Vita del beato Frate Egidio
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VITA DEL BEATO
FRATE EGIDIO
COMPAGNO DI SAN FRANCESCO.
I. Come frate Egidio, e tre compagni, furono ricevuti
all’Ordine de’ Minori.
Imperocchè li esempli di santi uomini alla mente de’ divoti uditori mettono in contento le transitorie dilezioni, e hanno ad incitare desiderio della eterna salute ad onore di Dio, e della sua Reverendissima Madre Madonna Santa Maria, e a utilità di tutti gli uditori, alquante parole dirà della operazione, che ’l Santo Spirito ha operato nel nostro Santo frate Egidio, il quale essendo ancora in abito secolare, e toccato dallo Spirito Santo, incominciò da se medesimo a cogitare, come in tutte le sue operazioni potesse piacere a Dio solo. In questo tempo san Francesco, come nuovo banditore da Dio apparecchiato per esemplo di vita, di umiltà e santa penitenza, dopo due anni degli anni della sua conversione; uno uomo adornato di mirabile prudenza e molto ricco di beni temporali, il quale avea nome Messer Bernardo, e Pietro Cattani, trasse e indusse ad osservazione evangelica e povertade; che per lo consiglio di san Francesco distribuirono agli poveri, per lo amore di Dio, tutti i loro tesori temporali, e presero la gloria della pazienza e la evangelica perfezione, e l’abito dei Frati Minori; e con grandissimo fervore hanno tutto il tempo della vita loro promesso d’osservare, e così fecero con ogni perfezione. Dopo otto dì della sopraddetta conversione e distribuzione, ed essendo ancora frate Egidio in abito secolare, vedendo il dispregiamento di così nobili Cavalieri d’Assisi, che tutta la terra ne era in ammirazione; tutto acceso dal divino amore, il seguente dì che era la festa di san Giorgio, gli anni Domini mille dugento nove, molto per tempo come sollecito di sua salute, andò alla chiesa di san Gregorio dove era il Monasterio di Santa Chiara; e fatta la sua orazione, avendo grande desiderio di vedere san Francesco, andò inverso lo spedale de’ lebbrosi dove egli con frate Bernardo frate Pietro Cattani abitava, sequestrato in uno tugurio di somma umiltade. Ed essendo giunto in un crocicchio di vie, e non sapendo dove s’andare, premise la orazione a Cristo prezioso guidatore, il quale lo menò al detto tugurio per via diritta. E cogitando di questo perchè egli era venuto, san Francesco s’iscontrò in lui, il quale venia dalla selva, nella quale era andato a orare: di che subito si gittò in terra dinanzi a san Francesco ginocchioni, e umilmente il domandò ch’egli il dovesse ricevere alla sua compagnia, per lo amore di Dio. Ragguardando san Francesco l’aspetto divoto di frate Egidio, rispose e disse: Carissimo fratello, Iddio t’ha fatta grandissima grazia. Se lo imperadore venisse ad Assisi, e volesse fare alcuno cittadino suo Cavaliere, o cameriere segreto, ora non si dovrebbe egli molto rallegrare? Quanto maggiormente tu debbi avere gaudio, che Iddio t’ha eletto per suo Cavaliere e dilettissimo servidore, ad osservare la perfezione del Santo Evangelio? e però sta’ fermo e costante nella vocazione, in che Iddio ti ha chiamato. E pigliollo per mano, e levollo su, e introdusselo nella memorata casetta; e chiama frate Bernardo; e dice: Domeneddio ci ha mandato uno buono frate di che tutti ne siamo rallegrati nel Signore: mangiamo in caritade. E mangiato che ebbero, san Francesco con questo Egidio andarono ad Assisi, per procacciare panno per fare l’abito a frate Egidio. Trovarono per la via una poverella che li domando limosina, per l’amore di Dio; e non sappiendo onde si sovvenire alla poveretta donna, san Francesco rivolsesi a frate Egidio con una faccia angelica, e disse: Per lo amore di Dio, carissimo fratello, diamo questo mantello alla poveretta, ed ubbidì frate Egidio al Santo Padre con