Rime (Andreini)/Egloga II

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Egloga II

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SELVAGGIO, ET AMARILLI EGL. II.


Argomento.


Ritrovando Selvaggio Amarilli la prega ad esserli cortese; mostrandole quanto faccia errore à spender gli anni suoi inutilmente dietro alle Fiere. ella risponde. al fine dispiacendole i preghi di lui piena di sdegno si parte, ed egli addolorato la segue.


Selvaggio, & Amarilli.


Selv.
C
Ruda più d’ogni Fera,

Fredda più d’ogni ghiaccio,
Ma però tanto bella,
Quanto fredda, e crudele;
E da me tanto amata
Quanto cruda ti scopro, e fredda, e bella;
Tu pur mi fuggi ingrata,
Tu pur fuggi Amarilli.
Deh se piegar non vuoi l’animo altero
Ad amar un, che per te langue, e muore,
Almeno hor che solinga per le Selve
Te n’ vai Fere cacciando
Consenti, ch’io ti segua,
E che servo ti sia, se non compagno.
Io pur di tè più certo,
E più di tè sarò securo arciero;
E saprò di tè meglio
Seguir correndo, e spaventar gridando
I Capri, i Daini, e i Cervi.
Tù sola non puoi già tender le reti

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Nè sola puoi destare i cani al corso,
E quà seguir Licisca, e là Melampo;
Nè dal tuo braccio le saette uscendo
Ponno (cred’io) passar d’horrida belva
Hirsuto cuoio. tù dunque non sai,
Che nascesti al ferir con gli occhi i cori
Non col braccio le Fere?
Ama.Importuno amator tù pur mi segui,
E mi preghi à macchiar l’anima casta;
Rimanti homai, che la mercè, che brami
Fora de l’honor mio nemica eterna.
Teco usando pietà sarei spietata.
Che la pietà, ch’à pudicizia nuoce
Crudeltate si chiama.
Io di tua compagnia punto non curo;
Che da me stessa io sò seguir le Fere,
E giungerle, e ferirle, e farne preda;
E se tù dì, che le saette uscite
Da l’arco mio sì poco à dentro vanno:
Facciam di questo prova.
Sia de le mie quadrella
Il seno di Selvaggio
Il destinato segno;
E vedrem poi qua’ colpi
Sien più potenti, ò quei d’Amore, ò i miei.
Selv.Duro non è ’l mio sen, quegli occhi ’l sanno,
Che lo piagan mai sempre:
Ma tù cruda Amarilli
Ben hai di marmo il sen, di ferro il core,
Nè conosci pietade,
E se pur di pietade hai conoscenza
L’hai di morta pietà. ma s’ella è morta

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Ben ravvivarla spero
Col darmi morte. ah in un vaga, ed altera,
Hor che dal tuo bel viso,
Da la tua chioma d’oro,
E da la verde etade
Richiede Amor il debito tributo,
Perche ti mostri schiva
De gli amorosi affetti?
E giusto pur, ch’innamorata viva
Colei, che tanti cor dolce innamora.
Ama.Innamorata pur viva colei,
Che sol nacque ad amare.
Io nacqui al seguitar le Fere erranti,
Ed al fuggir gli Amanti.
Segua dunque ciascun la sua fortuna.
Selv.Segui, se vuoi le Fere,
Segui se vuoi le selve,
Ma non fuggir Amore.
Sai pur, ch’Endimion, Cefalo, Adone,
Ed altri furo habitator de’ boschi;
E pur non ricusar gioia d’amore.
Non vietano le selve
L’amare, il san le Belve.
Sovengati mia vita,
Che sì proprie non son de’ prati l’herbe,
Del giovinetto Aprile
Le tenerelle frondi,
De l’odorato Maggio i vaghi fiori,
De l’Autunno fecondo i dolci frutti,
De l’agghiacciato Verno, e pioggie, e nevi
Com’è propria d’Amor la giovinezza.
Oh se tu havessi in mente

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Come vanno fuggendo i più begli anni,
E quanto è de la donna instabil dono,
E di tempo brevissimo beltade
Non faresti à te stessa
Un così grave oltraggio;
Ma goderesti accorta
Questa non sò perch’altro à noi sì cara
Vita, che del balen più ratta fugge.
Ah che non dè, non dè fuggir amore
O bella pargoletta
Chi fù d’amor concetta.
Ama.La cara libertà, che ’l Ciel mi diede
Perder dunque degg’io
Per un folle desìo?
Nò, nò, che non mi diè Natura il core
Per nudrirlo d’amore,
E d’insani pensieri.
Sò quanto fugge con veloce piede
La bellezza mortale.
Sò, che ’l giorno, che segue
E peggior del passato.
Sò, ch’ad ogni momento il tempo invola
Dal volto de la Donna
Il più gradito pregio.
Io sò, che de l’estate
Il più cocente ardore
Non così tosto spoglia i prati d’herba;
Ed à giorni men lunghi quando il Sole
Ne le bilancie alberga
Non sì tosto languiscono i fioretti
Come tosto se n’ fugge
Dal volto de le Ninfe, il bello, e ’l vago.

