Due ducati d'oro di Maccagno

Da Wikisource.
(Reindirizzamento da Due ducati d’oro di Maccagno)
Ercole Gnecchi

1891 Indice:Rivista italiana di numismatica 1891.djvu Rivista italiana di numismatica 1891

Due ducati d’oro di Maccagno Intestazione 7 ottobre 2011 75% Numismatica

Questo testo fa parte della rivista Rivista italiana di numismatica 1891
Questo testo fa parte della serie Appunti di numismatica italiana


[p. 377 modifica]

IV.


DUE DUCATI D’ORO DI MACCAGNO.


Avevo appena terminato il piccolo Appunto precedente su di un Tallero di Maccagno quando il caso mi fece trovare due monete d’oro della stessa officina. Anche queste sono contraffazioni di una moneta creata delle Repubbliche confederate dei Paesi Bassi, il Ducato d’oro1. Una di esse porta inciso a chiare lettere il nome dalla zecca e del suo autore; l’altra è anonima, e solo per la grande analogia del tipo e della leggenda, come dirò, si può, fino a prova contraria, attribuire a Maccagno.

[p. 378 modifica]Incominciando dalla prima, di attribuzione sicura, eccone la descrizione:



Peso gr. 3,420.
D/ — In un quadrato ornato di fregi, in quattro righe: MON • ORD - IAC • MAND - INF • MAC — R C CO V • I • P •
R/VIRTVS • VNITA • FORTIOR • EST •

Guerriero armato e galeato volto a destra. Tiene nella destra impugnata la spada e nella sinistra un fascio di spighe. Nel campo, ai suoi lati, la data 16 — 23

Il peso di questo ducato è un poco inferiore a quello del ducato olandese che doveva essere di gr. 3.493 (Vedi, nota 1). Il titolo poi, giudicato all’assaggio della pietra, non raggiunge neppure i 700 millesimi di fino ed è quindi ben lontano da quello della moneta imitata, la quale, come nei ducati di Ungheria e di Germania, conteneva 983 millesimi di fino.

In questa moneta il Mandelli non copiò cosi servilmente, come nel tallero, la moneta prototipa. Il dritto si presenta all’occhio perfettamente uguale a quello della moneta imitata, ma dopo le parole MON • ORD, che, al pari delle altre MON • AVR, troviamo spesso sul ducato olandese, seguono in modo abbastanza chiaro, il nome e i titoli del Mandelli. IAC(obi) MAN(delli) INF(erioris) MAC(hanei) R(egalis) C(uriae) CO(mitis) V(icarii) I(mperii) P(erpetui).

La rappresentazione del rovescio è uguale a [p. 379 modifica]quella del ducato olandese, ma al motto usuale di quella moneta: CONCORDIA • RES • PARVÆ • CRESC(unt), fu sostituita l’altra che ha un senso analogo: VIRTVS • VNITA • FORTIOR • EST •

Del resto il Mandelli, imitando il ducato olandese, non aveva fatto che seguire l’esempio di molti altri principi italiani contemporanei, famosi per le più spudorate contraffazioni. Già prima di lui, ossia nel 1609, Camillo e Fabrizio d’Austria, conti di Correggio, avevano in quella loro zecca copiato quel tipo2, Poco tempo dopo, ossia nel 1612, Agostino Spinola coniava nella sua zecca di Tassarolo un simile ducato3, e lo stesso faceva Scipione Gonzaga nell’officina di Bozzolo4. Più tardi, ossia nel 1686, imitava quella moneta Antonio Gaetano Trivulzio coniando a Retegno il ducato5 e il doppio ducato.

Del resto, se pochi furono i principi italiani che copiarono esattamente il ducato delle sette Provincie, molti altri contraffecero di preferenza il tipo più antico, propriamente detto ungarico, oppure quello adottato da alcune città libere della Germania. Tutti poi s’accordarono mirabilmente sulla frode del titolo, talché non si trova una sola di queste contraffazioni italiane che si avvicini alla bontà dei ducati ed ungari imitati.

[p. 380 modifica] Infatti troviamo spesso nei bandi e nelle gride del tempo, queste monete continuamente ridotte di valore, e poi mano mano bandite completamente dal commercio, colla minaccia di pene severissime ai loro fabbricatori e detentori.

Ecco ora la descrizione dell’altro ducato, di cui ho fatto cenno testé:



Peso gr. 3,320.
D/ — In un quadrato ornato di fregi, in quattro righe :

NON • TIM(eo) — MALA • QVI(a) — TV • DOMI(ne) — MECVM ES •

R/VIRTVS • VNITA FORTIOR • ES •

Guerriero armato e galeato, volto a destra. Tiene nella destra impugnata la spada, e nella sinistra un fascio di spighe.

