Tre donne/II

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II — L'asino dei Rampoldi

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II — L'asino dei Rampoldi
I III

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CAPITOLO II.

L’asino dei Rampoldi.

La grande cucina dei Rampoldi era quasi tutta immersa nell’oscurità.

Sul camino basso e ampio, alla fratesca, circondato di panche, un focherello di legna verde mandava molto fumo e pochi bagliori di fiamma.

Appena entrata, Maria andò istintivamente con lo sguardo a quel po’ di luce della fiamma e restò come impietrita.

Sulla panca davanti, voltando le spalle a chi entrava, Sandro e la Virginia sedevano vicinissimi, tanto vicini che parevano stretti in un amplesso. [p. 20 modifica]

Egli le aveva passato un braccio attorno la vita; e lei gli posava la testa sulla spalla. Forse si erano baciati in quel momento.

Maria ebbe una sensazione di stroncamento in tutte le ossa, e un gelo di morte la fece rabbrividire.

Non gridò, non si mosse, paralizzata dal raccapriccio.

Come aveva fatto comprendere alla Nunziata, ella non aveva mai amato Sandro di un grande amore; certo non sapeva neppure cosa volesse dire amare appassionatamente; epperò non il dolore disperato, non l’angoscia gelosa la annichilivano in quella guisa; bensì un vero terrore; il terrore di un’anima che si sente divellere dalla sua fede e precipitare nel nulla. Avrebbe voluto fuggire: e con la vita stessa avrebbe pagata la grazia di non vedere; per quel medesimo sentimento che, qualche ora innanzi, parlando della Giulia, l’aveva fatta prorompere in quelle parole: ringrazio il Signore che almeno non l’ho vista!

Ma non poteva staccare i piedi dal suolo.

Tremava tutta. E la scodella col cucchiaio [p. 21 modifica]che teneva in mano, producevano, sbatacchiandosi, un rumore secco, per cui gli altri due si voltarono.

— Oh! finalmente siete qui! — esclamò la Virginia balzando in piedi con un fare semplice e naturale: — Dove siete stata? Avete visto Pietro?...

Maria non rispose. La commozione era troppo grande in lei perchè potesse nasconderla così subito.

D’altra parte una nuova lotta sorgeva ora nell’animo suo, fra l’indignazione esasperata da quella sfacciata ipocrisia, e un desiderio violento fino allo spasimo, di negar fede ai suoi propri occhi.

— Non l’avete visto?

— No — balbettò con voce sorda la moglie di Sandro.

— Ho capito. Sarà andato a dormire nel fenile. Era tanto stanco! Anche noi ci siamo appisolati qua al tepido; e si cascava uno addosso all’altro, come sacchi vuoti. E sì che, grazie al Signore, abbiamo mangiato.

Fece una risatina che morì fredda fredda. [p. 22 modifica]

Sandro s’alzò e accese un lume. Era impacciato e non poteva parlare.

Maria si mise a lavare le stoviglie e quando il marito le si accostò, facendo uno sforzo per domandarle se andava col funerale, ella credette di scorgere in lui una certa ansietà e le parve che la guardasse fisso per capire se aveva visto.

Allora lei si sentì arrossire e chinò la fronte. Provava un senso acuto di vergogna, come se la colpa fosse stata sua.

Era fatta così.

Sandro uscì mormorando un «ci vedremo laggiù» e le due donne restarono sole.

Sempre in silenzio, Maria continuava le sue faccende affrettandosi perchè la compagnia della cognata le pesava in quel momento come una macina sul cuore.

Ma la Virginia s’irritò di quel silenzio. Lei avrebbe preferito un bisticcio, pur di sapere ciò che l’altra pensava. Epperò cercava di farla parlare, provocandola con la sua solita petulanza.

Quand’ebbe finito di dar ordine, Maria si [p. 23 modifica]asciugò le mani e, rimessosi il fazzoletto in capo, s’apprestò ad uscire.

— Dove andate? — gridò la Virginia esasperata. — Perchè non parlate?... Che vi si è fatto?... Sorniona!...

A quest’attacco la moglie di Sandro si voltò e mostrò una faccia così corrucciata, che la provocatrice rimase interdetta.

Ma ora l’offesa non poteva più contenersi. Si gettò con impeto sulla nemica; le afferrò i polsi con le sue dita di lavoratrice, vere morse di ferro; e spingendola contro il muro, la inchiodò lì, gridandole con lo strozzamento della collera:

— Vergognati!... Vergognati!...

Poi, tutto a un tratto, ripresa dall’intimo orrore che quella donna le ispirava, la lasciò stare e uscì senza voltarsi.

