Opere volgari (Alberti)/Nota sul testo (volume III)/Deifira

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Deifira

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Nota sul testo (volume III) - Ecatonfilea Nota sul testo (volume III) - De amore

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VI

DEIFIRA

A) TESTIMONIANZE

manoscritti

Bologna
Biblioteca Universitaria
I. Cod. 12. Busta VI. 6 (B).

Cod. cart. sec . XV; cc. 22 num. da 017 a 037 e (per errore) 048; evidentemente già parte di una miscell. più ampia. Contiene: cc. 017r-037v, Baptista degli arbeti (sic) fiorentino poeta laureato questo libro in remedio de Amore ha composto. Segue il testo della Deifira, completo salvo le ultime due frasi; explicit: «.... chi quanto me mai ti renderà honore. Tu giovenetta».


Cambridge (Mass.)
Harvard College Library
2. Cod. Typ. 422 (H)

Cod. membr sec. XV; ff. 36 più I in principio non num. in cui si legge il prologo, seguito poi dal dialogo intitolato semplicemente Deiphira (1r-36v).

Vedi Faye & Bond, Supplement to De Ricci & Wilson, Census of ... mss in the U.S . and Canada, cit. p. 277. [p. 382 modifica]


Firenze
Archivio di Stato
3. Cod. Cerchi 16 (A).

Cod. cart. sec . XV; cc. qo non num. Contiene tre opere dell’Alberti, di cui l’ultima, la Deifira, è intitolata: Baptistae de Albertis poetae laureati opus preclarum in amoris remedio feliciter incipit.

Per la descrizione del cod. vedi sopra a p. 367.


Biblioteca Nazionale
4. Cod. II .IV.38 ( F1).

Cod. cart. sec . XV; miscellanea albertiana, descritta nel vol. I della presente edizione, pp. 367-68. A cc. 142r-149v, Deiphira.


5. Cod. Magl. VIII. 33 ( F9 ).

Cod. cart. sec . XV. Descritto nel vol. II, pp. 448-49 della presente edizione. A cc. 40v-50r, Deifira.


6. Cod. Pal. 212 (P). Cod. cart. sec. XV . Per la descrizione vedi Gentile, I codd. Palatini, I, pp. 266-67, e cfr. vol. II, p. 384 della presente edizione. A cc. 1r -12r, Deifira.


Mantova
Biblioteca Comunale
7. Cod. A. I. 15 (M).

Cod. cart. sec. XVI; a cc. 31r-62r, adesp. e anepigr. Deifira. Descritto sopra a pp. 367.


Milano
Biblioteca Ambrosiana
8. Cod. Trotti 141 (T).

Cod. cart. sec . XV (fine) o XVI (inizio), contenente opere del Sannazaro e di Francesco da Ripa, e a cc. 90r-100r, Deifira, intitolato semplicemente Vulgare Domini Baptiste de Alberti. [p. 383 modifica]

Vedi Maria Corti, Un nuovo cod. dell’Arcadia di J. Sannazaro e della Deifira di L. B . Alberti, nel «Giorn. stor. d. lett. ital.», CXL, 1963, pp. 92-98.


New York
Columbia University Library
g. Cod. Plimpton 180 (C).

Cod. cart. sec . XV; miscellanea di opere matematiche e di prose e poesie volgari e latine. A cc. 89r-104v, adesp. e anepigr. Deifira.

Descritto sopra a p. 368.


Roma
Biblioteca Vaticana
10. Cod. Lat. 4051 (V5).

Cod. cart. sec . XV; a cc. 51v-67v Deiphira. Per la descrizione del cod. vedi vol. II, p. 408.


Biblioteca privata dei Sigg. Coppi di Gargano1.
11. Cod. cart. sec . XV (datato 1463), senza segnatura (Co); cc. 14 non num. contenente Deifira (cc. I-II) e Boccaccio (?), Novella di Federico Barbarossa (incompleta).


Venezia
Biblioteca Marciana
12. Cod. Ital. II. 15 (5190) (M1).

