Gli sposi promessi/Tomo IV/Capitolo III

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Tomo IV - Cap. III

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Cap. III.



Il giorno 22 d’ottobre di quell’anno 1629, Pietro Antonio Lovato, fante in un reggimento italiano alloggiato nel territorio di Lecco, entrò in Milano, carico di vesti rubate o comperate dai soldati alemanni; e andò a porsi1 in una casa di suoi parenti nel borgo di Porta Orientale. Appena giunto, s’ammalò: fu portato allo spedale; e morì nel quarto giorno. Nel cadavero si scoperse un carbone, che diede sospetto di peste; i parenti del morto, spaventati dall’idea di divenire sospetti anch’essi, e di essere assoggettati alle precauzioni sanitarie, accorsero ad asseverare che quel tumore era stato cagionato dalla fatica del viaggio e della soma.2 Tuttavia gli abiti del Lovato e il letto dov’era giaciuto furono arsi nello spedale; ma non si pensò a3 più lontani provvedimenti. Tre giorni dopo, due serventi dello spedale,4 che avevano governato5 quell’infermo, e un buon frate che lo aveva assistito, si posero giù con febbre, che fu giudicata pestilente.

Allora il tribunale della sanità fece sequestrare la famiglia del Lovato dalle molte altre famiglie, che abitavano nella stessa casa. Quest’ordine fu dato per6 abbondare in cautela, a quel che7 lasciò scritto8 il Tadino; ma se la cautela fu abbondante, certo non fu a tempo; poiché egli stesso [p. 638 modifica]racconta come un Carlo Colonna,9 sonatore di liuto, che dimorava sotto quel tetto, s’ammalò ben tosto, e, visitato da lui, morì in breve spazio con tutti i segnali del contagio.

Tutti gl’inquilini di quella casa furono allora mandati al lazzeretto. Ma dall’arrivo del Lovato erano già corsi forse venticinque giorni, nei quali10 i parenti, i vicini,11 che avevano praticato con lui, avevano praticato pure con altri senza12 sospetto e senza riguardo. Furono ricercate tutte le robe del Lovato e del Colonna; e fatte ardere quelle, che si poterono rinvenire. Ma una gran parte era stata trafugata, dispersa, nascosta,13 con quella destrezza, con quella14 diligenza, che tutti noi figli d’Adamo sappiamo mettere nel far male a noi stessi. I conservatori della sanità lo riseppero da una donna, che si moriva15 per avere avuto di quella abilità; e non poterono fare altro che concepire16 un gran17 sospetto per l’avvenire.18 Ben presto19 ogni più tristo sospetto cominciò ad avverarsi: la più parte dei sequestrati nel lazzeretto20 s’infermarono, e tutti coi medesimi tremendi segnali; e molti21 di essi22 morivano in poco d'ora.23 Lo stesso accadeva di quando in quando in varj quartieri della città, o per comunicazioni avute colla gente di quella casa funesta, o per nuovo arrivare d’uomini24 dalle parti del contado, dove la peste era più diffusa. Ma le nuove25 di quegli accidenti giungevano26 al tribunale, tarde per lo più, incerte, contraddette. Il terrore del lazzeretto aguzzava tutti gl’ingegni, e faceva sormontare ogni altro terrore: si dissimulavano27 gli ammalati, si occultavano i cadaveri,28 si procuravano29 false attestazioni. Quegli poi che avevano ottenuto [p. 639 modifica] l’intento di evitare il lazzeretto, o la quarantena in casa, e di conservare le robe dei congiunti o degli ospiti loro, cadevano poi talvolta repentinamente nelle vie, nelle chiese, soprappresi dalla peste, e manifestavano in se stessi il malore, che insensatamente avevano voluto nascondere in altri. Il tribunale, avvertito, faceva portare gl’infermi e i sospetti al lazzeretto, e sequestrare gli altri nelle case.30 Ma lo schiamazzare che si faceva contra quel tribunale non è da dirsi:31 i suoi atti erano oggetto di amara censura e di derisione;32 le persone oggetto di avversione e di33 disprezzo.

