Gazzetta Musicale di Milano, 1872/N. 1
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SI PUBBLICA OGNI DOMENICA Al presente numero sono annessi: il primo numero della RIVISTA MINIMA, e le tavole ottava e nona delrALBUM D’AUTOGRAFI. Nella tavola decima daremo un interessantissimo autografo di Donizetti. Nel corrente mese verranno spediti agli associati del 1871 Vindice e la copertina del passato anno. Per abbondanza di materia in questo numero furono soppresse alcune corrispondenze e parecch ie rubriche; il tutto al prossimo numero. ai l.errTori Come si vede quest’anno la Gazzetta conserva quasi inalterata la sua fisionomia; non è che, entrando nel suo ventisettesimo anno di vita, tema che le trasformazioni possano essere attribuite ai danni della vecchiaia (perchè in questo le gazzette corrono diverse sorti dei gazzettieri), ma essa fu accolta troppo lietamente con questo viso per volerlo barattare con un altro. De’suoi intendimenti non parliamo; essi sono da 26 anni gli stessi, e si riassumono in poche parole: essere il meglio possibile e spassionatamente lo specchio fedele della vita musicale di tutti i paesi e l’eco dei trionfi’dell’arte in genere. Siamo ed amiamo essere italiani prima di tutto, ma non cosi acciecati della nostra grandezza da veder fuori d’Italia niente altro che pigmei, ed è perciò che nelle colonne della nostra Gazzetta trovano ospitalità anche quei giudizi che possono sembrar favorevoli all’arte straniera, ma che noi crediamo tutt’altro che dannosi all’arte nostra. Non vediamo la musica detro una sola lente, come si usa vedere la politica, e in arte crediamo ogni partigianeria non soltanto sospetta ed impotente, ma assurda. Questi;ono i principi! a cui è informata la Gazzetta Museale e li ripetiamo non per i nostri vecchi lettori, pei i quali torna inutile ogni parola che abbia l’aria l’uno dei soliti inevitabili programmi, ma per quelli dltalia e fuori che ancora non ei conoscono. Ai vecchi amici che ei sono rimasti fedeli da un pezzo ed a nuovi vogliamo però dire in poche parole qualche cosa di più pratico. La Gazzetta Musicale continua ad avere i suoi noti collaboratori, Casamorata, D’Arcais, Filippi, Ghislanzoni, Mazzucato, ecc., in una parola tutti i più autorevoli critici musicali; quest’anno inoltre si ó assicurata il concorso di nuovi, fra i quali quello del valente critico Biaggi di Firenze; cosicché d’ora innanzi avrà regolari carteggi da Roma,Firenze,Napoli, Torino, Venezia, Mantova, Vienna, Londra, Parigi e Berlino. Nella direzione nessun mutamento; la redazione continua ad essere affidata a S. Farina, che da circa tre anni è di fatto il vero redattore. Il prezzo d’associazione è pure inalterato — L. 20 annue e semestre in proporzione. Quest" anno però l’Amministrazione offre agli associati quattro premii, ognuno dei quali corrisponde, o all’incirca, alla metà dell’intero prezzo d’associazione. Opere complete per canto e pianoforte o per pianoforte solo, album, fotografie, opuscoli, romanzi sono dati in dono, oltre VAlbum di autografi e la Rivista Minima. Queste due pubblicazioni meriterebbero un* lungo cenno. L’Album di autografi è una raccolta fuori di commercio dei fac-simili degli autografi dei più grandi compositori, corredati da un cenno biografico sugli autori; è per tal guisa una curiosità scientifica istruttiva riservata ai soli nostri associati. La Rivista Minima è un giornale bimensile, di 16 pagine, diretto da Ghislanzoni e redatto da molti valenti che militano nel campo della giovine letteratura — parla d’arte, di lettere, di politica, di scienze — è in una parois una vera Rivista della quindicina. Non basta ancora: a chi ama sciogliere sciarade e decifrare rebus ogni numero della Gazzetta e della Rivista Minima offre modo di guadagnare un pezzo musicale a sua scelta fra le novità pubblicate dal R. Stabilimento Ricordi. Due parole agli artisti di canto. La nostra Gazzetta ha mai cercato il loro sostegno; essa sa di parlare un linguaggio troppo schietto e troppo cortese, e di non mendicare coll’adulazione, nè carpire coll’ingiuria il loro suffragio. Per altro a quei pochi fra gli artisti che non si arrendono alle malie o alle critiche minatorie di molti fra i moltissimi giornali teatrali, offriamo il vantaggio di pubblicare nella copertina l’annunzio delle loro scritture o disponibilità, e il loro repertorio quattro volte all’anno. Se aggiungiamo che verranno introdotte nella Gaz zetta due nuove rubriche di cui l’esperienza ci ha mostrato l’utilità — Alla rinfusa e Rivista dei giornali — avremo detto tutto. Vogliamo però chiudere la serie dei vantaggi che offriamo agli associati con una promessa che per chi ei conosce vale più d’ogni altra: r on baderemo a spese sempre che, anche nel corso dell’anno, ei si porga il destro d’introdurre nuovi miglioramenti. E per poco che i nostri amici vogliano voltarsi indietro, potranno accertarsi coi loro occhi che noi abbiamo sempre mantenuto le promesse c più delle promesse. DI GIUSEPPE VERDI al Cairo. Invece d’un’apposita corrispondenza crediamo più opportuno pubblicare i nudi particolari dello splendido successo quali ei furono dati dopo la prima rappresentazione: La prima rappresentazione ebbe luogo il 24, essendo il giorno natalizio di S. A. il Viceré. Appena incominciato il preludio dell’opera, entrò il Khédive nel suo palco; fu salutato da una salva d’applausi, si esegui l’inno vicereale in mezzo alle ovazioni del pubblico stipato nelle loggie, nel loggione ed in platea. Atto I. Romanza Radamès (Mongini) applauditissima. Duetto e terzetto susseguente fra Amneris (Grossi), Aida (Pozzoni) e Radamès interrotto da applausi. Gran scena susseguente coi cori, Medini (Ramfis) e Costa (il Re) di immenso effetto. Segue la bella scena drammatica di Aida, dopo la quale per le piccole dimensioni del teatro, si cala la tela onde preparare la scena del tempio, per cui l’atto viene dimezzato. Anche questo finale fu eseguito senza appunti, ed accolto con grandi applausi. Atto II. Coro di donne e duetto delle due donne susseguente applaudite Dove poi il fanatismo giunse all’apice fu nel gran finale secondo, che fu dalla prima all’ultima battuta interrotto da frenetici applausi; la magnificenza del vestiario, la bellezza della musica, l’imponenza delle masse corali, (che pure sono un poco scarse di numero per questo pezzo), le comparse, gli attrezzi, l’esecuzione per parte di tutti, indistintamente, fecero freneticamente gridare questo pubblico ebe non è di solito troppo caldo. Dopo questo atto furono ripetutamente chiamati gli artisti non che Bottesini, che diresse con amore e sapere. Atto III. Duetto Aida ed Amonasro (Steller) applaudito, il susseguente tra Aida e Radamès, non che la «hiusa dell’atto con Medini, la Grossi e Steller applauditissimi. Atto IV. Scena e duetto Amneris e Radamès, il canto dei Sacerdoti, l’imprecazione di Amneris, stupendamente eseguiti, ed acclamatissimi. L’ultima scena, che è un duetto nel sotterraneo fra la Pozzoni e Mongini con cori e ballabili nel tempio soprastante, si chiuse con una corona meritata di applausi e di chiamate. Da un lungo articolo di Filippo Filippi, scritto dopo la prima rappresentazione noW Avvenire d’Egitto togliamo quanto segue: Nella folla cosmopolitica che componeva il pubblico di ieri sera, gl’Italiani erano in maggioranza, e nell’ovazione fatta al Kedive, c’era senza dubbio uno sfogo di gratitudine affettuosa, per parte nostra, allo splendido Mecenate, che seppe colla tenacità e la larghezza che lo distinguono, ottenere che Verdi scrivesse pel suo teatro e riescire ad un’esecuzione che dal punto di vista decorativo, archeologico, non avrà riscontro in nessun altro teatro. L’esito dell’Aida al Cairo si può dire miracoloso, quando si pensi alla difficoltà della musica, e agli ostacoli inerenti