Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. II/Libro I/IV

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Cap. IV

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CAPITOLO QUARTO.

Continuazione del viaggio sino ad Ispahan.


A
L suono di tamburi, e flauti, che si sentivano dal Meidan o piazza, uscimmo dalla Città l’istesso giorno de’ 2. al tramontar del Sole, per continuare il nostro cammino. Dopo dodici miglia fatte in quattr’ore, arrivammo nel grosso Casale di Kassum-Abad, e riposammo in uno de’ suoi cinque Karvanserà.

Comparso il nuovo giorno di Sabato 3. ripigliammo il cammino per un sentiero arenoso, e affatto sterile, che durò 6, ore, e 15. miglia sino al Karvanserà di Abscirim. cioè a dire, acqua dolce; per esservi una conserva, o cisterna d’acqua per uso di tutti i Karvanserà: perocchè per lo spazio di cinque leghe all’intorno non si truova una goccia d’acqua; onde trovammo per istrada un cane, ci e stava morendo per la sete, cagionatagli da un vento caldissimo, che ivi spira, e quasi toglie la respirazione.

Verso la sera del medesimo giorno de’ 3. ci riponemmo in cammino; e dopo cinque miglia passammo per lo picciolo [p. 79 modifica]Casale di Sinsin; e fattene altre otto, per quello di Nassar-Abad affatto distrutto, con vestigia di buoni edificj, dove ci riposammo alquanto a Cielo aperto, sino al far del giorno della Domenica 4.

Indi partiti, arrivammo con due ore di giorno nella Città di Cascian, dopo aver fatte in tutto 20. miglia in ott’ore. Il terreno per sole tre miglia da presso alla Città era idoneo alla cultura.

La Città di Cascian è governata da un Kan, a simiglianza di Kom, ed è di questa poco o nulla inferiore nel circuito. Certamente la sua lunghezza è di tre miglia, e gli edificj non sono così rovinati, come nell’altra. I Bazar sono luminosi, e di fabbrica bene intesa, a comparazione degli altri, che sono da per tutto oscuri, e malamente disposti. Spezialmente meritano d’esser veduti due, dove oltre varj mestieri, sono artefici, che fanno gli stovigli di rame per usi famigliari. Le strade anche sono ottime, come i Karvanserà, che sono ben fatti, e grandi a due appartamenti. Fuori la porta per la quale entrammo, ne vedemmo uno a destra bellissimo, con due grandi Cortili; in uno de’ quali era una conserva d’ acque, dove i Mercanti l’Estate fanno [p. 80 modifica]portare i loro letti, per dormire al fresco. Intorno al primo, e secondo piano sono gli usci delle camere leggiadramente lavorati, con mattoni di diversi colori. Quei Karvanserà, che sono dentro la Città, non sono fabbricati in suffragio de’ difonti, ma per profitto particolare, pagandovi quattro Abassì il mese, o quattro Casbì la sera. La maggior parte del traffico consiste quivi ne’ drappi di seta, a cagion de’ quali vi vengono infiniti Mercanti dall’Indie, ed altre parti dell’Asia. Malachia fece vedermi tre canne, e mezza di taffetà, largo due palmi e quarto che avea comprato per due Abassì, che sono quanto otto carlini della nostra moneta di Napoli. Andai poscia a vedere la Casa, e Giardini del Re, al lato della strada per la quale entrammo. In un di essi corre nel mezzo un ruscello, che divide per mezzo il Giardino; a’ fianchi del quale sono lunghi, e ben disposti ordini di pini, ed altri alberi di varie sorti, che con la loro disuguaglianza maggiormente ricreano l’occhio di chi gli mira. All’intorno del Giardino sono anche due ordini di cipressi, e pini, che fanno gratissima ombra col loro perpetuo verde. Nell’altro Giardino, più da presso alla Città, [p. 81 modifica]sono anche in gran copia le acque, e con la medesima simmetria disposti gli alberi; onde si scorge quanto l’ingegno de’ Persiani sia più culto di quello de’ Turchi.

La Casa poi del Rè (la quale, come tutte le altre, serve di asilo, e di rifugio a’ delinquenti) ha la facciata ordinariamente lavorata di mattoni coloriti, giusta il costume del Paese, e comode abitazioni al di dentro. Stava avanti questa casa una compagnia di Cavalli, molto curiosa a vedere, per gli diversi portamenti di testa de’ Soldati; perocchè alcuni aveano turbanti, altri semplici berrette, altri con piume di varie sorti, ed altri con un so che di figura cilindrica nel mezzo, dello stesso panno della berretta. Or volendo io osservar più da presso i caratteri, che si vedeano sulla porta, un di quei Soldati sdegnato che io non avessi prima fatta riverenza avanti la medesima, secondo la lor costumanza; me la fece fare inginocchioni, colla fronte sulla pietra della soglia, come di luogo sacro, e Reale.

Per ritornare alla Città, quantunque ella sia cinta da doppio ordine di mura; sono però queste così mal concie e rovinate, che non fa di mestieri gir trovando [p. 82 modifica]le porte per entrarvi. La migliore nondimeno era quella, per cui noi entrammo; essendo ben’ornata al di fuori, e dando l’ingresso per volte ben’alte a’ Bazar; alcuni de’ quali hanno particolari porte, per serrarsi la sera al determinato segno d’un strepitoso concerto di Timpani, e Flauti del Meidan.