La notte era cupa e diaccia.

Il mucchio di casupole pareva addormentato. Ma al di là si sentiva un bisbiglio di voci con[p. 24 modifica]fuse che s’allontanavano. Qualche lumicino vagolava per le viottole.

Maria fece alcuni passi a caso senza veder nulla, brancolando nelle tenebre. Non sentiva il freddo acuto. L’aria diaccia recava appena un poco di refrigerio alla sua testa in fiamme. Non pensava.

Ingenua e rozza non poteva fare riflessioni nè analisi su quello che le accadeva. Ma nell’animo istintivamente gentile e fiducioso, ella sentiva, così in confuso, che tutto crollava in lei; che tutto stava per cadere, nella sua vita, e si disfaceva. Provava la sensazione indefinita di precipitare nell’abisso. Nel medesimo tempo quel senso acuto di vergogna e ribrezzo che l’aveva oppressa fin dal primo istante continuava a farla fremere e rabbrividire.

Ora capiva tutto il significato delle amare parole: l’asino dei Rampoldi!... Già, lei era l’asino. Doveva essere un amore vecchio quello di Sandro e Virginia. Che sudiciona, un cognato!... E lei non s’era accorta di nulla in dieci mesi; che bestia!... Ed ora si ricordava improvvisamente di tante e tante circostanze che [p. 25 modifica]avrebbero dovuto spiegarle ogni cosa. Ma lei credeva che suo marito fosse un galantuomo, un uomo religioso... che non avesse grilli per il capo!...

Qualcuno la chiamò.

Mandò un urlo.

— Eh! Sei pazza di gridare così, o Maria!... Non m’avevi riconosciuta?

— ... No!...

— Ti senti male?... Hai una voce!... Oh! caschi, perdio!...

Maria vacillava: ma cercò di irrigidirsi.

— Non è nulla... Ho pianto troppo.

— Cosa t’hanno fatto?...

Cristina, a giorno della tresca e sempre in sospetto di qualche scoppio, intuiva tutta la verità.

Maria lo comprese e sentì che doveva mentire: però disse con voce abbastanza ferma:

— A me? nulla. Per la povera Giulia, eh!

— La Giulia non soffre più... Ma se vuoi che andiamo al funerale bisogna far presto.

— Son già partiti?... [p. 26 modifica]

— Sì, guarda laggiù. Andiamo per di qua: li raggiungeremo in un momento.

Presero per una scorciatoia traverso i campi.

Una blanda luce si diffondeva nell’aria caliginosa. Si sentiva lo stropiccìo dei piedi nella polvere e il salmodiar delle preci mortuarie.

Una voce grave aveva intonate le litanie dei Santi, e tutti gli uomini e le donne rispondevano in coro:

Ora pro ea!

Ora pro ea!

Le voci forti e le voci esili si sposavano in una semplice armonia, che l’aria della notte portava lontano nel silenzio lugubre della campagna autunnale.

Le due sorelle arrivarono in pochi minuti su la strada percorsa dal funerale.

Un misero funerale! Davanti camminava un ragazzo con una lanterna; poi veniva il vecchio Scaramelli con la croce; indi la bara portata a spalla da quattro giovinotti e a mala pena coperta da un cencio nero, senza fiori, nè altro ornamento.

Le donne e gli uomini che la seguivano an[p. 27 modifica]davano un po’ alla rinfusa, e di tratto in tratto qualcuno rischiarava la strada con una candeletta, una lanterna o un fanale.

La prima persona su cui si fermò lo sguardo di Maria fu appunto Sandro che se n’andava a testa alta, pregando con una sorta di slancio.

Era un bell’uomo il cavallante Rampoldi; un bel soldato; e l’aria soldatesca, il portamento svelto, lo distinguevano tra tutti i suoi compagni.

Per la prima volta dacchè lo conosceva, Maria fu colpita da quella relativa distinzione, da quella maschia bellezza; e per la prima volta sentì che sarebbe stata molto felice se, invece di essere così freddo, egli le avesse dimostrato un po’ di quella tenerezza che germogliava adesso, nel povero cuore di lei, al posto della collera e del disgusto.

Sotto il dominio del nuovo sentimento che la faceva più intensamente soffrire, rimaneva immobile, sul ciglio della strada, gli occhi fissi in quell’uomo, che era suo marito, e non le apparteneva più di un estraneo. [p. 28 modifica]

— Che fai? le gridò la Cristina vedendo che non si moveva. Vieni qui con noi!...

Come un automa ella si lasciò trascinare e entrò nella fila singhiozzando.