Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggio critico sul Petrarca, 1954 – BEIC 1805656.djvu/156

Da Wikisource.
i50 saggio critico sul petrarca


donarsi. Qui è l’originalitá del Petrarca. E quando seconda la sua natura, sparisce dalla sua poesia ogni vestigio di sottigliezza, di gonfiezza e di rettorica, è naturale senza volgaritá, d’una semplicitá elegante.

Precursore del Tasso e del Leopardi, il Petrarca in pien Medio evo, vale a dire in tempi di tanta energia nel bene e nel male, fu senza saperlo attinto da quella specie di malattia morale, che nei tempi moderni s’è dichiarata con tanti esempli. La quale consiste nella disproporzione tra quello che vogliamo e quello che possiamo, ed uccide l’anima lentamente, che si dissimula l’impotenza, logorandosi ed intisichendo in vane immaginazioni. Questo male ha afflitto gl’italiani nel punto che, come riscossi da lungo sonno, hanno sentito il bisogno d’una vita nuova senza poterla attingere; e voi ne sentite la febbre ne’ furori dell’Alfieri e nelle disperazioni del Foscolo. Dopo d’avere come misterioso colera invaso tanti alti spiriti, eccolo svelato, e voglio credere conquiso, nelle pagine del Leopardi, che ne ha avuto una cosí straziante coscienza. E cesserá, quando nell’uomo e nel popolo che ne è tormentato, penetra la misura e l’amore del reale, di cui il Manzoni è una espressione tanto serena; quando, in luogo di fantasticare dietro l’assurdo, sua principale occupazione sará di esaminare quello che trova, ed averne piena notizia: conoscere è quasi giá possedere. E questo terribile reale, che come ombra ci fugge sempre dinanzi, noi lo conquisteremo noi, se lasciando i problemi assurdi dell’alchimia, ci metteremo nel campo della scienza.

Uno di questi alchimisti, ed il piú innocente, fu Francesco Petrarca. Ebbe scarsa coscienza del suo male; spese gran parte della vita in far quello a cui non era destinato; nello strazio di giornaliere contraddizioni, nel flutto delle illusioni e delle disillusioni consumò ogni energia, perdette ogni serenitá ed ogni coraggio; stanco, trasportato dalla invitta natura, senza piú resistenza, si gittò in solitudine, ove, con quelle risoluzioni estreme che son proprie di questi caratteri, s’acconciò a vita da selvaggio. Dapprima quel modo di vivere gli fu caro, gli parea di poter meglio attendere a’ suoi studi, di poter svellersi