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Bellezza è di Natura un fragil dono;
Nè saggia è Donna, che si fida in lui;
Ond’io prudente in questo
Già non pregio beltade
Pregio ben castitade.
Selv.Ohime quanto se’ bella
Ben ti dicon le Fonti,
Nel cui mobile argento
Spesso ti specchi, e forse ti vagheggi.
Così t’havesse la Natura, e ’l Cielo
Fatta men bella; ò più cortese e pia;
Ma perch’estremo il mio tormento fosse
Ti fecero egualmente e bella, e cruda.
Dunque sotto severo,
E rigoroso ciglio
Vuoi sempre ritener gli avari sguardi?
Severitate, asprezza
Stian pure eternamente
Con la fredda, ed inutile vecchiezza,
Che l’ardente, ed allegra giovinezza
Da lo scherzo, dal gioco,
Dal riso, e dal piacer partir non deve.
Ama.Un bel volto è più bello
Se tien tanto de l’aspro, e del severo,
Ch’altrui minacci, e minacciando alletti;
Ma taci homai Selvaggio,
Poiche d’amor parlando
Perdi la voce, le parole, e ’l tempo.
Selv.Poic’hò perduta l’alma
Fia poco il perder anco
Le parole, la voce, il tempo, e l’opra.
Ma se schive d’amore

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Qual tù fossero tutte
Le Ninfe, il Mondo in breve
Di selvaggi animali
Albergo si farebbe,
E spaventoso, e vile.
Ama.Sia prima de le Fere il Mondo albergo
Ch’albergo sia ’l mio core
De la fera pestifera d’Amore.
Selv.Grand’Amor in gran core opra gran cose.
Amarilli crudele
Sè per la tua fierezza
Al duol commetter deggio
La dolente mia vita,
Commetterolla ancora
Al furto, a la rapina,
E disperato furioso Amante
Involerò per forza
Quel, che ’n dono conceder non mi vuoi.
S’emulo tù m’hai fatto
Dei boschi, de le rupi, e de le grotte,
Gli habitator di questi alpestri, e ’ncolti
Luoghi imitar vogl’io;
In questi albergan sempre
Fauni lascivi, e Satiri bicorni,
Che sbandita pietà predando vanno
Ciò, che più loro aggrada.
Dunqu’anch’io rapirò crudele, e fiero;
Nè la bellezza, ò ’l pianto,
O le lusinghe, ò i preghi, ò le querele
Arme sol de la Donna
Mi faran men feroce.
Saprò ben io spiar tutti gli aguàti

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Ove ti posi alhora
Che per lunga fatica
Hai di tepide stille il volto asperso;
E quando penserai d’esser secura
Da le minaccie, e da l’insidie accorte
D’un Pastor disprezzato,
Anzi pur d’un’Amante infuriato,
Ti giungerò d’ira, e di rabbia pieno;
E trà la fredda neve
Del tuo rigido seno
Cercherò le mie fiamme.
Da le tue labbra con le labbra mie
Affamate, ed ingorde
Coglierò quelle rose,
C’hor dinegate in dono
Da la tua ferità cruda mi sono.
Così l’obligo fia
De l’inganno, del furto, e de la forza
S’obligo esser non può di cortesia.
Ama.Misura con le forze
Le tue minaccie ò folle.
Selv.Farò più, ch’io non dico
S’aspetti, che sia vinto
Da la disperazione amor. non sai,
Ch’è proprio d’ogni Amante
Il bramar più quel che negar più vede?
Ama.Cessa di molestarmi
O protervo Amatore;
Se non ti giuro (e ne vedrai l’effetto)
Che di quest’arco mio, de le saette
Proverai la possanza.
Selv.Tue saette non temo,

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Che ’n me non è più parte
Che saettar si possa.
Ama.Sottrarrommi fuggendo
Quand’altro non mi giovi,
Al tuo lungo pregare,
Anzi al lungo noiare.
Arder mi sento il volto
Di sdegno nel pensar, ch’io teco parlo,
E ’n un combatte in me vergogna, ed ira.
Selv.Se di me più veloce
Sarai nel corso, Amore
Mi presterà, perch’io ti giunga l’ali.
Ama.Seguimi pure, ò nò, ch’io ti prometto,
Che prima unir vedrassi
Col Ciel la Terra, con la fiamma l’onda,
Il giorno con la notte
L’inferno con le stelle,
Ch’ad amarti giamai l’animo pieghi.
Selv.Impossibil è più, ch’io non ti segua,
Che ’mpossibil non è quanto m’hai detto;
Dunque vana è la fuga,
Vana è la fuga ò dispietata Ninfa
Quand’ancor fatta trasparente linfa
Nova Aretusa per le occulte vene
De la terra te n’ gissi;
Perche ’n fiume converso
Mercè del pianto mio nel cieco Inferno
Seguirò novo Alfeo l’onda fugace.