Tradizioni popolari di Nuoro in Sardegna/Sos berbos o verbos

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Sos berbos o verbos

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Filastrocche – Ninne-nanne – Attitedos Superstizioni, credenze e medicine
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RIVISTA

delle

TRADIZIONI POPOLARI ITALIANE


Anno II. 1° Marzo 1895. Fascicolo IV.


os berbos o verbos.

I berbos sono la parte più caratteristica e importante delle credenze superstiziose del Nuorese. In altre parti dell’Isola son chiamati sas paraulas (le parole), e ne discorse un folklorista sardo in un fascicolo della Rivista, dicendo che è impossibile riuscire a saperle.

A Nuoro non è impossibile, ma è difficilissimo. A stento, a forza di preghiere, di astuzie, di regali e di favori siamo riusciti ad averne gli esemplari che diamo qui appresso.

Bisogna dirlo; io sentiva continuamente parlare dei berbos con tale credenza e con tanto mistero che me n’era formata una strana idea. Le continue ricerche infruttuose, l’arcano con cui vengono circondati, contribuiva a rendermeli più interessanti ed a radicare la mia idea che si trattasse di parole e cerimonie diaboliche, tanto più che le persone divote dicono che è peccato mortale saperli e servirsene. Ma, squarciato in parte il velo, dopo tante ricerche, sono restata molto delusa. Si tratta di medicamenti e di scongiuri sovrannaturali, sì, ma non quali si immaginano. Niente di sacrilego e di diabolico. Son piuttosto riti pagani, con reminiscenze dei riti druidici. Sono certamente tradizioni antichissime, anteriori ai Saraceni, ai Latini, ai Cartaginesi, che i Sardi hanno saputo conservare attraverso tante vicende e tante mescolanze di popoli. [p. 242 modifica]

Il tempo ne ha potuto alterare le parole, ma il rito e la credenza restano sempre. Il più interessante è che la maggioranza dei Sardi, crede fermamente alla potenza dei verbos. E, mentre molti dicono che queste cerimonie son peccato mortale, i più credono invece che si tratti di riti quasi sacri.

La fede cristiana – che senza dubbio ha aggiunto ai verbos i segni di croce – li domina. Bisogna aver fede, dicono. E in fatti a chi non crede alla loro efficacia, benchè li sappia e li adoperi, non servono.

È una specie di potenza suggestiva per cui l’uomo, armandosi della più ferrea volontà, costringe la natura ad obbedirgli.

Uno che sappia i berbos è temuto e rispettato. Non può rivelarli a una persona maggiore d’età di lui, perchè allora perdono ogni valore.

Ci sono berbos di infinite qualità; quelli di cui sono riuscita ad aver precise notizie son questi.

Principalmente necessari sono i berbos per iscudere, cioè per distruggere i vermi dagli animali.

Esistono quelli per distruggere le cavallette, i bruchi1 degli erbaggi e degli alberi, le cimici, le formiche, gl’insetti, i bachi, i vermi roditori, e infine tutti gli animali nocivi alle piantagioni, alle granaglie, agli alberi, alle case ed agli animali utili.

Questi berbos hanno tale potenza che, se una donna incinta si trova nella casa o nella campagna dove vengono recitati, abortisce.2

Abortiscono anche le bestie, e perciò si bada bene di non servirsi dei berbos mentre l’animale si trova in tale stato.

Basta dire un berbu qualunque contro una donna incinta, cui si voglia male, per farla abortire, ma ci è anche una passalidàde (specie) di berbos appunto per ciò.

Ed un’altra qualità per fare, nientemeno, slacciare naturalmente le gonnelle delle donne e farcele cadere mentre sono tra la gente. [p. 243 modifica]

Esistono i berbos per costringere la formica a restituire il grano al mucchio donde l’ha rubato, e i semi e qualunque altra cosa, — i berbos per obbligarla invece a danneggiare la raccolta di una persona nemica, — quelli per mandare le cimici, i bruchi, gl’insetti, ecc. da un luogo ad un altro, — quelli per legare il fucile, cioè impedirgli di sparare, — per legare l’aquila, il falco, il nibbio e l’avoltoio, affinchè non piombino sui porcelletti, sugli agnelli, sui capretti e su tutti i piccoli animali che tali uccelli da preda sogliono rapire.