cuore sì pronto, che gli parve veder volare quella limosina subito nel Cielo, e frate Egidio volò con essa in Cielo per via diritta; di che dentro di sè sentì indicibile gaudio con nuova mutazione. San Francesco, procurato il panno e fatto l’abito, ricevè frate Egidio allo Ordine; il quale fu uno degli gloriosissimi Religiosi, che il mondo avesse in quello tempo in vita contemplativa. Dopo la ricezione di frate Egidio, san Francesco di subito con lui n’ando nella Marca d’Ancona, cantando con lui, magnificamente laudando il Signore del Cielo e della Terra; e disse a frate Egidio: Figliuolo, la nostra Religione sarà simile al pescatore, che mette le reti nell’acqua e piglia moltitudine di pesci, e li grossi ritiene e gli piccoli lascia nell’acque. Maravigliossi frate Egidio di questa profezia, perchè non erano all’ordine ancora se non tre frati e san Francesco; e avvegnaiddiochè san Francesco non predicasse al popolo pubblicamente ancora, andando per la via ammoniva e correggeva gli uomini e le donne, dicendo semplicemente con amore: Amate, e temete Iddio, e fate degna penitenza delli vostri peccati. E frate Egidio dicea: Fate quello, che vi dice questo mio padre ispirituale, perocchè dice ottimamente.
II. Come frate Egidio andò a san Jacopo Maggiore.
Di licenza di san Francesco, una volta in processo di tempo frate Egidio andò a san Jacopo Maggiore in Galizia, e in tutto quello cammino solo una volta non si tolse fame, per la grande penuria ch’era per tutta la contrada. Onde andando per la limosina, e non trovando chi gli facesse alcuna caritade, la sera s’abbattè a caso ad una aia, dov’erano rimase alquante granella di fave, le quali raccolse, e quelle furono la cena sua; ed ivi dormì la notte; perocchè volentieri abitava ne❜ luoghi solitari e rimoti dalla gente, per potere meglio vacare alle orazioni ed alle vigilie. E fu di quella cena tanto da Dio confortato, che se egli avesse mangiato diverse vivande non istimava potere avere avuto tanta refezione. Procedendo più innanzi, per lo cammino trova un poverello, che li chiese limosina per l’amor di Dio. E frate Egidio tutto caritativo non avea, se non solo l’abito in su la carne, tagliò il cappuccio della sua capperuccia, e diedelo a quello povero per lo amore di Dio; e così senza cappuccio camminò venti dì continui. E ritornando per la Lombardia, fu chiamato da uno uomo, a cui egli andò pure assai volentieri, credendo avere da lui qualche limosina: e distendendo la mano, li puose in mano un paio di dadi, invitandolo se volea giuocare. Frate Egidio rispose molto umilmente: Iddio te lo perdoni, figliuolo. E così andando per lo mondo ricevette molte derisioni, e tutte le ricevette pacificamente.
III. Del modo del vivere che tenne frate Egidio,
quando egli andò al Santo Sepolcro.
Andò frate Egidio a visitare il Santo Sepolcro di Cristo, con licenza di san Francesco, e pervenne al Porto di Brandizio, ed ivi soprastette più diì; perocchè non v’avea nave apparecchiata. E frate Egidio, volendo vivere di sua fatica, accattò una mezzina ed empiella d’acqua, andando gridando per la cittade: Chi vuole dell’acqua? E per la sua fatica ricevea pane e cose necessarie alla vita corporale, per sè e per lo suo compagno; e poi passò il mare, e visitò il Santo Sepolcro di Cristo, e gli altri santi luoghi con grande divozione. E ritornando, soprastette nella città d’Ancona per più giorni; e perocch’egli era usato di vivere della sua fatica, si facea sporte di giunchi, e vendeale non per danari, ma per lo pane per sè e per lo compagno, e portava li morti alla sepoltura per lo sopraddetto prezzo. E quando questo li mancava, ritornava alla mensa di Gesù Cristo, addomandando limosina ad uscio ad uscio. E così con molta fatica e povertà, ritornò a Santa Maria degli Angeli.