al teatro. Non potendo analizzare uno per uno i pezzi dellWcZa, racconterò succintamente come li accolse il pubblico, il quale, molto attento, ma calmo di sua natura, alle volte fu irresistibilmente tratto all’entusiasmo dalla potenza della musica. Il preludio a sordini ch’è un finissimo trapunto di modulazioni e di imitazioni sopra uno dei temi melodici dello spartito, fu eseguito con precisione e belle gradazioni di colorito: il pubblico lo comprese, l’applaudì vivamente e questo applauso fu il segnale di una vera ovazione al Kedive ch’era già al suo palchetto prima che l’opera incominciasse. La parte cantabile dell’opera incomincia con una romanza di Radamès, il tenore, nella quale non si sa se ammirare di più la soavità della melodia, o le eleganti e così nuove squisitezze dell’istromentale. — Mongini la canta divinamente. — Nel terzettino che segue fece remore una frase calorosa detta insieme dalle tre voci. Il secondo atto si compone di un grazioso coretto di donne, di un magnifico duetto fra Aida e Amneris e poscia di un grandioso finale; questo pezzo colossale comincia con una gran marcia complicata di cori, ballabili e si sviluppa in un adagio e stretta; tutte le parti si accordano insieme con belle proporzioni e con istraordinario effetto. Le frasi sono ispirate, con una efficacia drammatica che mette i brividi indosso e qui ha suscitato l’entusiasmo di coloro persino che mai, dacché sono al mondo, batterono le mani. — Verdi non fece mai nulla di più grandioso, di più bello. Fu il punto culrriflante- della serata; gli applausi furono ripetuti, insistenti, incalzanti, tali che tutti gli artisti dovettero escire molte volte insieme al maestro Bottesini e il direttore di scena D’Ormeville. E Aida, quanto all’esecuzione delle>parti principali, ne ha due di capitale importanza, quella del ’ tenore Radamès e del soprano Aida: ambedue qui sono egregiamente sostenute dal Mongini e dalla signora Pozzoni. — Il Mongini ha trovato bellissimi accenti, ebbe momenti felici di calore, di passione, e davvero coll’attuale scarsezza di tenori, il teatro di Cairo dovrebbe conservarsi un artista di così bella voce e che canta con eguale fortuna tante opere di stile differente. — La Pozzoni, abbenchè la parte le sia un pochino acuta, è e sarà una delle migliori Aide; intelligente, animata, bella della persona, il suo successo è stato grande, definitivo, meritato. — Lo Steller ha cantato la sua piccola parte da quel grande artista ch’è, e con quella cura dell’abbigliamento ch’è tutta sua. La signora Grossi mi pare spostata di voce, affievolita nel medium e negli acuti, ma supplisce con molta intelligenza artistica. Il Medini sempre il principe dei bassi, per il bel vocione, lo stile largo, l’incesso imponente. Benissimo l’altro basso Costa, l’altro tenore Stecchi Bottardi e la seconda donna Allievi. Una lettera privata del Filippi, c’informa che alla seconda rappresentazione l’esito fu ancora più splendido, che il terzo atto destò un vero fanatismo, e che fu fatto ripetere l’allegro del duetto fra soprano e tenore. Le corrispondenze del Cairo ai giornali E Opinione ed II Diritto, sono unanimi non solo a confermare il successo entusiastico dell’Aida, ma nel dichiararla altresì una fra le più belle, le più ispirate e caratteristiche Opere del nostro Verdi. — Il Kedive ha fatto sapere per telegramma al sommo Maestro la sua piena soddisfazione, e dal Cairo molti ragguardevoli ed illustri italiani, hanno inviato le più vive congratulazioni a colui che tanto onore e gloria aggiunge alle belle tradizioni italiane. Thalberg ha lasciato una preziosissima raccolta di manoscritti originali di musica. Contiene, fra le altre cose, spartiti completi, autografi di Beethoven, Mozart, Weber. Haydi, Bach, Haendel, Mendelssohn, Cherubini, Rossini, Bellini, ecc. Questa collezione, di cui Thalberg soleva dire che non l’aviebbe data per la fortuna d’un re, fu venduta a Napoli dalla vedova dell’illustre pianista-compositore, e il prodotto fu destinata ad un’opera di beneficenza.
Siamo in debito verso il maestro Panofka che ha poco tempo fa pubblicato un ottimo libro col titolo Voci e cantanti. In qsso sono analizzate da profondo conoscitore tutte le v.ziature dei metodi di canto e dei cantanti, e sono proposti rinedii e consigli senza dubbio preziosissimi. Il Panofka ha aggiunto con questa pubblicazione un altro gioiello alla sua collina di opere didattiche musicali. Non vi sarà, crediamo, cantarne geloso del suo avvenire che non voglia leggere questo libro. ¥ Col titolo La musica nella natura il sig. La vox intraprende nella Revue et Gazelle musicale di Parigi uno studio curiosissimo. Basti accennare i paragrafi che esso si propese di trattare: GAZZETTA MUSICALE DI MILANO la musica nella natura - La natura nella musica - Musica delle sfere - Musica del Sole - Musica aerea - Musica degli alberi - Musica del telegrafo elettrico - Eco - Musica delle acque - Musica delle grotte - Musica delle pietre - Musica degli animali - degli uccelli - degli insetti - dei pesci - Il grido delV uomo e dei quadrupedi - Musica auto fona {fìsica e chimica) - Musica soprannaturale e mitologica - Musica spiritica. Mancano: la musica dei vulcani, la musica dei ghiacciai, la musica delle ferrovie e la musica sottomarina e poi ei saranno tutte le musiche... fuorché quella del giorno del giudizio. Il nostro amico Alessandro Poss sarà" assai stupito di vedere il suo nome nella Rubrica amena; ma egli sarà ancora più stupito di vedersi paragonato a Liszt e a Biilow, e siccome è modestissimo e sempre pieno di spirito, anche quando dice le sue orazioni a Beethoven, così sarà il primo a riderne. Ecco ciò che si scrive da Milano, in data del 22 corr., ad un giornale di Vienna: «La musica istrumentale dei grandi maestri tedeschi guadagna giornalmente più terreno in Italia, e le opere di Beethoven, Schumann, Weber e Mendelssohn, una volta designate come Musica filosofica o perfino come Musica barbara, formano oggidì, cqjine in Germania, il midollo di tutti i programmi dei concerti. Il circolo degli interessati in questo genere serio è ancora relativamente limitato, ma da alcuni anni aumenta in maniera eminentemente rallegrante; e quei concerti in cui venivano ammannite interminabili fantasie sopra favoriti motivi di opere favorite, ed in cui si era costretti di rimasticare a pranzo ciò di cui erasi satollati a sazietà la sera precedente al teatro, quei concerti, grazie a Dio, sono, anche in Italia, un punto fisso superato. «Il merito di questo progresso devesi a Biilow in Firenze, a Franz Liszt a Borna, è qui a Milano al dilettante Alessandro Poss noto anche nelle sfere musicali viennesi, il quale proteggendo e promovendo generosamente tutti gli artisti tedeschi che vengono in Italia, si è generalmente acquistato un merito non mai abbastanza encomiato riguardo alla musica tedesca ed ai suoi giovani cultori.» Come si scrive la storia contemporanea; è il Guide Musical che parla: «La prima rappresentazione del Lohengrin al Pagliano di Firenze ottenne un successo splendidissimo (!) L’opposizione non aveva per rappresentanti che due (dico due!!’) fischiatori collocati nel Paradiso (se li avesse dovuti collocare il Guide, li avrebbe messi nell’inferno), i quali furono cacciati alla fine del primo atto per domanda generale del pubblico (!!!). L’opera proseguì in mezzo ad un entusiasmo del tutto italiano (!!!!) L’introito si elevò a 22 mila lire». Il Direttore del Guide tace modestamente che egli ha aggiunto di sua saccoccia la bagattella di sei o sette mila lire! Beato Scalaberni! È lo stesso giornale che dà la notizia (udite, udite) che alla Scala si vogliono dare parecchie rappresentazioni del Lohengrin colla compagnia, le decorazioni e i costumi di Bologna! 0 si è o non si è... bene informati!
