Orlando furioso (sec. la stampa 1532)/Canto 35

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Canto 35

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Canto 34 Canto 36

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CANTO XXXV



 [1]

C
Hi ſalira p me: Madona in cielo

     A riportarne il mio perduto ingegno?
     Che poi ch’uſei da bei vri occhi il telo
     Che’l cor mi ſiſſe, ognihor perdendo veglio.
     Ne di tanta iattura mi querelo
     Pur che non creſea, ma ſtia a qſto ſegno,
     Ch’io dubito ſé piū ſi va feiemando
     Di venir tal qual ho deferitto Orlando.

 [2]
Per rihauer, l’ingegno mio m’e auiſo
     Che non biſogna che per l’aria io poggi
     Nel cerchio de la Luna, o in Paradiſo,
     Che’l mio no credo ch tato alto alloggi,
     Ne bei voſtri occhi, e nel ſereno viſo,
     Nel ſen d’auorio, e alabaſtrini poggi,
     Se ne va errando, & io con queſte labbia
     Lo corro, ſé vi par ch’io lo rihabbia.

 [3]
Per gliampli tetti andaua il Paladino
     Tutte mirando le ſuture vite,
     Poi e’ hebbe viſto fu’l fatai molino
     Volgerti quelle ch’erano giā ordite,
     E ſcorſe vn vello che piū che d’or ſino
     Splender parea, ne farian gemme trite
     S’in ſilo ſi tiraffero con arte
     Da comparargli alla millefma parte.

 [4]
Mirabilmente il bel vello gli piacque
     Che tra inſiniti paragon non hebbe,
     E di ſapere alto diſio gli nacque
     Quando farā tal vita: e a chi ſi debbe,
     l’Euageliſta nulla glie ne tacque
     Che vèti anni principio prima haurebbe
     Che col .M. e. col .D. foſſe notato
     l’anno corrente dal Verbo incarnato.

 [5]
E come di ſplendore e di beltade
     Quel vello non hauea ſimile o pare,
     Coſi faria la fortunata etade
     Che douea vſcirne al mondo ſingulare,
     Perche tutte le gratie inelyte e rade
     Ch’alma Natura o proprio ſtudio dare
     O benigna Fortuna ad huomo puote
     Haura in perpetua & infallibil dote.

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 [6]
Del Re de ſiumi tra l’altiere corna
     Hor ſiede humil (diceagli) e piccol borgo
     Dinazi il Po di dietro gli ſoggiorna
     D’alta palude vn nebuloſo gorgo:
     Che volgendoli gli anni la piú adorna
     Di tutte le citta d’ Italia ſcorgo,
     No pur di mura, e d’ampli tetti regi
     Ma di bei ſtudi, e di coſtumi egregi.

 [7]
Tanta eſaltazione e coli preſta
     Non ſortuita o d’auentura caſca:
     Ma l’ha ordinata il ciel perche ſia queſta
     Degna ich l’huom di ch’io ti parlo, naſca
     Che doue il ſrutto ha da venir s’ ineſta
     E con ſtudio ſi fa creſcer la fraſca
     E l’artefice l’oro affinar ſuole
     In che legar gemma di pregio vuole,

 [8]
Ne ſi leggiadra ne ſi bella verte
     Vnqj hebbealtr’alma í ql terreſtre regno
     E raro e ſcefo e ſcendera da queſte
     Sphere ſuperne vn ſpirito ſi degno,
     Come per farne Hippolyto da Eſte
     N’haue l’eterna mente alto diſegno:
     Hippolyto da Eſte fará detto
     l’huomo a chi Dio ſi ricco dono ha eletto

 [9]
Quegli ornamenti che diuiſi in molti
     A molti baſterian per tutti ornarli,
     In ſuo ornamento haura tutti raccolti
     Coſtui di e’ hai voluto ch’io ti parli,
     I e vii nuli per lui, per lui ſoſſolti
     Saran gli ſtudi, e s’io vorrò narrarli
     Alti tuoi merti, al ſin ſon ſi lontano
     Ch’Orlando il ſenno aſpetterebbe ivano.

 [10]
Coſi venia l’imitator di Chriſto
     Ragionando col Duca, e poi che tutte
     Le ſtanze del gran luogo hebbono viſto
     Onde l’humane vite eran condutte,
     Su’l fiume vſciro che d’ arena mirto
     Con l’onde diſcorrea turbide e brutte:
     E vi trouar quel vecchio in ſu la riua
     Che con gl’impreffi nomi vi veniua.

