Diario di Nicola Roncalli/1850

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Anno 1850

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1849 1851


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1850






19 Gennaio. — Questa mattina fu trovata sopra una colonnetta, a Colonna Traiana, una mitra, sotto alla quale era scritto: Accidenti al Papa, accidenti ai Cardinali.


21. — Nella sera dei 19 corrente gli uffiziali francesi diedero una festa da ballo in maschera.

Il biglietto d’ingresso era stabilito a bajocchi 30.

Molto concorso, specialmente di donne di bel tempo. Vi furono varii sconcerti, fra i quali fischiate alle donne, all’ingresso.


26. — Cernuschi, demagogo milanese, venuto in Roma nei principii dell’anarchia, fu membro dell’Assemblea e della Commissione delle barricate. Secondo la pubblica fama, condusse una turba di mascalzoni a minacciare l’Accademia di Francia, ed altre a saccheggiare il palazzo Farnese. Nel giorno 3 di luglio sottoscrisse un proclama [p. 209 modifica]insultante alla Francia1, quindi fu visto pubblicamente, per il Corso, alla testa di una mano di pazzi che insultavano le truppe francesi, nel loro ingresso in Roma2.

Fuggì da Roma con il principe di Canino. Arrestato a Civitavecchia, fu poi tradotto a Roma per essere giudicato.

Nel dì 24 andò la causa. Poco prima, essendo la sala del Consiglio, nel palazzo dell’Accademia Ecclesiastica, piena di spettatori, egli passeggiava, pubblicamente ed allegramente, sotto braccio ad alcuni uffiziali francesi, ch’erano appunto i suoi giudici.

Il risultato fu d’essere stato dichiarato innocente, e nulla constare dei capi d’accusa. Gli spettatori uscirono in strepitosi applausi ed evviva. Ieri partì per Civitavecchia, dove si procurò un pronto imbarco.


28. — Nel giorno 26 l’impresario francese del teatro Metastasio emise i manifesti per un’altra festa in maschera nella sera.

Dietro però gli inconvenienti e gli scandali avvenuti nella precedente festa, il Governo pontificio ordinò che si strappassero i manifesti dalle cantonate, si [p. 210 modifica]sospendesse la festa e ne fosse carcerato lo stampatore perchè aveva eseguito la stampa senza permesso.

Così si fece; ma un carabiniere, nell’atto che staccava un manifesto, ebbe uno schiaffo da un uffiziale francese.

Nel dì 26 furono trovati alcuni foglietti stampati, sparsi per la città, coi quali venivano minacciati del pugnale di Rossi coloro che avessero preso parte al prossimo carnevale.


4 Febbraio. — I liberali, avvicinandosi il carnevale, andavano susurrando che non era cosa conveniente che i Romani prendessero parte ai divertimenti mentre tante recenti memorie di lutto ritrovavano ovunque. Convenire piuttosto di dedicare le ore del Corso in passeggiate al Gianicolo, pregando pace e requie ai martiri della libertà e della patria.

Infatti, alcuni giovinastri divisavano di recarsi presso i bastioni di S. Pancrazio a recitare i rosari.

Il Comando militare e la Polizia presero misure di precauzione, e, se qualche assembramento tumultuoso si fosse verificato, la cavalleria francese aveva avuto ordine di far una carica.

Non mancavano, però, di spargere fogli clandestini, minacciando coloro che prendessero parte al carnevale.

Gli ebrei, venditori degli arazzi, furono anticipatamente, per mezzo di lettere, minacciati del pugnale di Rossi ove portassero in giro le loro mercanzie.

Infatti, intimoriti da queste, non se ne vide alcuno.

Anche ai venditori di fiori fu fatto altrettanto. A qualche ragazzo furono tolti e dispersi.

[p. 211 modifica]Il corso di oggi, dunque, 1° di carnevale, fu senza venditori di fiori, senza arazzi ( tranne la loggia del caffè Nuovo), senza carrozze e con pochissima gente.

Si osservarono una ventina di maschere ordinarie, che furono prese a fischiate.

La corsa è stata di nove cavalli.

Le truppe pontificie guarnivano, secondo il solito, il Corso.

