Poesie (Parini)/V. Terzine/II. La vita campestre
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II
LA VITA CAMPESTRE
Lá su l’alto del colle, e da quel lato
che piú guarda il meriggio e che del monte
schermo si fa contro aquilon gelato.
siede una casa con bei campi a fronte,
5ove, serpendo, affrettasi un ruscello
puro, che cade dall’alpina fonte.
E una selvetta fresca, e del piú bello
verde che v’abbia, pende sul declive
de la vailetta, che fa strada a quello;
10e dei vigneti salgon tra le vive
pietre dell’erta, e miste ad essi piante
di mandorle gentili e molli ulive.
Poi da la parte dove il fiammeggiante
sol declinando porta l’alba e il zelo
15dell’opre a gente ch’è da noi distante,
veggonsi e paschi, e con argenteo velo
estesi laghi e boschi e poggi ed erti
monti a la fine e Palpi azzurre e il cielo.
Dolce soggiorno, dove i cori aperti
20sono a la gioia e all’innocenza antica,
lungi dai giochi di fortuna incerti;
dolce soggiorno, dove l’aria è amica,
salubre il cibo, e il vin vecchio e robusto
ne la vecchiezza altrui vigor nutrica.
25Ivi è un signor di patrimonio angusto,
se guardi al desiderio de’ mortali;
ma basta il poco a lui ch’è saggio e giusto.
Giovine ancor, vide e conobbe i mali
de le vaste cittadi, e poi piú fido
30diedero asilo a lui l’aure natali.
E dieci volte sopra cinque al lido
nostro tornò la vaga rondinella,
cercando il loco ov’ebbe l’esca e il nido,
da ch’ei qui venne; e non pertanto a quella
35aurora che passò lieta e felice,
seguir vide un’aurora ognor piú bella;
che i campi e la fruttifera pendice
e l’orto e il gregge e i figli e la consorte
e l’amato cultor fan che non lice
40pòr mai piede a la noia entro a le porte
del lieto albergo, e d’ogni giorno l’ore,
si lunghe al cittadin, per lui son corte.
Né a lui fa d’uopo, a tener desto il core,
cerco piacer con mille cure intente,
45o cupidigia o ambizion d’onore,
che all’alma ingenua, all’incorrotta mente,
la spontanea natura offre se stessa
d’infiniti piacer viva sorgente.
[Il ms. resta interrotto.]