A volerlo, ora dopo due secoli, giudicare con discrezione, bisogna34 vedere ciò ch’esso poteva fare per distornare35 la peste, o per diminuirne il guasto,36 e ciò che fece. Ora, prima di tutto è cosa troppo evidente che il tribunale della sanità non poteva impedire che entrasse la peste nello stato, quando v’entrava un esercito, nel quale era appiccata. Fin da quando si seppe che la37 calata di questo esercito era risoluta, quei poveri galantuomini, (e questo fu veramente un abbondare in cautela) rappresentarono al Sig.r D. Fernando Gonzalez di Cordova38 la rovina, che infallibilmente ne sarebbe venuta al paese; ma Don Fernando Gonzalez di Cordova rispose chiaramente che il fine politico, per cui si faceva passare quella truppa, importava più che39 non la sanità pubblica. Non parlò dunque con esattezza quel valentuomo, il quale in un libretto, per altro lodevolissimo,40 ricercando le cagioni,41 per cui quella peste fu tanto micidiale in Lombardia, nota per la prima: «una somma spensieratezza nel lasciare indolentemente entrare nella patria la pestilenza;» e fa nascere questa spensieratezza: «dalla ignoranza e dalla sicurezza nei loro errori, che formò il [p. 640 modifica]carattere dei nostri avi.» La non fu spensieratezza; fu 42 posponimento volontario, abbandono pensato della salute degli uomini; e quelli che lo commisero non sono nostri avi. A ciascheduno43 quel che gli si viene.

Ma,44 data questa45 inevitabile ospitalità ad appestati, poteva il tribunale impedire ogni contatto dei paesani con quelli? Qui pure l’impossibilità è manifesta: poiché si trattava di migliaja d’uomini, che violentemente46 si ponevano nelle case,47 occupavano i letti, prendevano, adoperavano, brancicavano, malmenavano le cose e le persone che potevano aver nelle mani.

48Entrato così il contagio negli abitanti, poteva il tribunale circoscriverlo tosto a quei primi infetti, isolarlo, costringerlo nei luoghi dove si manifestava,49 ottenere quei due scopi egualmente sacri, e tanto difficili a conciliarsi, l’assistenza agli infermi, e la preservazione dei sani? Quando si consideri che i soldati avevano percorse forse cento cinquanta miglia del milanese,50 e s’erano diffusi a destra e a sinistra, per trovare alloggiamenti, e per rapinare; che51 in varie parti di quel tratto la pestilenza si manifestò, ad un punto, in moltissime persone, si vedrà che anche quest’ultimo scopo era, se non impossibile, difficilissimo ad ottenersi52 dal tribunale, quand’anche questo avesse avuti a sua disposizione mezzi grandissimi, e avesse trovata da per tutto una pronta, attiva, e sapiente cooperazione; del che non era niente.

Ma per conchiudere finalmente,53 adoperò il tribunale tosto o tentò tutti quei mezzi che aveva,54 se non per distruggere,55 se non per ridurre a poco, almeno per iscemare in qualche parte il contagio, e per salvare i paesi non ancor tócchi?56 Qui bisogna distinguere fra le persone [p. 641 modifica]stesse del tribunale. I due medici, convinti57 dal primo momento della gravità del pericolo,58 insistettero tosto e sempre perché si dessero pronti provvedimenti; ma non furono secondati dai loro colleghi. Proposero, per esempio, che fosse proibito59 sotto pene severissime, il comperar roba dai soldati alemanni; «ma,» dice ingenuamente il Tadino, non fu possibile persuaderlo al presidente, pieno di molta bontà, che non poteva credere dovesse succedere incontri di morte di tante migliaja di persone, per il commercio di questa gente e loro robbe.»

Così l’avere a quel primo avviso del Settala, anzi dopo gli iterati avvisi che giungevano dal territorio di Lecco, spedito un ignorante commissario60 col solo carico di riferire,61 fu atto di62 trascuranza inescusabile; per non parlare di molti altri atti di egual valore. Certo una condotta simile63 in simili circostanze d’un tribunale della sanità ai nostri giorni ecciterebbe uno scandalo universale; o, per meglio dire, non64 vi sarebbe ora forse in Europa tribunale della sanità che operasse a quel modo.