Le francesi erano al Popolo ed in altre piazze.


11. — I festini ebbero luogo secondo il solito. In quello di venerdì, a notte lunga3, intervennero circa 50 persone, tra le quali varie donne del volgo. Fu terminato il festino col fare a salto la quaglia.

In quello della domenica notte furonvi circa 30 persone. Dopo un’ora si chiuse.

In Trastevere vi è un tal Gennaraccio, popolano, devoto al Governo pontificio, che seconda le operazioni della Polizia. I faziosi scrissero nelle muraglie con carbone:

«È più facil che voli un somaro,
Che Gennaro finisca Febbraro».

Al colonnato di S. Pietro si trovò scritto:

«Preti vendicativi!
Napoleone cascò.
Sapete voi il perchè?
Perchè non vi scannò.
Due volte già cadeste,
Senza cavarne frutto;
Vi accerto, un terzo fulmine
Vi annienterà del tutto».

[p. 212 modifica]17. — I liberali, detti demagoghi, dietro l’ordinanza del generale francese, colla quale condanna alla fucilazione i detentori di armi, inviarono lettera al medesimo ove lo avvisavano che qualunque Romano che avrebbe fatto fucilare sarebbe costata la vita di un Uffiziale e di un Comune.


Corrispondenza da Napoli del 16 marzo 1850:
        8 Aprile. — «Qui è voce un’altra volta del ritorno del Papa in Roma; e se si dovesse aver fede nelle esteriorità diplomatiche, vi sarebbe, forse, qualche apparenza di vero, poiché Cardinali e Ministri esteri ne ebbero l’annuncio formale. Veramente, quelle stesse ragioni che rendevano la cosa quasi incredibile per lo passato, cioè le immense difficoltà della sua presenza in Roma, non vennero meno finora, anzi forse crescono di giorno in giorno; se non che la condizione attuale delle cose non gli rende meno difficile di continuare la sua dimora in questa Capitale del Regno. Lascio a parte che tutto il suo prestigio è perduto: nessuno, neppure il lazzaro, s’inginocchia più al suo passaggio, la sua benedizione o non si cura, o si accoglie con indifferenza da questo popolo che stimano il più superstizioso d’Italia; i ricchi si querelano che la Corte ecclesiastica, aggiunta alla Corte secolare, aggrava la condizione delle nostre finanze; fin la truppa mostrasi malcontenta per la troppa gravezza del servizio. Insomma, questo popolo aveva bisogno di veder da vicino il gran prete e la sua Corte per imparare a stimarlo per quel che vale. Così fosse veduto da vicino in quei paesi, oramai pochissimi della terra, dove ancora se ne fa qualche [p. 213 modifica]stima! La bomba che scoppiò in piazza il giorno in cui diede la benedizione dal palazzo reale, è stata cagione di moltissimi arresti. — Dicesi che il numero degli arrestati in Napoli superi i 35.000; certo è che le prigioni rigurgitano, e di persone la maggior parto distinte; in guisa che potrebbe facilmente scoppiare un’altra bomba più tremenda, cioè l’ira del popolo. Per questo il Papa forse ci lascierà, ma per andare a Terracina, a Velletri, a Frosinone, in qualche città, insomma, dove possa trovarsi in mezzo alle due Capitali, ugualmente poco sicure.....

(Si distribuisce gratis)

Affisso agli 8 Aprile.

Genova, 1850, Tipografia Sociale Italiana».


12. — Nel di 8 corrente i demagoghi pubblicarono una stampa clandestina contro l’arrivo di S. Santità:

«Romani!

