Vai al contenuto

Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 75

Da Wikisource.
Lettera 74 Lettera 76

[p. 197 modifica]liJ7 r A frate Niccolò di Kanui delI’Ordine di Monte Oliveto, ed a D. Pietro di Giovanni di Viva, monaco della Certosa a Haggiano presso a Siena (^)I.

L’esorta alla virtù della perseveranza, mostrando come per acquistarla è necessario spogliarsi di ogni amor proprio, e vestirsi deila vera carità.

II. Lo consiglia a dimcrticarsi dei parenti, del mondo e della propria Yolontà, osservando la santa obedienza, per lo che dimostra esser necessario conoscere col lume della santa fede la pravità del peccato nella morte di Gesù Cristo, con cbe veniamo in odio della propria sensualità.

III. Come da ciò pervenga l’anima a) vero amore, ed a perfezionarsi contro le tentazion e molestie, onde l’esorta a sopportare virilmente lotte l’ingiurie, e villanie, e tentazioui con fortezza, ed umile oraziore, esseudo stato chiamato alla perfezione, e quanto sia utile scoprire ogni cattivo peu-, t’icro che ci viene in mente al nostro padre spirituale.

$lxtUt& 75* Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

I. Ilarissimo Figliuolo in Cristo dolce Jesù. Io Catarina, serva e schiava de’servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nei prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi costante e perseverante nel santo e vero proponimento che avete fatto nel cuore e nella mente vostra, cioè di servire a Dio in verità dell Ordine santo, perocché’ senza la perseveranzia non ricevereste il frutto delle [p. 198 modifica]vostre fùtiche, perocché solo la perseveranzia è quella che è coronata. Sicché vedete che questa gloriosa virtù della perseveranzia c’è di gran necessità. Poi dunque che ella c’ è di cosi grande bisogno, in che modo là potiamo avere? dicovelo. Ogni virtù ha vita dall’affetto della carità, e senza la carità, perché vi fusse l’atto della virtù, non ne riceverebbe l’anima frutto di grazia.

Convienci dunque per affetto d’ amore acquistare le virtù, ma all’amore vero non si può venire, che il cuore e l’affetto non sia spogliato dell’ amore proprio di sè, il quale amore proprio e tenerezza che l’uomo ha alla propria passione sensitiva, tolle la’vita della grazia, ed offusca il lume dell’intelletto, il quale drittamente è una nuvola posta sopra la pupilla del lume della santissima fede (B) e perde il gusto del santo desiderio; unde la virtù che prima gli pareva buona, e dilettavasi di vederla nelli uomini virtuosi, e per sè la cercava in Cristo crocifisso, venuto che elli è a questo amore proprio, gli pare tutto il contrario, e fallo debole e timoroso, e l’ombra sua gli fa paura, e questa è la cagione che 1’ uomo non persevera in quello che elli ha cominciato, cioè mentre che la radice dell’amore proprio vive in lui, perocché non avendo il lume che già ha perduto, come detto è, va in tenebre, e non cognosce la verità, nè cognosce il difetto suo, e le grazie ed i doni di Dio, e’quali ha ricevuti dalla infinita sua bontà. Ma se elli avesse questo cognoscimento, non sarebbe debile ma forte, e perseverante, e non verrebbe meno per le inique e malvage tentazioni del dimonio, nè per molestia della propria fragilità, nò per le lusinghe del mondo, nè per le fatiche delI’Ordine; ma ogni cosa trapassarebbe con cuore virile e col lume della santissima fede.

II. Adunque, carissimo figliuolo, questo è il modo di venire a perfetta perseveranzia, cioè che voi vi spogliate il cuore e l’affetto d’ogni amore proprio di voi e d’ogni tenerezza del corpo vostro: fuggite il ri-* cordameli to del mondo, del padre o de’fratclli, suore [p. 199 modifica]l99 e parenti vostri, ricordateli per desiderio della salute loro con sante orazioni, ma con altra tenerezza, no.

