Estratto di un Opuscolo di S. E. il Sig. March. Cesare Lucchesini
Questo testo è completo, ma ancora da rileggere. |
Fino dell’anno scorso il Sig. Marchese Cesare Lucchesini espose all’Accademia Napoleone di Lucca un Saggio di Confutazione di un’Opera Anonima intitolata Feste della Grecia. Piccola, ma preziosa gemma dovrà sembrare quest’opuscolo ai buoni conoscitori per la giusta, e rara critica, per la precisione e il candore delle prove, e più ancora per le nobili massime di Religione, e di Morale ivi sparse. L’oggetto dell’Autore si è di mostrare esser falso che gli Antichi abbiano dato ad Amore il titolo, e gli attributi di Creatore, come l’Anonimo pretendeva darci ad intendere nella sua opera. Egli si fa dunque in prima ad accennare non potersi da una sola universale cagione ripetere l’origin comune della idolatria e delle favole. Sono fallaci que’ diversi sistemi che da molti su ciò si formarono, e lo sono appunto perchè son sistemi. L’introduzione, o il cangiamento di religione presso un popolo è un avvenimento istorico, e debbono perciò dai sincroni, o più vetusti autori ricercarsi siffatte rivoluzioni. Il Libro della Sapienza c’insegna il primo le diverse cause dell’Idolatria, che a due classi possono ridursi, al culto cioè delle naturali cose, e a quello degli uomini divinizzati. L’Autore richiama ancora le testimonianze dello Stoico Perseo, di Plutarco, e di altri che assegnano all’Idolatria la medesima origine. Fissato quasi per universale proemio un tal principio si fa il dotto Scrittore a trattar d’appresso il suo argomento, e passando in rivista alcune piìi celebri Cosmogonie della Grecia, non ne trova pur una che ad Amore assegni il titolo, e gli attributi di Creatore. Rammenta inoltre le opinioni tutte de’ Caldei, de’ Fenici, de’ Persiani, degl’Indiani, degli Egizj, de’Celti, degli Etrusci, e ovunque incontra l’istesso silenzio. Traduce di poi letteralmente un passo di Esiodo, in cui l’Anonimo pretendeva, che si dicesse, che l’Amore è l’anima, e il Creatore del Mondo, ma dove in realtà nulla si dice di questo. Pone altresì in chiaro l’acuto Estensore una nuova falsità esposta in termini misteriosi, ed equivoci, con cui si vorrebbe fare Orfeo autor di un Inno all’Amor Cosmogonico. Qualunque sia quest’Inno citato dall’Anonimo, o il 57. d’Esiodo, o quello a Protogono, osserva l’Autore, che in niuno d’essi si fa parola di Cosmogonia. E’ inoltre assai probabile, che tali Inni oltre ad essere apocrifi, sieno di data assai recente, onde a che citarli senza fissarne l’epoca? Ma come avrebbero gli antichi concesso ad Amore il titolo, è gli attributi di Creatore, se non era da essi neppur collocato fra gli Dei Maggiori?, L’Anonimo si era solennemente vantato di voler provare con tutti gli Scrittori dell’antichità, che l’Amore ottenne in Grecia un tempio, delle statue, ed un culto; ma chi’l crederebbe? Tutta la promessa svanisce in declamazioni, e inutili discorsi: ei non giunge a trovar in tutta la Grecia un solo tempio d’Amore. E’ vero, osserva l’Autore, che due testimouianze in contrario potrebbero da altri addursi, l’una di Senofonte Efesio, l’altra di Eustazio, ma ambedue sono, e non troppo autorevoli, e soggette a gravi difficoltà. L’Autore dopo aver rilevato altri errori non men grossolani, e nauseanti dell’Anonimo, dimostra in ultimo, come nella costui descrizione delle Feste della Grecia, tutto è mero suono di parole, e nulla dicesi di quel poco, che se ne sa; lo che l’Autore dottamente espone, e da ciò ben conclude, che in ninua di tali Feste trovasi indizio che ad Amore convenga il titolo di Creator dell’Universo.
E sommamente desiderabile che l’Autore, siccome ci fa sperare verso il termine dell’Opuscolo, prosegua con ardore l’egregio suo lavoro, per cui non solo saranno sempre più venerati i di lui talenti, e arricchite le lettere, ma sostenuta pur anco la causa della vera Religione, e meglio svelata la falsità, dell’idee sulle quali appoggiano i non giusti loro sistemi quegli che osano attentare alla di lei saldezza.
Del Sig. Canonico Mancini.