Rime varie (Alfieri, 1912)/LIX e LX. Ai luoghi abitati un tempo dal Petrarca

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LIX e LX. Ai luoghi abitati un tempo dal Petrarca

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LIX e LX. Ai luoghi abitati un tempo dal Petrarca
LVIII. Non ispera da' suoi versi altra fama che di sincero amatore LXI. Sua infelicità, lontano dalla Contessa

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LIX [lxxxiii] e LX [lxxxiv].1

Ai luoghi abitati un tempo dal Petrarca.

Rapido fiume, che d’alpestre vena2
Con maestà terribile discende,
Da tergo io lascio; e il mio pensiero intende3
4Là dove l’aura è ancor sacra e serena.4
Oh di qual dolce fremito ripiena
L’anima in me di fiamma alta s’incende!
Nulla omai, fra brev’ora, a me contende,5
8Che al gran fonte di Sorga io prenda lena.
Deh quante volte, per quest’orme istesse,
Il divin Vate alla sua chiusa valle6
11Pien d’amorose cure il piè diresse!

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Vieni, (ei mi grida) il buon sentier non falle7
A chi davver tutte speranze ha messe
14Di gloria e amor pel disastroso calle.


Ecco ecco il sasso, che i gran carmi al cielo8
Innalzan piú che la sua altera fronte.
Quindi il bel fiumicel d’amore9 ha fonte,
4Sacro, a par del Castalio,10 al Dio di Delo.
Nobil invidia, e ch’io perciò non celo,
Qui mi punge in pensar, che al mondo conte11
Fea queste spiagge, e le bell’acque, e il monte,
8D’un amante cantor l’ardente zelo.
S’io non men d’esso, e in non men chiaro foco
Ardo, e cantando, in pianto mi consumo,
11Fama alla donna mia niegherà loco?
Deh! se in tuo caldo verseggiar mi allumo,12
Gran cigno, e se al mio dire ognor t’invoco,
14Non di me, il vedi, ma in te sol presumo.


Note

  1. «Non mi arrestai fino ad Avignone, dove mi portai con trasporto a visitare la magica solitudine di Valchiusa; e Sorga ebbe essai delle mie lacrime, non simulate e imitative, ma veramente di cuore e caldissime. Feci in quel giorno nell’andare e tornare di Valchiusa in Avignone quattro sonetti: e fu quello per me l’un dei giorni i piú beati e nello stesso tempo dolorosi, ch’io passassi mai» (Aut., IV, 12°). La data precisa della composizione di questi quattro sonetti, due dei quali soltanto stimo necessario di riferire, è il 29 ottobre del 1783.
  2. 1. Con queste parole il Petrarca (Rime, CCVIII) volgesi al Rodano.
  3. 3. Intende, è vòlto.
  4. 4. È ripreso in questo verso l’uso frequente – troppo frequente – del Petrarca, di avvicinare il nome comune l’aura al nome proprio della donna da esso amata: cosí (Rime, XC):
    Erano i capei d’oro a l’aura sparsi....
    Sacra e serena: al solito, il Petrarca (Rime, CXXVI):
    Aere sacro, sereno
    Ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse...
  5. 7. Contende, si oppone; cosí l’Ariosto (Orl. fur., I, 73):
    Se l’intricati rami e l’aer fosco
    (Disse la donna) agli occhi non contende...
  6. 10. Alla sua chiusa valle: cosí il Petrarca (Rime, CXVII):
    Se ’l sasso ond’è piú chiusa questa valle
    Di che ’l suo proprio nome si deriva....
  7. 12. L’Ariosto (Orl. fur., XIX, 3):
    Non conosce il paese e la via falle.
  8. 1. Francesco d’Ovidio (in Questioni di geografia petrarchesca negli Atti della R. Accademia di scienze morali e politiche, Napoli, 1888) a proposito del sonetto del Petrarca
    Se ’l sasso ond’è piú chiusa questa valle
    cosí parla di questa rupe: «Dal suo lato occidentale, dov’è la cascata del fiume e che guarda verso Avignone, la rupe è alta e scoscesa: e se a chi la mira dalla chiusa valletta che le sta ai piedi si presenta cosí rapida come se scendesse diritta a piombo, chi invece vi monta sopra, la vede sempre piú incurvarsi in fuori, tanto che al sommo par concava e che minacci di precipitare al fondo della valle. Il lato opposto che è volto ad Oriente, cioè verso le Alpi e l’Italia ha un declivio necessariamente piú dolce». — I gran carmi, s’intende, del Petrarca.
  9. 3. Il fiumicel d’amore è il Sorga.
  10. 4. Il Castalio era una fonte che scorreva a piè del Parnaso.
  11. 6. Conte, conosciute.
  12. 12. Mi allumo, risplendo: Dante (Purg., XXI, 96):
    ... la divina fiamma
    Onde sono allumati piú di mille.