Cod. cart. sec . XV; cc. 65 num. modernamente; legatura in cartoni e pelle; contiene: [p. 384 modifica]

cc. 1r-42r: Il fiore di virtù;
cc. 52v-65r: adesp. e anepigr. Deifira; incipit:
Philarco trovato Palimacro piangendo dolersi il dimanda quale sia del suo male la cagione persuadendo lasciar le lacrime e cui cagione e dispiacere el dimanda: Palimacro: Legetime amantti, ecc.


13. Cod. Ital. IX . I69 (6204) (M2).

Cod. cart. sec . XV; cc. 66 più I membr. al principio; legatura veneziana in cuoio rosso con fregi d’oro; miscell. di poesie e prose volgari; contiene:

cc. 1r -33r: Petrarca, Trionfi;
cc. 33v -46v: (tit. mano del ’700) Deifira. Dialogo di m. Leon Battista Alberti (incipit ’Legiptime amanti’; explicit ’ama e sempre amerà. adio Deifira mia’);
cc. 47r-57v: Poesie di Michele de Vidua;
cc. 57v-66r: Tedaldini et roxe fabula (incipit ‘Non è molto tempo che ne la cità di firenze si trovò uno fornaio chiamato Tedaldino’).


14. Cod. Ital. XI. 17 (7223) (M3). Cod. cart. sec . XVI; cc. 70 num. più 2 di guardia in principio e 1 in fine; leg. in assi di legno e pelle; contiene:

cc. 1r-29v: Vulgare Dn̅i Baptiste De Albertis (i.e. Deifira);
c. 30r: Cecus amor plerunque mortalia pectora cecat In furiasque trahit prohgenus omne virum

M. D. IX.

cc. 31r-70v: Gio. Andrea de’ Garisendi, dialogo in 8a rima (Contrasto d’amore), preceduto dalla dedica a Lucrezia Bentivoglio (Cfr. L . Frati, nel «Giorn. stor. d . lett. ital. t, XLIX, p. 81, e dello stesso, Rimatori bolognesi del ’400, Bologna, 1908).


Verona
Biblioteca Capitolare
15. Cod. CCCCLXXXVI (Ve1).

Bel cod. cart. sec . XV; cc. 30 scritte. Precede il testo una nota dell’antico possessore: Est meus hic codex cuius nomen Apostoli Excoriati, [p. 385 modifica]e il ritratto dei due interlocutori di Deifira. A cc. 1r-30r: Dialogo di Pallimacro e Philarco.


16. Cod. CCCCLXXI (Ve2).

Cod. misc. cart. secc . XVI -XVII; a cc. 171r-179r, senza titolo, Deifira.

Descritto sopra a p. 369.

EDIZIONI

I. Baptistae de Albertis poetae laureati opus praeclarum in amoris rimedium feliciter incipit [L. Canozzi, Padova] 14712.

2. Comincia il dialago de Palimaco et de Piliarcho composito per lo eximio et magnifico poeta messere Angelo Carazulo de Neapoli [Roma: Sixtus Riessinger?, 1473/75]3.

3. Deiphira, Venezia, Bernardino da Cremona, 14914.

4. Venezia, Antonio da Sabbio, 1528. Vedi Ecatonfilea, Edizioni, n. 5.

5. Venezia, M. Sessa, 1528. Vedi Ecatonfilea, Edizioni, n. 7.

6. Venezia, Fr. Bindoni e M. Pasini, 1534. Vedi Ecatonfilea, Edizioni, n. 8.

7. Venezia, M. Sessa, 1534. Vedi Ecatonfilea, Edizioni, n. 9.

8. Venezia, [M. Sessa?], 1545. Vedi Ecatonfilea, Edizioni, n. ro.

9. La Deiphira de M. Leon Battista Alberto ... La Déiphire de M. Léon Baptiste Albert ..., Paris, G. Corrozet, 1547 (testo italiano e traduzione francese)5. [p. 386 modifica]

10. Deifira, in Opuscoli morali di L. B. A., Venezia, 1568, pp. 412-26.

11. Deifira ossia del fuggire il mal principiato amore, in Opere volgari di L. B. A., a cura di A. Bonucci, III, Firenze, 1845, pp. 365-409.

