Diario di Nicola Roncalli/1851
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1851
6 Gennaio. — Circola per Roma altra stampa intitolata: Atti del Comitato nazionale italiano. Essa, in sostanza, contiene una protesta del Comitato ai Rappresentanti del popolo nell’Assemblea Legislativa di Francia, sopra le conseguenze dell’intervento francese in Roma.
Porta la data di Londra, 21 novembre, 1850, ed è sottoscritta da
Giuseppe Mazzini,
Giuseppe Sirtori,
Aurelio Saffi,
Aurelio Saliceti,
Mattia Montecchi,
Cesare Agostini, Segretario.
Nella trattoria così detta del Falcone, i carabinieri francesi perquisirono, scrupolosamente, tutti gli individui che vi si trovavano, ed assoggettarono a tale visita anche le donne, il che fece qualche sensazione presso il pubblico. Furono carcerate circa 10 persone; ma sembra per mero sospetto.
Nella stessa notte la Polizia romana carcerò circa 70 persone, sospette principalmente di essere autrici o distributrici di libelli infamatori. Fra queste sono otto stampatori, già addetti alla stamperia Pallotta.
Fu similmente carcerato un Petroni, bolognese, avvocato criminale e consulente di Canino. È voce che costui sia l’autore del libello stampato: Roma e gli Stati Romani nel 1850.
Tutta la truppa di linea, anche francese, in quella sera ebbe la consegna.
Si assicura da qualcuno che dovesse aver luogo qualche assembramento con canti sediziosi.
27 Gennaio — All’esposizione di pitture, posta alla piazza del Popolo, fu messo in mostra un quadro rappresentante il combattimento di S. Pancrazio con la morte del colonnello Manara1. Molti curiosi e fanatici corsero in folla a vederlo; ma il Governo, poco dopo, ordinò che fosse rimosso da quel luogo.
Difatti fu portato via ed ora si trova a via Mazzarini, presso Monte Cavallo, dove attualmente si dirige la massa dei demagoghi a venerarlo. Si crede che la Polizia vorrà proibirne anche l’esposizione particolare.
Si parla molto di una scoperta fatta dalla Polizia di Marsiglia sopra un bastimento, in cui erano molte casse di ombrelli diretti a Roma, il cui bastone nascondeva uno stile.
7 Febbraio. — Circola per Roma un opuscoletto, di due fogli, in 4°, intitolato: Comitato Nazionale Italiano.
Esso, in sostanza, contiene l’atto della formazione di un Comitato Nazionale Italiano composto di Mazzini, Saffi e Montecchi, sottoscritto ai 4 luglio, 1841».
Lo scopo a cui tende è «Indipendenza — Libertà — Unificazione». I mezzi per raggiungerlo: «Guerra e Costituente Italiana»2.
Seguono quindi due circolari pel Prestito Nazionale Italiano di dieci milioni di lire italiane con le module. Queste portano la data di «Londra, Il settembre, 1850».
Circola, similmente, altro foglio stampato, in occasione del nuovo anno, coll’indirizzo: I Romani ai fratelli delle Provincie, per promuovere le azioni del Prestito Nazionale. Nominando Pio IX, lo chiama il più miserabile dei papi, lo schiavo ultimo dei tiranni d’Europa, quegli che della religione di Cristo fa la più sozza e finale prostituzione.
Si raccomanda di vestire abiti nazionali tenendo lungi le merci di Francia e d’Austria.
Si assicura essere stampato in Roma sul fine dello scorso gennaio.
Circola per Roma una piccola caricatura, rappresentante l’assedio della trattoria del Falcone, dove figurano i cacciatori d’Orleans ed altri militi della guarnigione francese occupati alla espugnazione, non che il generale stesso, avente tra le mani un grosso squadrone in atto minaccevole. Alle finestre vi sono cuochi, sguatteri, camerieri armati di cazzeruole, piatti, spiedi, che si difendono.
Il disegno, eseguito in Roma, fu mandato a Genova per la incisione, e quindi ne furono spediti un buon numero di esemplari a Roma, che vennero distribuiti con somma cautela. Varie copie furono indirizzate al generale stesso, che si assicura montasse in piena collera.
