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Vae Victis/Parte seconda/XII

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XII

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Parte seconda - XI Parte seconda - XIII

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XI.

Diario di Chérie.


2 Novembre — Giorno dei Morti.

È strano; eppure anche ora di quando in quando mi riprende quella idea fissa — l’idea che in quella notte sia morto qualcuno.

E — cosa più strana ancora — non mi riesce di liberarmi dal pensiero che sono io, io stessa che fui uccisa; io, Chérie, che non esisto più.

Non posso descrivere questa sensazione. Sarà certo una forma di debolezza cerebrale, di aberrazione provocata dalla scossa morale che abbiamo sofferto. È quello che il buon dottore inglese — chiamato a vederci tutt’e tre, ma specialmente per tentare di guarire Mirella — chiama «trauma psichico». Egli dice che Mirella soffre di trauma psichico: vuoi dire che la sua anima è stata ferita. [p. 184 modifica]

Ebbene io, talvolta, provo la sensazione che l’anima mia non solo sia stata ferita, ma uccisa, assassinata mentre ero svenuta in quella notte di terrore.

Mi pare che non sia io — non la vera Chérie, ma un fantasma, uno spettro che mi assomiglia e porta il mio nome — colei che passeggia per questi placidi parchi inglesi, che parla e sorride, che bacia e conforta Luisa, che prega per Claudio e per Florian.

Florian!... Florian! Dove sei? Che forse anche tu sia morto? Che questo senso d’annientamento, d’irrealità in me, non sia che un presagio, un avvertimento della tua vera morte?

Ah! mio diletto dagli occhi azzurri, mio gaio e temerario eroe, sei tu forse già fuori della vita? Se io pur andassi peregrinando per tutta la terra non ti troverei forse mai più?

Ah! fossimo anche noi raccolte sotto l’ala quieta e sicura della Morte — Luisa ed io e la povera Mirella; tutte e tre stese nel buio e nel silenzio con gli occhi chiusi e le calme mani incrociate....

Tante volte lo penso. Che dolce cosa sarebbe se potessimo tutt’e tre fuggir via — fuori dell’esistenza, come riuscimmo a fuggire dal bosco in quella notte! Se potessimo silenziosa[p. 185 modifica]mente sparire dalla vita, sfuggendo ai lunghi giorni e alle notti paurose; alle estati infocate e agli squallidi inverni; alla giovinezza febbrile e alla vecchiaia desolata; sfuggire all’esilio e alla nostalgia, alla fame e alla sete, all’amore e all’odio!... Ah! dolce giacere in pace sotto gli alberi ondeggianti del piccolo cimitero di Bomal, col cuore tranquillo e gli occhi chiusi. E accanto a noi, come una marmorea statua di giovane guerriero, Florian — Florian quale io l’ho conosciuto e amato, Florian, bello, fiero e fedele!

.... Ma Claudio? che cosa farebbe solo nel mondo il povero Claudio?

Claudio tornerà zoppicando dalla guerra, o troverà devastata la sua casa, troverà sua moglie che trema di lui, e la sua bambina che non può più parlargli, e sua sorella che, pur essendo viva, sente d’essere stata uccisa nel sonno.... Ah, povero Claudio! Meglio, forse, se non tornasse.


Oggi è venuto di nuovo il dottor Reynolds. È stata Luisa a mandarlo a chiamare; poi, quand’è venuto, non ha voluto vederlo. Si è [p. 186 modifica]chiusa nella sua camera e nessuno ha potuto persuaderla a scendere.

Così ho dovuto condurre io la piccola Mirella nel salotto dove egli colla signora Whitaker ci aspettava.

Parlavano insieme con una certa animazione quando ho picchiato alla porta; certo ho sentito la voce della signora Whitaker che parlava concitata. Ma appena siamo entrate ella non ha più detto nulla. Ho notato però che mi guardava da capo a piedi in un modo molto strano.

Allora m’è spiaciuto d’avere indosso la vecchia veste nera di Luisa, invece del bel costume nuovo che questa buona gente mi ha fatto fare un mese fa. È un bel vestito, ma — non so come mai — non mi riesce più di agganciarlo, tanto m’è stretto al collo e alla cintura!