12. Deifira, in Mescolanze d’Amore (Daelli), VI, Milano, 1863, pp. 38 sgg.

B) LA PRESENTE EDIZIONE

Non abbiamo elencato sopra tra le testimonianze, né abbiamo tenuto conto particolare per la presente edizione di quei manoscritti che ci offrono una versione rifatta della Deifira contaminata con passi di opere del Boccaccio, nella quale gli interlocutori si chiamano, non Pallimacro e Filarco, ma Pulidoro e Filomeno. Questa versione apocrifa, che si legge in sette codici e, tra le stampe, soltanto nella edizione del Bonucci6, risale senza dubbio ai tempi dell’Alberti vivo, e forse fu opera di un certo:fiorentino Antonio di ser Guido de’ Magnoli, il quale, pare, si faceva bello di questo trattato albertiano, nonché di poesie altrui, appositamente cambiate, per pacificare e riconquistarsi una sua «amanza». Abbiamo già prospettato altrove la questione di questa versione, e ci promettiamo di completare quella ricerca, collazionandone i manoscritti, con la buona speranza di risolvere definitivamente il problema della paternità nel senso già indicato7. Qualunque sia l’esito di quella ricerca, e per quanto sia interessante per la fortuna della Deifira e per le abitudini letterarie del ’400, essa rimane e sempre rimarrà questione marginale rispetto alla edizione del testo autentico dell’Alberti8. Siamo persuasi a mettere da parte le testimonianze della versione contaminata non solo dal carattere di questo rifacimento della Deifira, che per lo stile e per le interpolazioni male inserite nell’originale non può essere opera dell’Alberti stesso, ma anche dal fatto che, con poche eccezioni, i sedici codici del testo buono rappresentano una [p. 387 modifica]tradizione sostanzialmente compatta e nettamente distinta da quella della versione inquinata.

A stare alle indicazioni date nella Vita anonima9, e finora non ne abbiamo altre, Alberti avrebbe composto la Deifira durante il suo soggiorno bolognese o poco dopo, e comunque prima della Famiglia stesa a Roma nel 1434. Per la materia e lo stile si colloca accanto all’Ecatonfilea, a cui sarebbe pure cronologicamente vicino. A giudicare dalla tradizione manoscritta l’Alberti avrà ritoccato poco la prima stesura della Deifira. Molte varianti tra i codici si rivelano subito come nate da errori e fraintendimenti, e perfino quelle apparentemente più sostanziali si possono in fin dei conti spiegare nella maggioranza dei casi come sviste o ritocchi di copisti. Il codice che più si allontana dagli altri è M1, che presenta un testo molto corrotto nella trasmissione, e con ciò pieno di errori e passi completamente inintelligibili; inoltre la lingua e l’espressione sono state dovunque modificate e semplificate con omissioni e la sostituzione di locuzioni diverse (che non sembrano corrispondere a quelle della versione contaminata su accennata). Trattandosi di un codice del tardo ’400, non abbiamo esitato a scartarne la testimonianza, che non trova conforto tra il resto dei manoscritti. Fra questi Ve1, che per altro s’accorda in molte varianti con H, contiene due passi che non ricorrono altrove nella tradizione manoscritta; sono i seguenti:

p. 234, 25 Dopo attristarsi continua: «Se alcuno, o amanti, si mostra verso di voi con quello amore che per voi a loro si porta, fatine sotile experiencia per non essere inganati e derisi. Et se alcuna volta meno si mostra de lo usato amarvi, non per quello vi adolorati. Stolti amatori ...».
p. 237, 15 Dopo negano continua: «e potere dire ‘certo io noil senti’ né mi acorsi di nulla’», (Riprende poi come alla r. 20).


Diverso il caso di altri due passi, almeno nel fatto che non ricorrono in un solo codice. Il primo è dato da un gruppo di codici affini: A B C P T M3:

p. 241, 8 Dopo schifa leggono: «Altre infinite ne vederai più domestiche» (continuano poi: «Se t’è piacere ...»).
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Il secondo figura solo in B e P:

p. 241, 11 Dopo t’adolorano leggono: P «Ma levati e sera’ vincitore. Io vedo l’errore ...»; B «Ma levato che serai vincitore. Io vedo ...» .

