Trattato di architettura civile e militare I/Trattato/Libro 2/Capo 8
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CAPO VIII.
Delle varie specie di case private, e delle parti interne di esse.
Dei tetti e dei giardini.
Alle particolari proprietà e parti discendendo delle case (perchè due sono le specie principali delle case, cioè pubbliche e private), prima giudico essere conveniente trattare delle private, sì perchè naturalmente prima è il privato che il pubblico, essendo il pubblico causato da più privati, sì eziandio perchè nelle private si dichiareranno molte parti alle pubbliche necessarie.
Delle private, cinque sono le specie infra le quali non piccola differenza debba esser, cioè: case da villani, di artefici, di studenti, come notari, procuratori, dottori di legge e medici ovvero fisici e, generalmente in ogni altra scienza, di mercanti, e ultimatamente di nobili i quali al mondo studiano vivere con onore senza molte cure. E prima è ragionevole trattare delle case de’ villani, sì perchè queste prima, almeno naturalmente, furono che le altre, sì ancora perchè al vitto dell’uomo sono più necessarie: e per chiara notizia di quelle è da sapere che nelle case di villa denno essere vestibuli, sotto li quali sieno stalle, botteghe e altri luoghi da lavorare legname: innanzi alla casa debba essere un cortile per bestie minute, stalle per cavalli, bovi e altri somari, castri per porci, stanze per oliviere1, pistrini e fenili. E per meglio dichiarare il sito di queste parti ne descriverò alcune per le quali le altre si potranno facilmente formare e intendere. Prima adunque si faccia un vestibulo levato in colonne, per il quale si entri in più luoghi da lavorare, botteghe e canove: dopo queste sieno stalle e altri luoghi da tenere fieno e paglia: sopra di queste sieno le stanze per li villani con conserve, ovvero riposticoli di frutti: le stalle debbano esser volte verso oriente. Di poi si faccia un cortile con due porte e continuare con questo: dall’altra parte sieno le stanze per oliviere, pistrini e altri maggiori fenili che i predetti, per evitare il pericolo dell’incendio, e forni per ordine sotto le logge. Debbano eziandio le predette case più fosse avere per conservare frumenti secondo al bisogno: ma volendoli meglio conservare, facciasi una fossa come cisterna, di struttura ovvero calcistruzzo, salda bene per tutto lasciando un piccol buco, nella qual fossa (armata prima2 con le cose opportune, come è noto) ponendo il frumento e turando la bocca con tavole e battuta terra, lungo tempo saranno conservati: perocchè non è possibile che il tufo ovvero altra tenera pietra non renda umidità corruttiva del frumento3. Le stalle de’ bovi secondo Vitruvio debbano essere appresso al foco della casa4 in luogo che qualche caldo ricevano: e non potendo far questo, sieno volte in ogni modo verso oriente, perchè la tramontana gli fa orridi; e perchè gli esempi più muovono che le parole, acciocchè l’occhio possa rappresentare alla fantasia e intelletto, ne disegnerò secondo le regole predette5.
Le case degli artefici più necessarie delle altre al vitto, eccetto le predette, debbano avere, potendo, la bottega sotto la casa, e una stanzetta da fare conti e scrivere appresso. E non potendo avere questo, almeno è bisogno una stanzetta dove a casa l’artefice possa del suo mestiere lavorare per maggiore sua comodità, separata dalle stanze delle donne e sua famiglia, acciò liberamente possano i bisognosi della sua arte in casa entrare o stare senza alcuna molestia o incomodo della sua famiglia. E perchè meglio si possa le figure congrue intendere, ne disegnerò alcune (tav. I, 4, 5).
I mercanti più utili, eccetto che i predetti, devono avere nelle abitazioni loro stanze belle e ornate per far mercati, spaziose, con banchi da far conti: e oltre a questo una stanza o più, che serva per fondaco ovvero magazzino, sicchè la sua mercanzia in casa possa servare e contrattare. Le quali stanze siano libere ed espedite dalle altre della famiglia, per la ragione di sopra assegnata: e oltre a questo debbano avere ad essi una abitazione o più per i forestieri da riceversi, perocchè ad essi è necessario tenere di più mercanti amicizie e benevolenze; la quale abitazione similmente dalle altre stanze sia separata e libera. Dopo questo debbono avere ancora fosse per frumenti, ampie canove e oliarii, perchè di ciascuna di queste cose accade far mercanzia; come appare per il disegno6.
Gli studenti nelle case loro devono avere alcuna comoda stanza a piano libera, dove sicuramente possano venire quelli che hanno bisogno di loro scienza ovvero arte; e delle altre parti si tratterà nelle case dei nobili, dove si metterà le simmetrìe delle stanze e parti delle case.
