Alcyone/Il novilunio

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Il novilunio

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Sogni di terre lontane Il commiato
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IL NOVILUNIO.

N
OVILUNIO di settembre!

Nell’aria lontana
il viso della creatura
celeste che ha nome
5Luna, trasparente come
la medusa marina,
come la brina nell’alba,
labile come
la neve su l’acqua,
10la schiuma su la sabbia,
pallido come
il piacere
su l’origliere,
pallido s’inclina
15e smuore e langue
con una collana
sotto il mento sì chiara
che l’oscura:
silenzioso viso esangue
20della creatura
celeste che ha nome Luna,
cui sotto il mento s’incurva
una collana

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sì chiara che l’offusca,
25nell’aria lontana
ov’ebbe nome Diana
tra le ninfe eterne,
ov’ebbe nome Selene
dalle bianche braccia
30quando amava quel pastore
giovinetto Endimione
che tra le bianche braccia
dormiva sempre.


Novilunio di settembre!
35Sotto l’ambiguo lume,
tra il giorno senza fiamme
e la notte senza ombre,
il mare, più soave
del cielo nel suo volume
40lento, più molle
della nube
lattea che la montagna
esprime dalle sue mamme
delicate,
45il mare accompagna
la melodia
della terra, la melodia

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che i flauti dei grilli
fan nei campi tranquilli
50roca assiduamente,
la melodia
che le rane
fan nelle pantane
morte, nel fiume che stagna
55tra i salci e le canne
lutulente,
la melodia
che fan tra i vinchi
che fan tra i giunchi
60delle ripe rimote
uomini solinghi
tessendo le vermene
in canestre,
con sì lunghi
65indugi su quelle parole
che ritornano sempre.


Novilunio di settembre!
Tal chiaritate
il giorno e la notte commisti
70sul letto del mare
non lieti non tristi

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effondono ancora,
che tu vedi ancora
nella sabbia le onde
75del vento, le orme
dei fanciulli, le conche
vacue, le alghe
argentine,
gli ossi delle seppie,
80le guaine
delle carrube,
e vedi nella siepe
rosseggiar le nude
bacche delle rose canine
85e nel campo la pannocchia
dalla barba d’oro
lucere, che al plenilunio
su l’aia il coro
agreste monderà con canti,
90e nella vigna
il grappolo d’oro
che già fu sonoro d’api,
e nel verziere il fico
che dall’ombelico stilla
95il suo miele,
e su la soglia del tugurio
biancheggiar la conocchia

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dell’antica madre che fila,
che fila sempre.


100Novilunio di settembre,
dolce come il viso
della creatura
terrestre che ha nome
Ermione, tiepido come
105le sue chiome,
umido come il sorriso
della sua bocca
umida ancora
della prima uva matura,
110breve come la sua cintura
nel cielo verde
come la sua veste!
Ha tremato
nella sua veste
115verde che odora
ad ogni passo
come un cespo ad ogni fiato,
ha tremato
al primo gelo notturno
120ella che a mezzo il giorno
dormì con la guancia

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sul braccio curvo
e si svegliò con le tempie
madide, con imperlato
125il labbro, nella calura,
vermiglia come un’aurora
aspersa di calda rugiada
e sorridente.
E io le dico: “O Ermione,
130tu hai tremato.
Anche agosto, anche agosto
andato è per sempre!


Guarda il cielo di settembre.
Nell’aria lontana
135il viso della creatura
celeste che ha nome
Luna, con una collana
sotto il mento sì chiara
che l’oscura,
140pallido s’inclina e muore...„
Ma dice Ermione,
non lieta non triste:
“T’inganni. Quella ch’è sì chiara
è la falce
145dell’Estate, è la falce

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che l’Estate abbandona
morendo, è la falce
che falciò le ariste
e il papavero e il cìano
150quando fiorìano
per la mia corona
vincendo in lume il cielo e il sangue;
ed è la faccia dell’Estate
quella che langue
155nell’aria lontana, che muore
nella sua chiaritate
sopra le acque,
tra il giorno senza fiamme
e la notte senza ombre,
160dopo che tanto l’amammo,
dopo che tanto ci piacque;
e la sua canzone
di foglie di ali di aure di ombre
di aromi di silenzii e di acque
165si tace per sempre;


e la melodia di settembre,
che fanno i flauti campestri
ed accompagna il mare
col suo lento ploro,

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170non s’ode lassù nell’aria
lontana ov’ella spira
solitaria
il suo spirto odorato
di alga di rèsina e di alloro;
175e l’uomo che s’attarda
in tessere vermene
già fece del grano mannelle
ed or fa canestri
per l’uva, con un canto eguale,
180e tutto è obliato;
obliato anche agosto
sarà nell’odor del mosto,
nel murmure delle api d’oro;
per tutto sarà l’oblio,
185per tutto sarà l’oblio;
e niuno più saprà
quanto sien dolci
l’ombre dei voli
su le sabbie saline,
190l’orme degli uccelli
nell’argilla dei fiumi,
se non io, se non io,
se non quella che andrà
di là dai fiumi sereni,
195di là dalle verdi colline,

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di là dai monti cilestri,
se non quella che andrà
che andrà lungi per sempre,


e non con le tue rondini, o Settembre!„