Vedremo fra poco altre varianti di questo gruppo. A questo punto basta confessare che queste due frasi sono di poco conto, anche se forse possono credersi, con maggior probabilità di quelle di Ve1, come aggiunte dell’autore. D’altra parte bisogna aggiungere che pure F1 contiene una frase che non ricorre altrove nei codici:

p. 245, 15 Alla fine dell’opera legge: «Io ne vo in essilio, né so del tornare».

Ma, insomma, a parte le frasi già riferite sopra, la sostanza del testo rimane uguale in tutti i codici, e i problemi si riducono alla scelta del testo-base e alla valutazione di alcune varianti di non grandissimo peso.

Non abbiamo tra le testimonianze un codice autografo né una copia corretta dall’autore. Ma abbiamo il cod. F1, la ben nota silloge di opere dell’Alberti che ci è servita per l’edizione di altri testi, e che ci offre per la Deifira un testo buono e molto corretto. Esso si distingue da alcuni o da tutti gli altri codici nei passi indicati sopra e in altre varianti che qui conviene passare in rassegna; il che ci darà modo pure di classificare e valutare meglio la tradizione manoscritta.

p. 230, 10 A B C P T M3 M2 Co H Ve1
Amai contra mia voglia,
volli quello che mi dispiacea.
F1 F9 V1 Ve2 M
volontà

Non escludo che possa trattarsi qui di variante nata da erronea lettura (volia - volta). Ma vista già la possibilità che si possa forse trovare in A B C P T M3 qualche aggiunta dell’autore, vediamo ora altre varianti di questo gruppo. Le seguenti sembrano sorgere da errori:

p. 232, 18 A B C P T (M3)
io ti profersi stare e fare e dire ... qualunque cosa a te piacesse.
Altri codd.
Manca stare
p. 234, 8 A B C
per vile o bella ch'ella sia
T P M3 per vile e bella sia

per vile ch'ella sia
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p.235, 19-21 A B C P T M3
poich’e’ tempi... pieni di piaceri passati e sollazzi sono con tanta tristezza e dispiacere preteriti.


Manca passati

... passati
p. 236, 18 A B C P T M3
... il suo fine. E stima Pallimacro mio, Troia fu grande (errore di ripetizione; cfr. r. 20)

Mancano le parole in corsivo


Questi esempi e altri simili non ispirano grande fiducia nei codici di questo gruppo, tanto che si esita nel caso seguente ad accettare come lezione genuina la parola sospirano:

p. 229, 26 A B C T  (P)
dimenticano se stessi, sospirano (P suspirando), stupefanno, diventano muti.
Altri codd.
Manca sospirano

Il dubbio nasce qui da due cose: la somiglianza paleografìca tra sospirano e stupefanno, e il fatto che l’aggiunta di un quarto verbo in questa serie disturba l’equilibrio della frase. Valgono simili considerazioni per alcune varianti offerte da alcuni codici di questo gruppo. Per esempio:

p. 231, 12 A B C P (T)
i doni che stanno troppo proferti fastidiano
(T che sono)
Altri codd.
Manca che stanno
p. 236, 32 A B C P T
sempre mi persuaderò che

parse vero
p. 227, 29 A B C
mi consumo amando

spasimo
p. 241, 8 A B C (I)
dispettosa sospettosa
F9 P T Ve1 H Ve2 V5 (II)
sospettosa
F1 M M2 M3 Co (III)
dispettosa