Nell’ultima parte delle case private è da considerare delle case dei nobili ovvero palazzi, le quali più parti ricercano che le predette. In prima debbano avere l’atrio e il cortile, stanze per i forestieri libere a piano e separate: stanze dove si possano ridurre i cittadini, una sala come pubblica, triclinii per l’estate e per il verno, cucine, stalle ampie, canove, e ultimatamente un giardino secondo la condizione del cittadino o gentiluomo, delle quali parti al presente dichiarerò le proporzioni insieme con altre parti meno principali. Ma per cominciare dalle parti esteriori e prime, dico che il palazzo deve avere un sossello con un gradetto sotto ed intorno di quello, sopra i quali posi l’imbasamento. Il sossello, secondo Vitruvio7, deve essere un piè alto un palmo e un dito, largo un piè e mezzo: il grado alto un mezzo piè, largo uno e mezzo: l’imbasamento può posare sul grado solo e col sossello. L’atrio ovvero ridotto, e similmente le sale in tre modi si possono con ragione formare, perchè hanno le medesime proporzioni. Il primo, dividasi la sua lunghezza in parti cinque, e tre di queste sia la larghezza. Il secondo, dividasi in tre, e due di quelle sia la larghezza. Il terzo modo è che siano in forma tonda, ovvero circolare perfetta. Ma l’altezza di questi modi è il maggior diametro di quadro perfetto, e del tondo il suo diametro. L’esempio dei due primi: facciasi del quadrangolo un quadrato, di poi si tragghi una linea diagonia dall’uno degli angoli all’altro opposito e più distante, e quella linea è la sua altezza. In altro modo, non migliore di questo, Vitruvio assegna la simmetria delle predette sale e atrii, dicendo che se saranno da trenta in cinquanta piedi lunghi, debbano esser lati la terza parte della lunghezza: se da cinquanta in sessanta la quarta parte, se da sessanta in ottanta due noni, se da ottanta in cento un quinto8. L’altezza loro, secondo lui, in questo modo afferma essere, cioè che se la larghezza ovvero latitudine fusse da trenta in quaranta piedi il mezzo della lunghezza sia l’altezza, se da quaranta in cinquanta, i due quinti della lunghezza; più oltre non si estende. Il qual modo, salva l’autorità sua a me non piace, sì perchè è imperfetto, dicendo di certa quantità e non di maggiore o minore, sì ancora perchè quando per dieci e quando per venti piedi di lunghezza non varia la proporzione della larghezza, la quale proporzione così debba essere variata come la lunghezza, perchè variata la cagione si varia l’effetto.
I cortili debbano essere di quadro perfetto, o veramente un quadro e terzo, uno e mezzo, ovvero uno e due terzi; in tutti i detti modi stanno proporzionati. Richiedono le colonne intorno con quelle proporzioni che nel libro de’ templi si dimostrerà. Sopra a questo cortile si può fare le logge in due modi, cioè parte con parapetti e colonne, o serrate con finestre. Una cisterna ornata molto decora questa parte9. Adunque delle proporzioni sue per le figure si acquisti la notizia.
Le camere, talami ovvero cubiculi, devono esser lunghe una volta la larghezza loro, il mezzo, ovvero uno e un terzo, ovvero quadrato perfetto, cioè tanto lato quanto lungo; in questi tre modi possono con ragione esser fatte, e l’altezza loro debba esser la linea diagonia, diametro del quadrato, come di sopra è detto delle sale. E se accadesse in altro solaro fare una piccola camera, sia diminuita l’altezza del solaro10 con palchi, o soffitti morti, o volte, per ridurla alla proporzione detta.
I salotti ovvero triclinii devono esser lunghi due quadrati, uno e due terzi, ovvero uno e mezzo; l’altezza loro può essere in più modi: uno, secondo l’altezza del solaro non curando dell’altra proporzione: in altro modo, secondo il modo predetto, per la linea di angolo ad angolo opposito del quadrato. Anco mi pare di usare in tutti gli altri salotti ovvero triclinii queste porporzioni ovvero simmetrìe. Prosupponiamo che l’atrio sia un intero quadrato, allora si pigli la linea diagonia tirata da angolo ad angolo, la cui latitudine di linea nell’altezza si riferisce: e se essi atrii o triclinii fossero d’un quadro e terzo, o di un quadro e mezzo, o di un quadro e due terzi, allora si pigli il mezzo di tutto lo spazio e quello si parta per mezzo, e ad una delle dette parti si tiri la linea diagonia, come di sopra è detto, la quale altezza di tutto lo sfogo, come di sopra è detto, si riferischi.
I triclinii devono essere di quadro perfetto cioè quadrato, ovvero che abbia le ale e lati eguali, e egualmente gli angoli oppositi siano distanti: dove da tre parti, si pongano le mense col fuoco in mezzo secondo gli antichi.
La cucina ricerca di lunghezza la sua larghezza e la metà più, o al più la larghezza e i due terzi di essa; della quale il cammino debba essere spazioso. Appresso di essa debba essere la guardacucina con ripositorii, pile da lavare, cisterne o pozzo, e una stanza di legna contigua ad una beccarietta con canali e chioche per mandare via ogni lotura e sporcizia. Appresso alla detta cucina devono essere dispense, masserizie e canovette, che tutte sono alla sua perfezione necessarie. Devono essere ancora nella detta casa o palazzo più cisterne, una in cucina, come è detto, o più appresso che si può: l’altra nel cortile ornata, in quel luogo che fusse apparente e comodo. Dopo questo, stanze per famigli sono necessarie in luogo che di sotto dichiarerò, di numero e di grandezza secondo il bisogno del possessore, ovvero grandezza della casa che fusse.