Voi sapete che il nostro Salvatore dice; noi doviamo renunciare al padre ed alla madre, a suore e fratelli, ed a noi medesimi, cioè alla propria nostra volontà, se noi vogliamo essere degni di lui, perocché in altro modo non potremo. "N oi avete cominciato a renunziaie al mondo, ed alla propria vostra volontà, ed avete preso il giogo della vera obedienzia; a volerla dunque bene osservare e compire questo proponimento in fine alla morte, vi conviene ogni dì di nuovo renunziare al mondo ed a tutte le sue delizie. Ma attendete che la cosa che non si cognosce, non si può nè pigliare, nè lassare, e però c’è bisogno il lume della santissima fede, e con esso lume ponere dinanzi all’occhio del* l’intelletto vostro l’obietto di Cristo crocifisso, nel quale obietto cognoscerete quanto è grave la colpa del peccato mortale; la quale colpa si commette col disordinato amore e volontà che l’uomo piglia, o in sè medesimo, o nelle creature che hanno in sè ragione, o nelle cose create, e tanta è la gravezza del peccato mortale, che solo uno è sufficiente a mandare 1’ anima all’ inferno che dentro vi si trova legata. Tanto dispiacque a Dio e dispiace, che per punire il peccato di Adam, mandò il Verbo dell’unigenito suo Figliuolo, e volselo punire sopra il corpo suo, conciossiacosaché in lui non fasse veleno di peccato, nondimeno per satisfare alla colpa dell’uomo, e per non lassarla impunita, il punì sopra il Verbo dell’unigenito suo Figliuolo; unde Cristo benedetto fu nostra giustizia, e la giustizia e la pena che doveva portare l’uomo, la portò elli, e come innamoralo per compire l’obedienzia del padre, e la salute nostra corse all obrobriosa morte della santissima croce. Sicché bene vediamo in questo obietto del Verbo quanto è grave la colpa del peccato mortale. Vedendo dunque che elli è di tanta gravezza e tanto spiacevole a Dio l’anima che l’ha cognosciuto col lume della lede. l’odia e vienli a grande [p. 200 modifica]200 dispiacere, ed il peccato e la cagione del peccato; e perchè vede la legge perversa del corpo suo, e uno strumento che lo inchina a peccato, ed è una legge perversa che impugna contra allo ■ Spirito, però la ragione con libero arbitrio e con la santa e buona, volontà, si leva con odio e dispiacimento, macerando il corpo e la carne sua, ed occidendo la propria volontà col coltello della santa obedienzia, non ribellando mai all’Ordine nè al prelato suo, ma sempre persevera e debba perseverare con quello desiderio dell’obedienzia che elli v’entrò il primo dì, e con quello santo timore infino all’ ultimo della vita sua, esercitandosi la mente con umile e continua orazione, acciocché la mente non stia mai oziosa, ma sempre si vuole empire, o salmeggiando, pensando o levando la mente sua a Dio, ragunando in sè medesimo 1* affocata carità, la quale trova e vede nel sangue del Verbo del Figliuolo di Dio, perocché del sangue ci ha fatto bagno per lavare i nostri difetti. _..

III. E quando l’anima vede e pensa sè essere tanto amata da Dio, non può fare che non ami; amando, la mente pensa di quello che ella ama, e perchè senza amare non può vivere, e due amori contrarj insieme.