Sabato, 6 gennaio.
La febbre degli spettacoli nuovi è cessata, ed è quasi meglio
che sia cosi; per poco che si fosse continuato nel sistema pletorico
del Santo Stefano, non vi sarebbe stato un solo cronista
valido in tutta Milano, e la rivista dei teatri avrebbe dovuto
essere affidata esclusivamente a Sant’Antonio.
Passatala febbre e il delirio, abbiamo avuto l’accasciamento,
in linguaggio tecnico il riposo. La Scala riposò per preparare
il Giuramento; il Carcano riposò per seminare nuovi allori, il
Milanese riposò per ricucinare quell’olla podrida che s’intitola
Ghe ri è per luce, non rimasero che Scalvini, la compagnia Bellotti-Bon
e la compagnia.Salvini, e questi tirarono diritto di
trionfo in trionfo senza nemmeno arrestarsi a prender fiato. Nissuno
per altro pensò a dare una novità che servisse bene o
male di pretesto ai cronisti per scrivere la cronaca.
Ho detto che la Scala riposò per preparare il Giuramento;
ma ei è anche un’altra ragione meno piacevole e che pure
convien dire; ed è il bisogno di medicare le aspre ferite d’un
primo fiasco. Parlo delle Figlie di Chèope, del coreografo Monplaisir,
che apparvero un paio di sere sul palcoscenico della
Scala, vi fecero le loro peregrinazioni dalla Spagna in Egitto,
e giunsero dopo mille stenti alla piramide, che doveva essere secondo
il programma lirico, l’immagine della piccolezza del compassionevole
genere umano e non fu che l’immagine in grandezza naturale
delle dimensioni del fiasco del compassionevole coreografo.
Insistere sopra questa caduta e dirne ad una ad una tutte le
cause che vi concorsero, più o meno efficacemente (e furono
parecchie) è cosa poco caritatévole non solo, ma inutile, ora che
è annunziata la prossima riproduzione del ballo di Rota Velleda.
Accennerò quelle che mi paiono più importanti.
E sono prima di tutto la mancanza d’una ballerina di rango
francese capace di conquistare alla prima la studiosa gioventù
e l’eroica guarigione, e poi la mancanza di buoni ballabili.
Del resto di scene mimiche ben condotte e non prive di un
certo interesse non ne mancano, di effetti di luce elettrica ei è
piuttosto abbondanza che insufficienza, di quadri plastici poi ce
n’ha a tutti i momenti. Giova anche avvertire che si vede in
questo lavoro di Monplaisir uno studio di ricondurre l’arte coreografica
alle sue forme più semplici; ma anche qui la riforma,è troppo cruda, dalla baraonda scapigliata del Flik e Flok alle
grazie serene di queste Figlie di Chèope ei è proprio tutto il
deserto di.mezzo; per poco che si faccia ancora e quelle cento
ballerine, che ieri appena giocavano a inseguirsi sul palcoscenico,
finiranno per ballare senza muoversi. Io non dico che anche
questo non sia un progresso; (se ne vedono tante al dì d’oggi)
ma credo fermamente che le masse sono per natura caparbie,
e che un Lutero che sappia il fatto suo non deve mettersi in
capo di far la riforma tutta d’un pezzo.
Ci è un ballabile in cui tutte le ballerine alzano una gamba;
manco male, è già qualche cosa; ma in un altro non alzano più
che le braccia; ed incomincia ad esser poco; in un terzo si accontentano
di muovere il capo - e allora non è più niente.
Non bisognava viziarlo prima il pubblico perchè si accontentasse
di un quadro plastico. Se egli sa che voi disponete di cento
ballerine, egli vuole cento ballerine che facciano sfoggio... di tutte
le risorse del loro talento.
La parte decorativa - scene e costumi - fu indovinata. Non è soltanto bella, chè a far cose belle non è difficile se si hanno
denari, ma è anche appropriata. Quegli egiziani, quei spaglinoli,
quei zingari, sono veri egiziani, veri spagnuoli, veri zingari; i
luoghi hanno il colorito delle persone e le persone il colorito dei
luoghi; vi è un impasto sicuro; non vi sono le deformità di concetto
e le sconciature che tradiscono l’ignoranza; uno studio non
faticoso ha presieduto a tutto, ha disposto tutto. Peccato che il
Monplaisir, che in questo suo lavoro ha posto una scienza coreografica
preziosissima raccolta da quel libro non ingannevole
che è la natura, abbia inciampato dove il più meschino dei
suoi colleglli avrebbe trovato il trionfo. Tre ballabili di effetto,
e le Figlie di Chèope.erano sane e salve ancor oggi, mentre
invece sono morte e seppellite senza speranza di risurrezione..
Non voglio tralasciare di dire che anche da questo lato il
Monplaisir aveva avuto ispirazioni buone; le danze delle Iridi e
le altre del tappeto avevano qualche pregio di novità e non mancavano
di buon gusto, ma le prime offrirono il ridevole spettacolo
della luce elettrica che correva all’impazzata per il palcoscenico
disperando d’incontrarsi colle ballerine, e l’altro fu in parte
danneggiato dall’esecuzione.
Tutto sommato, lo ripeto, fu un fiasco. La sola per cui questo
ingrato recipiente si trasformasse in un trionfo fu la prima
mima signora Silene Righi, nella quale il pubblico e la critica
videro molto volentieri l’anima di un’artista e il corpo di una
bella donna.
La musica del Dall’Argine che accompagnava tutta questa
immobilità coreografica in otto quadri, conteneva ad ora ad ora
alcuni bei momenti, ma ne aveva anche ad ora ad ora degli
atroci. Levati gli uni e gli altri rimaneva il solito lungo beverone
di musica coreografica.
In teatro bisogna sempre essere preparati a vedere smentiti
i pronostici. Dopo il successo o. per dir meglio, il fiasco delT
Ebrea, si temeva assai che il Rigoletlo, opera udita le mille
volte, non potesse reggersi sulle scene dell’Apollo. Invece ha
rialzato almeno per qualche sera le sorti del teatro. Chi fu il
Santo che operò il miracolo? In primo luogo la musica di quest’opera che, venuta dopo quella pregevolissima alquanto soporifera
dell’Halevy, ha ravvivato gli spettatori; e quindi la signora
Vitali ch’ebbe un successo da far epoca negli annali del
nostro Tordinona. E poi si dica che a Roma il pubblico vuole
gli urli e le voci fenomenali? Niente di tutto ciò. La Vitali ha
una vocina poco potente quantunque estesissima, ma dolce, intonata,
simpatica oltre ogni dire. Aggiungete un metodo di canto
irreprensibile, un accento drammatico lontano cosi dalla freddezza
come dall’esagerazione, e vi renderete ragione del fascino
che questa egregia cantante ha esercitato sul pubblico. Fin dalle
prime note s’è capito che s’aveva da fare con una prima donna
distintissima, e gli applausi andarono crescendo sino alla fine
dell’opera.
