli enormi stivali in cui le lor cosce e le lor gambe sono inceppate, avrebbero eglino l’agilità necessaria al combattimento pedestre? e i loro cavalli potrebbero essere custoditi sicuramente da pochi soldati? e se per provvedere alla custodia si comandassero molte guardie, non si scemerebbero le forze alla battaglia quando appunto le forze sono più necessarie? E quand’anche i dragoni lasciando i loro cavalli ne’ quartieri di pace e calzandosi da fantaccini marciassero a battaglioni, di che danno non riescirebbe all’erario il mantenimento di cavalli che invecchiano inutilmente? mentre i muscoli del soldato, assuefatti ad un cavalcare perpetuo mal potrebbero a un tratto resistere a’ viaggi lunghi e affrettati.

Proprietà essenziali della tattica sono l’esattezza e la sicurezza de’ movimenti: ma non si conseguiranno mai se si cangieranno [p. 265 modifica]a tutte ore insegnamenti, attitudini e pratiche, e se un perpetuo costume non le converta in natura; e più nella cavalleria composta di due forze fisiche e morali diverse, l’una del cavaliere, l’altra del cavallo, le quali non possono immedesimarsi senza un lungo abito reciproco, e senza lo studio e l’amore dell’uomo per l’animale che è quasi membro del soldato, e da cui dipende la sua gloria e la sua salute. Come mai un dragone esercitandosi oggi da fante e domani da cavaliere, potrà attendere alle infinite e minime cure senza le quali non vi sarà mai nè disciplina nè perfezione di cavalleria? come amerà egli un cavallo che d’ora in ora dovrà abbandonare? Aggiungi che la forza morale de’ combattenti deriva dalla fiducia, ragionevole o immaginaria, su propri mezzi di difesa o di offesa.

S’inculca a’ fanti il disprezzo della cavalleria nemica in guerra; e alla cavalleria il disprezzo de’ fanti; e ottimamente le ordinanze e gli ufficiali cercano di convalidare ne’ gregari questi pregiudizi: chi guerreggia con la mente non deve disprezzare il nemico mai, bensì chi combatte col braccio non deve stimarlo mai. Ma co’ dragoni, esercitandoli a piedi, si ragiona su l’impotenza della cavalleria; esercitandoli a cavallo, si ragiona su la poca resistenza delle fanterie: quindi non sono nè deliberati fanti, nè deliberati cavalieri. Videro gli uomini di guerra nelle ultime campagne contro l’Austria la poca utilità de’ reggimenti di dragoni che guerreggiarono a piedi; e forse derivò da più cause ch’altri può indagare, nè a me giova scriverle: [p. 266 modifica]dirò solo ch’io su le coste dell’oceano vidi un generale, provetto tattico ed acerrimo fautore delle fanterie, comandare le evoluzioni di alcuni battaglioni di dragoni; e che da quegli esperimenti desunsi: Che i dragoni, ordinati come a’ tempi del Montecuccoli quasi a guisa de’nostri volteggiatori, riesciranno utilissimi fanti; che ordinati com’ei sono a’ dì nostri riesciranno per se stessi ottima cavalleria, d’aspetto marziale, egregiamente atti alle fazioni de’ cavalarmati e de’ cavaleggieri; ma che educandoli a cavallo ed impiegandoli a piedi non riesciranno mai nè ottimi cavalieri nè ottimi fanti.


  1. Encyclopédie. — Art. Dragons .
  2. Manuel du dragon, cap. 1, art. 1.
  3. Vedi l’Istoria Bisantina commentata dal Du-Fresne
  4. Pausania, in Atticis, pag. 50, edit. Kuhni, 1696
  5. I Draconari erano vessilliferi: Primum signum totius legionis est aquila, quam aquilifer portat. Dracones etiam per singulas cohortes a draconariis feruntur ad proelium . Vegez. De re milit., lib. II, c. 13. Ed erano insigniti d’una collana: torquem, quo ut draconarius utebatur, capiti Iuliani imposuit . Ammiano Marcell., lib. XX, cap. 4. Gli antichi alfieri di cavalleria aveano quasi le stesse prerogative de’ vessilliferi.
  6. Lo stampò la prima volta in Anversa l’anno 1611 col titolo Regole militari sopra il governo e il servizio della cavalleria. Il passo citato è.sul principio.
  7. Vedi il padre Daniele, Histoire de la milice de France, lib. XII, tom. 2, pag. 354, Amsterdam 1724. Egli primo allegò la testimonianza del Melzo: l’Enciclopedia copiò il padre Daniele: e tutti gli altri copiarono l’Enciclopedia.
  8. Brantôme, Vies des hommes illustres étrangers, part. II, nella vita del maresciallo Strozzi
  9. Vita citata; sul principio
  10. Vedi i discorsi del Palladio su l’architettura militare de’ romani, stampati in fronte a’ commentari di Cesare dalla Società Albrizziana. Venezia 1712.
  11. Brantôme, loc. cit.
  12. Vedi le storie del Varchi, e il Guicciardini, lib. XVII, anno 1526. Giovanni de’ Medici morì a Borgoforte d’anni ventotto.
  13. «Giovannino de’ Medici avea tutte le virtù d’un grande capitano, e fu stimato e compianto come il maggiore de’ guerrieri di tutta l’Italia». Brantôme, Memorie di Giovannino e di Cosimo . — Datosi alle armi dalla prima gioventù, divenne il più celebre guerriero che l’Italia avesse prodotto mai». Roscoe, Life of Lorenzo de’ Medici, c. 10, su la fine.
  14. Livio, Hist., lib. XXIII, cap. 29
  15. Di doppio cavallo; Arriano, libro tattico, cap. 3.
  16. Aforismi, cap. 16, paragr. 4.
  17. Melzo, capit. 3, in fine.
  18. Vedi Puffendorfio, De rebus svecicis , e Gian Giacomo Walhausen, scrittore contemporaneo del cav. Melzo, nel suo libro su le regole dell’arte militare, tradotto dal tedesco in francese e impresso a Oppenheim l’anno 1615.
  19. Essai sur la cavalerie tant ancienne que moderne, d’incerto autore, pag. 180: Paris 1756. E il padre Daniele, luogo citato. Aggiungi l’Enciclop. all’art. Dragons .
  20. Le ragioni appariranno dalle lettere tratte dagli autografi del Montecuccoli, che noi stampiamo alla fine del volume secondo.