 [11]
Non ſo ſé vi ſia a mente, io dico quello
     Ch’ai ſin de l’altro canto vi laſciai
     Vecchio di faccia, e ſi di membra ſnello
     Che d’ogni ceraio e piú veloce assai.
     De glialtrui nomi egli ſi empia il matello
     Scemaua il monte e non ſiniua mai
     Et in quel fiume che Lethe ſi noma
     Scarcaua anzi perdea la ricca ſoma.

 [12]
Dio che come arriua in ſu la ſponda
     Del fiume quel prodigo Vecchio, ſcuote
     Il lembo pieno, e ne la turbida onda
     Tutte laſcia cader l’impreſſe note,
     Vn numer ſenza ſin ſé ne profonda
     Ch’ un minimo vſo hauer no ſé ne puote,
     E di cento migliaia che l’arena
     Su’l fondo inuolue, vn ſé ne ſerua a pena.

 [13]
Lungo e d’ intorno quel fiume volando
     Giuano corui & auidi auoltori
     Mulacchie, e varii augelli che gridado
     Facean diſcordi ſtrepiti e romori,
     Et alla preda correan tutti: quando
     Sparger vedean gli ampliſſimi theſori
     E chi nel becco, e chi ne l’ugna torta
     Ne prende, ma lontan poco li porta.

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 [14]
Come vogliono alzar per l’aria i voli
     Non han poi ſorza che’l peſo foſtegna,
     Si che conuien che Lethe pur’ inuoli
     De ricchi nomi la memoria degna:
     Fra tanti augelli ſon duo Cygni ſoli
     Bianchi, Signor come e la voſtra iſegna:
     Che vengon lieti riportando in bocca
     Sicuramente il nome che lor tocca.

 [15]
Coſi contra i penlieri empi e maligni
     Del Vecchio, ch donar li vorria al fiume
     Alcun ne ſaluan gli augelli benigni
     Tutto l’auanzo obliuion conſume,
     Hor ſé ne van notando i ſacri Cygni
     Et hor per l’aria battendo le piume,
     Fin che preſſo alla ripa del fiume empio
     Trouao vn colle, e fopra il colle, u tèpio.

 [16]
All’immortalitade il luogo e ſacro:
     Oue vna bella nympha giú del colle
     Viene alla ripa del letheo lauacro,
     E di bocca de i Cygni i nomi tolle,
     E quelli aſtíge intorno al ſimulacro
     Ch’in mezo il tempio vna colòna eſtolle,
     Quiui li ſacra, e ne fa tal gouerno
     Che vi ſi pon veder tutti in eterno.

 [17]
Chi ſia ql Vecchio, e perche tutti al rio
     Senza alcun ſrutto i bei nomi diſpenfi,
     E de gli augelli, e di quel luogo pio
     Onde la bella nympha al fiume vienſi,
     Haueua Aſtolfo di ſaper deſio
     I gran myſteri, e gl’incogniti ſenſi,
     E domando di tutte queſte coſe
     l’huomo di Dio: che coſi gli riſpofe.

 [18]
Tu dei ſaper che non ſi muoue ſronda
     La giú, che ſegno qui non ſé ne faccia,
     Ogni effetto conuien che corriſponda
     In terra, e in ciel, ma con diuerſa faccia,
     Quel Vecchio la cui barba il petto inonda
     Veloce ſi, che mai nulla l’impaccia
     Gli effetti pari, e la medeſima opra
     Che’l tempo fa la giú, fa qui di fopra.

 [19]
Volte che ſon le ſila in ſu la ruota
     La giú la vita humana ardua al ſine,
     La fama la, qui ne riman la nota,
     Ch’immortali fariano ambe e diuine
     Se non che qui quel da la hirſuta gota
     E la giú il tempo ognihor ne fa rapine,
     Queſti le getta (come vedi) al rio
     E quel P immerge ne l’eterno oblio.