Tuttavia non consiglierei alla signora Vitali di slanciarsi nelle
opere che richiedono vigore di voce. Il Rigoletlo segna l’ultimo
limite della musica drammatica a cui può giungere. Il repertorio
buffo, qualche opera in cui la passione non vada espressa
con mezzi violenti, ecco il campo in cui questa egregia prima
donna può andar certa di mietere allori. Jacovacci, se avesse
buon naso, dovrebbe riprodurre la Dinorah che altra volta a
Roma fece cattiva prova, ma che con la Vitali otterrebbe un
trionfo.
Il tenore Augusti, marito di questa incomparabile Gilda, è
anch’egli un artista che ha dinanzi a’sè un bell’avvenire; sopraffatto,
iersera, dal timor panico, da principio tenne il pubblico
alquanto incerto sul conto suo. Ma non tardò a riprender
coraggio, e nell’ultimo atto ’ ebbe momenti felicissimi. Sale con
facilità fino al si bemolle; le note acute, però, sono artefatte,
vale a dire che egli seppe formarsele a forza di studio, di esercizi
e di pazienza. Alla sua voce conviene avvezzarsi, ma, in
fondo, non è ingrata. — L’Augusti è artista intelligente, buon
musicista, e dà prove di non comune talento. — Per conto mio
lo preferisco a molti altri tenori di primo ordine.
Il baritono del Puente ebbe il merito di tenersi a non grande
distanza da questi due cantanti. Non vi dirò che sia un Ronconi
od un Cotogni, ma certamente non guasta il complesso dello
spettacolo. Altrettanto dicasi del basso Raguer, e della signora
Rossi contralto.
Abbiamo dunque un Rigoletlo lodevolmente eseguito e del quale
i frequentatori del Tordinona si mostrano soddisfattissimi.
Il ballo la Dea dal Valhalla ha fatto un capitombolo. È posto
in iscena con sfarzo, ma in complesso annoia, ed il pubblico
trova che l’impresario poteva spender meglio i suoi quattrini.
Non mancò qualche applauso alla ballerina signora Trevisan,
ed al ballerino signor Cecchetti, anzi più al secondo che alla
prima; il rimanente fu disapprovato o passò in silenzio. La seconda
rappresentazione del Rigoletto e del ballo ha confermato
i giudizi! della prima sera; soltanto aggiungerò che l’entusiasmo
per la Vitali andò crescendo; essa sarà la great attraction della
presente stagione.
Al Capranica si tentò di mettere in scena la Nina pazza del
Coppola, e fu, come si prevedeva, un tentativo infelice. Opera
tutta d’imitazione, la Nina pazza non può sfidare le ingiurie
’del tempo. — Essa pare più antica delle opere di Cimarosa,
perchè non ne possiede l’originalità. Dopo due sole rappresentazioni
di questo spartito, si ritornò al Barbiere eli Siviglia e alle
Educande di Sorrento, sempre.campo di frenetici applausi alla
simpatica d’Alberti.
Di questi giorni abbiamo pure avuta l’apertura del nuovo
Teatro Quirino, un guscio di castagna dedicato all’Opéra buffa.
D biglietto d’ingresso con sedia fissa (!!) non costa che otto soldi.
Si danno ogni sera due rappresentazioni, la prima alle 6, la seconda
alle nove, con due opere diverse, le Precauzioni e il Don
Checco. Non vi riferisco i nomi degli artisti, perchè sono affatto
ignoti nella Repubblica musicale. — Vi dirò soltanto che di uno
spettacolo di questa fatta non si ha idea che a Roma e... al Teatro
Quirino. Il pubblico dimenticò gli otto soldi pagati alla porta e
fischiò come se avesse pagato otto lire!
Gli altri teatri camminano colle gruccie, ad eccezione del Metastasio
dove Pulcinella fa ottimi affari. Ma al Valle il pubblico
è scarso, quantunque vi reciti Tomaso Salvini; TArgentina è
vuota aneli’essa; il hallo il Profeta non piace; e la compagnia
Peracchi si trova spostata in quella vastissima sala. - La famiglia
Grégoire ha piantato il suo teatrino nell’Arena Corea, ed
ha il suo pubblico speciale, che però qui a Roma non è numeroso
come altrove. Quanto a me, a parte l’avversione che ho
sempre sentita per le operette di questo genere, confesso che le
parodie francesi, quando penso alle sventure della Francia, mi
muovono a pietà. Mi par di vedere un ebbro che si offra n spettacolo
al volgo. È questo un sentimento che molti altri provano
al pari di me, ed ecco la ragione per cui il Petit Faust del 1872,
pare molto diverso da quello del 1870.
In complesso abbiamo una stagione teatrale molto fiacca, nè
vi è speranza che si faccia più brillante in seguito. Roma, da
alcuni mesi, è piena di vita, ma i teatri non hanno ricevuto alcun
vantaggio dal nuovo ordine di cose. E pur giusto il dire che
non abbiamo uno spettacolo il quale solletichi veramente la curiosità
del pubblico. Le dolci serate invitano piuttosto a passeggiare
sul Corso che a rinchiudersi in qualcuno dei cesi detti
santuari dell’arte.
Nella sala Dante sono incominciati i concerti che lo Sgambati
ed il Pinelli offrono ai dilettanti di musica classica. Le Sgambati
in una sua lettera recentemente pubblicata nei giornali, si
lagna che a questi concerti intervengano soltanto i forestieri
e non i romani o, per meglio, dire gli italiani. Non so dargli
torto, e, per questo riguardo, Firenze è molto più innanzi di
Roma. Anche l’Accademia Filarmonica dà segni di vita. Ogni
anno vi si suol eseguire qualche gran lavoro, e quest’anno fu
prescelta la Norma, della quale credo che siano già incominciate
le prove. L’Accademia Filarmonica dovrebbe eseguire quei
lavori musicali che difficilmente si possono udire in teatro. A
che riprodurre la Norma che gli impresari mettono continuamente
in scena? Perciò questa scelta è generalmente biasimata.
Mi viene assicurato che i cori della Filarmonica sono veramente
ottimi. Conveniva dunque eseguire qualche lavoro appoggiato
principalmente alle masse.
yt... Venezia, 4 gennaio
Fedele alla mia promessa eccomi ad informarvi dell’esito
della Norma al teatro Camploy ed a rendervi conto in genere
degli altri spettacoli presenti o di là da venire.
La. sera di Natale, il Camploy, in relazione alla modesta sua
capacità, presentava uno spettacolo grandioso. I palchetti rigurgitavano
di signore, la platea era un mare in burrasca, il loggione
era un pandemonio. Tutta quella gente vi si era portata
con grande aspettazione, e tanto questa grande aspettazione,
come la ressa eccessiva, gravitarono in sfavore dell’esito. —
V’ha un’altra circostanza della quale si deve tener conto, ed
è che T impresa della Fenice, nella tema di un successo eclatant,
si sarà mossa, o, per adoperare un verbo mazziniano, si
sarà agitata.
Il fatto si è che la Ferni sola, quantunque anche in quella
sera sia stata festeggiata, avrebbe meritato un’accoglienza
più cordiale. L’Angeleri (Adalgisa), che, quantunque giovane,
pure è una vecchia conoscenza per Venezia, avendo cantato
qui nove anni or fanno nelle Precauzioni ed in Tutti in maschera,
venne accolta con freddezza, con troppa freddezza. —
L’Aramburo ( Pollione) venne tollerato, e con tutta ragione,
perchè rispetto a modi di canto ed a scena, è qualche cosa
di inqualificabile. Peccato che la voce sua bella, estesa, eguale
e potente, non sia posseduta da un’intelligenza migliore. Mi
vien detto che nella Favorita, che si sta provando adesso egli
sia tutt’altra cosa, ma voglio udirlo e vederlo per credere. È
vero, verissimo che la Norma è uno scoglio per tutti i tenori
dei nostri giorni, che hanno abituata la voce ad altri registri;
ma non credo, se non odo e se non vedo, che T Aramburo possa
cannare come va cantata la romanza:
«Spirto gentil «Il Melzi (Oroveso) non ha voce da basso profondo, nè da
basso baritono: ha una voce gutturale anfìbia, e, rispetto a modi,
lasca molto ma molto a desiderare.