Berbos esistono contro la volpe, le lepri e i cinghiali che danneggiano le uve, e specialmente contro la volpe per impedirle di rapire i piccoli nati delle greggie.

E infine una specie di berbos, pronunziati specialmente dai ladri quando vanno a rubare, fa in modo che i cani di guardia non abbaiano punto durante le loro gesta...


I Nuoresi, forse più degl’altri Sardi, credono nella potenza dei berbos. Si citano esempi e testimonianze di persone serie, per quanto ignoranti, le quali ci hanno giurato di aver assistito agli strani miracoli operati dai berbos.

Per ora, non possiamo dirne di più.

Ne parliamo seriamente, perchè ci troviamo davanti a un bizzarro fenomeno non composto solo di superstizioni sparse, da donnicciuole e da ragazzi, e ci ripromettiamo di studiarlo meglio in avvenire, quando l’età e una maggior coltura ci permetteranno di spiegarlo meglio. I denigratori del folklore sorrideranno, ma noi diciamo: chissà che qui non e’ entri la scienza?

Quando una bestia, cavallo, bue, vacca, pecora, ecc. è affetta da malattia cutanea a causa dei vermi che la rodono, e che sono una delle malattie più temute nel bestiame, una persona di fede recita questi verbos con questa cerimonia.

Si toglie la berretta e si fa il segno della croce, poi dice:

Sun corpos noe — dae noe torren a otto, — dae otto a sette, — dae sette a ses, — dae ses a chimbe, — dae chimbe a battor, — dae battor a tres, — dae tres a duos, — dae duos aunu, — dae unu a nudda.

Comente sun torraos custos nobe corpos finas a nudda torret su ferme chi juchet custu boe.

Son corpi nove, — da nove si riducono a otto, — da otto a sette, — da sette a sei, — da sei a cinque, — da cinque a quattro, — da quattro a tre, — da tre a due, — da due a uno, — da uno a nulla

Come si son ridotti questi nove corpi fino a nulla si riducano i vermi che porta questo bue (o questa vacca, questo cavallo, ecc).

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Qui si deve accennare chiaramente il colore del pelo della bestia, il suo segnale e il nome del padrone a cui appartiene.3

Nel dire queste parole, la persona che le recita si colloca possibilmente con le spalle rivolte a una macchia di rovi. Pronunciate le parole, si rifà il segno della croce e sempre con la schiena verso il rovo ne spicca una fronda a manos per secus, cioè con le mani indietro, e la butta via lontano sempre alle sue spalle, in modo che non la veda.

In mancanza di rovo o di qualche altro cespuglio spinoso, si può compiere questa cerimonia con due manciate di polvere.

Oppure si fa così.

Dopo il segno della croce si dice:

Comente est iscuttu su frore ’e su rubu e dess’ispina, gai iscudat su sorde de custa bestia. Come è caduto il fiore del rovo e delle spine così cada il verme di questa bestia, ecc.

S’indica il pelo, il segno, il padrone e il membro dove ha i vermi.

Ciò si ripete per tre volte, poi si prende un pugno di polvere e si rigetta violentemente per terra.

Infine si fa tre volte il segno della croce.

Col nome generale di rusta si indicano gli uccelli e tutti gli animali nocivi — volpi, cinghiali, lepri, ecc. — che divorano l’uva, le piantagioni e le frutta. Per tener lontana la rusta dalle vigne si recitano questi berbos:

Su cane ardente,
non d’appau in mente,
toccare robba mia,
in custu monte violente
inie ti balles solu,
non d’appas cossolu,
de sa robba mia.
Il cane ardente,
non abbi in mente (non ricordarti)
toccare roba mia,
in questo monte violento,
là ti balli solo,
non abbi consolazione
della roba mia.
(Cioè non possa approfittartene).

