Trezzo e il suo castello/XII

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Capitolo XII

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Capitolo XII.

Il castello occupato dai Gallo-Sardi — Diritti diversi del castellano. — Il castello divenuto proprietà privata. — Republica Cisalpina e ritorno degli Austriaci.


Tornati fra noi, all’epoca della guerra per la successione di Polonia, li eserciti di Francia non più nemici dei Piemontesi, ma federati con loro, i castelli di Lombardia furono di nuovo sturbati da numerose soldatesche. Il barone Sanz spedì ai marescialli conte Mercy ed ai principi Federico e Luigi di Würtemberg (26 di dicembre, 1733) ragguagli intorno ai movimenti dei Piemontesi e loro alleati all’acquisto di Como e dei forti di [p. 115 modifica]Fuentes, Trezzo e Lecco; indi il prossimo 6 di genajo communicò loro i progetti delle linee e delle fortificazioni dei nemici nelle vicinanze dell’Adda presso Vaprio, Trezzo, Calvenzano e Treviglio; aggiungendovi sei copie di carte geografiche nelle quali erano indicati minutamente i luoghi dove avevano costruiti trinceramenti e fortini. Nè taque il Sanz ch’egli, per eseguire tali rilievi, erasi travestito da prete. Intanto Pizzighettone, Lecco, Trezzo ed altri forti erano venuti nelle mani dei Gallo-Sardi; cosicchè Carlo Emanuele nel 1734 era padrone di tutto il Milanese.

Alcuni anni dopo (12 d’aprile 1748), il nostro castello fu visitato dal generale conte di Harsch accompagnato dal tenente colonnello d’artiglieria conte Tartagna1.

Il castellano di Trezzo sul finire del secolo XVII pretendeva all’esazione di un tributo per il transito delle pietre destinate alla riparazione dei navigli. Vantava altresì ragioni di pesca nell’Adda, asserendo che tutti i suoi antecessori avevano goduto il provento in quella parte del fiume che rimane fra la cascina denominata Belvedere e il porto, ossia ponte volante. Ma dopo che il pescatore fu da don Paolo Pozzo congedato, si mise in dubio il diritto del commandante a far pescare. Tuttavia questi nel 1770 riceveva dal nuovo pescatore un filippo all’anno, un piatto di pesce fino per le [p. 116 modifica]feste natalizie, ed un altro simile i primi giorni d’agosto. Oltre a ciò il pescatore doveva vendergli il pesce fino, ogni volta che gli fosse abbisognato, per 28 soldi alla libra.

Era parimente un privilegio riservato al feudatario, al prevosto ed al commandante del castello che nessun terriere, per quanto fosse facultoso, potesse in occasione della morte di qualche suo congiunto, far suonare tutte quattro le campane della chiesa prepositurale. Siccome però in progresso di tempo questa pratica non veniva scrupolosamente osservata, così nel 1766 il feudatario conte Francesco Cavenago, fece in proposito diverse rimostranze, ricordando al Vicario di giustizia dello Stato, come vi fossero, oltre a lui, altri feudatarj che godevano di simile privilegio, e fra questi il conte Trotti come feudatario di Vimercate ed il feudatario di Mariano.

Con decreto cesareo si abolirono in Lombardia alcune piazze, ponendosi in vendita tutte le loro opere di fortificazione, e le case annesse. In conformità di ciò con avviso del 22 di giugno del 1782, si invitarono tutti li aspiranti all’acquisto dei due castelli di Trezzo e di Lecco, così riuniti come separati, od anche d’una sola porzione di essi, a fare la loro oblazione in iscritto con idoneo avallo al commando generale militare della Lombardia. Tuttavia, innanzi passare alla vendita del Castello di Trezzo, vennero formulate alcune proposte dal consigliere visitatore Odescalchi per suggerimento [p. 117 modifica]anche dell’ingegnere Richini, affinchè il castello fosse rivolto ad usi manifatturieri. Aggiungevano inoltre l’Odescalchi e il feudatario Ambrogio Cavenago il progetto di erigervi uno spedale a commodo dei contadini poveri, massime per li attaccati dalla pellagra. Ma tutti questi disegni non furono approvati dal governo per la forte spesa richiesta dagli adattamenti. Levato il presidio (2 di febrajo del 1783) e cessato quindi anche l’obligo di consegnare ogni sera la chiave del porto di Trezzo al commandante della fortezza, si ordinò al portinajo che in appresso la consegnasse al ricevitore finanziario incaricato di aprire il porto ogni matina.

Poco dopo (2 di giugno) il castello e i suoi annessi furono effettivamente venduti dal commando generale militare al tenente don Giovanni Taverna per il prezzo di milanesi lire 21,8402. Non erano passati due mesi (29 di luglio) che il nuovo possessore rivendeva alla sua volta il castello a don Giovanni Bianchi per lo stesso indicato prezzo, col l’aggiunta però dell’adeale di 170 gigliati3.