Dìi cori e dell’orchestra non giova occuparsene, di proposito:
i C0’i sono composti di gente per lo più raccolta tutt’altro che
in teatro, e 1 orchestra, tranne rare eccezioni, è composta allo
stesso modo.
Ntn posso però chiudere la mia relazione del Camploy senza
dire un’altra parola. Un giornale cittadino ha trattato con assai
poca cavalleria la brava Ferni Carolina, dicendole che ad
un’artista come lei, incombe l’obbligo di ritirarsi a tempo dalla
scena per rispetto alla fama gloriosa acquistatasi. Se la rude
censirà fosse partita da qualche giornalaccio, non varrebbe
inveir* la pena di rintuzzarla; ma essendo partita invece da un
giornde che diede sovente, e dà tuttodì prove di onesti sentimenti
e di modi cortesi, credo doveroso di rispondere, riassumendc
da fonti attendibilissime alcuni dati in argomento, dati
che virranno a dimostrare che quella censura oltre all’essere
scortes era anche ingiusta.
Il Rgli, erudito, distinto ed accurato scrittore di cose teatrali
dee: «Virginia Ferni, la maggiore, è nata nel 1840 circa
e Caroina due anni dopo:» Se lo spazio mel permettesse vorrei
riportavi qui, desumendola dai diffusi cenni del Regli e di altri,
T inter, vita artistica di queste due sorelle che, da parecchi anni,
e Col volino e colla voce deliziavano il mondo; non posso non
riporta® però un brano che le sintetizza con vera magistrale potenza.
c Carolina Ferni, scrive il Regli, è l’ardore della passione, ’energia, il calore, la fantasia, la vigoria; è;1 fuoco
del cieb d’Italia, come la sua sorella ne è la voluttà seducente,
la grazu insinuante, e tenera. Riepiloghiamo. Virginia è lo stile
personifcato, la correttezza, il sentimento; Carolina s’ispira al
capricci! senza freno, è la foga indomabile e febbrile. L’una è
l’angelo del suo strumento, l’altra ne è il demonio.»
Questi giudizio splendido e giusto sulle sorelle Ferni, quali
suonatrid di violino, si può estenderlo anche come artiste di
canto..., na qui non istà la questione ammesso che il Regli, rispetto
afìetà, sia stato un po’cavaliero, ma quand’anche la Carolina
av.sse 35 anni, si dovrebbe ritirare dalla scena! Dante
che a 35anni credeva d’essere: nel mezzo del camin di sua
vita, non dovrebbe permetterlo.
Se precìdessimo di questo passo, quante e quante donne e
ben al diatto del valore artistico della Ferni, dovrebbero abbandonacela
scena! Ma su ciò basta. — Alla Fenice andiamo
di male in peggio. Si studia la Luisa Miller, opera assai bella,
ma che adimanda una interpretazione accuratissima. Sabbato
prossimo pi vi sarà la prima rappresentazione e ve ne farò
conoscere ’ esito per telegramma, aggiungendovi una parola
anche sulk Favorita che andrà in iscena sabato al Camploy.
Di Jone ion se ne parla più e sta bene. Il tenore Bicchielli
che veniva scritturato per questo ultimo spartito, venne protestato
prima di cantare. Il poveretto ha ragione di lagnarsi contro
l’impresa e contro la presidenza, come egli fa, sui giornali
a mezzo di comunicati. La Presidenza e l’impresa hanno il torto
di averlo scritturato: nel resto ha ragione lui.
Lunedi si diede spettacolo alla Fenice senz’opera: vi si rappresentò
il ballo e furono suonate due sinfonie: Semiramide e
Mignon. Il pubblico si è mostrato contento, e beato lui! All’Apollo
la compagnia Moro-Lin fa buoni affari con un repertorio di commedie
in dialetto che, tranne poche eccezioni, dovrebbe andar
posto al rogo. Tali sono le indecenze, le scurrilità più stomachevoli,
che contengono, che se il pubblico avesse un po’ di
rispetto per sè stesso, le fischierebbe senza pietà. Si deve far
ridere coi sali arguti, colle facezie spiritose, non a quel modo!
È deplorabile che la stampa cittadina non abbia una parola di
biasimo.
Al Malibran i Chiarini attirano la folla colle loro pantomime
e coi loro salti.
p. y
Parigi, 3 Gennaio.
Avevo in mente di farvi in questa mia d’oggi una rassegna
retrospettiva dell’annata teatrale 1871; ma veramente non mi
è bastato T animo di appiccicare quest’epiteto «teatrale» al
funestissimo anno che è finalmente terminato. Del resto, il più
difficile non era di farne l’inventario, almeno per ciò che concerne
le scene musicali. Poco o nulla da mettere all’attivo. Anno
perduto per l’arte. Speriamo che il novello ei ricompensi di quel
che ei ha fatto perdere il suo predecessore.
La lieta novella che ei ha recato il telegramma accluso nell’ultimo
numero della vostra Gazzetta Musicale è stata qui
universalmente riprodotta. Il tanto felice successo VAida è ormai
noto da un capo all’altro della Francia. Non era sì facile far
il viaggio nella contrada egizia per andare ad assistere alla
prima rappresentazione della nuova opera del Verdi; ma più
d’uno qui si promette di recarsi a Milano quando Y Aida sarà
data costà. Aspettatevi anche alla visita di qualche direttore di
teatro. Ne conosco due almeno che non mancheranno.
Cosi il teatro italiano di qui fosse aperto! potremmo sperare
di veder mettere in iscena Y Aida immediatamente dopo che
sarà data a Milano. Se la scena non è abbastanza ampia alla
sala Ventadour pel grandioso spettacolo, quella della città egiziana
non è mica grande; sicché se le proporzioni troppo limitate
del palco scenico non sono state un ostacolo là, noi saranno
neppur qui... Ma a che vai parlare di ciò, quando nulla è ancora
risoluto per la riapertura del nostro teatro italiano.
Una combinazione s’era presentata, ed era stata sottomessa
all’approvazione ministeriale, cioè di aprire il teatro con una
doppia compagnia, francese ed italiana. Il Lunedì, Mercoledì e
Venerdì si sarebbe data l’opera italiana, e gli altri tre giorni
intermedi, la francese, o quelle delle opere italiane che sono
tradotte in francese, come il Barbiere, Norma, la Sonnambula,
il Trovatore, Rigoletto, la Traviata, Un Ballo in maschera. Crispino
e la Comare, ecc., ecc.
I professori d’orchestra sarebbero stati gli stessi per l’opera
francese e per l’italiana. E vi sarebbe stato spettacolo ogni sera,
salvo la domenica, che avrebbe potuto dar luogo a qualche rappresentazione
straordinaria, fuori appalto, a prezzi diminuiti.
Ma, per ora almeno, il Ministero non ha nulla deciso, non
trovando convenevole questa miscela dei due generi. Forse non
ha torto. Sarebbe fondere il teatro lirico nel teatro traliano, far
dei due teatri un solo. Si guasterebbe questo, senza salvare
quello. Oltre di che la stagione musicale è già molto innanzi,
e mancherebbero artisti atti a rilevare il Teatro italiano,
già troppo in decadenza. Da altra parte, il tenerlo chiuso non è
già troppo decoroso per una capitale come Parigi. L’imperatore
del Brasile, che ama molto la musica italiana, è stato molto
sorpreso di non trovarne. Avvi un teatro d’opera a Rio Janeiro
e non averlo a Parigi.