Sembra trattarsi nel primo caso di aggiunta gratuita di copista, nel secondo e nel terzo di errori anziché di correzioni. Il quarto divide i codici in tre gruppi distinti, e scinde pure in tre il gruppo A B C P T  M3. Nel contesto sta meglio dispettosa, che è forse correzione [p. 390 modifica]dell’originaria sospettosa; nel qual caso sarebbero passate nel gruppo I tutt’e due le alternative; oppure, con minore probabilità, esisteva nell’archetipo la coppia di aggettivi e i gruppi II e III riflettono o l’una o l’altra soluzione. A favore della prima ipotesi pare testimoniare la seguente variante:

p. 227, 19 F3 Ve1Ve1 H V5
non merita essere amato
P T merita corr. con l’agg. sopra di
Altri codd.
può (o )
Qui gli stessi codici del gruppo II sopra riportano quella che sembra lecito supporre sia stata la lezione originale. Ma fuori di tali esempi l’analogia difficilmente si regge; e sarà chiaro da quanto abbiamo esposto fin qui che i rapporti tra i codici sono complicati e tali da resistere ad una semplice classificazione fondata su casi di questo genere, e, quel che più importa, alla dimostrazione di un qualche processo coerente di emendamento dovuto all’autore stesso. In queste circostanze abbiamo creduto meglio attenerci alla soluzione più semplice. Diffidando del ramo della tradizione rappresentata da A B C P T M3, abbiamo preso come base del nostro testo il cod. F1, da cui ci siamo allontanati in pochissimi casi ove si potessero sospettare omissioni o errori di lettura e di trascrizione10. L’apparato registra tutte le varianti importanti, e dimostra quanto abbiamo già detto sopra, cioè che, con relativamente poche eccezioni, la tradizione manoscritta ci presenta un testo sostanzialmente uguale e compatto. Ho accolto dal codice P e stampato come appendice al testo della Deifira l’epistola amorosa, «Se a me fosse licito ...», che potrebbe vedersi come una lettera di Pallimacro alla sua amata, aggiunta dall’autore in coda al dialogo. Essa non figura in nessun altro codice, ma in P si trova, adespota e anepigrafa, tra Deifira e Mirzia attribuite tutt’e due all’Alberti. L’attribuzione dell’epistola all’Alberti in questa edizione deve considerarsi però come provvisoria e non del tutto sicura. Non crediamo che altre tre epistole amorose date all’Alberti dal Bonucci siano opere del Nostro; e soltanto le condizioni della trasmissione di questa epistola in P ci persuadono che, fino a contraria prova, essa debba accogliersi come sua11. [p. 391 modifica]

C) APPARATO CRITICO


p. 223 4. P T M2 M3 Co altri ancora provò.
p. 225 g. Tutti i codd. salvo F1 m'è troppo 16-17. H Ve1 Ve2 M1 e molto desiderava 18. A B C subito opresso fusse de tanto incendio superchio dolore (sic) 22. Co M3 om. mai 25. A B C P T  M3 chiedere.
p. 226 2. A B acceso, P inceso corr. ex acceso 7. A B C Non solamente è utile: B P d'animo 10. A B C P T  questa 18. P T H Ve1Ve2 F9 V5 qual sia 19. H Ve1 levare 22. A B om. conoscere 26. M1 Ricordati.
p. 227 8. P l'acqua corr. ex longa, e in marg. l'onda 12. H Ve1 di ricoprire, Ve2 di racoprire, Co di coprire 13. A B P H discoprire 17. A B T  d'essere 19. F9 Ve1 Ve2 H V6 non merita essere, P l’ merita corr. in pò 19.20. Ve 1 H om. Il seme ... senti essere amato. 20.AB P l’el (il) frutto 24. A mi troverrai 29-30. A B C Io ardo, Filarco. Io mi consumo amando. 31. A B C P T  io già vero 34. AB C P T  ricchezza 35. A fortuna gionta quello, B C P fortuna gionta quel che disturba, T  fortuna gionta e quella che disturba.
p. 228 3. A B C ti gioverà 4. T  fu uno comune 5. P prudenti e che, T  prudenti et è che: M3 che ti cercano 6. A B C sguardi 7. B T  donde, M3 dondi 13. V5 certo è molestia, F9 certo è molestia (sic) 16. A B C om. provando 20. P abrusa, B abrugia scritto sopra abronça 21. A B C P T  mai fu che si potesse 25. Ve1 li primi impacci piccoli e lievi 33. A B C P T  servi non amanti 34. F1 Co M2 H M om. troppo.
p. 229 6. B P restarmi 8. Ve1 giovane (per gentile) 11. Ve1 H om. così 14. M2 tanto voio sofferire 20. A viverò 25. F1 di chi 26. A B C T  se stessi, sospirano, stupefanno, P suspirando 27. A mutoli: P T  o soli 35. P se sdegni,B si sdegni: L1 F9 P M3portarsi, A B C M Ve1 Ve2 partirti.

