Fiore di virtù/XIII

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Capitolo XIII

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XII XIV
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CAPITOLO XIII.

Della correzione appropriata al lupo.

Correzione, secondo che dice Aristotile, si è uno effetto d’amore a gastigare altrui temperatamente di fatti e di parole, secondo che si conviene. Colui che non ha temperanza di gastigare leggermente, si parte dalla virtù della correzione, e cade nel vizio della crudeltà. Salomone dice: La mattezza si è legata ne’ cuori de’ fanciulli, ma la virtù della disciplina la caccerà via; e se tu il batti con alcuna verga, ei non muore per ciò, anzi si gastigherà. E puossi appropriare la virtù della correzione al lupo, che quando egli va in alcuno luogo per imbolare alcuna cosa, e in quella il suo piè incappa, sicchè egli facesse rumore, sel piglia co’ denti, e sì se lo morde, volendolo gastigare, acciocchè egli se ne guardi un’altra fiata. Salomone dice della virtù della correzione: Chi correggerà altrui, maggiore grazia troverà appresso di lui. Salomone dice: Se tu riprenderai lo stolto, egli si ti odierà: se tu riprendi lo savio, t’amerà. Chi ammaestra lo signore, a sè stesso fa ingiuria. Seneca dice: L’uomo savio corregge lo suo vizio per l’altrui. Ermes dice: La correzione non palese è verace correzione. Diogene dice: Chi vuole essere amato dallo amico suo, riprendalo [p. 47 modifica]occultamente; chè dolce gastigamento e nascoso adduce amore; e il palese e aspro adduce isdegno. Di leggiero non sarà vizioso chi averà continuamente il gastigatore seco. Cato dice: Se tu gastigherai alcuno, e egli non voglia il tuo gastigamento, se egli t’è caro, non lo lasciare però. Plato dice: Non gastigare, cioè guarda di non gastigare lo tuo amico in altrui presenza, ovvero quando egli è irato. Della correzione si legge nelle storie della Bibbia, ch’essendo Faraone molto ammunito per Moisè che dovesse lasciare il popolo d’Iddio, il quale egli tenea per suoi servi, e ch’egli si convertisse a lui, indurò sì il suo cuore, che per cosa del mondo non si volle convenire, nè commoversi a farlo; e Iddio, volendolo gastigare per ritornarlo a lui, si li mandò delle sue pistolenze. La prima si fu acqua convertita in sangue che piovette: la seconda si fu moltitudine di ranocchi, che piovè: la terza si fu d’ogni generazione mosche: la quarta si fu grilli d’ogni maniera: la quinta si fu tempesta, che consumò tutte le robe e tutti gli àlbori: e la sesta si fu infermità di tutti gli suoi animali: la settima fu locuste: l’ottava fu fame: la nona fu tenebre, che ’l dì si convertì in notte: e contuttociò non si volle gastigare, nè convertire, nè correggersi del male ch’egli facea contro a Dio; sicchè alla fine gli mandò la decima pistolenza: ciò fu che disse a Moisè che comandasse a tutto il popolo suo che ciascuno domandasse qualche cosa in prestanza da ogni suo vicino, cioè di quegli di Faraone, e poi gli menasse là dove gli direbbe. E [p. 48 modifica]così fu fatto per comandamento di Moisè: e andossene col popolo suo; e Faraone gli tenne dietro: e com’egli giunse al mare, egli si seccò, e Moisè con tutto il popolo suo si cominciò a passare, e Faraone con tutta la sua gente gli tenne dietro, e si andò egli per mezzo il mare, ch’era secco: e Moisè, essendo passato, toccò il mare colla verga, e fu richiuso il mare, e Iddio gli fece tornare l’acqua addosso, siccome era usato di essere, e annegò Faraone con tutta la sua gente, e Moisè con tutto il suo popolo si campò.