IV. Come frate Egidio loda più la obbedienza,
che la orazione.
Una volta uno frate istava in cella sua in orazione, e il Guardiano suo gli mandò a dire per la obbedienza ch’egli andasse per la limosina. Di che subito n’andò a frate Egidio, e disse: Padre mio, io era in orazione, el Guardiano m’ha comandato che io vada per lo pane: e a me pare sia meglio di stare in orazione. Rispuose frate Egidio: Figliuolo mio non hai ancora conosciuto nè inteso, che cosa sia orazione? Vera orazione si è di fare la volontà del Prelato suo; ed è segno di grande superbia di colui, il quale ha messo il collo sotto al giogo della obbedienza santa, quando per alcuno rispetto la vieta, per fare la sua volontade, quantunque gli paia d’operare più perfettamente. Il religioso perfetto obbediente è simile al cavaliere, che è sopra un poderoso cavallo, per la cui virtù passa intrepido per lo mezzo del cammino; e per contrario il religioso inobbediente e rammaricoso e non volontario è simile a colui, che siede sopra d’uno cavallo magro e infermo e vizioso, perocchè con poca fatica rimane o morto, o preso dalli nemici. Dicoti, che se l’uomo fosse di tanta divozione ed elevazione di mente, che parlasse con gli Angeli, e in questo parlare egli fosse chiamato dal suo Prelato, subito debbe lasciare il colloquio degli Angeli, e obbedire al suo maggiore.
V. Come frate Egidio viveva della sua fatica.
Essendo una volta frate Egidio a Roma conventuale, siccome per consuetudine sempre fece, dappoichè entrò nell’Ordine, voleva vivere affaticandosi corporalmente, e tenne questo modo. La mattina per tempo udiva una messa con molta divozione: poi se ne andava alla selva ch’era di lungi da Roma otto miglia, ed arrecava in collo un fascio di legne, e vendealo a pane e ad altre cose da mangiare. Una volta fra l’altre, ritornando con uno carico di legne, una donna il domandò in compra; e fatto il patto del prezzo, gliele portò a casa. La donna non ostante il patto fatto, perocchè vide ch’era religioso, gliene diede più assai che non gli avea promesso. Dice frate Egidio: Buona donna, io non voglio che mi vinca il vizio dell’avarizia; però io non voglio più prezzo ch’io facessi patto con esso teco: sicchè non tanto prese più, ma del patto fatto ne prese la metade, e partissi onde quella donna concepette di lui grandissima divozione. Frate Egidio facea ogni mercennume sempre attendendo alla santa onestà: egli aiutava a cogliere le ulive ed a pigliare il vino a’ lavoratori. Essendo un dì alla piazza, uno volle fare battere noci, e pregava un altro a prezzo, che gliele battesse: colui si scusava perocchè egli era molto da lungi e moito malagevole il salirvi suso. Dice frate Egidio: Se tu mi vogli dare, amico mio, parte delle noci, io verrò teco a battere; e fatta la convegna, andò, e fattosi prima il segno della Santissima Croce montò in sull’alto noce a battere con grande timore. E battuto ch’egli ebbe, gliene toccò tante in parte, che non le potea portare in grembo; onde si cavò l’abito, e legato le maniche e ’l cappuccio, fece dell’abito uno sacco; e pieno questo suo abito di noci, sì le si puose in collo: e portolle a Roma, e tutte con grande letizia le diede ai poveri per lo amore di Dio. Quando si segava il grano, andava frate Egidio con altri poveri a cogliere le spighe; e se alcuno gli profferiva uno manipolo di grano, rispondea: Fratello mio, io non ho granaio, dov’io lo riponga; e quelle spighe dava il più delle volte per l’amor di Dio. Rade volte aiutava frate Egidio altrui tutto quanto il dì, perchè seguitava di patto d’avere alcuno spazio di potere dire l’ore canoniche, e non mancare alle orazioni sue mentali. Una volta n’andò frate Egidio alla fonte di san Sisto per l’acqua per quelli Monaci, ed un uomo gli chiese bere. Risponde frate Egidio: E come porterò io il vaso scemo alli Monaci? Colui turbato disse a frate Egidio molte parole ingiuriose e villanie: e tornò frate Egidio alli Monaci molto rammaricato. Accattò un vaso grande, e di subito ritorna alla detta fontana per l’acqua, e ritruova quell’uomo; e dice: Amico mio, togli e bei quanto l’animo tuo desidera, e non ti turbare, perocchè a me parea fare villania, portare l’acqua abbeverata a quelli santi Monaci. Costui, compunto e costretto dalla caritade e umiltà di frate Egidio, riconobbe la colpa sua, e da quella ora innanzi l’ebbe in grande divozione.