non possono stare, di bisogno sarà che sia spogliata del perverso amore e vestita di quello di Dio. Il cuore allora che non può fare chè non senta quello che ama, caccerà con santi pensieri le cogitazioni che il dimonio le volesse mandare nel cuore, e trovando il dimonio che il cuore arda nel fuoco della divina carità, non vi s’ accosterà molto se non come la mosca alla pignatta che bolle; ma se il dimouio trovasse tiepido e timoroso, elli v’entrarcbbe subito dentro con diversi, e laidi pensieri e fantasie. Doviamo adunque esercitarci acciocché non siamo trovali nò tiepidi, uè vóti, ma pieni di Dio per santo desiderio, meditando e pensando a’ dolci beneficj che abbiamo ricevuti da lui,- e se pure i pensieri venissero, perchè il dimonio 11011 dorme mai, ma sempre ci molesta, non doviamo però [p. 201 modifica]- 201 venire a tedio, nè a confusione di mente, ma resistere e guardare che la volontà non consenta; perocché non consentendo la volontà nè alle cogitazioni del dimonio, nè alla fragilità della carne, non offende, anco merita per la pena che elli porta, e per questo, se elli non si pone a sedere per negligenzia, nè venga a confusione, nè a tedio di mente, nè lassi lo esercizio dell’orazione, nè viene a vera e perfetta virtù, perocché nel tempo delle battaglie cognosce meglio sè e la sua fragilità, e la bontà di Dio in sè, vedendo che Dio per grazia gli conserva la buona e santa volontà, la quale volontà è sola quella che offende e merita. Sicché dunque vedete, che nel tempo delle grandi battaglie 1’ anima viene a maggiore perfezione, e provasi nella virtù. Poi voglio che voi crediate che Dio non . ci pone maggior peso che noi potiamo portare, anco ce li dà a misura, perocché elli è lo Dio nostro, che non vuole altro che la nostra santificazione. Adunque col lume della fede vi levate da ogni amore proprio, ed acciocché veniate a perfettissimo amore, vi ponete per obietto, come detto è, dinanzi all’occhio dell’intelletto vostro Cristo crocifisso e la ineffabile carità sua, la quale v’ha mostrata col sangue che elli ha sparto con tanto fuoco d’amore, acciocché col lume in questo dolce Verbo cognosciate la gravezza del peccato, e la propria vostra fragilità e la carità sua, nella quale carità amarete e cercarete la virtù, volendo sostenere ogni pena per potere acquistare virtù, ed amaretevi caritativamente col prossimo vostro, ed a questo vi dovete studiare, cioè d amare Dio in verità, ed il prossimo come voi medesimo, ed essere umile ed obedire con vera pazienzia, sostenendo pene, ingiurie, scherni e villanie, e le fatiche dell’Ordine, e le gravi obedienzie che vi fussero imposte dal prelato e le tentazioni dal dimonio, ed ogni cosa portare con vera persevcranzia infìno alla morte, e ricorrile nel tempo delle battaglie e delle fatiche con questo lume della fede santa ad abbracciare la santissima croce, ed ine [p. 202 modifica]202 con ferma speranza sperare nel sangue di Cristo crocifisso.

Ed io non dubito punto, die essendo voi umile, la quale umilila nolrica la carità nell’ anima ed obedienle con vera pazienzia, che in virtù di questo sangue voi averete vittoria de’nemici vostri, cioè del mondo, della carne e del dimonio, e lornarete con la vittoria alla città vostra di Jèrusalem, la quale è visione di pace, ma senza la forza e perseveranzia, la quale si perde per amore proprio, non vi tornareste mai: e però vi dissi, ch’io desideravo di vedervi costante e perseverante nel santo proponimento che fatto avete infino alla morte, e così vi prego, carissimo figliuolo, che facciale, poiché Dio vi ha falla tanta misericordia, ed il glorioso santo Niccolò (C) che v’ha tratto delle puzze del mondo e di tanta miserabile fatica nella quale voi eravate, e postovi nel giardino della santa religione a combattere contra i vizj, e la propria volontà per acquistare le virtù e per adempire la dolce volontà di Dio in voi. Combattete dunque virilmente, e non vollele il capo indietro con lo scudo e lume della fede, navicando col giogo della santa obedienzia, ed innanzi volere morire che ricalcitrare all’obedienzia santa: e se alcuna voi la alla sensualità li paresse (V) duro a portare, o che l’anima venisse alcuna volta a tedio per molli pensieri.che venissero nella mente, non sentendo la pace che vorrebbe, levatevi allora con vera umilia; riputandovi indegno della pace e quiete della mente, e degno di portare fatiche in qualunque modo Dio ve le concede, considerando le pene che il Figliuolo di Dio ha portate per noi, ed anco considerando le pene che portaste in servizio del dimonio. Direte allora a voi medesimo, come tu falsa sensualità portasti tanta pena, mentre che eri in tenebre del peccato mortale, molto maggiormente debbi portare ora per Cristo crocifisso nel tempo che Dio l’ha dato il lume; porta oggi dunque, anima mia, e domane farai quello cli

ti farà fare Dio: forse clic domane sarà terminata la vita tua,

[p. 203 modifica]203 e riceverai il frutto in virtù del sangue delle tue fatiche.