 [20]
E come qua ſu i conti e gli auoltori
     E le mulacchie, e glialtri varii augelli,
     S’ affaticano tutti per trar ſuori
     De l’acqua i nomi che veggion piú belli,
     Coſi la giú Ruffiani, Adulatori,
     Buffon, Cinedi, Accuſatori, e quelli
     Cheviueno alle corti, e chevi ſono
     Piú grati assai che’l virtuoſo e’l buono,

 [21]
E ſon chiamati cortigian gentili
     Perche fanno imitar P aſino e’l ciacco,
     De lor Signor tratto che n’ habbia i ſili
     La giuſta Parca, anzi Venere e Baccho.
     Queſti di ch’io ti dico inerti e vili
     Nati ſolo ad empir di cibo il ſacco:
     Portao in bocca qualche giorno il nome
     Poi nel’oblio laſcian cader le ſome.

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 [22]
Ma come i Cygni che cantando lieti
     Rendeno ſalue le medaglie al tempio,
     Coſi gli huomini degni, da poeti
     Son tolti dal’oblio piú ch morte empio
     bene accorti principi e diſcreti
     Che ſeguite di Ceſare l’efempio:
     E gli ſcrittor vi fate amici, donde
     Non hauete a temer di Lethe l’onde.

 [23]
Son come i cygni ancho i poeti rari
     Poeti che non ſian del nome indegni:
     Si perche il ciel de gli huomini preclari
     Non paté mai che troppa copia regni,
     Si per gran colpa de i Signori auari
     Che laſcian mendicare i ſacri ingegni:
     Che le virtú premendo, & eſaltando
     1 vitii, cacciati le buone arti in bando.

 [24]
Credi che Dio queſti ignoranti ha priui
     De lo’ntelletto e loro offuſca i lumi:
     Che de la poeſia gli ha fatto ſchiui
     Accio che morte il tutto ne conſumi,
     Oltre che del ſepolchro vicinai] viui
     Anchor e’ haueffer tutti i rei coltami,
     Pur che ſapeſſon farti amica Cyrra
     Piú grato odor hauria ch nardo o mirrha.
     
 [25]
Non ſi pietoſo Enea, ne ſorte Achille
     Fu come e fama, ne ſi fiero Hettorre,
     E ne ſon ſtati, e mille e mille e milk’
     Che lor ſi puon con veritá anteporre,
     Ma i donati palazzi e le gran ville
     Da i deſcendenti lor, gli ha fatto porre
     In queſti ſenza ſin ſublimi honori
     Da l’honorate man de gli ſcrittori.

 [26]
Non ſu ſi ſanto ne benigno Auguſto
     Come la tuba di Virgilio ſuona,
     L’hauer hauuto in Poeſia buon guſto
     La proferittion iniqua gli perdona,
     Neſſun ſapria ſé Neron foſſe ingiuſto
     Ne ſua fama faria ſorſè me buona:
     Haueſſe hauuto e terra e ciel nimici
     Se gli ſcrittor ſapea tenerſi amici.

 [27]
Homero, Agaménon vittorioſo
     E ſé i Troian parer vili & inerti:
     E che Penelopea ſida al ſuo ſpofo
     Da i Prochi mille oltraggi hauea foſſerti
     E ſé tu vuoi che’l ver non ti ſia aſcoſo
     Tutta al contrario l’hiſtoria conuerti:
     Che i Greci rotti, e che Troia vittrice
     E che Penelopea ſu meretrice.

 [28]
Da l’altra parte odi che fama laſcia
     Eliſſa c’hebbe il cor tanto pudico,
     Che riputata viene vna bagafeia
     Solo, perche Maron non le ſu amico,
     NO ti marauigliar ch’io n’ habbia abaſcia
     E ſé di ciò diffuſamente io dico,
     Gli ſcrittori amo e ſo il debito mio
     Ch’ al voſtro modo ſui ſcrittore anch’ io.

 [29]
E fopra tutti glialtri io feci acquiſto
     Che non mi può leuar tempo ne morte,
     E ben conuenne al mio lodato Chriſto
     Rendermi guidardon di ſi gran ſorte,
     Duolmi di quei che ſono al tempo triſto
     Quando la corteſia chiuſo ha le porte,
     Che co pallido viſo e inaerò e aſciutto
     La notte e’l di vi picchian ſenza ſrutto.

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 [30]
Si che continuando il primo detto
     Sono i poeti e gli ſtudiofi pochi:
     Che doue non han paſco ne ricetto
     Infin le fere abbandonano i lochi:
     Coſi dicendo il Vecchio Benedetto
     Gliocchi inſiamo ch parueno duo ſuochi
     Poi volto al Duca con vn faggio riſo
     Torno ſereno il conturbato viſo.