Ma (e qui appare il carattere singolare di quei tempi) non erano queste le accuse, che gli uomini d’allora facevano al tribunale: lo accusavano, indovinate mò, di corrività, e di precipitazione,65 lo accusavano di credere pazzamente ad un male che non esisteva,66 di atterrire, di contristare, di tormentare con ordini inutilmente i cittadini. Dopo tante calamità,67 parlare anche di peste pareva un raffinamento di crudeltà;68 il popolo, bene o mal vestito, gridava69 ad una voce che quell’orrendo sospetto era una invenzione70 di alcuni medici, per guadagnare sul pubblico terrore. Molti fra i medici stessi, facendo eco71 alla voce del popolo, la quale in questo caso (se è lecito fare una eccezione ad un proverbio) non era certamente voce di [p. 642 modifica]Dio, ridevano al nome di peste;72 attribuivano la mortalità ai disagj degli anni scorsi, ed avevano in pronto molti nomi per qualificare variamente gli accidenti di quel male73 nelle varie persone; quando qualche infermo, rimovendo tristamente la coltre, mostrava loro un tumore che gli dava da pensare, essi sogghignando gli domandavano se non aveva mai veduto foruncoli; quando74 si parlava di75 taluno76 estinto repentinamente,77 o dopo brevissimo languore,78 domandavano se non si erano mai conosciute apoplessie. Con una disposizione universale di questo genere,79 gli ordini del tribunale dovevano incontrare da per tutto ostacoli, resistenze, inesecuzione. Cosi era in fatti;80 e, per immaginarsi a qual segno, basti sapere che81 gli ufiziali stessi del tribunale, quelli che dovevano fare eseguire gli ordini, erano, come l'universale, convinti che fossero pazzie.82 Come però erano ordini,83 che davano ad essi una autorità, e ordini spiacenti84 a chiunque vi si doveva assoggettare,85 una gran parte di quegli ufiziali86 faceva un traffico della inesecuzione.

Era venuto il carnevale; e87 agli animi, avidi di tripudio diveniva ancor più insopportabile la tirannia del tribunale, che per un88 supposto ostinato, per un suo capriccio, vi poneva inciampo in mille modi. Non consta89 veramente che giungesse all’eccesso di proibire le mascherate, ma faceva90 far visite incessanti, ma prescriveva sequestri, ma separava gente da gente, ma non rifiniva di tappezzare gli angoli delle vie di ordini minacciosi,91 malinconici; ma [p. 643 modifica] insomma voleva intrudere a forza quella idea di peste in tutto,92 amareggiava e teneva su la corda ogni galantuomo. Più ancora fremevano coloro, che come sospetti erano rinchiusi nel lazzeretto; e ripensavano tristamente ai divertimenti dai quali erano tenuti in bando; si rodevano di non potere, come i loro concittadini, gettare alle finestre, alle carrozze delle signore uova industriosamente ripiene di acqua odorosa o fetida, secondo il genio leggiadro o spiritoso del dilettante: sollazzo renduto più piccante dal divieto annuo, e dalla destrezza che si doveva impiegare a far le cose in modo da non esser sorpresi, e da schifare la multa di venticinque scudi93 se il reo era un galantuomo, e due tratti di corda, se94 scarseggiava di scudi. Pensarono dunque al modo di divertirsi almeno in quel tristo ricinto; e con danari ottennero facilmente dai ministri del tribunale95 di confondersi e di praticare liberamente fra loro; ottennero di più che si desse adito nel lazzaretto a chi voleva venire a rallegrarli: vi si fecero feste e balli: la licenza96 fu tanto più sfrenata in quanto aveva costato desideri e danari: e quel luogo, che in verità pare dovesse ispirare tutt’altri pensieri, divenne un ridotto di tresche97 romorose, e di sozzi baccani.

Similmente,98 molti, in casa di cui moriva uno appestato, con denaro ottenevano dai ministri del tribunale che la casa non fosse dichiarata sospetta,99 ottenevano100 di poter sottrarre all’incendio prescritto dagli ordini le robe del defunto. Vedendo poi101 molti di costoro102 che guadagno ritraevano dalla loro condiscendenza, pensarono a farla comperare anche a chi non ne aveva bisogno; e quel traffico tanto insensato e colpevole si cangiò di più in concussione. Minacciavano essi del lazzaretto o della quarantena famiglie, dove era morto qualcheduno, quantunque con nessun indizio di peste, e per altro male manifesto; [p. 644 modifica]prolungavano ad arbitrio le quarantene,103 intimavano la qualità di sospetti, e le conseguenze di questa qualità coi più vani pretesti a chi conveniva loro;104 e il solo mezzo d’uscire da quegli artigli era di ugnerli, come si dice.

