Scritti politici e autobiografici/Un altro passo verso il precipizio

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Un altro passo verso il precipizio

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Perché andammo in Spagna Per l'unificazione politica del proletariato italiano
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UN ALTRO PASSO VERSO IL PRECIPIZIO1


L’Europa è di nuovo in regime ciclonico. È destinata a restarvi fino a quando domineranno, presso due delle maggiori potenze europee, regimi di tipo fascista, cioè di follia nazionalista guerriera.

Se di qualche cosa ci si può meravigliare, in questi giorni angosciosi, è che la seconda guerra europea non sia già scoppiata dopo l’incredibile, efferato bombardamento di Almeria da parte della flotta tedesca dislocata nel Mediterraneo con funzioni di «controllo».

La guerra non scoppia ancora per un motivo solo: che la volontà di pace, certo sempre più armata e diffidente, della Francia e dell’Inghilterra, resta tuttavia superiore ad ogni provocazione.

Quando tra due parti in contesa non esiste una grande disparità di forze, rimane sempre vero il detto [p. 183 modifica]che per fare la guerra bisogna essere in due. Francia e Inghilterra sono ben decise ad evitare ogni complicazione nella questione di Spagna. Di questa loro decisione profittano largamente i due fascismi che sembra quasi si propongano di misurare in via sperimentale le altrui capacità di sopportazione. Viene fatto di pensare ai colpi di spillo che si fanno sull’arto paralizzato per misurarne la sensibilità. Solo che in luogo di colpi di spillo si hanno duecento colpi di cannone calibro 203 mm. sparati su una povera città indifesa alle prime luci dell’alba.

Chi non vede il rapporto sempre più stretto esistente tra la volontà di pace degli uni e le provocazioni degli altri? Nella misura in cui gli uni non reagiscono, gli altri agiscono. Giuoco pericoloso da ogni punto di vista, giuoco mortale. Non è lontano il giorno in cui il pacifismo miope e gretto, perpetuamente oscillante tra i principii e l’interesse immediato, figlierà la catastrofe che travolgerà l’Europa.

Altri potrà meravigliarsi per quanto accade sulle coste della desolata eroica Spagna; non noi, che sempre denunciamo la sconcia commedia del non intervento, sboccata in questo assurdo controllo in cui una sezione intiera di controllori si compone di viaggiatori di frodo....

Come pretendere che i frodatori controllino? C’è un limite a tutto, perfino all’ipocrisia dei dittatori. Non si può pretendere da Mussolini l’obiettività nella questione di Spagna, quando in Spagna combatte una [p. 184 modifica]intiera armata fascista su cui grava il peso della disfatta di Guadalajara.

Non si può pretendere da Hitler l’accettazione passiva dell’insuccesso probabilmente definitivo di Franco e dei possenti aeroplani da bombardamento tedeschi di fronte a Bilbao, quando da quell’insuccesso dipende non solo l’esito della lotta in Spagna, ma, per la mancanza del ferro e di altre materie prime, anche il riarmo tedesco e quindi anche l’esito della futura guerra europea.

C’è una logica in tutte le cose umane, c’è una logica anche nella politica. Prima o poi l’assurdo doveva esplodere.

Il nuovo ciclo provocatorio fascista viene dopo due mesi di vani, disperati sforzi contro Bilbao; dopo il risveglio dell’opinione inglese e della Lega. L’attenta considerazione degli avvenimenti ultimi rivela il disegno premeditato.

Certo, i singoli incidenti sono fortuiti. Ma la serie degli incidenti non si è verificata a caso. Essa è il prodotto di una fredda volontà Roma-Berlino, di un accordo preciso, di un calcolo raffinato. Nel Mediterraneo, su cui così gelosamente veglia ormai l’Inghilterra, si è voluto che sparassero cannoni tedeschi, in luogo di cannoni italiani. Così e non altrimenti si spiega l’atteggiamento strano tenuto da Mussolini dopo l’incidente di Palma di Maiorca (città ribelle), dove sei ufficiali di marina italiani sono morti in seguito allo scoppio di una bomba caduta sul ponte di una nave [p. 185 modifica]mercantile («Barletta»), nel corso di un bombardamento operato da aeroplani repubblicani.

Il bombardamento è avvenuto il 24. Un primo comunicato, apparso il 28, sui giornali fascisti, e datato St-Jean-de-Luz, parla di un bombardamento avvenuto il 27 su navi «da guerra» italiane. Il giorno successivo la stampa fascista rilancia più diffusamente la notizia attraverso un lungo comunicato del «Deutsche Nachrichten Buro» (l’agenzia nazionalsocialista). Il bombardamento è riportato al 24.

