Discorsi, e lettere/Discorso intorno allo Spirito delle Donne
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Discorso intorno allo Spirito delle Donne.
Là dove hanno gli Eroi sede immortale |
Per la qual cosa a misura anch’io della picciola mia capacità studierommi in questo giorno, se non d’onorare, come il merito richiede, la mia schiera donnesca, almeno di non farle disonore acciocchè biecamente in alcun tempo a riguardare essa non n’abbia. Anzi affinchè il mondo tutto sappia, quanto la medesima io stimi, e pregi, intendo brevemente, e ’l meglio, che per me si potrà, ragionare intorno a quella cosa, che nella Donna Spirito si chiama. Ora dunque godendo io l’onore di presiedervi in questo per me fortunato giorno, darò senza mezzo al mio ragionamento principio. Bene spesso udimmo da questo e quel giovane adorator del nostro sesso per le civili adunanze narrar le prodezze di spirito di quella sua Donna, ch’egli onora, anzi idolatra, ovvero di Fillide, o Nice cotanto al suo leale amico gradita: ed altresì alcuno vedemmo, che totalmente a’ detti suoi opponendosi godeva dire questa, nè quella non aver ombra di spirito. Per la qual seconda opinione totalmente diversa dalla prima pur troppo dagli astanti a spalle altrui di grandi risate si fanno ponendo in canzone gli appassionati giudici. Che però hommi posto in cuore di voler questo Spirito osservare in che consista veramente, ed a ciò fare parecchi Autori ho scorsi, i quali delle Donne o le laudi, od altre cose impresero a dire, e tra’ quali Messer Angelo Firenzuola Avvocato nostro graziosissimo, che diffusamente intorno alle bellezze delle Donne dialoghizza, non poco ho considerato; sebbene fatto non mi venne di udire parola intorno a sì fatto Spirito. Ma siccome lo Spirito è una cosa propria dell’Animo soltanto, e non del corpo, maraviglia non è, se punto nè poco di ciò udj farne menzione. Facciamci perciò noi da noi attentamente a disaminare questo attributo secondo il comun grido a taluna del nostro sesso dagli uomini dato. Moltissimi, anzi la più parte, dicono spiritosa una Donna, che la persona maestosamente presenta, che gli occhi vivaci aggraziatamente intorno gira, e che di parole abbonda. Altri poi in diversa opinion tratti pensano esser soltanto spiritosa quella, che giungendo alla compostezza del volto, e della persona tutta, gli atti umili, e le parole scarse, sempre colla temenza di errare in tutte le cose sue, molto riguardata conversa. Finalmente evvi eziandio taluno, che ripone lo Spirito in colei, che di raro talento dal Cielo fornita, aliena da passatempi oziosi, se ne vive unicamente dedita a coltivar le lettere. Ora diamo una scorsa d’occhio intorno alla prima opinione, e veggiamo di grazia, se vi fosse per avventura che dire. Quel maestoso portamento altro non è, che leggiadria, siccome pure quel grazioso sguardo: laonde e questo e quello son nella Donna Nobile assaissimo degni di commendazione. Non già per tal modo dovremo noi giudicar del soverchio parlare, poichè questo, ove ben regolato non venga, in bocca di femmina degenera in ciarleria, e questa ciarleria non può non pregiudicare al decoro, che a quella s’appartien mantenere, e che nello stesso tempo dee buoni effetti produrre nelle civili conversazioni; avvegnachè non sempre di cose utili, o indifferenti, lunghi discorsi abbiam noi campo di tenere. E qui non accade, che alcun ponga in dubbio, che dalla troppa loquacità tristi effetti non sogliano derivare. Da questa gli odj, e le dissensioni tutto dì veggonsi prodotte: da questa la maldicenza prende vita; e finalmente per questa sola il miglior tempo in ozio vile, e pernizioso si