Essendo frate Egidio a Roma con uno Cardinale abitante, appressandosi alla Quaresima maggiore, e non avendo quella quietudine mentale che egli desiderava, dice al Cardinale: Padre mio, di vostra licenza, col mio compagno voglio per mia pace andare a fare questa Quaresima in qualche luogo solitario. Risponde il Cardinale: Deh frate mio carissimo, e dove vuoi tu andare? Egli è la carestia grande: voi siete ancora poco usi; de piacciati di voler rimanere nella corte mia, imperocchè a me sarà singular grazia di farvi dare di ciò, che vi sia bisogno per lo amore di Dio. Vuole pure andare frate Egidio, e andò fuori di Roma in su uno alto monte, dov’era già istato anticamente un Castello, e trovovvi una chiesa derelitta, che si chiamava san Lorenzo, e ivi entrò egli e ’l compagno, e stavansi in orazione e in molte meditazioni; non erano conosciuti, e però poca riverenza e divozione era a loro avuta; il perchè sosteneano grande penuria e per aggiunta venne una grande neve, e durò più di. Costoro non potevano uscire di chiesa, e a loro non era mandato niuna cosa da vivere, e da loro non ne aveano, e stettono così rinchiusi tre dì naturali. Vedendo frate Egidio, che della sua fatica non potea vivere, e per la limosina non si poteva andare, disse al compagno: Fratello mio carissimo, chiamiamo il nostro signore ad alta voce, che per la sua pietade ci provvegga in tanta estremitade e necessitade; perocchè alquanti Monaci essendo in grande necessitade, chiamarono a Dio; così la divina provvidenza gli provvide nelli loro bisogni; e ad esemplo di costoro si puosono in orazione, pregando Iddio con tutto l’affetto, che che a tanta necessitade ponesse rimedio. Iddio ch’è somma pietà, riguardò la fede e la devozione e la semplicità, e ’l fervore di cotestoro in questo modo. Uno uomo riguardando inverso la chiesa dov’era frate Egidio e ’l compagno, ispirato da Dio disse in fra sè: Forse che in quella chiesa è qualche buona persona a fare penitenza, e per lo tempo della neve tanto moltiplicata, non hanno il bisogno loro, e conseguentemente potrebbero morire di fame. E sospinto dallo Spirito Santo, disse: Per certo che io voglio andare a sapere, se la mia immaginazione è vera, o no; e tolse alquanti pani e un vaso di vino, e mettesi in via; e con grandissima difficoltà pervenne alla predetta chiesa, dove trovò frate Egidio col compagno divotissimamente istare in orazione; ed erano per la fame tanto distrutti, che nella apparenza mostravano piuttosto uomini morti, che vivi. Ebbe a loro grande compassione, e refrigerati e confortati, ritornò; e disse a’ vicini suoi la stremitade e necessitade di questi frati, e induce e priega per amor di Dio che a loro sia provveduto; di che molti, ad esempio di costui, portarono loro del pane e del vino e dell’altre cose necessarie da mangiare, per l’amor di Dio; per tutta quella Quaresima ordinarono infra loro, che e’ furono provveduti nelle loro necessitadi. E considerando frate Egidio la grande misericordia di Dio, e caritade di costoro, dice al compagno: Fratello mio carissimo, insino a ora noi abbiamo pregato Iddio che ci provvegga nella nostra necessitade, e siamo stati esauditi; e però a lui si conviene riferire grazie e gloria, e orare per costoro che ci hanno pasciuti delle loro limosine , e per tutto il popolo Cristiano. E in grande fervore e divozione tanta grazia concedette Iddio a frate Egidio, che molti ad esempio di lui lasciarono questo cieco mondo, e molti altri che non erano disposti ad essere religiosi, fecero nelle loro case grandissima penitenza.