Il tipo di questo ducato anonimo è identico a quello del ducato di Maccagno sopradescritto. Alla leggenda del dritto, che conteneva il nome del Mandelli e quello della zecca , fu sostituito un motto; nel rovescio, furono conservate la rappresentazione e la leggenda ; fu però omessa la data , e ciò forse per togliere ogni traccia, che potesse dar qualche indizio sulla provenienza della moneta.

I due motti, che noi vediamo su questo ducato, non sono nuovi nelle monete italiane contraffatte a tipi esteri, D. Promis, nella sua bella monografia [p. 381 modifica]sulle Monete di Dezana6, pubblica un ongaro anonimo, il quale contiene appunto, disposti nello stesso modo, i due motti del nostro ducato. La sola differenza sta nel guerriero, il quale non ha il fascio di spighe, e tiene colla sinistra la spada appoggiata in terra a guisa di bastone. L’autore attribuisce questo ongaro a Carlo Giuseppe Tizzone, perché questi coniò un ongaro di tipo identico e di sicura attribuzione7.

Per la medesima ragione di analogia io propongo di attribuire questo mio ducato anonimo a Giacomo III Mandelli.

Senza dubbio questi due ducati sono fattura dello stesso incisore, tanto si assomigliano fra di loro nei caratteri, nel disegno della figura, e nei fregi che ornano il quadrato. Anche la bontà di questo ducato anonimo, assaggiato alla pietra, corrisponde perfettamente a quello dell’altro anzidescritto. Probabilmente il Mandelli, dopo aver coniato il primo ducato che porta chiaramente il suo nome, volendo continuare nella sua vergognosa speculazione, e assicurarsi in pari tempo l’impunità, avrà pensato, come [p. 382 modifica]tanti altri, di coniare lo stesso tipo, togliendovi tutto quello che potesse fame conoscere l’autore, e cosi battè questo ducato mancante di data e d’ogni altra indicazione. Io ritengo pertanto che si possa mantenere l’attribuzione di questo ducato anonimo alla zecca di Maccagno, e ciò finché fosse altrimenti dimostrato dalla scoperta di qualche nuovo documento.


Note

  1. Un decreto delle sette provincie olandesi, in data 4 agosto 1586, dice: «per facilitare il commercio ed il traffico dei nostri mercanti con nazioni straniere, specialmente con quelle del Santo Impero (Germania), della Svezia, della Danimarca e delle città del Baltico, è necessario far coniare un tallero ed un ducato perchè i commercianti ne hanno bisogno negli affari loro. Perciò ordiniamo che nelle zecche sopradette (quelle delle 7 Provincie) siano battuti ..... e un ducato di peso e di bontà uguali a quelli del Santo Impero, e che avrà corso come questi, per 3 fiorini e 9 stuivers (3 8/20 fiorini olandesi) Questi ducati porteranno gli stemmi, le figure e le leggende come il disegno posto sotto questo documento.»

    Questo disegno ci rappresenta un ducato di tipo identico al nostro di Maccagno. — Nel dritto il guerriero colla spada e col fascio delle spighe e la leggenda: concordia . res . parvæ . cres . hol. Nel rovescio, entro un quadrato e in cinque righe, la leggenda : mo . avr — provin — confoe — belg . ad — leg . imp — Il peso di questa moneta era fissato a 2 engels e 9 1/7 azen, ossia gr. 3,493; la bontà a 23 carati e 7 grani, ossia 983 millesimi.

    Il suo valore che, come vedemmo, era in origine fissato a 3 fiorini e 8 stuivers, aumentò progressivamente fino a 5 fiorini e 14 stuivers. All’epoca del nostro ducato di Maccagno (1623) valeva circa 4 fiorini e 4 stuivers.

  2. Bigi Quirino, Di Camillo e Siro di Correggio e della loro zecca. Modena 1870: in 4. Pag. 62, n. 8; tav. II, 8.
  3. Olivieri A., Monete e medaglie degli Spinola di Tassarolo, Ronco, Roccaforte, Arquata e Vergagni che serbansi nella R. Università e in altre collezioni di Genova. Ivi 1860, in 4. Pag. 89-90, tav. III, 2.
  4. Zanetti G. A., Nuova raccolta delle monete e zecche d’ Italia. Tomo III, pag. 178. — Promis D., Monete di zecche italiane inedite. Torino 1868 in 4. Pag. 10-11, tav. I, 6.
  5. Gnecchi F. e E., Le monete dei Trivulzio. Milano, 1887, in 4, Pag. 37, tav. VII, 4.
  6. D. Promis, Monete della zecca di Dezana. Torino, 1863, in 8° Pag. 67, tav. VIII, 2.
  7. Ecco i due ongari pubblicati dal Promis, alla tav. VIII dell’opera citata, e da lui attribuiti al Tizzone. Il primo appartiene indubbiamente al Tizzone; l’altro è perfettamente anonimo.