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p. 230 s. H Ve1 qualunche 6. T  né cercava né pensava né me piaceva 11. A B C P T  M3 M2 H Ve1 Co mia voglia 15-16. F9 om. quanto certo ... essere amato (om. pure in P, ma agg. in marg.) 21. H Ve1 Molti ... di vero amore 25. P quando 31. Ve1 di miei danni ch’ora soffero me impauriva.
p. 231 4. F1 che corre: P M3 troppo speronare, A C Ve1 troppo spronare, H spronare trope (sic), B T  troppo speronate 12. T  doni che sono troppo, A B C P doni che stanno troppo 16. P facea me in questo corr. ex in questo mi facea, A B C T M M2facea me in questo: H om. da in questo mi facea ... fino a cosa lo muove (r. 36) 17. Ve1 guatavi 18-19. Ve1 chi ’l guata 19. A B C P T  M3 Ve1 Co M prima 21. A B C P T  né posso scendere 28. A B C hai di compassione 30. A B C P T  ad amare 34. F1 rolare.
p. 232 g. B ultreggia, A C oltreggia, Ve2 verteggia 10. B P H Ve1 M3 poppe 14. A pericolo, li quali tutti erano veri, ritardava 18. P te promissi stare e fare e dire, A B T  stare e fare e dire, C stare a fareedire,M•trarefareedire Ig.ABCPTM•om.cosa: P quantu-nque 22. H Ve1 om. sì matto 23. T  P om. così (agg. in P) 24. A B C P le promette 27. C domandolo, A domandandolo.
p. 233 2. B om. amando (B contiene a questo punto, cc. 8v-9r, due facciate di un discorso completamente estraneo alla Deifira, riguardante Perilaos e Phalaris; incipit «o sapientissimi in questa terra sempre nati, o Atheniensi ...>>; riprende poi a c. 9v senza perdere che una sola parola della Deifira): H salta da amando a Filarco. Né qui a me (r. 21) 4. A B P partire 8. T  tanto più figendose ivi si ferma IO. v• F" Ve1 Ve• repugnarvi, c repugnarlo II-12. M• amore serà più severo a spregiare e più tardo a licentiare, l’amore serà più severo a spregiare e più tardo a raconciliare e licenziare, A B amore sarà più severo a spregiare licenziare e più tardo a riconciliare i contumaci, C amore sarà più severo a spregiare licenziare e più tardo a riconsiliare, P più tardo a riconciliare i contumaci 2223. v• F• om. subito se li fanno servi. Sono le femmine 29. A avilirle, M• invilirle 31. H Ve1 o grande o minore cagione 33. l’ ramentative, H Ve• ramentavi, Ve1 ramentovi 34.v•F’ABP l’ Ve1 Ve• M• Co proseguirli, M 1 preseguirli, M consequirli.
p. 234 r.Hevuiamanti,Ve1evoi 4.ABCPTM•seguitata 8.A BCPTM•MM1beneinprima:TPM•pervileebellasia,A BC per vile o bella ch’ella sia II.T Ppureperloro, A BCM8Mpure in loro 14. H Ve1 alteza Ig. Ve1 la misera mia fortuna 23. A C più presto che 25. l’om. sinistro, M om. caso 25-27. Ve1 attristarsi. Se alcuno, o amanti, si mostra verso di voi con quello amore che per voi a loro si porta, fatine sotile experiencia per non essere inganati e derisi. Et se alcuna volta meno si mostra che de lo usato amarvi, non per quello vi adolorati. Stolti amatori 33. A B C P T  M3 Ve2 quale io misero non abbi, M quale io misero me.
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p. 235 4. P quello che è certo sempre, A B C T  om. sia 8. Ve1 e le presente: A B C P T  M3 M2 M tanto quanto, Co quanto amore quanto il tempo, H prendere qualche modo quando il tempo ve ’l concede 19. A B C P l’ Ma piaceri passati e solaci 20. A B C P l’ M3 dispiacere preteriti 34. H Ve1 e gitante la terra, A e gittasi.