105Queste vessazioni crescevano il malcontento106 e i clamori:107 di tutto si dava cagione al tribunale, e alla opinione108 che vi fosse la peste; giacché, tolta questa opinione, sarebbero necessariamente cessati109 colle prescrizioni di cautela, gl’incomodi e gli abusi di quelle.110 Ormai chi avesse voluto parlar seriamente di peste sarebbe stato accolto non più con111 risate, ma con minacce e con insulti; quei112 medici, che lo ardivano, erano nominati, notati, mostrati a dito come pubblici nemici.

Sa il cielo quante quei poveri galantuomini avranno dovuto ingozzarne; le quali sono sepolte nell’obblio con chi le ha fatte e con chi le ha patite. Uno di quei casi però parve ai contemporanei degno d’esser tramandato ai posteri,113 e in servizio di quei posteri, che forse non l’avessero mai inteso, lo racconteremo di nuovo anche noi.

Ludovico Settala era generalmente riputato il primo medico del suo tempo in Lombardia; e questa riputazione gli è conservata tuttora da coloro, che sono in caso d’avere una opinione ragionata su questo fatto. Oltre questa superiorità di dottrina, era egli celebrato e venerato per bontà di costumi, per114 uno grande zelo e per un gran disinteresse115 e beneficenza nell’esercizio della sua professione. 116Vecchio venerabile, autore di molte opere117 la più parte latine, lodato dagli esteri, uomo che per amore del luogo natale aveva rifiutati gl’inviti splendidi del duca di Baviera, del granduca di Toscana,118 del cardinal119 legato di Bologna, dei signori veneziani, protofisico,120 lettore di filosofia, egli avrebbe potuto slanciare impunemente, anzi con applauso [p. 645 modifica]qualunque sproposito.121 Ma egli abusò di tanta popolarità:122 volle dire una cosa vera, che importava a tutti, e che nessuno voleva intendere; e ne fu severamente punito. La popolarità e il favore si cangiò in avversione. Egli, il primo a denunciare la peste,123 aveva sempre persistito nel124 proporre provvedimenti, aveva messa ogni cura nel farli eseguire; e,125 più sicuro degli altri per una lunga abitudine di autorità, aveva sempre predicato, in ogni occasione e con chi che sia, che pur troppo126 il male era certo,127 e che l’ostinarsi a negarlo,128 non poteva fare altro che129 dargli più130 campo a dilatarsi. Un giorno sul finire del Marzo 1630,131 appunto quando il contagio, che aveva lentamente serpeggiato nel verno, cominciava132 a mostrarsi più frequente,133 essendo il buon vecchio portato in lettiga a visitare suoi malati,134 cominciarono alcuni del popolo a seguirlo nella via, a mostrarlo agli altri, a135 sussurrargli intorno. Si fece folla, e allora si cominciò a gridare136 più chiaramente:137 «è il capo della lega: è quegli che138 vorrebbe che ci fosse la peste: per sostenere il suo puntiglio:139 per far lavorare i suoi medici impostori. Uh! Uh!140 È quegli che mette la paura in corpo alla gente con quel suo cipiglio aggrondato, con quella sua barbaccia. L’amico della peste: il protettore del contagio. Uh! Uh! É ora di finirla: Si vorrebbe insegnargli a spaventare tutta una città colle sue imposture.»141 I lettighieri, vedendo la mala parata, approfittarono della vicinanza d’una casa conoscente del loro padrone, e ve lo portarono in salvo da quel tumulto, da quello sdegno, che142 minacciava di diventar furore:143 ivi144 il vecchio dovette145 rifugiarsi, come un146 omicida, per avere avuto ragione,147 e voluto far del bene. [p. 646 modifica]Da avvenimenti di questa sorte si trae troppo spesso una conseguenza falsa e perniciosa: che è pazzia far del bene148 a noi uomini. Far del bene è sapienza: la pazzia è proporsi per fine o per premio la149 nostra riconoscenza e la lode, che150 noi diamo e ritogliamo151 a capriccio, come un ragazzo il suo balocco.