Cinque anni appresso il Bianchi lo alienava al signor Alessandro Guinzoni per il prezzo in una parte di lire 6000, e per l’altra di un’annua vitalizia prestazione4. Il 25 di genajo del 1798 il Direttorio esecutivo scriveva al gran Consiglio che, [p. 118 modifica]trattandosi di erigere una casa di forza per ricovero e custodia dei condannati delle provincie al di qua del Po, almeno fino al numero di seicento, intendeva di acquistare il Castello di Trezzo. Il Guinzoni dichiarossi pronto a cederlo per lire milanesi 28,000, oppure per tanti beni nazionali dello stesso valore appartenenti al suppresso Monastero Maggiore in Barenzate. Ma dopo varie pratiche e discussioni quell’acquisto fu riconosciuto come inopportuno. Il Guinzoni morendo, lasciava finalmente il castello in eredità alla signora Giovanna Borghi5. Ella arrestò il lavoro degli scavi per l’estrazione del ceppo dinanzi agli edifici dell’antico castello, ed eresse un modesto casino di campagna, dove veggonsi oggidì quattro ritratti ad olio rappresentanti Luchino, Galeazzo I, Matteo nipote di Ottone, e Giovanni Galeazzo I duca con apposite iscrizioni latine, vestiti giusta il costume dell’epoca, ed un busto di Barnabò, donato dal nobile Vitaliano Crivelli. Vi si conservano pure preziosi oggetti d’antichità rinvenuti negli scavi, cioè a dire, monete dei Visconti, degli Sforza, dei re di Spagna ed altre; cucchiaj, forchette, coltelli, stili, speroni, ed alcune palle da cannone. Nell’interno della torre ad un terzo circa dell’altezza, fu costruita una scala di legno che conduce al terrazzo superiore dal quale si offre all’occhio uno stupendo panorama delle circostanti regioni. Nell’intento di [p. 119 modifica]rendere accessibile anche la parte inferiore della torre fu a’ nostri giorni praticata un’apertura con la seguente iscrizione: «1859, sforata in cento giornate dai fratelli Scotti Vitaliano ed Enrico scarpellini di Trezzo». La grossezza d’ogni lato della torre è di metri 5, l’altezza di 42, e la larghezza di 13 ½.

Quattro anni prima la parte del castello che si estende verso il borgo, fino all’antica porta così detta del soccorso, fu ricinta da un muro; con abitazione per il custode. I suoi vasti sotterranei6 che inspirano terrore insieme e mestizia, presentano oggidì l’aspetto di una città demolita. Nell’ultimo di essi scorgesi ancora un trabocchello che serviva a far scomparire le persone cui il castellano aveva designato di perdere. In varii punti del castello appajono anche al presente parecchi fori lunghi e stretti che servivano di portavoce. Li avanzi di questo maraviglioso monumento, sebbene le mura venissero disarmate dalle tante chiavi di ferro che tenevanlo in saldo, e non offrano più che massi sconnessi e diroccati, ci danno ancora una idea della sua passata grandezza. Tra essi, non pochi marmi, capitelli e colonnette furono venduti nel 1820, e ora alcuni figurano alcuni incastonati nella torre della Villa Reale di Monza7. [p. 120 modifica]

Calava nel 1796 il Bonaparte dalle Alpi e il 14 di maggio entrava in Milano. I nuovi governatori della Lombardia istituirono ospedali e depositi di coscritti a Cassano, Inzago, Treviglio e Groppello, sicchè i Brianzoli furono sottoposti ad una requisizione di materassi e coltri per compire il prescritto numero di 200 letti, e 1000 lenzuola. Sul finire dell’anno uscirono dal deposito di Cassano 186 uomini i quali si scompartivano proporzionatamente, non che in varie terre bergamasche, a Lecco, Brivio, Imbersago, Trezzo, e Vaprio, dove rimasero a presidio, massime per impedire la diserzione dei coscritti. Frattanto (9 vendemmiale anno V) il 30 di settembre, il generalissimo per continuare il corso delle sue operazioni militari spiccava d’urgenza dal suo quartiere di Milano alcuni ordini al cittadino Chasseloup, dicendo:

«.... È duopo che spediate fondi a Milano, affinchè si possa dar mano senza ritardo alle fortificazioni di Pizzighettone e del Castello di Trezzo sull’Adda8. La mia intenzione è di fare a Pizzighettone tutto il possibile; vi sagrificherò senza ripugnanza 100,000 lire. — Il Castello di Trezzo situato fra Lecco e Cassano è, per quanto mi [p. 121 modifica]assicurano, del genere di quello di Pavia: può contenere più di 2090 uomini e i muri sono di un gran spessore. Sarebbe un posto eccellente per riunirvi tutte le truppe che avessero servito alla difesa dell’Adda superiore, qualora il nemico l’avesse passata; ritardare la marcia d’un corpo nemico, e dar tempo di fare il proprio movimento al corpo d’armata che avesse tragittato il fiume a Pizzighettone, o in qualunque altro punto9 ...» — Firmato Bonaparte.