» Il Giornale di Roma annunziò la venuta di colui che si nomò un giorno Vicario di Cristo, e che ora chiameremo, con più giustizia, il Precursore dell’Anticristo. Prima ancora che la santa causa dei popoli guadagnasse terreno, com’è avvenuto in questi ultimi giorni, mercè le elezioni di 27 deputati nell’Assemblea di Parigi, devoti agli interessi del Popolo, moltissimi si ostinavano a non credere possibile quel ritorno. Nessuno poi augurava, come forse avrebbe fatto tre anni indietro, la benedizione papale del giorno di Pasqua perchè quella [p. 214 modifica]benedizione era destinata a perdere tutto il suo prestigio nella Pasqua del 1849. Difatti, quale contrasto tra la Pasqua dell’anno primo della Repubblica Romana e la precedente! tra le benedizioni di Dio e quella di un tiranno mitrato ed atteggiato a sudicia ipocrisia, tra un corteo di rappresentanti eletti dal Popolo, di governanti che tremavano al cospetto del Popolo, il quale poteva sindacarli e rimuoverli, e un corteo di preti, di ogni colore, che insultavano, con un fasto più che orientale, alle miserie del Popolo, cui dissanguavano e mantenevano nell’oppressione! tra soldati, figli del Popolo, pronti sempre a combattere per la sua dignità, pe’ suoi diritti, per la sua gloria, e soldatesche straniere, prezzolate da tiranni stranieri e, per gli interessi di una infernale politica, convertiti in sbirri di sagrestia! tra un popolo giulivo e plaudente, pieno di gloria e di speranze, e migliaia di gemebondi senza patria e senza pane! Sì, senza patria, perchè chi osa proferire questo santo nome è gittato a marcire in una prigione dove patisce l’inedia e non ha un canile dove coricarsi, se dalla propria fortuna o dall’altrui pietà non trae tanto da satollare l’ingordigia della sbirraglia che lo custodisce. Ed oggimai la pietà ha esaurito le sue fonti perchè la miseria è comune, e il tiranno prete non vedrebbe, tornando, che volti squallidi per fame e corpi mutilati dai suoi carnefici! E non udrebbe che i gemiti delle vittime, perchè gli esigli, le proscrizioni, le carcerazioni, le destituzioni, le persecuzioni di ogni genere, l’impossibilità di ogni onesta industria hanno precipitato il Popolo in una miseria, quale forse non [p. 215 modifica]ha provato da secoli! Ed oggi non è dato di campare la vita senza stento e senza angoscia, se non al prete, al ricco egoista, all’impiegato che ha cuore di soffrire qualunque umiliazione e piegarsi a qualunque bassezza, e finalmente alla spia perchè lo sbirro e la spia oggi regnano onnipotenti. Torni dunque il rinnegato Prete se ha cuore. Sarà testimone della propria agonia e della tremenda, inesorabile giustizia del Popolo, che è giustizia di Dio!!! E la tremenda giustizia non è lontana, perchè al Popolo d’Italia non bisogna che un grido per impugnare di nuovo le armi; la Francia protesta, col fatto stesso delle elezioni, contro un Governo liberticida. Europa tutta si scuote alla santa parola di Libertà; la potenza di una idea deve prevalere senza fallo ad una rancida forma.

» Viva la Libertà, viva l’Italia, viva il Vangelo Ili Cristo!!!»

Nella mattina dell’otto aprile, e precedente, furono fatti varii arresti d’individui che lordavano la notificazione della Commissione governativa di Stato sul ritorno di S. Santità.

Nella notte dagli 11 ai 12, alle ore 10 3|4, nella via del Giardino, dietro il palazzo Teodoli, fu incendiata una grossa bomba che, oltre al danno delle invetriate, cagionò molto timore ai circostanti. Si crede che questa avesse per oggetto d’insultare la Polizia, che, col trasferimento a Montecitorio, trovasi distante dall’accaduto pochi passi.

Nella stessa notte, presso il Quirinale, i soliti perturbatori dell’ordine, alla vista di alcuni soldati, abbandonarono alcune fascine con due fiaschi d’acqua [p. 216 modifica]di ragia. Probabilmente per incendiare il Monastero delle Sacramentate, dove appunto si rinvennero.

Alle 4 pomeridiane, in punto, di oggi, con generale esultanza, si verificò il ritorno di S. Santità Pio IX.

Il generale Baraguay d’Hilliers gli era allo sportello.

Concorso immenso; non Evviva smoderate, ma dimanda spontanea della Benedizione. Il tutto procedette con dignità, ordine e quiete4.

Nella sera generali luminarie per la città.