In seguito a tali insulti, il generale diramò alle sue truppe ordini severissimi contro la gioventù briosa ed insolente, e perchè si tenessero di mira i frequentatori delle trattorie e segnatamente quelli del Falcone.
Intanto sono arrestati coloro che, a notte avanzata, vanno, innocuamente, canterellando per la città.
I più scaltri, per non essere arrestati, si qualificano per parenti di cardinali, di principi, e, se non altro, non vengono trattenuti, ma dichiarano, però, sotto parola d’onore, di astenersi, d’ora in poi, di cantare.
Ai 5 del corrente, nel teatro Valle, vi fu una manifestazione liberale mediante prolungati applausi ad una innocente frase contenuta nel dramma intitolato La morte di Tasso, dove dicesi «Gloria all’Italia» e che fu rappresentato in quella sera, in occasione della beneficiata dell’attore Salvini.
La Polizia fece all’istante togliere alcune cose, e così ne permise la replica.
10. — Ieri (9) fu giornata politica essendo il compleanno della repubblica romana.
Si disse che fin dal giorno precedente il generale Gemeau si era recato dal Papa ad annunziargli, per di lui quiete, le precauzioni militari che andava a prendere sotto la sua responsabilità, per prevenire qualunque disordine. La Polizia raddoppiò la sua vigilanza, nella notte dagli 8 ai 9, per sorprendere qualche atto preparatorio dei faziosi, e tutte le truppe ebbero il ritengo.
Si assicurava che doveva aver luogo una passeggiata demagogica col distintivo della cravatta bianca.
Però nulla si osservò che un tal distintivo. Richiamò bensì l’attenzione il vedere, per il Corso e per il Pincio, moltissime femmine che, nel loro vestiario, combinavano i colori repubblicani.
Nella sera, per altro, si accesero fuochi di bengala a tre colori, al Popolo, presso S. Maria in via Lata, a S. Lorenzo in Lucina ed alla scalinata presso la piazza di Spagna, al Quirinale ed al Campidoglio; e l’audacia giunse a tal punto da accendere due fuochi al palazzo Lozzano, dove risiede il generale Gemeau, e vicino alla sentinella.
14. — A quanto si accennò nel foglio precedente, relativamente alle dimostrazioni di gioia fatte dai faziosi, nel dì 9 corrente, deve aggiungersi che nella stessa sera, circa le 8, sulla piazza di S. Pietro fu incendiato un razzo a colori. Oltre a ciò, fu veduta una carrettella piena di giovinastri, circolanti per la città, che cantavano canzoni sediziose.
Infine, circa le 10 pomeridiane, una numerosa turba di persone di basso ceto, composta a plotoni, fu incontrata a piazza Colonna Traiana, che, cantando, si avviava verso il Corso. V’è chi assicura che desse la caccia a qualche pattuglia per assalirla.
Nella stessa notte si fecero varii insulti alle case di persone addette alla Polizia. Fra essi si rimarcò quello di essersi portato via il portone della casa dove abita il cavaliere Minardi.
Le operazioni, poi, eseguite dagli agenti di Polizia si restringono principalmente all’aver carcerato un Fortini ed un Bossi (figlio quest’ultimo del capitano), ambidue cogniti papalini, nell’atto che si adopravano a spegnere i fuochi di bengala.
Si dice però, generalmente, che i faziosi avevano dato l’onore agli agenti di Polizia di spargere i fuochi di bengala, se pure non avevano affidato loro l’attribuzione anche d’incendiarli, mentre sembra impossibile che, senza una intelligenza ed una loro cooperazione, potessero essi agire così impunemente.
Però, non è a tacersi che si assicura essere stati carcerati, come sospetti, un dottor Mucchielli ed un Giorgioli, capo-mastro muratore, già cogniti repubblicani.
17. — Nell’occasione del prossimo carnevale la Polizia prende molte misure di precauzione, a carico specialmente d’individui sospetti. Si fanno molte perquisizioni domiciliari e si mandano via i forestieri statisti a cui carico possano esservi anche lontani sospetti politici, o che non siano provveduti di regolari carte di permanenza. A molti individui, i quali, dai piccioli paesi, si volevano recare in Roma, per passare il carnevale, come di costume, in quest’anno fu vietato.
I repubblicani formarono il progetto di essere lontani dal Corso durante il carnevale. I più agiati se la passano in campagna; gli altri a passeggiate democratiche, fuori delle porte.