p. 236 5. A B C P T  M3 M2 ridere e 15. V5 F9 Ve1 M3 d’acrescerti, P Ve2 di crescerli, H di crescerci, M M2 d’acrescerci, A satia acrescermi 18. ABC P T  M3 fine e stima Pallimacro mio Troia (cfr. r. 26) 19. P famosissime scientie, e Roma 32. A B C P T  mi persuaderò che.
p. 237 3. T  salta da femine quanto a e diceva cose (p. 239, 4), om. cioè 3 pp. del testo: A B C P minore 10. Ve2 concetto, Ve1 concetto e sdegno, M2 concetto però 11. A B C om. prima 15. Ve1 negano e potere dire certo io nol senti’ né mi acorsi di nulla. Pallimacro. Ah, Filarco 20. Co sì grande e ardente 22. F1 Co M M2 om. altri 23. M 2 afflitti e muti 25. Ve1 ogni solicitar d’impresa e troppo 34. A C P M3 Ve1 Ve2M acqua tu quanto più.
p. 238 7. H o fermo, Ve1 o sumo 11. A B C om. in parte 33. A B C partita 34. F1 giudicati: A B C P M3 M1 H M Deifira tacito bene.
p. 239 6.Ve1 puri 14. A B C P T  M2 cercare a vedere 15. P biasma 29. A B C P T  amante, H amanti 35. H Ve1 om. e ogni sdegno.
p. 240 3. Co cose dinegato 11. A B C P M F9 om. non 12. P T  drento del mio 19. F9 chiamarti in mare 22. H salta da certo a spesso ti s’aprono (p. 241, 5).
p. 241 5. P saparano corr. ex saperano, A C ti s’aprono e apriranno, B ti s’aprono saperano 6. P te piacerà, H te piace, T  Ve2 te in piacere 8. F9 V5 P T  H Ve1 Ve2 sospettosa, A B C dispettosa sospettosa: A B C P T  M3 schifa. Altre infinite ne vedrai più domestiche. Se t’è in piacere (P te piacerà), Co te piace 11. P t’adolorano. Ma levati e sera’ vincitore. Io vedo, B t’adolorano. Ma levato che serai vincitore. Io vedo 17. T  in odio 21. A te medesimo.
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p. 242 6.Ve1 Ve2 H F9 om. mirabile, P mirabile agg. in interlinea 9. A B C P T  M3 Ditto te l’o io 10. A sempre stessi adolorato, H sempre vedere stare 13. P amare 24. M salta da dolorosa a amore (p. 243, 14) om. una p. del testo; C da questo punto diventa quasi del tutto illeggibile 25. T  se non amerai 28. A T  om. che, P om. che mai 30. P Mai si sa.
p. 243 I. A Ve1 consumo 8. B Haver ançi, A C Havere anche: P T  M3 F9om. e molto 11. A C P T  M3 Co M2 H Ve1 Ve2P scostarsi;T P M3 dall’animo tanti tuoi pensieri queste fiamme (errore di ripetizione della r. 10) 13. B C P T  M2 F9 Ve2 Co o lupo o orso, A o lupi o orso 16. Co si scosta; A B C P T  M3 M2 M si stracca 21. A B C molesta 25. A B C P H Ve1 Ve2 M2 M3 mettere 29. A molto lo curi.
p. 244 2. P T  io fusse offeso 15.P T  M3 om. Solo tu, Deifira mia, non mi dispiaci, A C F9 T  M3 Sola tu, Deifira, vieni agli occhi 18. F1 om. così tanto più che l’altre a te quest’una Deifira 19. Ve1 maggiore cose e molto 22. A B C donde, P donne; B tu né vada né oda, C né veda, A né vada in luoghi che tu non oda 25. T  di diletti sguardi, A B C di liciti sguardi 28. B M2 gratiose, A C P Ma gratiosissime; P altrui 33. A B C P T  M3 om. troppo 35.Ve1 Ve2 M3 ingiustizia altrui; P H M Ve 1 Ve2 M2 quei.