I tetti in prima questa dipendenza devono avere cioè, formando una linea retta dall’una e l’altra parte, cioè, per la larghezza, e quella sia divisa in parti quindici, e tre in altezza infino quattro del monaco del tetto, sicchè dal monaco alle facce del muro sia parti sette e mezza di tutta la larghezza di quindici parti11: lo sporto del tetto debba essere secondo l’altezza della casa, cioè da quattro in sei piedi, acciocchè nelle facce e appresso l’acqua non possa cadere. E dove sono le nevi, cinque d’altezza.
Perchè i giardini principalmente si fanno per dilettazione di chi fa edificare, e ancora secondo la comodità del luogo, però pare superfluo assegnare la figura loro; pure si debba il compositore ingegnare di ridurla a qualche specie di figura perfetta, come circolare, quadra o triangolare: dopo questi, più apparenti sono la pentagona, esagona, ortogonia: e si possono applicare. Similmente in esso si ricerca fonti, luoghi segreti secondo il desiderio dei poeti o filosofi, deambulazioni ad uso di palestre coperte con verzure, e altre fantasie che più al signore suo piacesse, coperto più che si può dai vicini intorno. E con queste cose determinate voglio por fine alle private case e parti di esse: delle quali parti insieme e appresso ne apparrà il disegno, e di ciascuna da per se12 (Tav. I, 6, 7, 8, 9, 10).
Note
- ↑ Castri, Oliviere: voci mancanti ai vocabolari, ma di facile e chiara intelligenza. Il pistrino poi è propriamente un mulino girato a mano, che facevasi in città e per le case private, qualora mancassero i mulini ad acqua (Bart. della Pugliola Cronaca di Bologna al 1360. Historia Cortusiorum al 1319).
- ↑ Il cod. sanese (f.° 62, v.°) dice che la fossa dev’essere intorno armata di paglia secondo l’usanza.
- ↑ Un modo simile di conservare il grano è descritto da Plinio (XVIII, 73): ma senza cercarlo in Plinio, ebbe campo l’autore di vederlo ripristinato nella sua città di Siena l’anno 1459 da papa Pio II, il quale parecchie di queste fosse vi fece scavare (Thomasius, ad hist. Augustini Dati. R. I. S., XX., col. 60).
- ↑ Vitruvio, VI, 9.
- ↑ Mancano i disegni delle case rustiche ne’ codd. Sanese e Magliabechiano; ve n’è una veduta prospettica al f.° 24 del cod. membranaceo Saluzziano.
- ↑ Non è specificato quali siano i disegni delle case dei mercanti, nè la distribuzione di essi è tale che li possa far comprendere.
- ↑ Vitruvio (V, 6) non dà queste misure, scrivendo: Gradus spectaculorum, ubi subsellia componantur, ne minus alti sint palmo pede, ne plus pede et digitis sex: latitudinis eorum ne plus pedes duo semis, ne minus pedes duo constituantur. Si scusi l’errore proveniente dal corrotto codice vitruviano, tuttavia non s’intenderà come sia caduto in fallo l’autore credendo essere il subsellium ossia scaglione de’ teatri, una cosa stessa con quel grado rialzato che murello chiamasi, e ne’ palazzi italiani si faceva appiedi alla fronte e per solidità, e per comodo pubblico, e per convegno de’ clienti. Bellissimo fra tali murelli era quello del palazzo d’Urbino adorno di bassirilievi inventati (come dissi nella Vita al cap. III) dal nostro Cecco, scolpiti da Ambrogio Barocci.
- ↑ Vitruvio, lib. VI, cap. 4. Ma qui fa d’uopo che il nostro autore avesse per le mani un codice vitruviano corrottissimo, poichè gli fa dire cose che non trovansi in nessuna edizione.
- ↑ Le cisterne e fontane, parte nobilissima della decorazione de’ cortili in Italia, usarono ne’ secoli bassi ed inferiori specialmente ne’ chiostri. Bellissima quella nel chiostro maggiore di Gradi in Viterbo.
- ↑ Cioè l’altezza del piano. In questa enumerazione delle parti delle case, furono dall’autore scordati que’ nascondigli ripostissimi che usavano onde porsi in salvo ne’ frequenti disordini di nemici o del popolo: ne parla l’Alberti (lib. V. cap. 2) ed il Nardi al lib. V delle Storie fiorentine.
- ↑ A Roma ed in Toscana l’elevazione dei tetti è tra il quinto ed il quarto della base; l’autore vuole che sia di un terzo ne’ paesi nevosi. Quei tetti di tanta sporgenza sono uso quasi peculiare della Toscana: suppliscono al cornicione, ed anche più utilmente, sebbene con minor bellezza.
- ↑ Un curioso ragguaglio delle ville de’ signori in Italia ed in Francia circa il 1300 si ha nel cap. 9, lib. III del Tesoro di Ser Brunetto, che dice le prime castelli di guerra, gaie le seconde e con loggie e giardini. Di giardini e barchi dà figure l’autore nel codice I.