20 Aprile. — Il S. Padre, nel dì 17 corrente, benedisse le truppe francesi, nella piazza di S. Pietro.

Sono stati carcerati varii individui sospetti di corrispondenze segrete coi profughi ex repubblicani.

Nel dì 19 si dice essere stato arrestato un individuo di Pesaro, sicario contro Pio IX, il quale doveva eseguire il reo suo disegno nel di lui passaggio per Albano. Fu trovata presso il medesimo una lettera che compromette un suo compagno di quella città.


1° Maggio. — I faziosi, che ancora s’illudono della vittoria riportata, il 30 aprile, 1849, sopra i [p. 217 modifica]Francesi, si disponevano a festeggiare, nel compleanno, questa giornata con qualche fuoco di bengala e qualche altra dimostrazione.

Nella notte precedente ai 30 la Polizia arrestò alcuni individui che erano riuniti in uno studio di pittura nella piazza di Firenze, i quali erano occupati a preparare fuochi di bengala, ed altri vogliono anche delle piccole granate.

Fu, similmente, carcerato, al vicolo del Divino Amore, vicino alla piazza Borghese, un tal Bevilacqua, presso cui esisteva una piccola stamperia clandestina.


20 Luglio. — Quei tali giovinastri turbolenti che, al 30 aprile, furono sorpresi nell’atto che preparavano fuochi di gioia per festeggiare l’anniversario della presunta vittoria dei repubblicani contro i Francesi, sono stati condannati dai 15 ai 20 anni di ferri.

Ieri mattina, alle 7 antimeridiane, un Antonio Pace di Frascati, minatore, tentò di uccidere, con un colpo di pugnale, il colonnello dei gendarmi, Nardoni, dentro al vicolo detto dell’Abate Luigi. Il colpo gli fallì ed il Nardoni stesso lo inseguì. Si dice ch’egli sia un emissario prezzolato da una congrega segreta.


27. — Il Pace, che voleva uccidere il colonnello Nardoni, rivelò alcuni complici.


12 Agosto. — Nel di 31 del decorso mese (festa di S. Ignazio), i Gesuiti avevano fatto invito al S. Padre [p. 218 modifica]perchè, nelle ore pomeridiane, si degnasse visitare la loro chiesa che ne porta il titolo. In tale circostanza viene assicurato che i Gesuiti volevano chiedere la grazia a S. Santità di poter nuovamente vestire il loro abito religioso.

Però il S. Padre andò invece a passeggiare sul Monte Mario, ed i Gesuiti rimasero delusi e disgustati, tanto più che, nel dì seguente (Perdono di S. Francesco), S. Santità si recò a visitare quella chiesa e s’intrattenne con quei religiosi.


16. — Nel popolo romano si è sparsa voce che quanto prima, ad imitazione delle altre potenze, il S. Padre darà un’amnistia.

Molti anche sperano una Costituzione. Checchè ne sia, il malcontento generale sempre aumenta per non vedersi realizzate molte fondate speranze di miglioramenti di cui tanto abbisogna lo Stato.

Nei piccoli paesi prossimi a Castel Gandolfo si proseguono ad esiliare gli individui sospetti5.

Mentre l’erario è depauperato, si osserva, con dispiacere, che il pro-ministro delle Finanze, per accomodare il suo Dicastero, impiega circa 80 mila scudi.

Ieri S. Santità andò, secondo il consueto, alla Cappella di S. M Maggiore. Vi furono ripetute salve dell’artiglieria.

Essendosi, però, posta questa in via S. Vitale, strada alquanto stretta, la ripercussione [p. 219 modifica]dell’esplosione spezzò tutte le invetriate dei casamenti quivi prossimi.

Con uno scritto, affisso clandestinamente, venne tacciato, ier l’altro, d’inazione il Municipio Romano, quindi si minacciano della vita i membri, dove non si dimettano all’istante.


19. — Ieri, ricorrendo il giorno onomastico di uno dei figli dell’imperatore d’Austria, il Rappresentante Austriaco, residente in Roma, fece celebrare una messa solenne, con Te Deum, nella chiesa nazionale dell’Anima.

I demagoghi, spargendo voce che la sacra funzione era per festeggiare la Costituzione, che si dice accordata da quel Sovrano ne’ suoi Stati, avevano ideato di approfittare di tale circostanza per fare una dimostrazione popolare.