 [31]
Reſti con lo ſcrittor de V Euangelo
     Aſtolfo hormai, ch’io voglio far’ vn ſalto
     Quanto ſia in terra a venir ſin dal cielo:
     Ch’io non poſſo piú ſtar ſu l’ali in alto:
     Torno alla Donna, a cui con graue telo
     Moſſo hauea geloſia crudele aſſalto,
     Io la laſciai e’ hauea con breue guerra
     Tre Re gittati vn dopo l’altro in terra.

 [32]
E che giunta la ſera ad vn cartello
     Ch’alia via di Parigi ſi ritroua
     D’Agramáte che rotto dal fratello
     S’era ridotto in Arli hebbe la nuoua:
     Certa che’l ſuo Ruggier foſſe con qllo
     Toſto ch’apparue in ciel la luce nuoua
     Verſo Prouenza doue anchora inteſe
     Che Carlo lo ſeguia la ſtrada preſe.

 [33]
Verſo Prouenza per la via piú dritta
     Andando s’ incontro in vna donzella
     Anchor che foſſe lachrymoſa e afflitta
     Bella di faccia e di maniere bella,
     Queſta era quella ſi d’ amor traffitta
     Per lo ſigliuol di Monodante, quella
     Donna gentil, e’ hauea laſciato al ponte
     l’amante ſuo prigion di Rodomonte,

 [34]
Ella venia cercando vn caualliero
     Ch’a far battaglia vſato come lontra
     In aqua e in terra foſſe, e coſi fiero
     Che lo poteſſe al Pagan porre incontra:
     La ſconfolata amica di Ruggiero
     Come queſt’ altra ſconfolata incontra
     Corteſemente la ſaluta, e poi
     Le chiede la cagion de i dolor ſuoi.

 [35]
Fiordiligi lei mira, e veder parie
     Vn cauallier, ch’ai ſuo biſogno ſia,
     E comincia del ponte a ricontarle
     Oue impediſce il Re d’ Algier la via,
     E ch’era ſtato appreſſo di leuarle
     l’amante ſuo, non che piú ſorte ſia
     Ma ſapea darſi il Saracino aſtuto
     Col ponte ſtretto, e con ql fiume aiuto.

 [36]
Se fei (dicea) ſi ardito e ſi corteſe
     Come ben moſtri l’uno e l’altro in viſta:
     Mi vendica per dio di chi mi preſe
     Il mio Signore, e mi fa gir ſi triſta,
     O conſigliami al meno in che paeſe
     Poſſa io trouare vn ch’a colui refiſta:
     E ſappia tanto d’arme e di battaglia
     Che’l fiume e’l potè al Paga poco vaglia.

 [37]
Oltre che tu farai, quel che conuienſi
     Ad huom corteſe, e a caualliero errate
     In beneſicio il tuo valor diſpenfi
     Del piú fedel d’ ogni fedele amante,
     De l’altre ſue virtú non appertienſi
     A me narrar, che ſono tante e tante
     Che chi non n’ha notitia, ſi può dire
     Che ſia del veder priuo e de l’udire.

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 [38]
La magnanima Dona, a cui ſu grata
     Sempre ogni impreſa ch può farla degna
     D’ eſſer con laude e gloria nominata,
     Subito al ponte di venir diſegna,
     Et hora tanto piú, ch’e diſperata
     Vie volétier, quado anello a morirvegna
     Che credendoli miſera eſſer priua
     De’l ſuo Ruggiero, ha i odio d’ eſſer viua

 [39]
Per quel ch’io vaglio giouane amoroſa
     (Riſpoſe Bradamante) io m’oflerifeo
     Di far l’impreſa dura e periglioſa:
     Per altre cauſe anchor ch’io preteriſcho,
     Ma piú, che del tuo amante narri coſa
     Che narrar di pochi huomini auuertiſco.
     Che ſia in amor fedel, ch’a ſé ti giuro
     Ch in ciò péſai ch’ognun foſſe pergiuro.

 [40]
Con vn ſoſpir queſt’ ultime parole
     Fini, con vn ſoſpir ch’uſei dal core:
     Poi diſſe andiamo, e nel ſeguente Sole
     Giúfero al fiume, al paſſo pien d’horrore,
     Scoperte da la guardia che vi ſuole
     Farne ſegno col corno al ſuo Signore,
     Il pagan s’ arma, e quale e’l ſuo coſtume
     Su’l ponte s’apparecchia in ripa al fiume.