Poco dissimili dai ragionamenti, che il popolo urlava152 nelle vie, erano quelli che i signori schiamazzavano nelle sale.153 I dotti154 poi, convenendo per la più parte nella opinione comune, la sostenevano però con argomenti un po’ più reconditi, e si scatenavano contra il tribunale e contra quei pochi medici con uno sdegno e con uno scherno155 più filosofico.156 Per darcene un saggio, l’autore del manoscritto riferisce una disputa occorsa in una brigata signorile tra il nostro D. Ferrante, e un Magnifico Signor157 Lucio, del quale158 l’autore,159 tacendo il cognome,160 accenna161 alcune qualità. Era costui professore d’ignoranza, e dilettante d’enciclopedia; si vantava di non aver mai studiato, e,162 ciò non ostante, anzi per questo appunto, pretendeva decidere d’ogni cosa; «perché i libri» diceva egli, «fanno perdere il buon senso.» Ammetteva bene una scienza, che si poteva acquistare colla esperienza, e163 comunicare per mezzo della parola:164 teneva165 che166 si possano scoprire verità; anzi non è da dire quante verità egli credesse167 di conoscere;168 ma nei libri, non so per quale raziocinio, supponeva che non si potesse consegnare altro che bugie.

Si strepitava in quella brigata contra169 i regolamenti170 della Sanità, che, divenendo di giorno in giorno più risoluti, cominciavano a non far distinzione171 di persone, e assoggettavano anche i potenti ad una vigilanza incomoda.

«Tutto questo,» diceva il Signor Lucio,«in grazia dei libri, dei sistemi, delle dottrine, che hanno scaldata la testa d’alcuni,172 i quali, per nostra sciagura, comandano. Non è [p. 647 modifica]ella cosa che fa rabbia, e pietà nello stesso tempo, il vedere quel buon vecchio di Settala, che173 potrebbe fare il medico174 con giudizio, e servirsi della sua buona pratica acquistata in sessant'anni,175 e del buon senso che gli ha dato la natura: vederlo, dico, perduto dietro sogni ridicoli, incaparbito contra il sentimento d’un pubblico intero, innamorato di quella sua idea pazza del contagio; perché? perché l'ha trovata176 nei suoi autori. Scienziati, scienziati: gente fatta a posta per177 creare gl’impicci.»

«Piano, piano,» disse D. Ferrante, il quaìe, benché occupato a dissertare in un altro crocchio, aveva intesa178 quella scappata179 del Signor Lucio. Piano piano: se si tocca la scienza son qua io a difenderla.»

«Don Ferrante fa da buon cavaliere a prender le parti d’una dama, che gli comparte tanti favori,» disse una180 signora, e il tratto riscosse un mormorio di applauso da tutta la brigata.

«Quand’anche ciò fosse vero,»181 disse D. Ferrante, dopo aver pensato soltanto per un mezzo minuto,182 una tale parzialità sarebbe da attribuirsi non al mio debol merito, ma alla innata benignità del sesso.183 Comunque sia,» continuò egli, «son qui a provare che la scienza non ha colpa in184 quegli spropositi, che si metton fuori sotto il suo nome.»

«D. Ferrante, con tutto il suo ingegno, non mi potrà sostenere,» rispose il Signor Lucio, «che185 tutte quelle belle ragioni, che si186 dicono da alcuni per far credere che vi sia la peste, il contagio, o che so io, non sieno cavate dalla scienza.»

«Dica dalla superficie, signor Lucio: dalla superficie,» rispose D. Ferrante. «Anzi la scienza, chi la scava un po’ al fondo, dice tutto il contrario, e187 insegna chiaramente che il contagio è una cosa impossibile,188 una chimera, un non¬ente.»