getta. Il perchè conchiudo, non doversi commendare quella Donna cotanto ciarliera, anzi più della mala ventura stessa dovremmo noi fuggirla, giacchè vox vox di lei non a torto si può dire prætereaque nihil. Al presente passando noi alla seconda classe di Donne chiamate spiritose, egli non si può negare, che quella compostezza del volto, e della persona tutta, quel parlar iscarso, e quella temenza di errare unite all’umiltà, doti veramente tutte non sieno, le quali perfettamente arrivino a formare una Donna saggia, e prudente, come al gentil Petrarca piacque della sua Laura cantare:
Questa leggiadra, e gloriosa Donna, |
Finalmente venghiamo alla terza sfera chiamata pure spiritosa, ed osserviamo alternamente, se il giudice cortese si ha tutta la ragione di appellarla con tal nome. L’essere, o non l’essere una Donna dal sommo Facitore di raro talento ornata, virtù della medesima, o vizio non può chiamarsi, ma il coltivare questo, ovvero trascurarlo ben sarà sua colpa, o valore. Il perchè essendo cosa questa all’animo attinente di gran lunga più che le anzidette, se questo talento, ove per se manchevole sia, ovvero abbondante, verrà accarezzato, ed abbellito per via della buona volontà alla fatica inclinata, allora la nostra Donna si può spiritosa non a torto chiamare; imperocchè vuolci coraggio a spianare gli ostacoli, che la fatica di rigido aspetto pur troppo a danno nostro innanzi gli occhi dell’intelletto ci oppone; ed il coraggio d’altro fonte non deriva, che da uno spirito non sonnacchioso, non pigro, non vile, ma risvegliato, pronto, ed operoso: in somma da un vero spirito atto a qualsivoglia ardua impresa. Non per questo, valorosi Messeri, io conchiudo potersi, o doversi chiamare unicamente Donna di spirito quella, che il proprio talento dirozza, e coltiva; ma affinchè degna veramente ella si renda d’ottenere il grido di spiritosa, penso ornarla di tre cose, senza le quali tutte io mi starei ancora in forse, se a buona equità le si potesse convenire il suddetto attributo. Adunque leggiadra, saggia, e dotta quella Donna è duopo che sia, la quale secondo noi dovrà in faccia del mondo far sua luminosa comparsa in genere di spirito; sebbene a mio giudizio questo spirito essendo cosa propria dell’animo, non altro mi persuade, come agli andamenti del corpo adattar eziandio si possa, se non se in quanto dal perfetto ordine armonico tenuto dal medesimo nelle sue mozioni probabile si fa il dedurne, che quanto aggraziato, e regolato esso sia, altrettanto degna e bell’Anima entro se racchiuda; e passiamo alla leggiadria.
Questa, dice il Firenzuola2, non è altro, come vogliono alcuni, e secondochè mostra la forza del vocabolo, che una osservanza della tacita legge, data, e promulgata dalla natura a voi, Donne, nel muovere, e portare, e adoperare così tutta la persona insieme, come le membra particolari, con grazia, con modestia, con gentilezza, con misura, con garbo, in guisa che nessun movimento, nessuna azione sia senza regola, senza modo, senza misura, e senza disegno: ma come ci sforza questa tacita legge, affettata, composta, regolata, graziosa; la quale perciocchè non è scritta altrove, che in un certo giudizio naturale, che di se nè sa, nè può render ragione, se non che così vuol natura, ho voluto tacita nominare. La qual Legge nondimeno, perciocchè nè i libri la possono insegnare, nè la consuetudine la sa mostrare; non è osservata comunemente da tutte le belle; anzi se ne veggiono tutto il dì molte di loro tanto sgarbate, tanto attose, che par pure un fastidio a vederle. Fino qui il nostro Amico, e difensore, ed io m’acqueto a’ suoi detti, passando intanto alla saviezza.