Ancora più strano che solo attraverso quel comunicato tedesco si dia notizia della protesta Grandi al Comitato di non-intervento, quasi Grandi fosse l’ambasciatore di Hitler e gli ufficiali morti fossero tedeschi e non italiani.

Finalmente il 30 maggio i giornali fascisti pubblicano in prima pagina degli articoli nei quali si avverte che l’incidente, che sarebbe avvenuto a due riprese, il 24 e il 26, «non è chiuso», ma in cui si insiste sopratutto sulla indignazione tedesca e sulle misure che intende prendere la Germania per evitare il ripetersi degli incidenti. Notizia viene data dell’avvenuto scambio di telegrammi fra il comandante della squadra navale tedesca nel Mediterraneo e Prieto, ministro spagnolo della Difesa, dai quali balza evidente il proposito di creare l’incidente.

Le navi tedesche addette al controllo spareranno contro aerei governativi spagnoli che le sorvolassero, avverte l’ammiraglio. Prieto replica che le navi ad[p. 186 modifica]dette al controllo nulla hanno da temere se restano nella zona loro assegnata e a dieci miglia dalla costa. Palma di Maiorca è ribelle. Il controllo spetta alle navi francesi. Ibiza è ribelle. Il controllo non spetta alle navi tedesche.

Che cosa faceva il «Deutschland» a Ibiza? Come mettere in dubbio la versione del governo di Valencia, secondo cui a sparare per prima sarebbe stata la corazzata, quando proprio due giorni prima l’ammiraglio tedesco aveva avvertito che avrebbe senz’altro sparato in caso di sorvolo di aerei?

Il tracotante ammiraglio non avrebbe tuttavia immaginato che due aeroplani in ricognizione avrebbero potuto avere ragione del «Deutschland», corazzata modello, possentemente protetta contro l’offesa aerea.

Di qui l’immenso dispetto. Dopo il cattivo rendimento degli aeroplani e delle tanks tedeschi sul fronte di Madrid, la Germania hitleriana constata il rendimento scadente delle corazze e delle artiglierie del «Deutschland». Bisogna vendicare l’onore hitleriano.

Come? Contro il porto militare di Cartagena? No. Là sono varie batterie costiere, là è la flotta repubblicana, là sono squadriglie aeree. Contro Almeria, città aperta, straboccante di profughi di Malaga, dove non è flotta, non è aviazione.

All’alba, in fretta, prima che sopraggiungano aeroplani. E poi via, dietro una cortina di fumo, fieri della prova di forza, annunciando al mondo che giustizia è fatta e che la Germania e l’Italia fasciste si [p. 187 modifica]girano dal Comitato di non-intervento, si ritirano dal controllo.

Se Francia e Inghilterra sapessero trarre dall’odioso episodio la conclusione che si impone, non avrebbero che da prendere atto di questa rottura unilaterale di impegni internazionali solennemente assunti per ristabilire la Spagna repubblicana nella totalità dei suoi diritti sovrani. Il principio del non-intervento, se ha ancora un senso deve essere da ora in poi fatto rispettare con la forza non più contro i rifornitori di armi, ma contro le potenze fasciste, che intervengono con eserciti e con flotte intere.

La Spagna repubblicana ha già vinto. Tutti lo sentono, lo sanno. La provocazione fascista non è che l’esplosione della rabbia per il fallimento pressoché inevitabile. Uno scatto di energia, e la questione di Spagna è chiusa.

Ma così non sarà. Assisteremo nei giorni prossimi, stiamo già assistendo agli sforzi disperati della diplomazia anglo-francese per salvare la macchina del non intervento, per scongiurare i bombardatori, i massacratori di Almeria, di montare la guardia al fantoccio di Londra. Hitler e Mussolini forse consentiranno con degnazione a recitare un secondo o terzo atto della tragica farsa. E così si andrà avanti, rinviando il conto sempre più gigantesco, sempre più difficilmente saldabile, alla scadenza prossima.

La prossima volta che cosa non oserà l’asse Roma-Berlino? [p. 188 modifica]

Uno sbarco a Barcellona? L’affondamento della flotta repubblicana, o addirittura di qualche corazzata inglese?

Tutto è possibile. Hitler e Mussolini appartengono alla scuola di coloro i quali pensano che quando si vuole il fine, si debbono volere anche i mezzi, tutti i mezzi.

Non manca loro la scelta.

Note

  1. È l’ultimo articolo di Carlo Rosselli. Fu scritto poco prima dell’assassinio.