 [41]
E come vi compar quella guerriera
     Di porla a morte ſubito minaccia,
     Quado de P arme e del deſtrier ſu ch’era
     Al gran ſepolchro oblation no faccia,
     Bradamante che fa l’hiſtoria vera
     Come per lui morta Iſſabella giaccia:
     Che Fiordiligi detto le l’hauea.
     Al Saracin ſuperbo riſpondea.

 [42]
Perche vuoi tu beſtial che gli innocenti
     Facciano penitentia del tuo fallo?
     Del ſangue tuo placar coſtei conuienti
     Tu l’uccideſti, e tutto’l mondo fallo,
     Si che di tutte P arme e guernimenti
     Di tanti che gittati hai da cauallo:
     Oblatione e vittima piú accetta
     Haura ch’io te P uccida in ſua vendetta.

 [43]
E di mia man le ſia piú grato il dono,
     Quado come ella ſu, ſon Dona anch’ io
     Ne qui venuta ad altro effetto ſono
     Ch’a vendicarla, e queſto ſol diſio,
     Ma far tra noi prima alcu patto e buono
     Che’l tuo valor ſi compari col mio,
     S’abbattuta faro, di me farai
     Quel ch de glialtri tuoi prigion fatt’hai.

 [44]
Ma s’io t’abbatto (come io credo e ſpero)
     Guadagnar voglio il tuo cauallo e l’armi
     E quelle oſſerir ſole al cimitero,
     E tutte l’altre diſtaccar da marmi,
     E voglio che tu laſci ogni guerriero,
     Riſpoſe Rodomonte giuſto parmi,
     Che ſia come tu di, ma i prigion darti
     Giá no potrei, ch’io no gli ho í qſte parti.

 [45]
Io gli ho al mio regno in Africa mandati
     Ma ti prometto, e ti do ben la fede,
     Che ſé m’auuien per caſi inopinati
     Che tu ſtia i fella: e ch’io rimaga a piede:
     Faro che faran tutti liberati
     In tanto tempo quanto ſi richiede
     Di dare a vn meſſo ch’in fretta ſi mandi
     A far quel, che s’io perdo mi comandi.

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 [458]
ORLANDO FVRIOSO
     
 [46]
     Ma s’ a te tocca ſtar diſotto, come
     Piú ſi conuiene, e certo ſo che ſia,
     No vo che laſci l’arme, ne il tuo nome
     Come di vinta, fottoſcritto ſia,
     Al tuo bel viſo a begliocchi alle chiome
     Che ſpiran tutti amore e leggiadria
Voglio donar la mia vittoria, e baiti
Che ti diſponga amarmi, oue m’odiarti,

 [47]
Io ſon di tal valor ſon di tal nerbo
     C’hauer nò dei d’adar di ſotto a ſdegno:
     Sorrífe alquanto, ma d’ un riſo acerbo:
     Che fece d’ira piú che d’altro ſegno,
     La Donna, ne riſpoſe a quel ſuperbo
     Ma torno in capo al ponticel di legno
     Sprono il cauallo, e con la lancia d’ oro
     Venne a trouar quell’orgoglioſo Moro.

 [48]
Rodomonte alla gioſtra s’apparecchia
     Viene a gran corſo, & e ſi grande il ſuono
     Che rende il potè, ch’intronar l’orecchia
     Può ſorſè a molti che lontan ne ſono:
     La lancia d’ oro ſé l’uſanza vecchia
     Che ql Pagan ſi dianzi in gioſtra buono
     Leuo di fella: e in aria lo foſpeſe:
     Indi fu’l ponte a capo in giú lo ſtefe.

 [49]
Nel trapaſſar ritrouo a pena loco
     Oue entrar col deſtrier quella guerriera
     E ſu a gran riſco, e ben vi manco poco
     Ch’ ella non trabocco ne la riuiera:
     Ma Rabicano ilquale il vento e’l fuoco
     Concetto hauea ſi deſtro & agii’ era
     Che nel margine eſtremo trouo ſtrada
     E farebbe ito ancho fu’n ſil di ſpada.

 [50]
Ella ſi volta, e contra l’abbattuto
     Pagan ritorna, e con leggiadro motto
     Hor puoi (diſſe) veder chi habbia pduto
     E a chi di noi tocchi di ſtar di ſotto,
     Di marauiglia il Pagan reſta muto
     Ch’ una donna a cader l’habbia condotto
     E far riſpoſta non potè o non volle
     E ſu come huom pien di ſtupore e ſolle.