La Polizia, conosciuto ciò, diede alcune disposizioni di precauzione ai carabinieri, e fece rafforzare i quartieri, facendo perlustrare quelle vicinanze da numerosa sbirraglia.

Il Comando francese volle dare una maggiore importanza alla cosa e dispose uno squadrone di cavalleria sulla piazza dei Ss. Apostoli (con istruzione di caricare, nel caso, gli assembramenti dei mali intenzionati), nonché rinforzi per i quartieri e depositi presso le piazze Agonale e dei Ss. Apostoli.

La pubblica tranquillità non fu punto turbata ed il tutto procedette senza strepito.

Anche a Bologna ed Ancona si preparava eguale dimostrazione.

[p. 220 modifica]Sul Monte Pincio, nelle domeniche, vi è un concerto ora francese, ora romano. Ieri vi era il romano.

La gioventù, che era accorsa colà numerosamente, allorchè il concerto suonò un’aria del Nabucco, nel cui finale vi sono le parole: Che sia morte allo stranier, proruppe in strepitosi applausi e in grida di bis, e così proseguì in tutte le altre suonate per fare anche un oltraggio ai molti Francesi che, sul primo, erano freddi spettatori, ma quindi incominciarono a dar segni d’intolleranza.


26. — Ai 22 corrente giunse in Roma il cavalier Pinelli, Presidente della Camera dei Deputati di Torino, colla qualità di Commissario speciale del Re di Sardegna presso la S. Sede e con i segretari Cavalli e Borelli, per trattare col Governo pontificio le questioni politico-religiose che si agitano in Torino.

Prese alloggio alla locanda della Minerva. Il medesimo già fu ricevuto in udienza particolare dal cardinale Antonelli6. [p. 221 modifica]Si dice che il Papa gli negherà qualunque udienza.

Intanto S. Santità, la mattina dei 25, mandò alla Direzione del Giornale di Roma il numero 301 del [p. 222 modifica]Cattolico di Genova perchè fosse inserito, nel foglio pontificio che uscirà oggi, un articolo contrassegnato di proprio suo pugno, concernente i fatti che sono creduti più veritieri sul defunto ministro del Commercio, Santa Rosa.


30. — Le voci più accreditate relativamente alla Commissione torinese sono che il S. Padre abbia destinato l’Ecc.mo Lambruschini per trattare sulle note questioni religiose, con istruzione, però, di non aprire trattative se non quando sia restituita la libertà al vescovo7 e venga fatta una pubblica ritrattazione dei fatti annunziati.

[p. 223 modifica]I Commissari, d’altronde, risposero che si sarebbe convenuto nella prima domanda ogni qualvolta quel monsignor Franzoni avesse rinunziato al vescovato.


2 Settembre. — In una vigna fuori di porta del Popolo, che alcuni dicono del principe di Piombino, sono state trovate tre casse di fucili e pistole con cartuccie.

In Anagni, distretto e delegazione di Frosinone, si fecero varie carcerazioni per cause politiche. Si assicura che in quella città si manteneva una corrispondenza segreta con Sterbini ed altri compromessi politici. Anche a Frosinone si fece qualche arresto.

La moglie di Angelo Brunetti, detto Ciceruacchìo, avendole scritto il suo marito che alla fine si era messo in salvo a Marsiglia (perchè sinora si era celato nelle vicinanze di Roma), volle solennizzare tale notizia piacevole (nel dì 25 perduto) con un pranzo di 60 coperti (tutte femmine popolane), presso Ponte Mollenota.


5. — Ieri, natività della Madonna, il S. Padre andò ad assistere alla Cappella di S. M. del Popolo.

Si era in curiosità di conoscere lo stradale che il Papa avrebbe tenuto.

Si disse da qualcuno, satiricamente, che sarebbe passato per il Tevere e sbarcato al campo Dovario, per evitare le strepitose accoglienze.


8 [p. 224 modifica]Il S. Padre tenne la via di Ripetta, e lungo la strada si osservò qualche arazzo; ma ebbe freddissima accoglienza dal popolo.