«Son cose che le donne possano intendere?» domandò quella signora. [p. 648 modifica]«La materia è un po’189 spinosa,» disse D. Ferrante; «ma vedrò di renderla190 trattabile. Dico dunque che191 in rerum natura non vi192 ha che due generi di cose:193 sostanze e accidenti; ora il decantato contagio non può essere né dell’uno né dell’altro genere; dunque non può esistere in rerum natura.194 Le sostanze... prego di tener dietro al filo del ragionamento... sono semplici o composte. Sostanza semplice il contagio non è; e si prova in due parole: non è sostanza aerea; perché, se fosse, volerebbe tosto alla sua sfera e non potrebbe195 rimanersi a danneggiare i corpi: non è acquea perché bagnerebbe; non è ignea, perché brucerebbe; non è terrea, perché sarebbe visibile. Sostanza composta, né meno; perché tutte le sostanze composte196 si fanno discernere all’occhio o al tatto; e197 fra tutti i signori medici non vi sarà quell’Argo che possa dire d’aver veduto, non vi sarà quel Briareo che possa dire di aver toccato questo contagio. Oh benissimo: vediamo ora se può essere accidente. Peggio che peggio. Ci dicono questi signori che il contagio si comunica da un corpo all’altro; sarebbe dunque un accidente trasportato. Ah! ah! un accidente trasportato: due parole che198 cozzano, che ripugnano, che stanno insieme come Aristotele e scimunito: due parole da fare sgangherar dalle risa le panche delle scuole,199 da fare scontorcere la filosofia; la quale200 tiene, insegna, pone per fondamento che gli accidenti non possono mai mai passare da un soggetto all’altro. Mi pare che la cosa sia evidente.»

«Intanto,» disse il signor Lucio, «senza tutti questi argomenti, col semplice buon senso, tutti i galantuomini, e il popolo stesso sanno benissimo che questo contagio è un sogno.»

«Non lo sanno; perdoni,» rispose D. Ferrante: «lo indovinano, a caso, come atomi senza cervello, che, girando senza saper dove, concorressero a201 comporre una202 figura [p. 649 modifica]regolare. Mi dica un po’, di grazia, se sapranno203 poi dire la cagione204 vera di questa mortalità.»

«Oh bella!» disse il signor Lucio:205 « la cagione è chiara: in tutti i tempi si muore; in alcuni le morti sono più frequenti, perché v’ha più malattie: e questo è il caso nostro.» «Sì,» disse Don Ferrante; «ma le malattie, la cagione prima delle malattie?»

206«Né qui pure c’è sotto gran mistero,» rispose il signor Lucio: «la carestia, la mala vita hanno cagionate le malattie.»

207«Tutto bene,» disse Don Ferrante, «ma la cagione prima?»

«Io non so che cosa ella intenda per cagione prima,» disse Don Lucio.

«Ora, vede ella se bisogna poi ricorrere alla scienza,» disse D. Ferrante. «Per trovare la cagione prima delle malattie, della carestia, di tutti questi infortunj, quella che spiega tutto e che fa tutto, bisogna andar molto in fondo, anzi molto in208 alto: bisogna cercarla negli aspetti dei pianeti. Perché non si vuol209 fare come il volgo, che guarda in su, vede le stelle, e le considera come tante capocchie di spilli, confitti in un torsello: ha bene inteso dire che le stelle influiscono, ma non va poi a cercare né come, né quando. 210Abbiamo il libro aperto dinanzi agli occhi,211 scritto a caratteri di luce: non si tratta212 che di saper leggere. Ed ecco che due anni fa comparve quella gran cometa, causata213 dalla congiunzione di Saturno e di Giove, apparet cometa magnus in cardine dextro, la quale indicava chiaramente che l’anno214 susseguente, che è poi l’anno passato, doveva regnare una terribile carestia; come si è trovata la spiegazione in quest’anno, con quelle parole tanto chiare e tanto terribili: Fames in Italia morsque vigebit ubique. Che se i dotti le avessero trovate prima, non sarebbero mancati gli increduli, che se ne facessero beffe; ma, dopo il fatto, anche i più [p. 650 modifica]ostinati debbono tacere. Ed ora,215 a furia di osservare, e di calcolare,216 da quella congiunzione funesta, si è ricavata un’altra predizione egualmente chiara;217 così non fosse!... »218

Tutti stavano ansiosamente attenti; Don Ferrante levò la destra, come se stesse per proferire un giuramento; la sua fronte si corrugò;219 la sua voce prese un tuono lugubre e solenne,220 e articolò la formola terribile: «mortales parat morbos; miranda videntur.»

«O poveretti noi!» disse una signora, e, rivolta al suo vicino, chiese che cosa221 volesse dire222 quel latino.