Questi berbos servono anche per impedire alla volpe di rapire i porcelletti, gli agnelli e i capretti. Anzi io credo siano appositamente per ciò perchè robba più che roba vuol dire greggia. [p. 245 modifica]

Per distruggere (iscudere) le cimici, il tarlo, i vermi, gli insetti roditori, i bachi, e infine tutti gl’insetti nocivi alle granaglie, una persona che sappia sos berbos si nuda i piedi e li introduce entro un secchiello d’acqua. A capo scoperto si fa il segno della croce e con devozione recita:

Su capu chi at postu sa fura, sa mala misura, s’usura e s’istadaja. Il capo che ha posto la ruberia, la mala misura, l’usura e la stadera.

Si rifà il segno della croce e ripete le stesse parole. Ciò per tre volte.

Infine dice:

Chi custu serbat pro distruire tale cosa, in tale locu, in tale domino, ecc. Che questo serva per distruggere, tal cosa, in tal luogo, in tal casa, ecc.

Deve indicare l’insetto che vuole che sia distrutto, il sito, la casa e il nome del padrone.

La cerimonia deve essere eseguita a luna 'a foras, cioè nei quarti visibili della luna.

Molti dicono infatti così:

Su capu chi at postu sa fura, sa mala misura, s’usuria e s’istadeja pouzat custu (s’indica il verme o l’insetto che vuolsi distruggere), senza intrare custa santa luna. Il capo che ha posto4 la rapina, la mala misura, l’usura e la stadera ponga (faccia) questo verme prima che tramonti questa santa luna.

Seguono i connotati della bestia malata e il nome del padrone.

Il rito è uguale all’altro sopradetto.

Oltre servire a distruggere gl’insetti nocivi, questi berbos sono validi per far cadere i vermi dalle bestie malate.


Ma i berbos più importanti sono i seguenti, con questo rito.

Prendesi un coltello e lo si appoggia al seno, toccandolo soltanto col pollice e il medio della mano destra. Fatto ciò, si fa il segno della croce collo stesso coltello e, inginocchiandosi per terra, taglia uno stelo qualunque d’erba, sempre col coltello sostenuto dal pollice e dal medio e senza l’aiuto dell’altra mano, e dicendo queste parole si getta via: [p. 246 modifica]

Comente nche falot custu nche falet su sorde dae custu (s’indica sempre la bestia, il pelo, il segno e il padrone), questa bestia prima che tramonti senza nch’intrare custa santa luna. Come cade questo (il filo d’erba o di fieno o d’altro) cadano i vermi da questa santa luna.


Si ripete tre volte coi relativi segni di croce. Bisogna ricordarsi che questi berbos sono invalidi durante l’interlunio.


Durante la raccolta, le formiche rubano il grano dall’aia e lo portano nella loro buca. Talvolta fanno un danno grandissimo.

Ebbene, basta dire i berbos ultimamente detti, col medesimo rito e cambiando solo le parole falet su sorte dae custa bestia nella precisa ingiunzione alle formiche di riporre il grano sull’aia prima del tramonto della luna, perchè la formica obbedisca.

Uno dei verbos per impedire al fucile di esplodere è questo:

Santu Bonaventura
Cruzi di Dou portesit la ura,
Cruzi di Deu portesit d’innante,
Pater, Filiu, Spiritu Sante.

San Bonaventura,
Croce di Dio portò il ladrocinio,
Croce di Dio portò davanti,
Padre, Figlio, Spirito Santo.

È di Terranova Pausania, ed ignoro la cerimonia con cui viene accompagnato.

Note

  1. Per i bruchi è utile lasciare che si sviluppino tutti, senza toccarne neppure uno. Quando giungono al maggiore sviluppo si recita contro d’essi i berbos e muoiono subito.
  2. A proposito di donne in istato interessante si crede che l’uva manipolata da loro faccia il vino cattivo, acido e corrotto.
  3. Questa cerimonia si chiama Iscuder su sorde (Battere, distruggere i vermi).
  4. La fine che ha fatto.