13. — Si hanno i seguenti pochi dettagli sulla udienza avuta dal cav. Pinelli col Papa:

«Il Pinelli fu presentato al S. Padre dall’Incaricato di Sardegna, alla presenza di Monsignor Bernabò, Segretario di Propaganda.

» L’udienza durò sette minuti ed i discorsi furono su cose indifferenti.

» Il Pinelli motivò qualche cosa sugli avvenimenti piemontesi; ma il S. Padre gli troncò il discorso dicendo: «Di questi particolari ne terrà proposito col cardinale pro-segretario di Stato».


Satira

Affissa per Roma nel dì 12 settembre 1850:


«Morte a
Mazzini
La Repubblica è
Il più infame Governo
Abbasso
Il Comando del Popolo

Pio IX
Viva lungamente
Il più dolce Governo
È quello dei preti
Il potere temporale del Papa
Regni eternamente».


19. — È stato scoperto un club repubblicano nell’Oratorio degli Angeli custodi. Varii individui si erano ascritti a quella congregazione, e nella sera, col pretesto di esercizii di pietà, si riunivano per trattare di cose politiche.

[p. 225 modifica]23. — Farini, chirurgo in Osimo, quindi, nel 1848, sostituto nel ministero dell’Interno, ed ora Deputato nel Parlamento di Piemonte, stampò in Torino una storia col titolo: Lo Stato Romano dall’anno 1815 al 1850, contenente fatti poco vantaggiosi al decoro del Governo pontificio. Il proministro delle Finanze, con circolare segreta del 1° corrente, ordinò ai finanzieri di arrestare ai confini chiunque portasse quell’opera9.

Difatti il marchese Clarelli (fratello del cardinale), nel giorno 10, entrando nello Stato, aveva il primo tomo di quell’opera nel sacco da notte. I finanzieri lo arrestarono e lo tradussero a Perugia. Colà riconosciuto dal Delegato, fu lasciato in libertà.


11 Ottobre. — Il Pinelli parti da Roma nella mattina degli 8 corrente e non si sa a qual punto sia la questione piemontese.


8 Novembre. — Forma oggetto di ciarla lo straordinario corteggio militare del Papa nel giorno di S. Carlo, alla Cappella. Si osservò che la cavalleria sommava a circa 300 uomini, tra Francesi e pontifici. Gli agenti poi di Polizia perlustravano accuratamente, ed in gran numero, lo stradale.

Si assicura, da alcuni, che il trono che era in chiesa, fin dalla mattina, fu guardato a vista da due carabinieri.

[p. 226 modifica]Altri aggiungono che, temendosi qualche preparativo demagogico in chiesa, diretto ad esplosione di un petardo od accensione di acqua di ragia, prima dell’apertura di quel tempio, la Polizia fece perlustrare la chiesa ed assicurare il sagrestano.


16. — Affisso clandestinamente:

«Popolo Romano,
«Saluta con gioia, ecc.10.


2 Dicembre. — Nella sera dei 30 decorso gli agenti di Polizia fecero una rigorosa perquisizione nella casa abitata dai Castellani11, gioiellieri, (al palazzo Costa, a S. Marcello). Anche le persone estranee che vi si trovavano furono visitate; ma il tutto senz’alcun risultato. Venne soltanto preso un ritratto di Narducci, tenente di artiglieria, morto il dì 30 aprile per la libertà italiana, che era appeso ad una parete.


27. — Circolano per Roma, clandestinamente, otto mezzi fogli stampati in Genova — Tipografia Sociale Italiana — con titolo: Roma e gli Stati Romani nel 1850.

È diviso in quattro paragrafi:

§ 1° I tribunali politici.
§ 2° Giustizia civile e punitiva.
§ 3° Stato economico.
§ 4° Stato politico.

[p. 227 modifica]Sembra che il suddetto stampato abbia per oggetto una risposta al Messaggio del presidente della repubblica francese, dando così (com’esso s’esprime) un reale rendiconto della condizione attuale dello Stato pontificio per norma di coloro che, nell’Assemblea francese, non si vergognano di difendere da quella tribuna, il dispotismo teocratico della Corte di Roma12.