Per questo modo, cioè facendovi degno delle fatiche per amore di Cristo crocifisso, e per considerazione de’ difetti vostri, trapassante le fatiche e portarete il giogo di Cristo, che è dolce e suave, dando nell’ani ni a vostra l’ardore della sua inestimabile carità.

Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso, acciocché siate costante e perseveran-te, e compiate l’allegrezza dell’anima mia, la quale io ho avuta per la salute vostra, dell’ abito e giogo santo che avete preso dell’obedienzia, e pensate che intollerabile dolore mi sarebbe d’avere tratto uno figliuolo per la bontà di Dio dalle mani del dimonio, ed io vedesse che voi non perseveraste e non fuste specchio di religione con vera umilità cd obedienzia, e però vi prego, comando quanto ìo so e posso, che voi non volliate il capo indietro a mirare l’aratro: ma andiate innanzi senza alcuno timore servile, e pregovi che sappiate ponere freno alla lingua, e che quando i pensieri e le forti tentazioni d’alcuna cosa più particolare vi venissero nel cuore, e fusse l’odio quanto più si volesse essere, voi non lo teniate mai dentro da voi, anco le manifestaste al Padre dell’anima vostra; perocché molto piace al dimonio quando noi le teniamo, e molto gli dispiace quando noi le diciamo, perocché tenendola l’anima se ne confonde e viene a tedio, e lassa gli esercizj spirituali che ha presi, unde spesse volte viene a disperazione, ed il dimonio non vorrebbe altro, se non farci cadere in disperazione. Adunque c’è necessario il non temere, ma manifestare ogni nostra infirmità al medico dell’anima nostra con la speranza del sangue di Cristo. Non vi dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù amore. [p. 204 modifica]20 \ Annotazioni alia. Lettera 7ò.

(A) Questa lettera fu dalla santa inviala a due religiosi d1 Ordini differenti, cioè a Fra Niccolò di Nanni o Giovanni, cbe si .voglia dire, olivetano; e a D. Pietro di Giovanni di Viva, certosino a Maggiano, ed era perciò stata impressa due volte dagli editori senz’ altra varietà, se non che quella del certosino, che or qui si omette, era accorciata, come s’avvertirà più sotto.

Fra Niccolò, come appare dalla fine della leltera, era stato fidotto alla religione olivetana dalla santa. D. Pietro di Giovanni di Viva, nel i38o, era priore della Certosa di Maggiano, luogo discosto un miglio da Sieoa, fondazione del celebre cardinale Riccardo Petroni nobile sanese, a cni tra le altre sue chiare opere, devesi la compilazione del sesto libro delle Decretali.

(li) E una nuvola posta sopra la pupilla del lume della santissima fede. Come, se rimanga*. la pupilla mpedita, non può l’occhio del corpo ricevere le specie per cui formisi la visione degli oggetti, così l’occhio dell’anima ch’è l’intelletto, giusto il dettosi più volte in queste lettere dalla santa e nel libro del Dialogo, se dall’amor proprio, assomigliato da essa alla nuvola, e che è origine di ogni male, s’ingombri, rendevi inabile a ricevere quelle illustrazioni delle quali il sole divino suole illuminare le menti de’ servi suoi.

(C) Ed il glorioso santo Niccolò. Queste parole sono solamente nella lettera al monaco olivetano, il quale con venerazione speziale dovea porgere gli ossequj a qnesto santo arcivescovo, di cui tenea il nome;, onde anche alla sua potente intercessione vuole ella che rechi Tessersi ridotto a Dio nella religione. L’ossequio speciale ai santi di cui si porta il nome e la fiducia di ottenerne grazie segnalate è sentimento pio, e ricevuto nella Chiesa. Chi bramasse più’ estesa dottrina su di ciò, legga il libro del P. Teofilo Rainaudi, intitolato: Pietas specialis, ve.

(D) E se alcuna volta alla sensualità li jtaresse. Da queste parole ha principio la giunta che la santa pone alla lettera del monaco olivetano, essendo tutto il rimanente comune sì ad esso, si ul certosino.