Uno di questi non dubitava di dire che poco più tempo restava ai divertimenti per i neri, mentre a maggio le cose si sarebbero cambiate stabilmente, ed a quell’epoca riportavano il carnevale loro.
Anche in quest’anno si dice che vi sieno persone prezzolate nella Polizia le quali avrebbero lo scopo di destare il brio nel basso ceto e studiare lo spirito pubblico. Si fanno ascendere ad un centinaio, fra sbirri ed altri soggetti della stessa tempra. Si aggiunge, finalmente, che la suddetta comitiva si produrrà con mascherata avente il fine di procurare di far cadere nella rete i poco cauti, i quali li seguiranno in qualche finto movimento semi-politico.
24. — Le guerre di confetti tra soldati francesi e romani, assumendo un carattere serio, per reciproco abuso, un Ordine del Giorno proibisce ai primi di prender, d’ora in poi, parte a tale divertimento.
A ciò aggiungasi che, nei giorni 25 e 26, furono lanciati ai Francesi molti mazzetti di fiori con sassi, più alle dame, sì francesi che romane, biglietti stampati contenenti nomi di signore cognite, fatte segno di abborrimento per avere compromesso l’onor loro coll’uffizialità francese.
28. — Una donna racconta che, essendo andata dal cardinale Antonelli a scongiurarlo per intercedere presso il Sovrano la grazia per suo marito, che soffri un esilio quasi ingiusto, egli, dopo aver ascoltato le preghiere, rispose francamente che non sarebbe mai riuscito ad intenerirlo perchè esso non era noto per far del bene.
31. — Ieri ebbe luogo un pranzo repubblicano, nella tenuta della Cesarina, alla distanza di quattro miglia circa fuori di porta Pia.
4 aprile. — Anche tra cardinali stessi vi è un grande malumore col cardinale Antonelli.
Il cardinale Orioli, in una società, disse che egli non andava dal Papa se non quando ne sarebbe chiamato, mentre troppo gli ripugnava andare soggetto a quel.... del cardinale Antonelli.
11. — Nelle sere dei 7 e 8 vi furono le consuete orchestre sulla piazza di Ss. Apostoli per il novello cardinale francese. Una delle orchestre era occupata da suonatori romani e l’altra da francesi.
Fin dalla prima sera si fece qualche dimostrazione di applausi agli uni e di fischi agli altri. Nella seconda sera, tale inconveniente essendosi riprodotto, si eseguirono varie carcerazioni.
Si raccontano nuovi insulti fatti a predicatori nelle pubbliche piazze.
2 Maggio. — Avvicinandosi l’anniversario della battuta sotto le mura dei giardini del Vaticano (il 30 aprile), che i repubblicani decantano come glorioso per loro, la Polizia prese qualche misura di precauzione per ovviare qualsiasi benchè futile dimostrazione demagogica. Non ostante ciò, elusero la vigilanza della Polizia, e nella sera, verso S. Giovanni de’ Fiorentini, incendiarono fuochi di bengala con qualche razzo.
Nella mattina precedente ai 30 di aprile furono carcerati varii individui sospetti, tra i quali vi è un Carnevalini, figlio dell’avvocato, segretario della Camera di Commercio.
Le truppe, tanto indigene quanto quelle di occupazione, ebbero istruzioni per reprimere ogni atto tendente a perturbare la tranquillità pubblica.
Dentro Castel S. Angelo sempre più si fanno lavori di fortificazioni e si aumenta il deposito di materiali da guerra.
5. — In seguito alle missioni fatte da alcuni ecclesiastici in varie chiese, nelle quali si declamò specialmente contro i libri proibiti e gli emblemi antipapalini, furono recati ai medesimi alcuni di tali oggetti, e ieri vennero incendiati pubblicamente, sulla piazza di S. Carlo a Catinari.
Alcuni soldati francesi, spettatori a tale funzione, si permisero deriderla, per lo che altri militi romani, unitamente ai popolani, prendendo ad offesa un simile contegno, sul primo scambiarono insulti e minaccie e quindi passarono alle mani. L’attacco fu sanguinoso perchè vi prese parte il popolo, e, oltre l’arma bianca, si ricorse pure ai fucili. La fine sarebbe stata assai più deplorabile se l’uffiziale di guardia della caserma al Monte, persona energica e bene affetta al Corpo, non fosse riuscito ad impedire a circa 180 uomini, che colà trova vansi, di uscire armati per vendicare l’insulto e difendere i loro camerata e concittadini. Vi furono un Francese e un sarto romano morti.