In mancanza di un teatro italiano, abbiamo un compositore
italiano, il Ricci. Non è quistione che di lui, non si parla che
delle sue opere. Egli si moltiplica; mena di fronte le prove della
Festa a V enezia A Teatro lirico o Ateneo e quelle della Dogaressa,
al Teatro dei Bouffes-parisiens. A proposito il titolo di
quest’ultima, come vedete, è stato cambiato. Era le pendu,’, l’autore,
del libretto ha pensato che per un’opera buffa il titolo
«L’appiccato» parrebbe troppo lugubre, e l’ha mutato in quello
che ho scritto più su. Da esso comprenderete che la scena ha
luogo a Venezia, come nell’altra opera. Or dunque il maestro
Ricci, va al mattino a dirigere le prove della Festa a Venezia,
all’Ateneo, e nelle ore pomeridiane a quelle della Dogaressa ai
Bouffes. Non trova un momento per far colazione. Lo vedreste
entrar in Teatro, con una mano in tasca e tirando a quando a
quando un pezzetto di biscotto per portarlo alla bocca. Credereste
che prenda qualche pastiglia per la tosse, errore. Fa cola zione. Quando il biscotto è terminato, Ricci è soddisfatto. Se non
avesse tempo di desinare prenderebbe due biscotti in cambio di
uno, ma per buona fortuna gli artisti, dovendo essi stessi desisinare,
lo lasciano tranquillo all’ora del pranzo.
È assai divertente il vederlo dirigere le prove. Al principio
i cantanti credevano poter far con lui quel che son soliti fare
cogli altri compositori, vale a dire che si permettevano di dare
il toro giudizio, di aggiungere i loro consigli, di biasimare, ecc.
Il Ricci ha tenuto fermo, ed ha mostrato che non è della stessa
pasta dei compositori francesi. E ciò con tanta energia, che
oggi gli artisti non osano fare una riflessione, anche quando
sarebbe giustissima.
Checché ne sia, non è un male che sia venuto un maestro
italiano a mettere un termine alle buffonate ed alle scipitezze
musicali che hanno ammorbato, da una dozzina d’anni a questa
parte, i teatri minori. Già col Crispino e con la Follia a Roma
aveva mostrato ai maestrucoli del giorno che si può far musica
gaia, piacevole, buffa, senza cadere nelle scurrilità e senza imitare
i versarci degli animali. I Direttori dei teatri lo han ben
capito, e si sono diretti a lui per domandargli delle opere. Eccolo
già su due teatri. Se il successo coronerà questi due nuovi
lavori, come fece del Crispino e della Follia a Roma, vedrete
che il teatro dell’Opéra Comique non tarderà a pregarlo di
scrivere qualche cosa anche per le sue scene. Non voglio farla
da profeta, ma posso fin d’ora promettervi che una almeno delle
due nuove opere farà correre tutta Parigi.... almeno se debbo
giudicarne dalle prove.
Nella prossima mia lettera potrò parlarvi della prima rappresentazione
del Roi Carotte, annunziata pel 6 corrente. Mirabilia
magna! Ma i tre quarti del merito dell’opera sono pel
macchinista.
Non chiuderò la presente senza notare che quest’anno (come
l’anno scorsoi le strenne musicali hanno brillato per la loro
assenza. Gli anni precedenti, durante tutto il mese di dicembre
si vedevano nelle vetrine degli editori e negozianti di musica,
bellissimi album, sia di musica per pianoforte, sia di canto, riccamente
o elegantemente legati. Se ne vendevano in gran copia.
Era in uso il farne dono il di del Capodanno. Quest’anno, nulla.
Neppur un album nuovo. E se qualche compositore ne ha. pubblicato
uno, non ha osato annunziarlo come Strenna Musicale.
Che cosa ha mancato? La voglia di comporlo o il danaro per
farlo pubblicare? Forse l’uno e l’altro.
A A
Londra, 26 dicembre.
(Ritardato )
Le pantomime sono all’ordine del giorno, e i teatri sono ancora
una volta la potente attrazione del mondo giovanile. Quella
ch’è per voi la gran stagione musicale dell’anno ( CarnevaleQuaresima
) è fra noi inglesi la gran stagione festiva dei fanciulli,
i quali aspettansi di diritto a quest’epoca dell’anno non
solo i presenti materiali legalizzati dall’uso, ma anche i presenti
morali di utili e divertevoli trattenimenti, che sono le pantomime.
Guai all’impresario del Drury-Lane e a quello del CoveniGarden,
se mai osassero a questa stagione privare l’ansioso
pubblico giovanile delle loro pantomime. Una rivoluzione potrebbe
nascerne, e la peggio toccherebbe senz’altro agl’impresarj,
come potete credere facilmente. Ma gl’impresarj nostri sono
brava gente, e non che rischiare la loro popolarità e i loro interessi
fanno tutto il possibile per servire a questi e, a quella.
La messa in iscena di una pantomima costa sempre enormi
somme, ma reca sempre con sè enormi profitti. Non una madre
nè un padre solo manca di dare alla sua tenera famiglia l’annuo
piacere di far conoscenza con sì illustri personaggi, quali furono
e sempre sono Arlecchino, Brighella e Pantalone.
Poiché le pantomime inglesi sono nello stretto senso della
parola pantomime italiane trapiantate, e cosi le gesta degli Arlecchini.
dei Brighella, dei Pantaloni sono sempre dello stesso
colore, se non sono sempre letteralmente le stesse. Quando
gl’inglesi vogliono ridere, bisogna che ricorrano alla commedia
estera e principalmente all’italiana, poiché cercherebbonsi indarno
nella loro letteratura personaggi si comici e popolari, come
quelli summentovati. La maschera lombarda, la maschera piemontese
ed altre maschere popolari italiane non hanno ancora
fatto capolino nel teatro inglese: e ciò mi fa meraviglia, vista
l’attività di questi scrittori, e dei guadagni enormi che potrebbero
fare.
Non m’arresto oggi a rendervi conto di alcune pantomime,
poiché quelle che sono state già prodotte non sono forse le migliori, e quelle che credonsi e dovrebbero essere veramente
le migliori vanno in iscena soltanto questa sera ai teatri del
Covent-Garden, del Drury-Lane e della Princess.
Le pantomime inglesi non sono rappresentazioni mimiche affatto
silenziose. E nemmeno sono semplici riproduzioni di fatti
e cose che furono e nel mondo reale o in quello dell’immaginazione, ma generalmente sono anche satire più o meno abili
delle cose del giorno.
Ora un memorabile annunzio viene fatto dal giornale teatrale
YEra, il quale dice che il governo ha quest’anno introdotto il
dito della censura in queste innocenti satire, ed ha ordinato
agl’impresarj di tagliare tutte quelle cose che hanno e possono
avere relazione colle cose del governo del signor Gladstone.
Per l’onore del governo e delle libere istituzioni inglesi, io
desidero di cuore che l’annunzio dell’ara venga dichiarato infondato.
Il Messia è l’oratorio d’occasione, le cui note nell’ultima
settimana sono state intese in presso che tutte le principali città
d’Inghilterra. A Manchester un nuovo tenore, certo signor Maas,
prese inaspettatamente il posto di Vernon Rigby; ma la rappresentazione
non ne soffrì, come ne fanno fede i giornali locali.
Il signor Maas è un allievo del maestro Leslie, ed ha
voce abbastanza dolce e chiara, se non abbastanza forte pel
teatro italiano.
Una rappresentazione del Messia ha avuto luogo anche al
Royal Albert Hall e ad Exeter Hall.
AH’Academia Reale di Musica è stata fondata una classe di
musica militare, sotto la direzione del celebre capo-banda D.
Godfrey.
A St. James’s Hall sarà inaugurata col giorno 3 gennaio
prossimo una nuova serie di concerti specialmente consacrati
alla produzione di ballate. Dicesi che questo genere di musica
sia il genere di moda del momento, e se ciò è vero grande
concorso di gente ponno aspettarsi i promotori.
