Storia d'Italia/Libro XI/Capitolo VI
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VI
Parrá forse alieno dal mio proposito, stato di non toccare le cose succedute fuora d’Italia, fare menzione di quel che l’anno medesimo si fece in Francia; ma la dependenza di quelle da queste, e perché a’ successi dell’una erano congiunti molte volte le deliberazioni e i successi dell’altra, mi sforza a non le passare del tutto tacitamente. Erano, insino al principio di maggio, passati con le navi inghilesi e spagnuole a Fonterabia, ultimo termine del reame di Spagna verso la Francia in sul mare Oceano, seimila fanti inghilesi per assaltare congiuntamente con le forze spagnuole, secondo le convenzioni fatte tra ’l suocero e il genero, il ducato di Ghienna, parte, secondo gli antichi nomi e divisioni, della provincia della Aquitania; contro al quale movimento il re di Francia, non sicuro ancora dalle parti di Piccardia, preparava l’ordinanza nuova di ottocento lancie che avea fatte, e soldava delle parti piú basse della Alamagna non suddite a Cesare molti fanti: e conoscendo quanto importava alla difesa del ducato di Ghienna il reame di Navarra, il quale, dotale di Caterina di Fois, possedeva insieme con lei Giovanni figliuolo d’Alibret, suo marito, aveva chiamato alla corte Alibret suo padre e cercato con diligenza grande di congiugnerselo; alla qual cosa gli aveva dato grandissima opportunitá la morte di Gastone di Fois, per causa del quale, pretendente quel regno non appartenere alle femmine ma a sé piú prossimo maschio della famiglia di Fois, aveva il re di Francia perseguitato Giovanni. Da altra parte il re cattolico, il quale aveva voltato gli occhi a quel reame, dimandava al re di Navarra che stesse neutrale tra il re di Francia e lui, consentisse per il regno il passo alle sue genti che dovevano entrare in Francia, e che per sicurtá di osservargli queste promesse gli desse in mano alcune fortezze, promettendo restituirgliene come prima fusse finita la guerra: le quali dimande conoscendo il Navarro dove tendessino, perché era noto l’antico desiderio de’ re di Spagna di occupare la Navarra, eleggeva piú tosto di esporsi al pericolo incerto che accettare la perdita certa, sperando non dovergli mancare il soccorso promesso, di cavalli e [di fanti], del re di Francia, alle cose del quale era opportunissimo il ritenere la guerra in Navarra; e nel medesimo tempo, o per dare maggiore spazio di venire alle genti destinate al suo soccorso o per liberarsi se poteva da queste dimande, trattava col re d’Aragona, il quale secondo il costume suo procedeva in queste cose con grande arte. Ma non nocette piú al re di Navarra la industria e sollecitudine del re d’Aragona che la negligenza del re di Francia; il quale, avendo preso animo perché gli inghilesi passati a Fonterabia non aveano, giá molti dí, mosso cosa alcuna, e confidandosi che il re di Navarra potesse per alquanto di tempo con le forze proprie difendersi, procedette lentamente a mandargli il soccorso: donde avendovi il re d’Aragona, il quale aveva astutamente nutrito le speranze del Navarro, voltatevi con somma celeritá le genti preparate per unirsi con gli inghilesi, il re di Navarra, non essendo preparato, disperato di potere resistere fuggí nella Bierna di lá da’ monti Pirenei; e il reame di Navarra abbandonato, da alcune fortezze in fuori che si guardavano per il re fuggito, pervenne senza alcuna spesa e senza difficoltá, e piú per la riputazione della vicinitá degli inghilesi che per le forze proprie, in potestá del re d’Aragona. Il quale, non potendo affermare di possederlo legittimamente con altro titolo, allegava l’occupazione essere stata giuridicamente fatta per l’autoritá della sedia apostolica: perché il pontefice, non saziato de’ prosperi successi d’Italia, aveva poco innanzi publicata una bolla contro al re di Francia nella quale, nominandolo non piú cristianissimo ma illustrissimo, sottoponeva lui e qualunque aderisse a lui a tutte le pene degli eretici e scismatici, concedendo a ciascuno facoltá di occupare lecitamente le sostanze gli stati e tutte le cose loro; e con la medesima acerbitá, sdegnato che nella cittá di Lione fussino stati ricettati i cardinali e gli altri prelati fuggiti da Milano, avea sotto gravissime censure comandato che la fiera solita a celebrarsi ogni anno quattro volte, con grandissimo concorso di mercatanti, a Lione, si celebrasse in futuro nella cittá di Ginevra, donde giá il re Luigi undecimo, per beneficio del regno suo, l’aveva rimossa; e all’ultimo sottoposto allo interdetto ecclesiastico tutto il reame di Francia. Ma il re d’Aragona, poiché ebbe acquistato la Navarra, regno, benché piccolo e di piccole entrate, per il sito suo molto opportuno e di sicurtá grande alle cose di Spagna, avea fisso nell’animo di non procedere piú oltre, non riputando a proposito suo la guerra col re di Francia di lá da’ monti. Perciò, e nel principio della giunta degli inghilesi era stato tardo a preparare le forze sue, e dopo l’acquisto di Navarra, sollecitando gli inghilesi che unisse con loro le genti sue per andare insieme a campo a Baiona, cittá vicina a Fonterabia e posta quasi in sul mare Oceano, proponeva altre imprese in luoghi distanti dal mare; allegando, Baiona essere talmente fortificata e talmente proveduta di soldati che niuna speranza si poteva avere di ottenerla: alle quali cose contradicendo gli inghilesi, che dispregiavano qualunque acquisto nel ducato di Ghienna senza Baiona, poiché in queste dispute fu consumato molto tempo, infastiditi gli inghilesi e riputandosi delusi, imbarcatisi senza commissione o licenza del suo principe, se ne tornorno in Inghilterra. Donde il re di Francia, rimanendo sicuro da quella parte, né temendo piú degli inghilesi che l’aveano assaltato per mare, perché, alla fine, diventò con l’armate marittime tanto potente che signoreggiava tutto il mare dalla costa di Spagna insino alle coste di Inghilterra, deliberò di tentare di ricuperare la Navarra; dandogli animo a questo, oltre alla partita degli inghilesi, l’avere per i successi avversi di Italia ridotte tutte le sue genti nel regno di Francia.