I feriti furono in buon numero da ambo le parti.
Un gallo, perseguitato da un Italiano, armato di bastone, che, per meglio fuggire, si raccomanda strettamente alla schiena di una lepre, è la satira in disegno che fu trovata attaccata presso piazza Barberina, nel dì 30 aprile, col motto: «30 aprile, ai Francesi».
9. — Per le frequenti e deplorabili risse avvenute tra Francesi e soldati romani, uscì l’ordine che all’Ave-Maria in punto debbansi questi ultimi ritirare al quartiere. Molti, nella sera dei 5, trasgredirono una tale disposizione e vennero carcerati.
Intanto, non vedendosi punto tranquillo il basso popolo di Regola e di altre contrade, per il fatto di domenica, si attivarono molte e numerose pattuglie di carabinieri, dragoni, pontifici ed altre di Francesi composte di 30 o 40 uomini.
Nella sera dei 5, in Trastevere, vi fu un altro trambusto a cui prese parte il popolo adoperando l’arma dei sassi nella quale sono popolani valentissimi. Furono anche gettati dalle finestre proiettili contro i Francesi.
Il generale Lavaillant, che trovavasi in conversazione in casa del principe Orsini, ministro delle armi, dovette accorrere sul luogo per le opportune disposizioni onde sedare il tumulto. Vi furono (per quanto dicesi) tre Francesi morti e varii feriti. Nel trambusto di tale sera, qualcuno, che ritiravasi in fretta a casa, per affari, o più per paura, venne dai Francesi carcerato. Tale sorte toccò al sotto cuoco del Papa, che fu ritenuto l’intera notte, benchè da palazzo si mandasse onde fosse scarcerato.
Al Corea, nelle ore pomeridiane, agisce una compagnia drammatica. Il manifesto del giorno 5 annunziava la produzione: «I Zingari, ovvero il più gran ladro della Francia». In alcuni si trovò aggiunto «Luigi Napoleone».
Nel giorno 7 corrente si parlava nuovamente di porre la città in stato d’assedio. Furono interpellati anche i presidenti dei Rioni; ma, per quanto dicesi, fu trovata molta opposizione per parte di qualche cardinale. Ciò che sembra quasi combinato è di accantonare le truppe pontificie.
Anche in Roma incominciò, fin dal giorno 6 dei corrente, l’inibizione del fumar sigari. La faccenda fu condotta con silenzio essendo una istruzione segreta, demagogica. Vi fu qualche lieve insulto di notte a chi fumava; ma prevalse all’insulto piuttosto l’invito e l’ammonizione. Da una statistica esatta (che si potè avere segretamente), data da uno dei principali tabaccai di Roma, si ha che l’introito giornaliero di quello spaccio era, per lo passato, di circa scudi 17.
Ora però si ridusse al seguente:
Martedì | (intera giornata) | scudi | 10. |
Mercoledì | id. | » | 6. |
Giovedì | id. | » | 4. |
I tabaccai ambulanti soffersero molto ed ebbero il consiglio di dirigersi ad altra industria. Intanto ricevono, segretamente, qualche sussidio.
12. — La faccenda del fumo sempre più progredisce e con essa anche il malumore degli spacciatori, del partito moderato e degli abituati al fumo.
Si sono fatti varii insulti ai fumatori.
Gli agenti di Polizia vollero fare il contrapposto girando per il Corso fumando. Allora ne avvenne che pochi, i quali solevano disprezzare la disposizione demagogica, per non essere confusi con quelli, si astennero anch’essi dal fumare.
Di più si videro affissi cartellini col motto:
«Van fumando per le vie |
Alcuni inesperti giovinastri, i quali si occupavano di ammonire per istrada coloro che fumavano, nel di 10, presso S. Pantaleo, passando due agenti di Polizia, e non conoscendoli, ai medesimi pure diressero l’invito. In contraccambio, però, furono staffilati in buona regola. Tali fatti avvennero in altre contrade.