Il maestro Visetti è oramai libero di sè stesso. Il contritto
che lo legava al tenore Urlo, il quale mosso dalla nobile sminia
d’imparare avevaio nominato suo maestro particolare al piano,
è cessato da vari mesi. Il signor Urto è ora in cerca d’allori
nel continente; ed io son persuaso che ne raccoglierà, o^e si
limiti a cercarli nelle sale di concerto. E il signor Visetti mrca
ora fortuna in Londra. Per tutti gli uomini di buona voloità,
per tutti gli uomini che amano poche parole efatti molti Loidra
è un campo ricchissimo nel ramo d’industria sopratutto, al cuale
il signor Visetti sembra dedicato. Ma il signor Visetti, mi duole
il dirlo, e ciò dico a stimolo suo, è in guerra aperta colla nobile
massima: «Poche parole e fatti molti.»
FIRENZE. Jeri sera (4) ebbe luogo al teatro delle Logge la prma rappresentazione
dell’opera Papà Martin del Cagnoni. — Per la massica parte
l’esito fu buonissimo; ma certo sarebbe stato migliore se l’esecuione non
avesse lasciato desiderare troppo cose! Vi furono applausi e chiamai in gran
numero, ma talvolta a freddo. — I veri applausi e le chiamate varamente
meritate, toccarono a quei pezzi nei quali entra il Bùttero, che è n ottimo
Martin e come cantante e come attore. — In quanto alla musicata giudicarla
da una sola rappresentazione) ve n’ha molta della buona, < ve n’ha
della buonissima... ma qui e là, ve n’ha anche della comune.
NAPOLI. La nuova opera del maestro Miceli L’Ombra bianca eseguita
il 30 dicembre al teatro Nuovo Nazionale, piacque e meritò vari* chiamate
all’autore. L’esecuzione fu buona.
GENOVA. La Lucrezia Borgia ebbe liete accoglienze. I princpali interpreti
la signora Pascal-Damianì ed i signori Gaiarre e Manfredifurono più
volte applauditi e chiamati al proscenio. Piacque singolarmenteil giovane
tenore signor Gaiarre.
CAGLIARI. Ci scrivono: La stessa compagnia che colse alici nella Lucrezia
Borgia, Luisa Miller e Reginetta porse al pubblico del nstro Civico
teatro la grandiosa Isabella d’Magona del maestro Pedrotti. L prima rappresentazione
lasciò trasparire molta incertezza, entrambe le sinjui date non
dubbi segni di stanchezza -, si compatì quella, si perdonò a quest, e tanto più
volentieri, in quanto che tutte le difficoltà si superarono dagli Egregi artisti
con molta lode.
Se voi mi chiedeste quali pezzi andarono più a sangue, vi pregherei di
rileggere tutto il libretto, poiché io non saprei a quali dare ptferenza. Elsabella
fu in una parola un vero trionfo per l’arte, argomeito di sincera
gioia de’buoni artisti, i quali mettono ogni impegno per sodisfare il pubblico
che li compensa colle più vive ed entusiastiche acclamaziai. Merita sin gelare elogio il tenore Sbriscia, il quale, malgrado non leggiera indisposizione,
si tolse il faticosissimo compito con amore, e fu coronato dal più lusinghiero
de’successi. Il Pozzi mi cade ultimo dalla penna, ma non è ultimo
per merito: è simpatico a tutti e si cattiva la stima di tutti; egli fa le parti
di Fra Donato (basso profondo). La messa in scena è, se non brillante, decente
negli artisti, ma scivola nella grettezza delle comparse: l’impresa in
ciò lascia troppo a desiderare, ma lo farà per dare argomento di riso; discendo
seria ridiculis. - Le masse corali sono sempre lodevolissime: l’orchestra
sempre al solito eccellente. Maximinus
GINEVRA. - Giuseppe, lo splendido spartito di Mëhul fu interpretato assai
bene dalla signora Mouret, e dai signori Genevois Martin Courtois e
Walter.
BARCELLONA. Splendido esito ebbe al teatro del Liceo il Ballo in maschera,
stupendamente eseguito dal tenore Ugolini, dalle signore Castelli e
Fité Goula, e dal baritono Farvaro.
ANVERSA. Al teatro Reale fu riprodotto con bel successo il Quentin
Durward di Gevaert. L’esecuzione fu ottima.
LOVANIO. Col teatro De-Bériot è nato anche il Circolo De-Bériot, che
ha già dato il suo primo trattenimento al teatro col Soreier par hasard di
Peellaert e coV Elodia di Offenbach. Ora attende a studiare il capolavoro di
Grétry — Riccardo Cuor di Leone — che sarà messo in scena con gran lusso
di cori, di costumi e di decorazioni.
BRUXELLES. L’Amleto di Thomas eseguito al teatro la Monnaie non
ebbe le accoglienze che si prevedevano. Amleto, scrive il Guidée Musical, rappresenta
quattro ore di musica che non esce dalle tristi nebulosità che dispongono
così bene al sonno. Lo stesso giornale aggiunge che è l’opera d’un
mudcista rotto a tutte le difficoltà della sua arte. Faure fu grande nella
parie di protagonista, e la Sessi piacque, ma rimase al disotto della sua
fami. Il Re, che assisteva allo spettacolo, dopo il terzo atto, consegnò all’autore
del Caïd la croce del suo ordine.
& Il Sistro, pregevole giornale di lettere ed arti che si pubblica
a Firenze, è entrato nel suo dodicesimo anno di vita.
ir La Società d emulazione di Liegi prepara due concerti per
il 28 febbraio e per il 13 marzo.
II circolo Fétis di Mons diede giorni sono il primo suo concerto.
La Società sinfonica - la Riunione Musicale - di Bruges
diede il 20 dicembre un magnifico concerto col concorso di Godefroid.
Il celebre arpista fu trionfante al solito.
Anche a Lovanio ebbe luogo uno splendido concerto col
concorso di Godefroid e di Vivien, violinista.
Q Al teatro delle Folies Nouvelles di Parigi fu fatta lettura
di una nuova operetta - Gosier XIV - musica di Lecoq.
Q Al teatrino delle Nouveautés di Parigi fu eseguita con
successo lieto una piacevole rivista dal titolo: C’est toujours la
même chose. Il Gaulois dice che vi hanno buoni frizzi e belle
strofe di musica.
Esito abbastanza lieto ebbe a Ravenna il Cicco e Cola,
eseguito dalle signore Bordato e Binda e dai signori Fioravanti,
Baldassari, Marucco e Valenti.
Al Politeama di Napoli si rappresenterà forse una nuova
operetta del maestro Alberti intitolata: Oreste.
È ricomparso il giornale Y Art Musical, che aveva interrotto
le sue pubblicazioni nel tempo della guerra,
H Hans von Biilow comincia in questi giorni il suo giro artistico, e si propone di dare nientemeno undici concerti in
sedici giorni! - Ecco il suo itinerario: a Vienna nei giorni 7, 8,
13 e 18;,a Pestìi il 20; il 22 e 29 a Berlino; il 23 a Lipsia’.
In quest’ultima città non eseguirà che composizioni di Mendelsshon.
Il titolo dell’opera che il maestro Giovannini ebbe incarico
li scrivere dall’editore Ricordi sarà: I Maledetti.
V- L’Irene dello stesso maestro sarà probabilmente riprodotta
a Piacenza.
& 1 teatro di Benevento è disponibile; si domanda opera e
ballo ter due mesi e mezzo, e si offrono in dote lire 2500! Quel
teatro rimarrà zitello.
& è vera la notizia data dall’Omnibus, al San Carlo si
vorrebie rappresentare un’opera di Wagner.
-A A teatro Nazionale di Madrid, in un concerto dato a benefìzio
dei danneggiati dall’inondazione di Almeria, furono assai
appianati i coniugi Tiberini, le signore Urban, Caracciolo ed i
signori Pozzo, Squarcia, Capponi e Brousset. La signora Ortolani
caitò stupendamente una bella canzone spagnuola scritta
dal maestro Barbieri.
