Vita di Dante/Libro II/Capitolo XVII
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Non è il mondan rumore che un fiato
Di vento, ch'or vien quinci ed or vien quindi,
E muta nome perchè muta lato.
Che fama avrai tu più se vecchia scindi
Da te la carne, che se fossi morto
Innanzi che lasciassi il pappo e il dindi,
Pria che passin mill'anni? ch'è più corto
Spazio all'eterno, che un muover di ciglia
Al cerchio che più tardi in cielo è forte.
Purg.XI.
Chiunque paragoni il passo dell’Inferno, XXIV, 47, dove è esaltata la gloria terrena, con questo del Purgatorio dove ella è ridotta al suo vero valore, potrà aggiungere il nostro Dante alla serie di que’ grandi che s’innamorarono della gloria, e si confortarono della speranza di essa nel principiare le loro fatiche, ma che ne sentirono la vanità, giunti che furono alla loro grandezza. Restano questi sì ancora talvolta superbi nel compararsi, ma umili sempre nel considerare sè stessi: e tal fu la superbia di Dante, troppo appostagli da molti. Modesto il diremmo anzi, e là dove ei si paragona e si mette sotto a Ovidio, e qui dove non sembra sperare mille anni alla gloria sua, che noi dopo cinquecento veggiamo rinverdire. Ad ogni modo. docili noi all’ultima sentenza di Dante, la storia che imprendiamo della gloria di lui non sarà se non quella dell’utile prodotto, dell’attività promossa da lui. Questo solo è làscito reale de’ grandi.
Non farà quindi meraviglia, che noi passiamo i funerali celebratigli da Guido di Polenta; il sermone pronunziato tornando alla casa di lui1; le poesie ed iscrizioni scrittegli in morte, che credo sieno la prima di quelle raccolte tanto prodigate poi2; il sepolcro di Ravenna, ideato ma non potuto eseguire da Guido da Polenta, innalzato poi, nel 1483, da Bernardo padre del cardinal Bembo e priore là per la repubblica di Venezia, e restaurato nel 1692 e 1780 dai cardinali Corsi e Valenti Gonzaga legati del papa in quella città3; i monumenti erettigli in varii luoghi, e quel di Roma fattogli da Canova nel 18134, e quel di Firenze decretato la prima volta nel 1396, ed effettuato nel 18295; e finalmente le medaglie battutegli6. Tutta questa è la parte materiale della gloria di Dante; della quale pure vediamo così il crescere fino ai nostri dì.
E lasciamo, quantunque più proprie di Dante stesso, le opere d’arte ispirate da lui a Giotto, all’Orcagna, a Masaccio, al suo simile, e quasi fratello Michelangelo Buonarotti che fece ad ogni canto della Commedia certi disegni, perduti poi pur troppo in un naufragio; e quelli che furono fatti in Italia e fuori, da Federigo
- ↑ Boccacc., Vita di Dante, p.41.
- ↑ Boccacc., Vita di Dante, p.42.- Ed.Min.V.p.121.; e Veltro, p.187. E posciachè tante altre ne sono, sarebbe curioso forse rifare questa Raccolta di poesie in morte di Dante - Potrebb’essere II° Appendice alla presente o qualunque altra Vita; e farsi prima un Codice diplomatico di lui.
- ↑ Pelli, p. 144; De Romanis, Ed. Min. V. 121; e Francesco Beltrami: Forestiere istruito delle cose notabilissime della città di Ravenna - Rav. 1783.
- ↑ De Romanis, Ed. Min. V. 125.
- ↑ Missirini Commentario II.º dà la storia di tutti i monumenti eretti in Toscana. — Altri forse ne sarebbero da aggiugnere nel resto d’Italia; ed uno recentissimo in Parigi eretto nel palazzo Portales, e scolpito da M.lle Fauveau. — Sarebbe IIIª Appendice desiderabile una Epigrafia di Dante.
- ↑ Pelli p. 150 — Missirini Com. II.º p. 16.
- Testi in cui è citato Pietro Bembo
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