Ieri si era sparsa la voce che il forte di S. Angelo, con i colpi di cannone, avrebbe annunziato lo stato d’assedio.
Si soggiungeva che quindi si sarebbe pubblicata una legge stataria per reprimere gli oppositori del fumo e della libertà individuale.
Ragionandosi poi sullo scopo a cui può essere diretta l’inibizione del fumo, si ha, per confessione degli stessi promotori, non aver altro che quello di far conoscere al Governo l’unione che vi è con le altre regioni d’Italia ed i molti, obbedienti seguaci che conta la loro propaganda.
Cessata che sarà la suddetta dimostrazione, verrà l’altra del non giuocare al lotto per danneggiare maggiormente la dissestatissima finanza.
14. — Nel giorno 11 del corrente, alla contrada detta Macel dei Corvi, fu dato un colpo di stile ad un soldato francese perchè fumava.
Nella sera, in un’osteria ai Monti, alcuni individui, che colà trovavansi a fumare, furono sorpresi da persone a loro ignote, che alle ingiurie unirono le coltellate. Gli altri opposero difesa, e nella lotta sanguinosa vi furono due morti3.
Nel suddetto giorno alcuni tabaccai tennero chiusi i loro spacci. I venditori ambulanti sparirono. A piazza Colonna, ov’erano tre o quattro, ieri se ne vide uno solo. Si conferma, però, che tali industriali sono segretamente sussidiati.
Nel di 12 il generale Geineau diramò un ordine del giorno segreto col quale si disponeva che al segnale del cannone, al decimo colpo, tutti i militari di ogni arma, tanto francesi che romani, si consegnassero al quartiere per schierarsi in battaglia. Si soggiunge da alcuni che coloro che mancassero all’appello sarebbero fucilati.
A Castel S. Angelo sempre più si lavora in fortificazioni. Si aumentarono, nella corrente settimana, altri 1000 uomini.
Si dice generalmente che colà si sieno fatti i preparativi per ricevere il Papa ed i cardinali in caso di sommossa.
Nella sera dei 12 fu pubblicato un proclama del comando francese col quale si vietano i bastoni, che, per la loro costruzione e grossezza, possano dare sospetto di armi nascoste. Contemporaneamente si ordina il ritiro delle armi, benchè possedute con regolare permesso, che viene annullato, e di altre che se ne possedessero clandestinamente.
Molti che conoscevano la satirica litografia del 30 aprile, rappresentante l’Italiano che bastonava un gallo, credettero di poter riferire a quella tutta l’importanza di una tale disposizione.
Poco dopo la suddetta pubblicazione fu lanciata una selciata alla sentinella del quartiere francese di S. Silvestro in capite.
Si gridò all’armi, si corse in traccia del reo; ma non fu trovato alcuno.
Intanto i repubblicani, mal soffrendo la disposizione sopra taluni bastoni, all’istante concertarono di proibirli intieramente, comprendendovi, cosi, anche quelli che sarebbero permessi dalla legge francese. Infatti, nella mattina dei 13, diversi individui furono ammoniti su tale oggetto. Qualcuno supponendo che fossero agenti di Polizia, si adoperavano a far conoscere che non erano in contravvenzione colla legge, non essendo i bastoni sospetti per la loro forma. Fu loro risposto: «I bastoni grossi sono proibiti dalla Polizia ed i piccoli da noi».
Nella notte dai 12 ai 13 corrente si fecero varie carcerazioni d’individui sospetti che già erano stati arrestati altre volte.
Nella sera medesima, 13, presso via Condotti, fu ucciso un ex-vetturino, cognito col soprannome di albero bello. Questi era fratello di un agente di Polizia.
Si dice che costui ieri sera prestasse qualche servizio agli agenti di Polizia, nelle carcerazioni che furono fatte per il Corso.
Molti furono i perquisiti. Verso la piazza del Popolo una comitiva fu similmente perquisita e tosto gli individui che la componevano furono carcerati. Il popolo cominciò ad affollarsi, e presso Montecitorio già si era formata una massa di circa 300 persone, che fu dispersa dalla forza armata, senza inconvenienti.
Dicesi, per Roma, che il dì 17 si porrà la città nuovamente in stato d’assedio.
16. — La persecuzione demagogica ai fumatori non si è punto rallentata.