Di questa un modello ce ne rappresenta il non men Filosofo, che gentil Cantore di Madonna Laura in quella sagra sua Canzone alla Madre di Dio, che incomincia, Vergine bella ec. nella seconda stanza:
Vergine saggia, e del bel numer una |
Non per odio d’altrui, nè per disprezzo (Petrarca), ma piuttosto da temenza di errare derivante, la quale non di soverchio nè con affettazione usata, pur troppo nella Donna nobile viene dagli uomini di senno a cielo pregiata. Il Castiglione intorno alla sua Donna di Palazzo ragiona per tal modo: Parmi convenirsi sopra ogni altra cosa una certa affabilità piacevole, per la qual sappia gentilmente intertenere ogni sorte d’uomo con ragionamenti grati, ed onesti, ed accomodati al tempo, e loco, e alla qualità di quella persona, con cui parlerà, accompagnando coi costumi placidi, e modesti, e con quella onestà, che sempre ha da componer tutte le sue azioni, una pronta vivacità d’ingegno, donde si mostri aliena d’ogni grosseria, ma con tal maniera di bontà, che si faccia estimar non men pudica, prudente, ed umana, che piacevole, arguta, e discreta; e però le bisogna tener una certa mediocrità difficile, e quasi composta di cose contrarie, e giungere a certi termini appunto, ma non passarli. Quanto è alla Saviezza adunque bastivi il fin qui detto, perciocchè il nostro Castiglione tanto maestrevolmente ci dipinge il regolamento d’una Donna saggia, che più là non ci rimane a disiderare, e venghiamo alla terza prerogativa, della quale intendo voler la mia spiritosa Donna ornata, ch’è la dottrina.
Per questa dottrina primieramente intenderemo noi l’erudizione, e simili. Erudito sarà per tanto colui, ch’è intendente di belle lettere: e tale appunto alla mia Donna aspetta essere, non mica perchè ella debba montare in bigoncia a perorare, come le Donne Romane, e le Ateniesi anticamente usavano, secondo che la Storia ne riferisce, e come da Cicerone si ricava, il quale spesse fiate da non poca meraviglia fu preso udendo quanto elegantemente, e con quale forza le medesime favellavano; ma acciocchè per via delle suddette lettere giunga la mia spiritosa Donna a conoscere se medesima, moderando le proprie passioni, che a guisa dell’infruttuosa edera di soverchio intorno al misero animo abbarbicandosi fanno alla nascente virtù aspra guerra mortale, di modo che le più volte sotto le ruine di queste oppressa, e quasi morta del tutto, di giacere è costretta. Altro vantaggio non inferiore al primo la mia Donna saprà ritrarre dalla tintura delle umane lettere, e sarà quello dell’abbellire l’animo suo, intorno cui ogni studio si dovrebbe porre a fine di comparire innanzi a’ dotti, se non dotta, almeno non del tutto ignorante, che è quanto a dire sapersi il fatto suo, e ragionare con acume, con grazia, e vivacità. Quindi io stimo poter conchiudere, che qualor una Donna giunga a possedere la leggiadria, la saviezza, e la dottrina, in quella guisa ch’io debilmente, e senza elegante pennello ho procurato dipingere alla mente vostra, debba la medesima veramente spiritosa esser chiamata. Ma poichè la taccia di severa io non arrivi a meritarmi, valorosi Messeri, leggiadrissime Donne, se quella Donna ornata soltanto di queste prerogative spiritosa io dissi, non è perciò ch’io intenda levare il merito a tant’altre, che quantunque non erudite, pure cotanto leggiadre, graziose, e belle sono, e a tale, che nel loro genere fanno lodevolissima comparsa. Non intendo, dico, di escludere dal chiaro ruolo di quelle, che questo attributo di spiritose si meritano con tutte quelle precise idee, che a costruire il medesimo attributo concorrono, coloro, le quali anche di qualche suaccennata attinenza andassero mancanti, bastando solo, ch’elleno ne posseggano la maggior parte, o tutte in minor grado, o alcuna con distinto pregio: imperocchè alcuna Donna potrà dappoi dirsi spiritosa più o meno perfettamente rispetto a un’altra, la quale di sì belle qualità si trovasse fornita.
Note
- ↑ Apologia in favor delle Donne studiose contro il discorso di G. A. Volpi, scritta da Aretofila Sarini ec. Vedi Raccolta intitolata, Discorsi Accademici intorno agli studj delle Donne recitati nell’Accademia de’ Ricovrati. Padova 1729.
- ↑ Dialogo sopra la Bellezza delle Donne.
- Testi in cui è citato Benedetto Menzini
- Testi in cui è citato Agnolo Firenzuola
- Testi in cui è citato Francesco Petrarca
- Testi in cui è citato il testo Canzoniere (Rerum vulgarium fragmenta)
- Testi in cui è citato Baldassarre Castiglione
- Testi in cui è citato Marco Tullio Cicerone
- Testi in cui è citato Giovanni Antonio Volpi
- Testi in cui è citato Aretafila Savini de' Rossi
- Testi SAL 100%