Per il Congresso di Udine (Lucas)

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Vincenzo Monti

St. John Lucas 1797 Indice:The Oxford book of Italian verse.djvu Poesie Letteratura Per il Congresso di Udine Intestazione 26 marzo 2022 75% Poesie

Questo testo fa parte della raccolta The Oxford book of Italian verse


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A
GITA in riva dell’Isonzo il fato,

Italia, le tue sorti; e taciturna
               Su te l’Europa il suo pensier raccoglie.
               Stansi a fronte, ed il brando insanguinato
               5Ferocemente stendono sull’urna
               Lamagna e Francia con opposte voglie;
               Ch’una a morte ti toglie,
               E dàrlati crudel l’altra procura.
               Tu muta siedi; ad ogni scossa i rai
               10Tremando abbassi, e nella tua paura
               Se ceppi attendi o libertà non sai.
          Oh più vil che infelice! oh de’ tuoi servi
               Serva derisa! Sì dimesso il volto
               Non porteresti e i piè dal ferro attriti,
               15Se del natio vigor prostrati i nervi
               Superba ignavia non t’avesse e il molto
               Fornicar co’ tiranni e co’ leviti:
               Onorati mariti,
               Che a Caton preponesti, a Bruto, a Scipio!
               20Leggiadro cambio, accorto senno in vero!
               Colei che l’universo ebbe mancipio
               Or salmeggia; e una mitria è il suo cimiero.
          Di quei prodi le sante ombre frattanto
               Romor fanno e lamenti entro le tombe,
               25Che avaro piè sacerdotal calpesta;

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               E al sonito dell’armi, al fiero canto
               De’ fianchi mirmidóni e delle trombe,
               Susurrando vendetta alzan la testa.
               E voi l’avrete, e presta,
               30Magnanim’ombre. L’itala fortuna
               Egra è sì, ma non spenta. Empio sovrasta
               Il fato, e danni e tradimenti aduna:
               Ma contra il fato è Bonaparte; e basta.
          Prometeo nuovo ei venne, e nell’altera
               35Giovinetta virago cisalpina
               L’etereo fuoco infuse, anzi il suo spirto.
               Ed ella già calata ha la visiera;
               E il ferro trae, gittando la vagina,
               Desïosa di lauro e non di mirto.
               40Bieco la guata ed irto
               Più d’un nemico; ma costei nol cura.
               Lasciate di sua morte, o re, la speme:
               Disperata virtù la fa secura,
               Nè vincer puossi chi morir non teme.
          45Se vero io parlo, Crèmera vel dica,
               E di Coclite il ponte, e quel di Serse,
               E i trecento con Pluto a cenar spinti.
               E noi lombardi petti, e noi nutrica
               Il valor che alle donne etrusche e perse
               50Plorar fe’ l’ombre de’ mariti estinti.
               Morti sì, ma non vinti,
               Ma liberi cadremo, e armati, e tutti:
               ‘ Arme, arme ’ fremeran le sepolte ossa,
               ‘ Arme ’ i figli, le spose, i monti, i flutti;
               55E voi cadrete, o troni, a quella scossa.
          Cadrete; ed alzerà Natura al fine
               Quel dolce grido che nel cor si sente,
               Tutti abbracciando con amplesso eguale;

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               E Ragion sulle vostre alte ruine
               60Pianterà colla destra onnipossente
               L’immobil suo triangolo immortale.
               Ira e fiamma non vale
               Incontro a lui di fulmini terreni,
               E forza in van lo crolla ed impostura:
               65Dio fra tuoni tranquillo e fra baleni
               Tienvi sopra il suo dito e l’assecura.
          Tu, primo degli eroi, che sull’Isonzo,
               Men di te stesso che di noi pensoso,
               Dei re combatti il perfido desio;
               70Tu che, se tuona di Gradivo il bronzo,
               Fra le stragi e le morti polveroso
               Mostri in fragile salma il cor d’un dio;
               All’ostinato e rio
               Tedesco or di’ che sul Tesin lasciata
               75Hai la donna dell’Alpi ancor fanciulla,
               Ma ch’ella in mezzo alle battaglie è nata
               E che novello Alcide è nella culla.
          Molti per via le fan villano oltraggio
               Ricchi infingardi, astuti cherci, ed altra
               80Gente di voglie temerarie e prave.
               Ella passa e non guarda, ed in suo saggio
               Pensier racchiusa non fa motto, e scaltra
               Scuote intanto i suoi mali, e nulla pave.
               Così lion, cui grave
               85Sulla giubba il notturno vapor cada,
               Se sorride il mattin sull’orizzonte,
               Tutta scuote d’un crollo la rugiada,
               E terror delle selve alza la fronte.
          Canzon, l’italo onor dal sonno è desto;
               90Però della rampogna
               Che mosse il tuo parlar prendi vergogna.

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               Ma, se quei vili che son forti in soglio
               T’accusano d’orgoglio,
               Rispondi: ‘ Italia sul Tesin v’aspetta
               95A provarne la spada e la vendetta.’