In un privato trattenimento magnetico-musicale dato dal
prof. Giidi da Trieste fu assai ammirata come abilissima pianista
la sgnorina Teresina Guidi, già allieva del Conservatorio
di Mila©.
Il lott. Luigi Farina fu rieletto non ha guari a direttore
musicale della Scuola corale di Padova.
& Ila visto la luce in Roma un nuovo giornale letterario-artistico-teitrale
col titolo 11 Globo. Esce tre volte al mese.
Il Sgnor Edmondo Vanderstraeten ha pubblicato una dotta:
storia del giornalismo musicale belga.
Un gornale di Bruxelles annunzia l’apparizione di una nuova
stalla piaristica - Olga Janina - allieva del Liszt. Questa giovinetta,
dici l’astronomo, è Liszt all’età di 26 anni.
V- II ceebre citarista Huesta, di cui da gran tempo non si
avevano mtizie, suonò giorni sono alla presenza della Regina
del Belgio.,
Ir Aneli! Birmingham avrà d’ora innanzi i suoi concerti popolari
a soniglianza di Londra. Il concerto d’inaugurazione fu
splendido.
La celebre violinista Teresa Milanollo, oggi signora Parmentier, suonò giorni sono ad Havre per i poveri. — Magnifico
concerto, nagnifìco introito.
Gouncd è, a quanto si dice, gravemente malato in Londra.
— Firenze. La famiglia del defunto Luigi Gordigiani, il popolare autore;
di tante stupende melodie, intraprende per proprio conto la pubblicazione
delle opere postume, che saranno stampate nello Stabilimento Calcografico
di G. C. Guidi. Saranno 16 pezzi in tutto, e formeranno un elegante Album
che si dà per lire 16 a chi piglia l’associazione.
— Bologna. - Scrive V Arpa: - Siamo lietissimi di annunziare che là
guarigione del celebre Cav. Mariani è ormai raggiunta pienamente, e che fra
non molto egli sarà ridonato all’arte che era giustamente in apprensione per
l’avvenire di un uomo tanto benemerito del mondo musicale.
— Napoli. E stata fondata una Società di mutuo soccorso tra musicisti,
e n’è presidente Lauro Rossi, direttore del R. Collegio di musica, il quale
fece nel R. Teatro Mercadante un applauditissimo discorso, in occasione della
lettura dello statuto compilato dal maestro De Beaupuis. A quella lettura
assistevano circa 500 individui.
— I giornali di Napoli annunziano la fondazione d’una nuova società col
titolo: Società di mutuo soccorso Thalberg. La vedova del celebre pianista
ha fatto dono a questa società di cinque composizioni inedite del marito.
— Parigi. Si è costituita una nuova Società nazionale di musica che ha
per oggetto l’unione dei compositori francesi e l’esecuzione delle loro opere.
Ha già dato tre accademie.
— Il filatale fu celebrato musicalmente alla chiesa di S. Nicola del Chardonnet
con una bella Messa di Carlo Magner, maestro di cappella della parecchia;
e con un’Are Alaria di Elwart.
— Anversa. Fu offerta a P. Benoit la direzione della mùsica della cappella.
ed egli ha accettato. — Gand. La Società reale dei cori eseguì l’oratorio nuovo del maestro
Van Gheluwe — Venezia salvata — che piacque assai. Van Gheluwe è
noto per aver fatto un bellissimo rapporto sui Conservatorii italiani e tedeschi.
— Lione. Anche Lione avrà il suo Conservatorio di musica. Il Consiglio
municipale ha accordato un edilìzio intero per questo scopo. La direzione
del nuovo stabilimento sarà affidata al signor Edoardo Mangin, già direttore
d’orchestra del teatro Lirico di Parigi, oggi direttore d’orchestra del Gran
Teatro di Lione. Egli si è già assicurato F opera di molti eminenti professori.
Si spera che l’apertura dei corsi possa aver luogo fra due o tre mesi.
— Copenhagen. Prof. Enrico Rung, noto in tutta la Danimarcà come compositore
di musica sacra e profana, fondatore e direttore dell’Unione di Santa
Cecilia. Nacque il 3 marzo 1807, morì il IO dicembre scorso.
— Berlino. Carlo Colberg, cantore del Duomo e maestro di canto, morì
improvvisamente il 22 dicembre scorso.
— Parigi. Maurizio Kauffmann, professore di pianoforte.
TELEGRAMMI.
Venezia, 1 Gennaio.
Ieri sera Luisa Miller alla Fenice, esecuzione mediocrissima,
accoglienza fredda. Favorita al Camploy
successo buono.
Signor F. M. — Lago Calabria Citra.
Vi abbiamo spedito quanto desiderate. D’ora innanzi non sarete in condizione
peggiore degli altri perchè per la Gazzetta avrete una settimana e per
la Rivista 15 giorni.
Signor M. C. — Cagliari.
Vi ringraziamo ed accettiamo, ma nei limiti di brevi cenni, proporzionati
all’importanza del teatro. Mutilato, come lo vedete, è ancora troppo lungo.
Signor F. G. — Cesena.
Se il nome di taluno degli spiegatori non viene qualche volta pubblicato
è segno che o la lettera giunse troppo tardi o non giunse. Non ne abbiamo
assolutamente colpa. Nel caso vostro certo, la lettera andò smarrita, perchè
non sapemmo rinvenirla.
Signor Della Chiesa — Asti — N.?
Non comprendiamo la vostra insistenza nel dirvi associato annuo alla Gazzetta;
il vostro nome non è nei registri.
31 dicembre - 6 gennaio.
Teatro alla Scala.
31. 1, 4 e 6. La Forza del Destino - Le Figlie di Chèope, ballo nuovo.
Teatro alla Canobbiana.
31. L’unico figlio - Abderamo il sapiente, ballo nuovo — 1. ZampieriAbderamo
il sapiente, ballo — 2. Il Pericolo - Abderamo il sapiente, ballo —
3. Un vecchio Peccatore - Abderamo il sapiente, ballo — 4. La scelta di una
sposa - Abderamo il sapiente, ballo — 5. Amleto — Abderamo il sapiente, baLo
— 6. I misteri di Napoli - Abderamo il sapiente, ballo.
Teatro Carcano.
31. Francesca da Rimini — 1, 2 e 4. I Lombardi — 5 e 6. Francesca da
Rimini.
Teatro Re.
31. Triste realtà — 1. I Mariti — 2 e 3. Cause ed effetti — 4. I nostri
intimi — 5. Una visita di nozze — 6. Il Ghiacciaio di Monte Bianco.
Teatro Santa Radegonda.
31. 1 e 2. L’Isola di Tulipatan — 3, 4, 5 e 6 Le Amazzoni.
È ultimo il primier, primo il secondo,
Diede gloria intero il nuovo mondo.
Quattro degli abbonati, che spiegheranno la Sciaraà e il
Rebus, estratti a sorte, avranno in dono uno dei pezzi emmerati
nella copertina della Rivista minima, a loro scelta.
SPIEGAZIONE DELLA SCIARADA DEL PASSATO NUMERO
TACCHI - NO
SPIEGAZIONE DEL REBUS.
Lino breve, tela lunga.
Spiegarono la Sciarada del passato numero i signori: prof, ingelo Vecchio
(Pavia), avv. Guido Venini (Como), Ernestina Benda (Veiezia), Della
Chiesa (?) (Asti). Il Rebus non fu sciolto da alcuno. Considerata h straordinaria
difficoltà del Rebus, fu accordato il premio ai primi tre.
Editore-Proprietario, TITO DI GIO. RICOEDI.
Oggioni Giuseppej gerente. Tipi Ricordi. — Cirta Jacob.