L’agitazione susseguita alla repentina metamorfosi politica diede luogo ad un più posato reggimento allorchè nell’ottobre del 1797 fu riconosciuta la Republica Cisalpina in virtù del trattato di Campo Formio. Ma li eserciti Austro-Russi, ridiscesi fra breve con alla testa il Melas e il Souwarow, battevano a Villafranca li occupatori Francesi commandati dallo Scherer; e, toccata la Lombardia, innalzarono il loro grido di guerra sulle rive dell’Adda da Lecco a Trezzo, Souwarow, riconosciute le posizioni dei nemici, divise le sue truppe in tre colonne, spingendole su Lecco, Vaprio e Cassano. Wukassovich rimise il ponte distrutto dai Francesi a Brivio, e Chasteler quartier-mastro degli Austriaci ne gettò un altro sul centro, lungi due millia dal Castello di Trezzo presso Bagna10, luogo dai Francesi non custodito. Zopff e Ott passarono [p. 122 modifica]sollecitamente allo spuntar dell’alba, e sorpresero il nostro castello, avanzandosi fino al villaggio di Pozzo. Grenier e Serrurier opposero quivi una vigorosa resistenza, ma dipoi furono respinti e divisi. Il primo fu costretto a ritirarsi verso Vaprio, e l’altro sopra Verderio. Quando Moreau che era a Cassano con le milizie non bene riordinate fu assalito alla sinistra ed alle spalle dagli Austriaci i quali avevano passata l’Adda presso Trezzo. Finalmente la fiera ed ostinata battaglia di Verderio infausta ai Francesi (28 d’aprile, 1799) apriva agli Austro-Russi anche le porte di Milano. Tuttavia per tutto l’anno continuarono a tragittare diversi punti dell’Adda, cioè a Cassano, Vaprio, Trezzo e Brivio nuovi corpi di Russi, Ungheri e Tedeschi, anzi anche molti Francesi e Piemontesi prigionieri e feriti che si rimandavano alle loro case.

Durante la Republica Italiana, il primo Regno Italico e la dominazione austriaca dal 1815 al 1848, il borgo non fu teatro di avvenimenti degni di essere narrati. Scoppiata la guerra del 1859 tra l’Austria e il Piemonte, li eserciti austriaci battuti a Montebello, a Palestro, a s. Fermo ed a Magenta, s’affrettarono ad abbandonare anche Milano, prendendo la nota via pel quadrilatero. L’Urban, giunto il 6 di giugno a Vaprio e a Canonica, vi stette circa cinque giorni, assuggettando que’ paesi a dure contribuzioni, non escluso Trezzo che dovette sostenere forti e replicate requisizioni di pane e vino. E poichè il fiero duce, per conoscere le mosse dei [p. 123 modifica]Piemontesi, spediva qua e colà degli esploratori, avvenne che mentre alcuni di essi ponevano piede in Trezzo furono inseguiti da due nostri lancieri, giunti allora, restandone tre prigionieri. Il giorno 11 lo stesso Re, che aveva il suo quartier generale a Vimercate, accompagnato da alcuni suoi ajutanti, fece verso le quattro del pomeriggio una visita al nostro borgo. Di già nel dì successivo erasi formato sull’Adda nel luogo del porto un ponte di barche, sul quale passarono alla riva opposta (il medesimo giorno 12 e il 13) circa 16 mila uomini che inseguivano l’inimico. E, sebbene le quattro rampe conducenti al fiume non fossero appieno terminate, tuttavia, levati alcuni ingombri, si potè effettuare con facilità anche il trasporto della loro artiglieria.


Note

  1. Così da lettera del capitano Rubbio, commandante del Castello di Trezzo.
  2. V. Istromento rogato dal dott. causidico collegiato Vincenzo d’Adda.
  3. V. Istromento del notajo dott. collegiate Pietro Lonato.
  4. V. Scrittura 20 di maggio, 1788, del notajo Giorgio Castiglia.
  5. V. Decreto d’aggiudicazione alla medesima del 17 di luglio, 1846.
  6. Qui trovano ricetto innumerevoli pipistrelli, detti dagli abitanti del borgo sgrignapol, che depongono in gran copia un guano molto adatto agli usi agricoli. Tra gli uccelli che nidificano nel castello, noteremo la Sylvia solitaria (passera solitaria) detta altrimenti Petrocossyphus cyaneus. Verso la sommità della torre, massime sul cader del giorno, si adunano svolazzando parecchi falchi.
  7. Chi fosse vago di conoscere la pianta del Castello di Trezzo può consultare l’operetta di Giovanni Battista Sesti intitolata: Pianta delle città, piazze e castelli fortificati nello Stato di Milano. Milano, Agnelli, 1708. Le vedute esterne poi già note per le stampe, non corrispondono esattamente alle odierne condizioni del castello.
  8. Napoleone I rammentando i fiumi dell’alta Italia che maggiormente si prestano alla difesa, dicea che l’Adda era il meglio difendibile.
  9. V. Correspondance de Napoleon I, Tom. II, num. 1048.
  10. Noteremo come i boschi di Bagna già appartenenti ai Torriani, passarono, dopo la loro caduta, in parte alla camera ducale, ed in parte al Commune di Trezzo. Così da memorie d’archivio.