Quella dei bastoni pare che abbia sofferto qualche variante, imperciocchè i repubblicani che sono noti li portano pubblicamente.
È stata affissa, per le cantonate, una caricatura sulla legge dei bastoni. Essa rappresenta il generale Gemeau a cavallo, in grande tenuta, circondato dal suo Stato Maggiore ed uffizialità che, rispettosamente, gli sottomettono fasci di bastoni requisiti, onde dalle sue stesse mani, per mezzo di un cerchio di ferro, sieno verificati se di giusta misura o veramente in contravvenzione alla legge.
Vi sono poi alcuni birbaccioni, con fascetti di piccolissime canne d’india, che implorano il permesso di poterli vendere ad un bajocco l’una.
Si sente dire che i repubblicani facciano circolare un figurino sul quale modellare il loro vestiario. Desso sarebbe veramente democratico. Cappello di paglia ordinario, del valore di cinque bajocchi, paletot, saia ordinaria romanesca, calzone di canevaccio, romanesco, scarpe ordinarie con grossi chiodi4.
Oltre alla proibizione del giuoco del lotto, già si va partecipando che deve unirsi l’astinenza dai gelati onde pregiudicare il Governo nell’appalto della neve.
La notificazione del cardinale Antonelli, pubblicata questa mattina sul fumare, fu insultata in varii modi indecenti.
La Polizia romana era nell’intendimento di imitare la punizione degli Austriaci coi perturbatori pel fumo, cioè di dare pubblici cavalletti, ossia legnate. La Polizia francese vi si oppose.
Si sente vociferare che lo stesso inconveniente si paleserà anche a Napoli.
17. — I seguaci mazziniani, appena conosciuto l’arresto del Perozzi, possessore delle 50 polizze del prestito nazionale italiano5, cadute in mano del Governo pontificio, si affrettarono a partecipare privatamente tale infortunio e stamparono, per migliore comodità ed effetto, un diffidamento perchè alcuno non acquistasse tali cartelle, citando i numeri progressivi delle medesime.
Ecco l’avviso:
- «Associazione Nazionale Italiana
» Il Comitato Centrale degli Stati Romani rende noto a chiunque, che le 50 polizze da 25 franchi del prestito nazionale italiano cadute in mano dell’intruso Governo Antonelli-Mastai, delle quali è fatta menzione nel Giornale di Roma del lunedi 10 corrente, sono contrassegnate colla lettera A e coi numeri 9700 a 9749 inclusivamente. E intende, con questo avviso di diffidare coloro, cui venisse offerto l’acquisto di alcuna di quelle polizze per fini di spionaggio o di truffa. Ordina quindi agli associati di divulgare questa diffidazione con tutti i mezzi possibili anche fuori del centro dell’Associazione.
- »Roma, 12 marzo 1851.»
19. — I demagoghi si adoperano, energicamente, ad insinuare ai dilettanti del giuoco del lotto perchè abbandonino un tale vizio anti-economico. Non trovando forse la desiderata obbedienza, ricorsero alle minaccie. Infatti, nella mattina dei 15, fu trovato scritto in varie prenditorie: «Chi entra non esce». A questo si aggiunse qualche insulto verbale ai giuocatori, di modo che alcune prenditorie chiesero piantoni di carabinieri onde garantirsi.
Nella sera dei 16, presso Ripetta, fu bastonato un individuo che fumava. Ne rimase assai malconcio e fu condotto all’ospedale di S. Giacomo. Si assicura che il generale Gemeau ha diramato un ordine del giorno col quale permette ai suoi soldati di adoperare liberamente le armi in qualunque caso di rissa e insulti.
Ieri si fecero varii arresti e molte perquisizioni personali per il Corso. Tra i carcerati ve ne sono alcuni gravemente sospetti dell’uccisione commessa in via Condotti, nella sera dei 13.
Sono stati richiamati in Roma, da Civitavecchia, come rinforzo, il 32° francese di linea e varie altre centinaia di Francesi che sono sparsi nei vicini castelli.
La Polizia ha incominciato, con molta alacrità, le perquisizioni domiciliari nelle case più sospette.
Questa notte si perquisì, accuratamente, l’abitazione di Bartolomeo Polverosi, dell’avv. Petrocchi e varie altre.