VII. Del di della morte del santo frate Egidio.
La vigilia di san Giorgio all’ora di Mattutino rivolti cinquantadue anni, imperocchè in Calende ricevette l’abito di san Francesco, l’anima di frate Egidio fu ricevuta da Dio nella gloria del Paradiso, cioè nella festa di san Giorgio.
VIII. Come un santo uomo, stando in orazione, vide
l’anima di frate Egidio andare a vita eterna.
Uno buono uomo stando in orazione, quando frate Egidio passò di questa vita, vide l’anima sua con moltitudine d’anime allora uscire di Purgatorio, e salire in Cielo e Gesù Cristo farsi incontro all’anima di frate Egidio, e con moltitudine di Angeli e con tutte quelle anime, con grande melodia salire in nella gloria del Paradiso.
Essendo frate Egidio infermato, di che ivi a pochi diì si mori, uno frate di san Domenico infermò a morte. Avea costui uno suo amico frate di che vedendolo approssimare alla morte, dice a questo frate infermo: Fratello mio, io voglio che, se Iddio il permette, dopo la morte tu ritorni a me, e che tu mi dica in che stato tu sei. Promise di tornare lo infermo, quando che fosse possibile. Morì lo infermo e frate Egidio in uno medesimo dì; e dopo la morte apparve allo vivo frate Predicatore e disse: Volontà di Dio fu, ch’io t’osservassi la promessa. Dice il vivo al morto: Che è di te? Rispuose il morto. Enne bene, perocchè io morii un dì, nel quale passò di questa vita un santo frate Minore, che avea nome frate Egidio, a cui, per la grande santitade, Gesù Cristo concedette, che tutte le anime che erano in Purgatorio ne menasse al santo Paradiso, colle quali io era in grandi tormenti; e per li meriti del santo frate Egidio, ne sono liberato. E detto questo, di subito disparve, e quel frate quella visione non rivelò a persona. Il detto frate infermò; e di subito suspicando che Dio l’avesse percosso, perchè non avea rivelata la virtù e gloria di frate Egidio, mandò per li frati Minori, e vennone a lui cinque coppie; e convocati insieme colli frati Predicatori, con grande divozione rivelò la predetta visione; e cercando molto tritamente, trovarono che in un medesimo di passarono di questa vita.
X. Come Iddio avea date grazie a frate Egidio;
e dello anno della morte sua.
Diceva di frate Egidio il frate Bonaventura da Bagnoreggio, che Iddio avea dato ispeziale grazia e con ceduta a lui per tutti coloro, che gli si raccomandavano in quelle cose, che si apparteneano alla anima con divota intenzione. Fece molti miracoli in vita sua, e dopo la morte, siccome appare per la sua leggenda; e passò di questa vita alla gloria superna negli anni Domini mille dugento cinquantadue, per lo dì della festa di san Giorgio; ed è seppellito a Perugia nel Convento dei Frati Minori.