La Polizia, avendo conosciuto che delle medesime si faceva una numerosa diramazione, procurò andare sulle tracciò dei depositi, presso gli individui più sospetti.

Nella mattina dei 23 corrente, per tale oggetto, fu carcerato il conte Canale di Terni, abitante al palazzo Mazio sulla via di Ripetta.

La Polizia è stata informata che ne sono in giro 2000 esemplari. Di questi ne furono inviati al Santo Padre, al cardinale Segretario di Stato e ad altri distinti personaggi.

È noto che, con qualche cautela, furono dispensati anche per il Corso, e che sono stati letti nelle pubbliche botteghe.

[p. 228 modifica]Sembra, poi, che la stampa sia stata eseguita in Roma e che la composizione, stante la molta parte legale, possa essere dell’avv. Giuseppe Galletti13.

Meno qualche anacronismo, la pubblica voce giudica il contenuto siccome basato sopra fatti ineccezionabili e veritieri.


30. — La sera dei 27 cadente fu da S. Santità una Commissione municipale per esporre i pubblici desiderii pel sollecito riordinamento del Municipio di Roma. Il S. Padre, a tale istanza, rispose indignato, e conchiuse dicendo: «Se il pubblico non si trova contento, sopprimerò intieramente il Municipio».






Note

  1. Il proclama era sottoscritto da tutta la Commissione delle barricate, di cui facevano parte, col Cernuschi, il Cattabeni, il Caldesi, e l’Andreini. Il periodo al quale allude il Roncalli è il seguente:
        «La Repubblica francese volle immergere nel cuore della Repubblica romana un pugnale, mentre gli Austriaci e i Borboni ne torturavano barbaramente le membra».
  2. Abbiamo detto altrove che il Cernuschi cercò, in quel giorno, di frenare, anzichè di eccitare il popolo; aggiungiamo qui che sono false le altre accuse, sparso allora dai clericali contro lui e che il Roncalli accolse nel suo Diario.
  3. Questo festino cominciava dopo la mezzanotte e finiva all’alba.
  4. Questa narrazione del Roncalli mostra apertamente che i Romani non desideravano punto il ritorno di Pio IX. Di che il Papa ebbe altra prova in quei giorni, e per molto tempo ancora, nel veder vuotarsi le vie appena v’apparisse il suo corteggio. Ne lo ingannarono gli applausi di una squadra raccolta da alcuni zelanti acciò lo accompagnasse ed applaudisse ovunque si presentasse perchè egli notò, argutamente, che, dopo il 1850, le dimostrazioni gli si facevano sempre dalle solite cento teste calve. E dei cento calvi fu chiamata perciò, d’allora in poi, quella squadra di dimostranti.
  5. Come ognuno sa, a Castel Gandolfo andava a villeggiare il Papa.
  6. Il 25 di febbraio del 1850 il ministro Siccardi aveva proposto al Parlamento piemontese «uno schema di legge per l’abolizione del foro e delle immunità ecolesiastiche e alla restrizione alle sole domeniche, e alle sei designate solennità per anno, della sanzione penale delle leggi statuali per l’osservanza delle feste religiose». La legge contro le immunità fu approvata con 130 voti contro 26 e quella intorno alle feste con 107. Un’altra legge, approvata con 128 voti contro 7, proibiva alle mani morte di acquistare beni stabili per donazioni tra vivi, o per testamento, senz’averne prima ottenuta facoltà dal re. Dopo che queste leggi ebbero l’approvazione della Camera dei Deputati e del Senato e la sanzione reale, il nunzio apostolico chiese i suoi passaporti. Cercò, più volte, il ministero piemontese di calmare le ire della Corte di Roma e di provarle come «resistenza d’una giurisdizione privilegiata, indipendente dal potere reale, e riguardante affari temporali, non poteva più conciliarsi collo disposizioni dello Statuto;» ma ogni tentativo riuscì vano.
          Luigi Franzoni, arcivescovo di Torino, ordinò al clero della sua Diocesi di non presentarsi ai tribunali ecclesiastici senza permesso della curia arcivescovile.