Ieri si è sparsa voce che, dietro insulti fatti in Trastevere ai fumatori, avrebbe avuto luogo una dimostrazione per il Corso con sigari.
Si assicura, da molti, che ieri l’altro si sono trovati per il Tevere due cadaveri di soldati francesi.
Si dice che Mazzini abbia partecipato ai suoi emissari in Roma che la dimostrazione del non fumare, avendo raggiunto bastantemente il suo scopo politico, resta in loro libertà di riabbracciare l’abitudine.
23. — Ai 19 si fecero varie altre carcerazioni e molte perquisizioni personali e domiciliari, avendo la Polizia avuto sentore della promulgazione di qualche scritto o stampa clandestina. Però l’audacia dei repubblicani fu tale che, nello stesso giorno, affissero, in qualche pubblica contrada, e sparsero per Roma, una stampa, sottoscritta dal Comitato centrale degli Stati Romani, contenente un ringraziamento alla propaganda rivoluzionaria per l’esatto adempimento alle istruzioni del non fumare.
Nello stesso giorno fu diramato un indirizzo alla armata francese col quale si espongono le mene degli anti-repubblicani per tenerla sempre più divisa dalle simpatie del popolo romano e da quei principii politici che vorrebbero comuni.
Si pubblicò anche un terzo foglio, stampato, intitolato: «Le prigioni del 1851». Esso espone il trattamento dei detenuti politici che, a dir loro, è tale d’aver tolto già a sei ex-finanzieri la vita, ad altri il senno.
26. — Ultimamente fu inviato al generale Gemeau un canestro di mele col motto romanesco: «I Romani daran sempre di tali frutti al bravo generale».
N. B. Dar le mele in romanesco equivale a dar le busse.
30. — In Roma si osserva ancora l’astinenza dal fumo che, per lo innanzi, era un’abitudine quasi generale.
Presso il tribunale della S. Consulta pendono altre condanne per i suddetti titoli.
2 Giugno. — Ultimamente parti da Roma un distaccamento di linea pontificia alla volta di Rieti.
Soldati ed uffiziali si astennero dal fumare ed impedirono ai cittadini un tale uso.
Monsignor Delegato inviò alla segreteria forti lagnanze sopra una tale dimostrazione politica, che produsse non lieve incoraggiamento ai faziosi.
16. — Marco Evangelisti, cancelliere della Sacra Consulta, ieri sera, circa le 9 pomeridiane, mentre si recava in casa Lezzani (presso la Pedacchia), fu investito da un assassino con uno stile che lo ferì nel basso ventre con pericolo di vita. Egli lo inseguì per varii passi; ma dovette abbandonarlo stante la ferita che ne aveva riportato. Riferì che l’assalitore era in abiti decenti e piccolo di statura.
17. — Alle ore 7 antimeridiane di questo stesso giorno cessò di vivere Marco Evangelisti, cancelliere del tribunale della S. Consulta, in seguito alla ferita riportata proditoriamente nella sera dei 16 corrente. Una tale perdita fu sentita generalmente.
Nel giorno 15 fu ferito gravemente, con una selciata nella testa, il maresciallo Scoponi dei carabinieri.
Al libraio Bonifazi è stata mandata una lettera anonima con la quale gli si annunzia che «La mano che non seppe dirigere l’incendio al suo negozio, non fallirà adoperando il pugnale».
20. — Ai 17 fu l’anniversario della creazione del Sommo Pontefice. Si osservò, con dispiacere, che la sera non si fece alcuna illuminazione.
26. — Nulla di sicuro la Polizia scoperse sull’assassinio di Marco Evangelisti. Generalmente l’uccisione si riferisce a vendetta politica e settaria. A conferma di questo, basti conoscere che a Genova e Livorno si parlava di assassinii in Roma prima, che questi fossero avvenuti. Anzi, si designavano al pugnale varii individui fra’ quali l’ucciso Evangelisti, Monsignor Rufini, Monsignor Matteucci, Dandini, l’assessore di Polizia ed altro individuo che s’ignora.
5 Luglio. — Pasquino disse a Marforio che era stato ucciso un Evangelista. Questi gli domandò quale fosse stato di essi e n’ebbe in risposta che era Marco. Allora soggiunse che era meglio si fosse incominciato da Giovanni6.
