Poesie (Parini)/V. Terzine/I. Per le nozze di Rosa Giuliani e Gaetano Fiori

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I. Per le nozze di Rosa Giuliani e Gaetano Fiori

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I. Per le nozze di Rosa Giuliani e Gaetano Fiori
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I

PER LE NOZZE DI ROSA GIULIANI E GAETANO FIORI

(1758.)

     Signora Rosa mia saggia e dabbene,
Io scriver versi per chi si marita
è una cosa che a molti non conviene.
     Voi mi domanderete perché uscita
5fuor di bocca mi sia questa sentenza:
ed eccovi di ciò bella e chiarita.
     Prima, perché talun scrive giu senza
guardar che non mai ebbe a’ giorni suoi
punto de la poetica semenza;
     10onde certi versacci nascon poi,
che per l’amor di Dio benedetto
non v’è cosa che al mondo piú ti annoi,
     Molti san fare ancor qualche sonetto,
ma per far qualche cosa tuttavia
15non hanno a la modestia alcun rispetto.
     Ti conducono all’uscio a far la spia;
fanti veder Coniugio che vien drento,
e la Verginitá che scappa via.
     Cascan ne le sozzure in sino al mento;
20e fanti comparire una sporchezza
quel cosí alto e nobil sacramento.

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     Chi fa coraggio a la sposa, chi spezza
la zona virginal, chi in versi strani
chiama Imene e la dea de la bellezza.
     25Ho visto epitalami si villani
che starien meglio, il ciel me lo perdoni,
ne le nozze che fan tra loro i cani.
     E non si potrebb’ei d’altre cagioni
trarre argomenti, e non dar punto retta
30a questi pensieracci gaglioffoni?
     Non si potrebbe andar per via piú retta:
e a sé stesso e a gli sposi fare onore,
lasciando quel che a’ bruti soli aspetta?
     Io non gustai del maritale amore,
35però che giovinetto a la sua rete
san Pier m’ha colto papa e pescatore.
     Ma non di men, quantunque io mi sia prete,
vi porre’ dir mill’altre belle cose,
senza toccar quelle che voi sapete.
     40Di buoni avvertimenti una gran dose
e di preservativi un po’ morali
io dare’ in vece a gli sposi e a le spose.
     Direi: — Non fate come gli animali
che a pena terminato di trescare
45sono ancora nemici capitali.
     Voi vi dovete, o sposi, sempre amare,
non giá voltarvi in capo a pochi mesi
l’una al servente e l’altro a la comare.
     Voi dovete pensar che siete presi
50a un laccio cui non può scior se non morte,
non giá le male usanze de’ paesi. —
     Direi: — O sposo, la vostra consorte
è una compagna datavi da Dio,
che che le passion dicano storte.
     55Frenate dunque il mobile desio;
e fuor del vostro nido non scappate,
se non volete aver quel che dich’io.

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     Le vostre mogli trovansi gelate
le fredde notti dell’umido verno,
60fannovi il muso, e voi vi lamentate?
     E voi, o sposa, abbiate buon governo
de le cose domestiche e de’ figli;
però ch’e’ son la ruota e voi il perno.
     Non ascoltate i malvagi consigli
65dell’interesse amico al vostro sesso,
se non volete che al boccon vi pigli.
     Non v’abusate, come s’usa adesso,
de’ sposi sdolcinati che d’umana
leggerezza dan nome ad ogni eccesso. —
     70Ma ’l dir tai cose a voi è opra vana,
signora Rosa mia, la quale il ceto
lasciate in dietro de la plebe insana.
     E ’l vostro gentil sposo vi tien dreto
per quella via che voi segnate avanti,
75sol de la virtú vostra altero e lieto.
     Ei non curò giá quel che gl’ignoranti
curali ne le lor mogli solamente,
vale a dir la bellezza ed i contanti:
     a queste cose non guardò niente,
80ben che n’aveste a dargliene in buon dato,
ma solo al bello de la vostra mente.
     Sol per questo ei cercò d’avervi a lato;
e cosí dovria far chiunque ha senno,
perché sia ’l matrimonio allegro e grato.
     «5 E quel medesmo che di lui accenno,
io lo dico di voi, sposa gentile,
a cui le passion forza non fenno.
     Voi come l’altre non foste si vile
che, a pena fuori uscite de’ pupilli,
90vaghe sono del genere maschile;
     ond’entran loro in capo certi grilli
di volere a ogni modo un bel marito,
pria che la lor beltá caschi o vacilli.

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     Voi non aveste di beltá prurito;
95ma sol congiunta a la virtú vi piacque,
come sopra a un bel corpo un bel vestito.
     Però è dover che sopra voi, com’aeque,
le benedizion piovan dal cielo,
sposi, in che Amor cotanto si compiacque,
     100A me non lice penetrar nel velo
dell’avvenir, com’altri pari miei
che hanno in corpo Elicona e Pindo e Deio.
     Del resto anch’io cinque figliuoli o sei
prometterievi alzando in aria i vanni;
105e spiegherei lor toghe, arme e trofei.
     Dire’che agl’indi e agli ultimi britanni
andrá lor nome; e che a si tristo guaio
fia che l’odrisia luna il volto appanni.
     Io non ve ne prometto pure un paio:
110che voi ne abbiate a avere è facil cosa;
io per me ve ne priego un centinaio;
     pur che agguaglino il padre e la sua sposa,
e sieri di buona pianta buone frutte;
che quest’è, come ho letto in versi e in prosa,
     115la benedizion miglior di tutte.