          Come lui, fece Alessandro Varisini, arcivescovo di Sassari.
          Intanto Pietro de’ Rossi di Santa Rosa, ministro per l’agricoltura e pel commercio, sentendosi vicino a morte, chiese l’Eucaristia. Quantunque un sacerdote, pio e dotto, attestasse d’aver ricevuta la confessione, tuttavia il parroco, per ordine dell’arcivescovo, glie la negò, ov’egli non disapprovasse prima la parte da lui avuta nella legge Siccardi.
          Il poveruomo, ch’era religiosissimo, dichiarò d’aver operato secondo che la coscienza gli dettava, e aggiunse che dei dubbi sortigli già aveva trattato col confessore. Ma stette ferma la curia in sul diniego. Il buon sacerdote, che l’aveva confessato, pieno di pietà, presentò, allora, una dichiarazione in cui il moribondo, riconoscendo l’autorità del capo dei cattolici, proclamava d’aver usata nella sua opera di ministro tutta la maggiore coscienza, e d’osservi stato sorretto dalla sicurezza di non venir meno alle sacre leggi della Chiesa. Ma il parroco, non che accontentarsene, tormentava vie più l’ammalato con vive insistenze e colla grave minaccia che il suo corpo non sarebbe stato sepolto in terra sacra. Piangevano gli astanti; piangevano i parenti; piangeva la infelice moglie, che, ginocchioni, supplicava il parroco a non straziare maggiormente le ultime ore del suo sventurato marito; dolevasi questi amaramente nel vedersi privo dei conforti di quella religione che aveva amata sempre e sempre scrupolosamente praticata; ma ripeteva, tra le lagrime, che la sua coscienza d’uomo onesto gli vietava di dichiarare cosa non vera e di lasciare un nome disonorato a’ suoi figli. E, in mezzo al grave dolore dei suoi e a inenarrabili tormenti dello spirito, Pietro de’ Rossi di Santa Rosa spirò.
          La indignazione per questo fatto fu grandissima in Torino, ove, per un istante, ebbe anche a soffrirne la publica quiete.
          Dopo lo scambio di molte note tra il Governo piemontese e il pontificio, il ministro d'Azeglio mandò a Roma Pier Dionigi Pinelli perchè trovasse modo di rappacificare i due Stati, senza ledere le massime fondamentali dello Statuto. Ma il Pinelli, in 48 giorni che rimase in Roma, non potè conferire che in via privata col Pontefice e col cardinale Antonelli. (Vedasi Storia documentata della diplomazia europea in Italia, dall’anno 1814 al 1861, per Nicomede Bianchi. Torino, Unione Tipografico-Editrice, vol. VII, pag. 353-377).
  7. Il Franzoni, per la sua circolare contro la legge del foro e delle immunità ecclesiastiche, era stato condannato a un mese di carcere e a 500 franchi di ammenda e per la sua condotta verso il Santa Rosa all’esilio. Il Pinelli, per la quiete del paese, ne chiedeva l’allontanamento da Torino; ma la Corte pontificia approvava così apertamente la condotta dell’arcivescovo che, nel concistoro segreto del 20 di maggio di quell’anno, era da Pio IX appellato ragguardevolissimo e dall’Antonelli, nelle sue note diplomatiche, qualificato per ottimo.
  8. La notizia era falsa.
  9. Non abbiamo bisogno di dire che qui si parla di Luigi Carlo Farini.
  10. È lo stesso publicato il 16 di novembre dell’anno precedente e riportato da noi sotto quella data.
  11. Come ognuno sa, la famiglia Castellani fu, ed è tuttavia, tra le più liberali di Roma.
  12. A sbugiardare costoro, scese, allora, in campo anche Giuseppe Mazzini con una eloquentissima lettera diretta ai ministri di Francia Tocqueville e Falloux, i quali, per difendere il Governo pontificio, avevano fatto segno delle loro calunnie la rivoluzione romana, e «un intero popolo, buono, valoroso e notabile per affetto all’ordine e abitudini di disciplina, tramandate ad esso dagli antichi suoi padri».
  13. Cioè del Galletti che, sotto il regno di Pio IX, fu comandante dei carabinieri, ministro delle armi e dell’interno, e più tardi presidente della Costituente.