L’istesso giorno della Domenica continuammo il viaggio; ed usciti da Cascian, vidi che il terreno non era punto migliore, o meno arsiccio di quello, che da Kom avevamo trascorso sino all’ora. Tra gli altri mali, spirava un vento così caldo, che mi obbligava a pormi da volta in volta un moccichino bagnato sulle carni. Dopo aver passate 12. miglia di cotal sorte in quattr’ore, entrammo in alcune valli; e quindi salendo in alto, a fine di 3. miglia posammo un poco nel Karvanserà di Ghiaur-Abad, assai ben fabbricato fra le solitudini di quelle montagne, indi a 6. altre miglia giugnemmo alle piscine fatte fare da Scia-Abas II. Re di Persia, per somministrar nella State maggior copia d’acque a Cascian, in caso che non bastasse il ruscello, che vi passa per lo mezzo; che pure non è molto picciolo. Narrano che le facesse egli fare, [p. 83 modifica]perche avendo trovata una volta la Città vuota di abitatori, per difetto d’acqua, promise di rimediarvi; e non guari di tempo dopo fece fare fra due montagne un muro lungo più di cento passi, largo 30. ed alto 50. per arrestare l’acque piovane in Inverno; e distribuirle poi, giusta il bisogno, per sette aperture, che vi sono. Mostrano una casa ivi vicina, donde dicono che il Rè andava ad assistere alla fabbrica.

Il Lunedì 5. all’apparir del giorno fatte sei miglia, ci fermammo un poco nel Casale di Corù, posto fra montagne, che non han palmo di terreno fruttifero. La valle bensì, ch’è nel mezzo di loro, supplisce a tal difetto con la copia, e bontà di ogni sorte di frutta, che si truovano ne’ suoi buoni giardini (murati all’intorno di pietre) per la copia dell’acque; quantunque non vengano così tosto a maturità. Le noci sopra tutto sono ottime, e vengono in tanta abbondanza, che ne vanno in diversi luoghi. Il rimanente però delle vettovaglie è caro. Vi sono due karvanserà, uno di fabbrica soda di pietre, l’altro di fango.

Risorta la Luna ci ponemmo di nuovo a cavallo; avendo lasciate in dietro le [p. 84 modifica]sterili montagne, sin dal grande Karvanserà d’Agaka-malà, fatto di buona fabbrica. Il terreno, benché piano, non era meno sterile di quello de’ monti, onde quantunque vicino ad Ispahan, non vi si vede per 30. miglia di strada alcun Casale.

Ben per tempo il Martedì 6. ci fermammo nel Karvanserà minore di Agakamalà (fatto eziandio di buona fabbrica) sino al quale si contano dal maggiore 12. miglia, e da Corù nove: le miglia però sono tanto lunghe, che si potriano ben dire trenta di mala strada.

Nel maggior bujo della notte avevamo incontrata una compagnia di Mercanti Armeni, che andavano nella Provincia di Ghilan: e mi disse Malachia, che per girvi da Cascian, non si può fare a meno di non passare, per dodici ore continue, su d’una strada di sale schietto, per la quale, con gran stento, si truova qualche poco di acqua di cisterna.

Desiderosi intanto di vedere Ispahan nel seguente giorno, affrettammo il partire, ponendoci a cavallo circa le 21. ore. Dopo 15. miglia, e cinque ore di cammino vedemmo il distrutto Casalc di Micaxor; indi a dodici altre in quattr’ore, il [p. 85 modifica]Inserisci il testo da non formattarecattivo Karvanserà di Aganurì; e continuando tuttavia il viaggio, con gran fatica de’ cavalli, per aride e sterili campagne, a fine di 9. altre miglia, sul far del giorno del Mercordì 7. prendemmo riposo nel picciol Villaggio di Gasì; dove è un ben grande Karvanserà fabbricato a spese del Rè. Da questo luogo sino alla Città, il paese è fertile in ogni spezie di biade, e frutta, onde si vede molto abitato in Villaggi, e case di delizia. Postici adunque in cammino sulle 20. ore, facemmo nove miglia, e circa le 24. entrammo nella Città, che da lungi ne avea sembrato più tosto una folta selva, che altro: l’istesso giorno de’ 7. avendo compiuto appunto un’anno dalla mia partenza da Redicina.

Andai lunga pezza fra me stesso divisando, dove dovessi albergare; potendo aver luogo fra’ Padri Carmelitani, Gesuiti, e Cappuccini Francesi: alla per fine risolsi d’essere ospite de’ PP. Agostiniani Portoghesi, sì per apprendere la loro favella, ch’è molto in uso nell’Indie Orientali, e nella Cina; come anche, perche essendo la loro nazione delle prime che si siano stabilite in quei luoghi, sono eglino tenuti in grand’estimazione dal Re. [p. 86 modifica]Fui ricevuto adunque da essi con straordinaria cortesia, nel più ornato appartamento, che avessero ne’ due dormitori a volta, ne’ quali consiste la loro abitazione. Queste volte sono dipinte d’azurro, e d’oro vagamente, all’uso del paese; ed hanno la veduta d’un bel giardino leggiadramente compartito in diversi quadri per varie frutta, e fiori.

La Chiesa quantunque picciola non è meno bella come anche la Sagrestia, e’l Refettorio è di ottima architettura. I Padri si trattavano assai bene, facendo apprestare i più dilicati cibi, che si trovassero, da un Cuoco Portoghese; e facendosi servire nell’altre cose da dodici persone, cioè tre Mori, due Arabi, tre Armeni, e quattro Indiani.