 [51]
Di terra ſi leuo tacito e meſto
     E poi ch’andato ſu quattro o fei paſſi,
     Lo ſcudo e l’elmo ede l’altre arme il reſto
     Tutto ſi traſſe, e gitto contra i faſſi,
     E ſolo e a pie ſu a dileguarſi preſto:
     No che cOmiſſion prima non laſſi
     A vn ſuo feudier che vada a far l’effetto
     De i prigion ſuoi, fecondo che ſu detto.

 [52]
Partiſſi: e nulla poi piú ſé n’ inteſe
     Se non che ſtaua in vna grotta ſcura:
     Intanto Bradamante hauea foſpeſe
     Di coſtui l’arme all’alta ſepoltura:
     E fattone leuar tutto l’arneſe
     Ilqual de i cauallieri alla ſcrittura
     Conobbe de la corte eſſer di Carlo:
     Non leuo il reſto e non laſcio leuarlo.

 [53]
Oltr’ a quel del ſigliuol di Monodante
     Ve quel di Sanſonetto e d’Oliuiero
     Che per trouare il principe d’Anglante
     Quiui conduſſe il piú dritto ſentiero,
     Quiui fur preſi, e ſuro il giorno inante
     Mandati via dal Saracino altiero,
     Di queſti l’arme ſé la donna torre
     Da l’alta mole: e chiuder ne la torre.

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 [54]
Tutte l’altre laſcio pender da i faſſi
     Che fur ſpogliate a i cauallier Pagani:
     V’eran l’arme d’un Re, del quale i paſſi
     Per Frontalatte mal fur ſpefi e vani,
     10 dico l’arme del Re de Circaſſi
     Che dopo lungo errar per colli e piani
     Venne quiui a laſciar l’altro deſtriero
     E poi fenz’arme andosfene leggiero.

 [55]
S’ era partito diſarmato e a piede
     Quel Re pagan dal periglioſo ponte,
     Si come glialtri ch’eran di ſua fede
     Partir da ſé laſciaua Rodomonte,
     Ma di tornar piú al capo non gli diede
     11 cor, ch’iui apparir non hauria ſronte
     Che per quel chevantoffi, troppo ſcorno
     Gli faria farui in tal guiſa ritorno.

 [56]
Di pur cercar nuouo deſir lo preſe
     Colei che ſol hauea ſiſſa nel core
     Fu l’auentura ſua, che toſto inteſe
     (Io non vi ſaprei dir chi ne ſu authore)
     Ch’ella tornaua verſo il ſuo paeſe,
     Onde elfo come il púge e ſprona Amore
     Dietro alla peſta ſubito ſi pone:
     Ma tornar voglio alla ſiglia d’ Amone.

 [57]
Poi che narrato hebbe con altro ſcritto
     Come da lei ſu liberato il paſſo:
     A Fiordiligi e’ hauea il core afflitto
     E tenea il viſo lachrymoſo e baffo:
     Domando humanamente, ou’ella dritto
     Volea che foſſe indi partendo: il paſſo,
     Riſpoſe Fiordiligi, il mio camino
     Vo che ſia in Arli al campo Saracino.

 [58]
Oue nauilio e buona compagnia
     Spero trouar da gir ne l’altro lito:
     Mai non mi fermerò, ſin ch’io non ſia
     Venuta al mio Signore, e mio marito,
     Voglio tentar perche in prigion non ſtia
     Piú modi e piú, che ſé mi vien fallito
     Queſto, che Rodomonte t’ ha promeſſo
     Ne voglio hauer vno & vn’ altro appſſo.

 [59]
Io m’offerifeo (diſſe Bradamante)
     D’ accópagnarti vn pezzo de la ſtrada:
     Tanto che tu ti vegga Arli d’auante
     Oue per amor mio vo che tu vada
     A trouar ql Ruggier del Re Agramate
     Che del ſuo nome ha piena ogni «jtrada:
     E che gli rendi queſto buon deſtriero
     Onde abbattuto ho il Saracino altiero.

 [60]
Voglio ch’apunto tu gli dica queſto,
     Vii cauallier che di prouar ſi crede
     E fare a tutto’l mondo manifeſto
     Che contra lui fei mancator di fede,
     Accio ti troui apparecchiato e preſto,
     Queſto deſtrier pch’ io te’l dia mi diede
     Dice che troui tua piaſtra e tua maglia
     E che l’aſpetti a far teco battaglia.