E a questo proposito ricordo una cosa. Quando la signora Whitaker l’altro giorno disse che desiderava mi visitasse il dottore, io risi e l’assicurai che dovevo avere ben poco male dal momento che ingrassavo tanto. Lei però non rise; anzi mi guardò fissa senza rispondere, con un’aria strana.

Certo c’è qualche cosa di nuovo, di curioso nell’atmosfera di questa casa. Non so che cosa sia. Tutti sono silenziosi, un po’ freddi; direi qua[p. 187 modifica]si che sembrano impacciati quando ci parlano. Certo sono assai meno cordiali d’una volta. Eva, non si sa il perchè, è stata mandata via; già da due settimane si trova a Hastings in casa d’amici. Giorgio, che fa il corso d’allievo ufficiale a Aldershot, viene a casa ogni sabato e resta fino a lunedì. Ma non ci rivolge quasi mai la parola. Lo vedo girellare davanti alla casa o vagare malinconico per il giardino — quel triste giardino tutto sgocciolante di pioggia — sferzando collo scudiscio l’erba molle e le piante sfiorite. Sovente egli si volge a guardar su alla mia finestra, e si direbbe che voglia parlarmi; ma se io al davanzale lo saluto con un cenno del capo, o gli sorrido, egli mi fissa un momento serio serio, e poi s’allontana. Ho come un’idea che sua madre gli abbia vietato di parlare con noi. Un giorno egli aveva chiesto a Luisa e a me di leggere del francese con lui, e ne eravamo assai contente. Ma subito sua madre lo chiamò e gli parlò a lungo. D’allora in poi egli non è più tornato nel nostro salottino.

Chissà! saranno probabilmente stanchi di averci per casa. Non c’è da farsene meraviglia. Siamo delle creature così tristi e dolenti! E poi, abbiamo tutte qualche infermità. Io stessa, se non ingrassassi a questo modo, penserei che [p. 188 modifica]vado tisica tanto mi sento debole, affranta e svogliata. Ho orrore del cibo, ed ho dei dolori lancinanti al petto. Già, sono anemica; questo lo so. Tuttavia non ho tosse. Quindi speriamo che non sia nulla di grave.

Oggi, dunque, quando siamo entrati in salotto il buon dottore ha preso il polso di Mirella e le ha parlato con dolcezza. Ma frattanto non staccava gli occhi da me; ed anche la signora Whitaker mi guardava.

Poi il dottore mi ha fatto varie domande; e mentre gli dicevo tutto ciò che mi sentivo, lui tossicchiava e diceva: «Uhm... Già... Sicuro.»

Finalmente ho visto che dava un’occhiata alla signora Whitaker; questa si è alzata subito ed è uscita conducendo via Mirella.

Rimasto solo con me, il dottore mi ha fatto cenno d’accostarmi, poi mi ha preso con molta dolcezza la mano.

«Mia povera figliola,» disse, «avete qualche cosa da confidarmi, non è vero?»

Lo guardai spaventata e perplessa. «Perchè, perchè dice questo?»

Egli non rispose ed io m’impressionai più ancora. «Sono molto malata, dottore? Sto forse per morire?»

«Ma no, ma perchè dovreste morire?» disse [p. 189 modifica]lui. «Non si muore — » poi s’interruppe e tacque.

«Ma cosa c’è? Si tratta forse di Mirella? Ha qualche cosa di grave Mirella?» chiesi tremando.

«Ora parliamo di voi, non di Mirella,» ribattè il dottore e la sua voce mi parve quasi severa. E aspettò un poco ch’io parlassi, ma io non sapevo che cosa dire. Finalmente dopo aver tossito con aria impacciata riprese: «Mia povera, cara figliola. Io sono vecchio.... sono padre....» E di nuovo s’interruppe come se stentasse ad esprimersi. «Conosco tutte le miserie e tutte le tristezze della vita. Potete confidarvi in me.»

«Oh! grazie!» risposi. «Lo so. Lo credo.»

Vi fu un altro lungo silenzio. Pareva sempre ch’egli aspettasse.

Infine si alzò e il suo volto mi parve singolarmente freddo e austero.

