Vae Victis/Parte seconda/XVII

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XVII

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XVII.


Luisa uscì sul pianerottolo per aspettare Chérie. La vide salire le scale un po’ lenta e col respiro affannoso: la trasse rapidamente nello studio e chiuse l’uscio.

Mirella sedeva come al solito sulla poltrona presso la finestra, col piccolo viso tranquillo rivolto verso il cielo.

«Chérie,» disse Luisa traendola a sedere presso di sè sul divano. «Ho da parlarti.»

«Lo so, lo so,» disse gaia Chérie. «L’ho capito subito iersera quando t’ho vista tornare. Dimmi, dunque, dimmi le buone notizie.»

Luisa tacque esitante.

«Parlami, Luisa.»

«Per me.... per me....» balbettò «sono buone notizie. Per te, Chérie, sorellina mia, per te, se non ti rendi conto di quanto ci accade — potranno essere notizie terribili!» [p. 244 modifica]

Chérie la guardò spaventata. «Che cosa vuoi dire?» chiese quasi senza voce.

Luisa si portò la mano alla gola; si sentiva soffocare; aveva la bocca arida. Non trovava nè parole, nè voce per dare alla fanciulla aspettante il messaggio di duplice onta.

«Chérie, mia diletta.... devo parlarti di quella notte.... la notte della tua festa —».

Chérie sussultò. «Ah, no! Non parlarmene! Hai detto quando arrivammo qui che lo dovevamo scordare! Hai detto ch’era stato un sogno.... Perchè, perchè ne riparli!»

«Chérie,» disse Luisa a voce bassa «per te, forse, per te.... è stato un sogno. Ma non per me.»

La fanciulla s’irrigidì, fissandola tesa e intenta. Che cosa intendeva dire?

«Luisa!... Hai detto che tutto era passato — hai detto che tutto sarebbe come prima...»

«Sei certa, tu,» chiese Luisa abbassando la voce e prendendole la mano, «sei certa tu, d’essere come prima?» Chérie la guardava sbigottita, senza comprendere. «Sei certa?» ripetè ancora Luisa.

E dopo un breve silenzio quasi senza voce: «Ti senti.... come prima?»

«Sì.... credo....» mormorò Chérie, spaurita [p. 245 modifica]ed esitante. «Non so...

forse sono ancora un poco anemica.... un poco scossa...»

«Io.... io non sono come prima.» Luisa pronunciò le parole lentamente tenendo fissi i tragici occhi sulla cognata.

«Perchè? Come? Cos’hai?» chiese Chérie agitata.

«Io devo partire. Vado questa sera stessa col dottore. Egli mi curerà.

Egli mi guarirà.»

«Ti guarirà? Ma che male hai? Mi fai paura!»

Luisa si coprì il volto colle mani. «Come dirti?... come dirti?... Ah, con quale brutalità devo aprire i tuoi occhi alla vita!...»

E in quello stesso istante l’ineffabile brivido, il fremito meraviglioso scosse di nuovo Chérie e la fece balzare in piedi con gli occhi allucinati, estatici, e le mani convulse strette al cuore.

«Ancora!... Ancora!... Luisa! Che cos’ho? Che cosa sento?»

Illividita, trasecolante, Luisa la guardava.

«E’ come.... un batter d’ali.... è come un palpito — che non è.... del mio cuore....»

«Chérie! Chérie!»

«Che cos’è? — che cos’è?» balbettò Chérie smarrita.

Le braccia di Luisa la circondavano, la stringevano convulse. «E’ la cosa terribile. E’ la cosa nefanda!... Chérie — tu sarai madre!» [p. 246 modifica]

Chérie indietreggiò vacillante, le sue braccia batterono l’aria come se stesse per cadere.

«Madre!» La sua voce era un soffio. «Madre!... Io!» E stette immobile.

Dall’aperta finestra entrava un raggio di sole, uno strale dorato che la innondava di luce e le versava sulle chiome un nimbo rutilante di luminosità. Una trasplendenza estatica era nel fulgido azzurro de’ suoi occhi.

Immobile, colle pallide mani protese e il liliale volto alzato al cielo ella pareva ascoltare. Quale voce ultra-terrena giungeva a lei? Quale Annunciazione divina la trasfigurava così?

Stupita e tremante Luisa la guardava. E quasi non osava parlare.

«Chérie!... — che cosa pensi con quel viso estatico?... Chérie, angelo innocente, non temere! Anche tu sarai salvata dall’onta e dal disonore.»

La fanciulla volse su lei le pupille splendenti. Sembrava non comprendere.

Luisa si chinò verso di lei ansante. «Tu non sarai la tragica madre d’una creatura ancor più tragica —».

Ma Chérie colle mani in croce sopra il petto, non ascoltava — non udiva.

Nel consacrato atteggiamento di verginale estasi ed umiltà, ella ascoltava un’altra voce — la voce della creatura [p. 247 modifica]non nata, che a lei chiedeva il dono della vita.

E a quella voce rispondeva il suo sangue, rispondeva la sua anima, rispondeva l’istinto sublime e trionfale della Maternità.