 [61]
Digli qſto e non altro, e ſé quel vuole
     Saper da te ch’io ſon, di che noi fai,
     Quella riſpoſe humana come ſuole
     Non faro ſtanca in tuo ſeruitio mai
     Spender la vita, non che le parole,
     Che tu anchora per me coſi fatto hai:
     Gratie le rende Bradamante, e piglia
     Frontino, e le lo porge per la briglia.

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 [62]
Lungo il fiume le belle e pellegrine
     Giouani vanno a gran giornate inſieme,
     Tanto che veggono Arli, e le vicine
     Riue odon riſonar del mar che ſreme,
     Bradamante ſi ferma alle confine
     Quaſi de Borghi, & alle ſbarre eſtreme,
     Per dare a Fiordiligi atto interuallo
     Che códurre a Ruggier poſſa il cauallo.

 [63]
Vien Fiordiligi, & entra nel raſtrello
     Nel ponte, e nella porta, e ſeco prende,
     Chi le fa compagnia fin’ all’hoſtello
     Oue habita Ruggiero, e quiui ſcende,
     E fecondo il mandato, al Damigello
     Fa l’ibaſciata, e il buon Frontin gli rède:
     Indi va che riſpoſta non aſpetta
     Ad eſequire il ſuo biſogno in fretta.

 [64]
Ruggier riman cofuſo e in penſier grade
     E non fa ritrouar capo ne via
     Di ſaper chi lo sfide, e chi gli mande
     A dire oltraggio e a fargli corteſia,
     Che coſtui ſenza fede lo domande
     O poſſa domandar huomo che ſia
     Non fa veder, neimaginare, e prima
     Ch’ogn’ altro ſia che Bradamante iſtima.
 [65]
Che foſſe Rodomonte, era piú preſto
     Ad hauer, che foſſe altri, opinione,
     E perche anchor da lui debba vdir qſto
     Penſa, ne imaginar può la cagione,
     Fuor che con lui, non fa di tutto’l reſto
     Del mondo, con chi lite habbia e tezone
     In tanto la Dòzella di Dordona
     Chiede battaglia e ſorte il corno ſuona.

 [66]
Vien la nuoua a Marſilio e ad Agramate
     Ch’un cauallier di ſuor chiede battaglia,
     A caſo Serpentin loro era auante
     Et impetro di veſtir piaſtra e maglia,
     E promeſſe pigliar queſto arrogante:
     Il popul venne fopra la muraglia,
     Ne fanciullo reſto ne reſto veglio
     Che non foſſe a veder chi feſſe meglio.

 [67]
Con ricca fopraueſta e bello arneſe
     Serpentin da la Stella in gioſtra venne,
     Al primo ſcontro in terra ſi diſtefe,
     Il deſtrier hauer parue a ſuggir penne,
     Dietro gli corſe la Dona corteſe
     E per la briglia al Saracin lo tenne,
     E diſſe, mòta e fa che’l tuo Signore
     Mi mandi un cauallier di te migliore.

 [68]
Il Re African ch’era con gra famiglia
     Sopra le mura alla gioſtra vicino,
     Del corteſe atto assai ſi marauiglia
     Ch’ uſato ha la Donzella a Serpentino,
     Di ragion può pigliarlo, e non lo piglia
     Diceua, vdendo il popul Saracino,
     Serpentin giunge, e come ella comanda
     Vn miglior da ſua parte al Re domanda.

 [69]
Grandonio di Volterna ſuribondo,
     Il piú ſuperbo cauallier di Spagna,
     Pregando fece ſi, che ſu il fecondo,
     Et vſci con minaccie alla campagna:
     Tua corteſia nulla ti vaglia al mondo:
     Che quando da me vinto tu rimagna
     Al mio Signor menar preſo ti voglio
     Ma qui morrai, s’io poſſo come ſoglio.

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 [70]
La Dona diſſe lui: tua villania
     Non vo che men corteſe far mi poſſa,
     Ch’ io non ti dica che tu torni pria
     Che fu’l duro terren ti doglia l’oſſa,
     Ritorna, e di al tuo Re da parte mia
     Che per ſimile a te non mi ſon moſſa,
     Ma per trouar guerrier che’l pgio vaglia
     • Son qui venuta a domandar battaglia.