«Forse preferite parlare colla signora Whitaker?...»

«Ma no, ma perchè?» feci io trasognata.

Ed eccolo di nuovo a fissarmi con quell’aria d’aspettativa, mentre io guardavo lui, attonita e imbambolata.

A un tratto prese i guanti e il cappello. «Ebbene, signorina, io non posso forzare le vostre [p. 190 modifica]confidenze. Seguite la vostra strada a modo vostro.» E uscì dalla stanza.

Io restai di sasso. Che confidenze dovevo fargli? Che strada dovevo seguire a modo mio? E perchè — perchè sembrava in collera con me?

Nell’aprire la porta per tornare alla mia camera, lo udii che parlava nell’atrio colla signora Whitaker. «Pur troppo sono sicuro di non sbagliare» diceva; «ma non c’è modo di farla entrare nell’argomento.»

Non capisco nulla. In quale strano mondo di sogni viviamo?


Più tardi.

È chiaro che tutti si aspettano che io dica qualche cosa. Io non so che cosa. La signora Whitaker mi guarda sempre con un’aria di attesa; e non lei sola: ciò che vi è di più strano è che anche Lulù ha l’aria di aspettare non so che cosa da me. Vi sono talvolta dei lunghi silenzi tra di noi, e quando alzo gli occhi la vedo che mi guarda con una strana fissità, una specie di intensa, inquieta attesa di cui non riesco ad afferrare il significato. [p. 191 modifica]


Notte tarda.

Ed ecco la incomprensibile fine ad una giornata incomprensibile. La signora Whitaker poco fa è entrata in camera mia; non aveva bussato, ed io stavo in ginocchio a dire le mie preghiere; e piangevo.

Allora, con un gesto impulsivo di bontà e di tenerezza, mi ha presa tra le braccia. «Povera, povera bambina!» disse, e mi baciò. Poi, quasi facesse eco a ciò che aveva detto quest’oggi il dottore, soggiunse: «Chérie, io capisco tutto. Io sono mamma.....» S’interruppe commossa. «E tu non devi credermi severa e fredda come a volte voglio sembrare.»

Aveva le lacrime agli occhi; io le afferrai la mano e gliela baciai.

Ella allora sedette e mi trasse a sedere su di uno sgabello vicino a lei.

«Dimmi, dimmi tutto, cara. Io comprenderò tutto.»

Allora le ho detto tutto. Le ho detto come sto in pena per Luisa e per Mirella; le ho detto di Claudio all’ospedale....

«Sì, sì, questo lo so,» disse lei con un’ombra d’impazienza negli occhi.

«Prosegui.»

Allora le ho parlato anche di Florian. Ho detto quanto era buono e bello, e che eravamo fidan[p. 192 modifica]zati. E piansi amaramente narrandole la mia paura ch’egli possa essere morto.

Ella mi sollevò il viso tra le mani e mi guardò profondamente negli occhi.

«È stato lui?» chiese.

Io non compresi ed ella ripetè la sua domanda.

«È stato lui — » esitava come cercando l’espressione — «è stato lui a farti torto?»

«Torto? Perchè?» domandai. Ella mi guardava fisso negli occhi ed anch’io la guardavo cercando di comprendere cosa intendesse dire.

«Ti ha ingannata?»

«Ingannarmi, lui? Oh, no!» esclamai. «Florian non inganna. Egli è leale e fedele come un santo!»

Ero quasi sdegnata ch’ella avesse potuto farmi una simile domanda.

Florian che non ha mai guardato, non ha mai pensato ad altra donna che a me! Ingannarmi!

«Basta,» diss’ella levandosi improvvisamente, e la sua espressione di dignità un po’ fredda mi ricordò di nuovo il contegno del dottor Reynolds. «Se fosse stato l’oltraggio del nemico sono certa che me l’avreste detto. Non insisterò più oltre. Questo solo vi dirò — che mentre avrei potuto compiangere la sventura, non so perdonare la mancanza di sincerità.» [p. 193 modifica]

E mi lasciò.

Io mi domando se sono io che sogno, o se la gente in questo paese è incomprensibile e pazzesca?