Aveva il re d’Aragona, nel tempo che agli inghilesi dava speranza di fare la guerra, e per occupare tutto il reame di Navarra, mandato alcune genti a San Giovanni Piè di Porto, ultimo confine del reame di Navarra, e posto alle radici de’ monti Pirenei di verso la Francia; e dipoi cominciando ad augumentare le forze de’ franzesi ne’ luoghi vicini v’aveva mandato con tutto il suo esercito Federico duca d’Alva, capitano generale della guerra: ma divenuto ultimatamente molto superiore l’esercito franzese, nel quale era venuto il delfino, Carlo duca di Borbone e Longavilla, signori principali di tutta la Francia, il duca di Alva, fermatosi in alloggiamento forte tra ’l piano e il monte aveva assai se proibisse che i franzesi non entrassino nella Navarra. I quali, non potendo urtarlo in quel luogo per la fortezza del sito, deliberorno che il re di Navarra con settemila fanti del suo paese, e con lui la Palissa con trecento lancie, movendosi da Salvatierra vicina a San Giovanni Piè di Porto, dove alloggiava tutto l’esercito, passassino per la via di Valdironcales i monti Pirenei, e accostandosi a Pampalona metropoli della Navarra, nella quale i popoli, preso animo dalla vicinitá de’ franzesi, giá facevano per il desiderio del suo re molte sollevazioni, occupassino il passo di Roncisvalle, per il quale solo si conducevano alle genti spagnuole le vettovaglie, delle quali nel luogo dove erano, per la sterilitá del paese, non aveano copia alcuna. L’effetto fu che il re di Navarra e la Palissa, occupato prima il passo di... che è in sulla sommitá de’ monti Pirenei, sforzorno il Borghetto terra posta a piè de’ monti Pirenei, difesa da Baldes capitano della guardia del re d’Aragona con molti fanti; e se colla celeritá debita fussino andati a occupare il passo di Roncisvalle, bastava la fame sola a espugnare l’esercito spagnuolo, circondato da ogni parte dagli inimici e da paesi oltre a modo difficili. Ma gli prevenne la celeritá del duca d’Alva; il quale, lasciati in San Gianni Piè di Porto mille fanti e tutta l’artiglieria, passò a Pampalona per il passo di Roncisvalle, innanzi che essi vi entrassino. Onde frustrati di questa speranza il re di Navarra e la Palissa, a’ quali il delfino avea di nuovo mandato [quattrocento] lancie e settemila fanti tedeschi, si accostorno a Pampalona con quattro pezzi d’artiglieria, la quale con difficoltá grande per l’asprezza de’ monti aveano condotta; e dipoi dato l’assalto, non l’avendo ottenuta, costretti dalla stagione del tempo, che era del mese di dicembre, e dal mancamento delle vettovaglie per la sterilitá del paese, ripassorno i monti Pirenei; in su’ quali, per la difficoltá de’ passi e impedimenti de’ paesani, furno costretti lasciare l’artiglierie: e nel tempo medesimo Lautrech, che con trecento lancie e tremila fanti era entrato nella Biscaia predando e abbruciando tutto il paese, assaltata invano la terra di San Sebastiano, ripassati i monti tornò all’esercito. Il quale, cessato il timore e la speranza da ogni parte, si dissolvé; rimanendo libero e pacifico tutto il regno di Navarra al re d’Aragona.
Nel qual tempo essendo venuto a luce che Ferdinando, che si chiamava duca di Calavria, figliuolo giá di Federico re di Napoli, convenuto secretamente col re di Francia, trattava di fuggire nell’esercito franzese, non molto lontano dalla terra di Logrogno nella quale era allora il re, fu mandato da lui nella fortezza di Sciativa, solita a usarsi da’ re aragonesi per carcere delle persone chiare o per nobiltá o per virtú; squartato per la medesima cagione Filippo Coppola napoletano, il quale era andato occultamente al re di Francia per queste cose; variando cosí la fortuna lo stato degli uomini che egli fusse squartato in servigio di colui dall’avolo paterno del quale il conte di Sarni suo padre era stato fatto decapitare. E faceva alle cose di Italia qualche momento l’essersi scoperta questa congiura, la quale aveva avuto origine da un frate mandato occultamente a Ferdinando dal duca di Ferrara: perché il re cattolico avendo giá inclinazione di sodisfare al pontefice, si accese molto piú per questo sdegno; in modo che comandò al viceré e all’oratore suo appresso al pontefice che, quando a lui paresse, voltassino l’esercito suo contro a Ferrara, non lo ricercando di altri danari che di quegli che fussino necessari a sostentarlo. Queste cose si feciono quello anno in Italia in Francia e in Ispagna.