 [71]
Il mordace parlare acre & acerbo
     Gran fuoco al cor del Saracino attiza,
     Si che ſenza poter replicar verbo
     Volta il deſtrier con colera e con (lizza.
     Volta la donna, e contra quel ſuperbo
     La lancia d’ oro e Rabicano drizza,
     Come l’haſta fatai lo ſcudo tocca
     Co i piedi al cielo il Saracin trabocca.

 [72]
11 deſtrier la magnanima guerriera,
     Gli preſe, e diſſe, pur te’l predifT io
     Che far la mia imbaſriata meglio t’ era
     Che de la gioſtra hauer tanto diſio,
     Di al Re ti prego, che ſuor de la ſchiera
     Elegga vn cauallier che ſia par mio,
     Ne voglia con voi altri affaticarme
     C hauete poca eſperientia d’arme.

 [73]
Quei da le mura che (limar non fanno
     Chi ſia il guerriero in ſu l’arcion ſi (aldo
     Quei piú famoſi nominando vanno
     Ch tremar li fan ſpeffo al maggior caldo,
     Che Brandimarte ſia molti detto hanno
     La piú parte s’accorda eſſer Rinaldo
     Molti ſu Orlando haurian fatto diſegno
     Ma il ſuo caſo ſapean di pietá degno,

 [74]
La terza gioſtra il figlio di Lanfufa
     Chiedendo, diſſe non che vincer ſperi
     Ma perche di cader piú degna ſcuſa
     Habbian cadendo anch’io, qſti guerrieri,
     E poi di tutto quel ch’in gioſtra s’ uſa
     Si meſſe in punto, e di cento deſtrieri
     Che tenea in ſtalla, d’un tolſe l’eletta
     C’hauea il correr accodo, e di gra fretta.

 [75]
Contra la donna per gioſtrar ſi fece
     Ma prima ſalutolla, & ella lui,
     Diſſe la donna ſé ſaper mi lece
     Ditemi in corteſia che ſiate vui:
     Di queſto Ferrau le ſatisfece
     Ch’ufo di rado di celarſi altrui:
     Ella ſoggiunſe, voi giá non riſiuto
     Ma hauria piú volentieri altri voluto.

 [76]
E chi? Ferrau diſſe, ella riſpofe
     Ruggiero, e a pena il potè proferire,
     E ſparfe d’ un color come di roſe
     La belliflíma faccia in queſto dire,
     Soggiunſe al detto poi, le cui famoſe
     Lode a tal proua m’han fatto venire,
     Altro non bramo, e d’altro non mi cale
     Che di prouar come egli in gioſtra vale.

 [77]
Semplicemente diſſe le parole
     Che ſorſè alcuno ha giá preſe a malitia,
     Riſpoſe Ferrau prima ſi vuole
     Prouar tra noi chi fa piú di militia,
     Se di me auuien ql che di molti mole
     Poi verrá ad emendar la mia triſtitia
     Quel gentil cauallier, che tu dimoſtri
     Hauer tanto dello che teco gioſtri.

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 [78]
Parlando tutta volta la donzella
     Teneua la viſiera alta dal viſo,
     Mirando Ferrau la faccia bella
     Si ſente rimaner mezo conquiſo,
     E taciturno dentro a ſé fauella
     Queſto vn’angel mi par del paradiſo,
     E anchor che con la lancia non mi tocchi
     Abbattuto ſon giā da ſuoi begliocchi.

 [79]
Preſò del capo, e come aglialtri auuene:
     Ferrau ſé n’uſci di fella netto,
     Bradamante il deſtrier ſuo gli ritenne:
     E diſſe torna, e ſerua quel e’ hai detto,
     Ferrau vergognoſo ſé ne venne
     E ritrouo Ruggier ch’era al conſpetto
     De’l Re Agramante, e gli fece ſapere
     Ch’alia battaglia il cauallier lo chere.

 [80]
Ruggier nò conoſcedo anchor chi foſſe
     Chi a sfidar lo mandaua alla battaglia,
     Quaſi certo di vincere, allegroſſe:
     E le piaſtre arrecar fece e la maglia,
     Ne l’hauer viſto alle graui percoſſe
     Che glialtri ſian caduti il cor gli ſmaglia,
     Come s’armaffe, e come vſciſſe, e quanto
     Poi ne ſegui, lo ſerbo all’altro canto.