p. 245 6. T  exilio. Vale, patria mia, valete, amici miei 11. B explicit giovinetta (manca il resto) 14. A C finiscono: ama e sempre amerà. 15. V5 F9 H Ve1 finiscono: Addio, Deifira.: Co M2 Ve2 M finiscono: Addio, Deifira mia.: T  P M3 finiscono: ama e sempre amerà. seguito poi da questi versi latini: Cecus amor plerunque mortalia pectora cecat / in furiasque trahit prohgenus omne virum.
  1. Ringrazio vivamente il possessore del codice, il quale me l’ha fatto conoscere tramite l’amico prof. Aurelio Roncaglia .
  2. Cfr. la editio princeps dell’Ecatonfilea, p. 369, e nota.
  3. Edizione rarissima di cui due soli esemplari noti: uno nella Bibl. Estense, Modena, segnato Misc. α, B. 6. 26 (2); cfr. D. Fava, Catalogo degli incunaboli della Bibl. Est., Firenze, 1928, p. 84, n. 426; l’altro presso Lord Crawford a Londra; cfr. Gesamtkatalog cit., VI, col. 132, n. 6o38, dove l’ed. è assegnata a Napoli, 1473/75. Strana l’attribuzione dell’opera al Caracciolo; e non si tratta di un testo rifatto o contaminato come quello di cui si dirà più avanti (p. 386), ma del testo albertiano, con pochi ritocchi e alcune omissioni, in veste linguistica meridionale. L’assegnazione dell’ed. a Napoli forse si spiega col nome e luogo di nascita del presunto autore; ma è ipotesi poco probabile, perché il Riessinger stampava libri a Roma tra il 1470 e il 1483 (cfr. Short Title Catalogue of Books Printed in Italy, 1465-1600, British Museum, Londra, 1958, p. 926). Noto pure che nelle ultime battute del dialogo Pallimacro esclama: «Misero Pallimacro, fugerai Roma tua ... Adio, Roma mia». Devo l’indicazione di questa ed. al prof. Mario Santoro, che mi ha gentilmente prestato la sua copia dattiloscritta del testo.
  4. Hain, 423. Non figura però nel Gesamtkatalog cit., e non ne ho trovato nessun esemplare. Cfr. Ecatonfilea, Edizioni, n. 2 .
  5. Bibl. Nat., Parigi: Y 2.10621. Cfr. anche la traduzione francese stampata a Lione nel 1574 (B.N . Y 2.11012), dove segue Juan de Flores, Histoire d’Au1elio et Isabelle. Per altre indicazioni bibliografiche, specie per le traduzioni, vedi Michel, op. cit., pp. 16-17 .
  6. I sette codici sono: Bibl. Naz. Firenze, Magl. VI. 83 e VII. Var. 376, II, IX, 108 e Pal. 241; Bibl. Riccardiana, Firenze, 1063 e 2060; Bibl. Marciana, Venezia, Ital. XI. 27 (7224). Per le strane congetture del Bonucci in proposito, vedi la sua ed. cit., pp. 347-61.
  7. Four love-letters attributed to Alberti, in Essays on Italian Language and Literature presented to Kathleen Speight, Manchester, 1971, pp. 30-44.
  8. Si pensi al caso analogo del Governo pandolfiniano rispetto al testo del lib . iii della Famiglia (cfr. vol. I, pp. 409-10).
  9. Op. volg. (Bonucci), I, p. XCIV .
  10. Precisamente nei casi seguenti: pp. 228, 34; 229, 25; 231, 3; 237, 32; 238, 34; 244, 18.
  11. I problemi suscitati da queste quattro epistole amorose, stampate dal Bonucci nellà sua ed. delle Op. volgari, vol. III, pp. 411-17, e vol. V, pp. 325-33, sono stati esaminati nel nostro art. cit. sopra, Four love-letters attributed to Alberti, a cui si rimanda per ulteriori informazioni.