14. — Nella sera dell’11 fu incendiata una bomba sotto l’abitazione di monsignor Tizzani, il quale, ultimamente, aveva dato gli esercizii ai detenuti politici. Forse il pravo disegno era quello di rovinare il piccolo casamento dove egli abita. Si erano, contemporaneamente, affissi degli avvisi sacri con cui s’invitavano i fedeli che volessero venerare le ossa di monsignor Tizzani a recarsi nella piazza delle Filippine (luogo di sua abitazione).
Fortunatamente, la bomba restò fuori del sottoscala dove si voleva farla scoppiare, per impedimento di alcune traverse di legno, e cosi, tranne la fortissima esplosione che cagionò guasti alle finestre, nulla vi fu a deplorare.
15 Settembre. — Nella sera del giorno 9, circa le ore 8, un veterano, guardiano a piazza Navona, scoperse, in un canestro presso l’obelisco, un cannoncino di legno, cerchiato di ferro, contenente quattro libbre di polvere con molte palle di fucile, teste di chiodi, pezzi di vetro, con la miccia accesa che, fortunatamente, fece in tempo a spegnere. Il cannoncino era diretto verso la drogheria Mencacci Lenti, posta sull’angolo della via che conduce alla pace, dove erano radunati, secondo il solito, circa 10 individui aventi fama di anti-liberali fanatici.
Si fecero alcune carcerazioni di garzoni e frequentatori del caffè alla Chiesa Nuova, dove sogliono radunarsi varii repubblicani.
13 Novembre. — Questa mattina si trovarono affissi in Roma manifesti rivoluzionari, che si conosceva essere stati stampati nella notte precedente.
Circola per Roma e per lo Stato un foglio clandestino del Comitato nazionale italiano, datato da Londra, 30 settembre 1851, e sottoscritto, pel Comitato Nazionale, da Mazzini, Saffi, Montecchi, e dai segretari Agostini e Quadrio.
Esso non è che un rendiconto sommario delle condizioni nelle quali trovasi il lavoro di concentramento organico.
Denuncia prossima ed infallibile la crisi, come la giustizia di Dio.
Vanta l’accordo positivo esistente in Francia, Spagna, Germania, Ungheria, Polonia, Vienna e in tutta Italia; ed il primo popolo che si leverà contro i proprii oppressori sarà l’antiguardo della battaglia europea e della rivoluzione repubblicana unitaria.
Partecipa, infine, che Giuseppe Sirtori, per dissenso grave sul sistema politico, non fa più parte del Comitato, e che Aurelio Saliceti, costretto da motivi individuali ad allontanarsi, rimane però consenziente nei principii ed amico.
N. B. I caratteri della stampa sono romani e di fresca impressione; la carta è similmente romanesca.
22 dicembre . — Alcuni giorni addietro, in un caffè avanti il teatro Valle, furono arrestati sei individui, latori di molti esemplari di scritti incendiarii e pronti ad affiggersi.
Note
- ↑ Autore di questo quadro fu Filippo Vittori, morto da pochi anni.
- ↑ Di questo Comitato, e di questo documento storico, abbiamo parlato nella parte storica del presente lavoro.
- ↑ Questi fatti, anzichè ai liberali, vanno attribuiti agli impiegati di polizia e alla squadra di Gennaraccio, che volevano far degenerare in disordine ogni tranquilla dimostrazione del popolo romano.
- ↑ Qui il Roncalli non è esatto. I liberali romani volevano, allora, come avevano già fatto nel 1848, vestirsi di panni e velluti nazionali.
- ↑ È il prestito mazziniano, di cui il Roncalli ha parlato prima.
- ↑ Il lettore ricorda che Giovanni era il nome del pontefice.
- Testi in cui è citato Giuseppe Mazzini
- Testi in cui è citato Giuseppe Sirtori
- Testi in cui è citato Aurelio Saffi
- Testi in cui è citato Aurelio Saliceti
- Testi in cui è citato Mattia Montecchi
- Testi in cui è citato Cesare Agostini
- Testi in cui è citato Luciano Manara
- Testi in cui è citato Giacomo Antonelli
- Testi in cui è citato Antonio Francesco Orioli
- Pagine con link a Wikipedia
- Testi in cui è citato Rinaldo Petrocchi
- Testi SAL 75%