«Le prime parole,» rispose egli,223 «voglion dire che il morbo pare mortale: il resto è una esclamazione che non significa niente.»

224 Don Ferrante continuò: «Ecco la cagione prima della mortalità, ecco dove sta l’errore di questi pochi medici, che voglion fare il singolare, e resistere all’evidenza; e credono di spaventarci con un grande apparato di dottrina, come se225 alla fine,226 avessero a227 fare soltanto con gente, che non abbia mai toccato il limen della filosofia. Non basta parlare, a proposito e a sproposito, di vibici, di esantemi,228 di antraci,229 di buboni violacei, di foruncoli nigricanti: tutte cose belle e buone, tutte parole rispettabili;230 ma che non fanno niente alla questione...» [p. 651 modifica]«Eppure,» disse il Signor Lucio, risolutamente, perché231 gli pareva di avere232 alle mani una buona ragione: eppure anche quei medici233 non negano che l’aspetto dei pianeti presagisca malanni...»

«E qui li voglio,» interruppe Don Ferrante: «qui dà in fuora lo sproposito. Confessano questi signori, perché a negare un tal fatto ci andrebbe troppo coraggio: confessano che tutto il male è causato dalle influenze maligne, e poi, e poi vengono a dirci che si comunica da un uomo all’altro. Chi ha mai inteso234 che si possano comunicare le influenze?235 in quel caso gli uomini sarebbero236 gli uni agli altri come tanti pianeti.237 Confessano238 che il male è causato dalle influenze, e239 dicono poi: state lontani dagli infermi, non toccate le robe infette, e schiferete il male; come se le influenze discese dai corpi celesti in questo mondo sublunare potessero schifarsi; come se, quando le stelle inclinano al castigo, si potesse240 declinare la loro potenza con certe precauzioni ridicole; come se giovasse sfuggire il contatto materiale dei corpi terreni, quando chi ci perseguita è il contatto virtuale dei corpi celesti. Per me, credo che anche questo accecamento dei medici, e appunto dei medici241 che hanno la mestola in mano, sia un effetto di quella costituzione maligna, che domina in questo anno242 sciagurato,243 acciocché per giunta di tanti mali244 ci tocchi anche il flagello dei regolamenti.»

Tutti quegli uditori erano245 persuasi fin da prima che il male non era contagioso, sapevano che era comparsa quella cometa, avevano inteso dire che l’aspetto dei pianeti in quell’anno era funesto;246 ma da tutte queste idee non avevano mai pensato a cavare quel sugo, che247 D. Ferrante248 espresse nella sua bella argomentazione. Uscirono tutti di quivi più atterriti di prima e nello stesso tempo più irritati contra249 i regolamenti, e più disposti a trascurare, come inutili, tutte le cautele. Lo stesso contraddittore signor Lucio250 partì da


652 [p. 652 modifica]quella disputa più pensoso; perché le predizioni astrologiche erano di quelle cose, ch’egli251 riponeva,252 non nei sogni della scienza, ma nei canoni del buon senso.

253Quando ora si considera quali cose fossero a quei tempi tenute254 generalmente per vere, con che fronte sicura255 sostenute e predicate, con che fiducia applicate256 ai casi, e alle deliberazioni della vita,257 si prova facilmente, per gli uomini di quella generazione, una compassione mista di sprezzo e di rabbia e una certa compiacenza di noi stessi; non si può a meno di non pensare che, se uno di noi avesse258 potuto trovarsi in quella età con le idee presenti, sarebbe stato259 in molte cose l’uomo il più illuminato e nello stesso tempo il bersaglio di tutte le contraddizioni.260

Ma, dietro questa compiacenza, viene anche facilmente un sospetto. E se anche noi261 ora viventi262 tenessimo263 per verissime cose, che264 sieno per dar molto da ridere alle età venture? cose265 da far dire un giorno: «pare impossibile che quei nostri vecchj con tanta pretensione di coltura fossero incocciati di errori tanto marchiani.» E perché no? Guardandoci indietro, noi266 troviamo in ogni tempo una persuasione generale, quasi unanime d’idee la cui falsità è per noi manifesta; vediamo queste idee, ammesse senza dibattimento, affermate senza prove, anzi adoperate alla giornata a provarne altre, dominanti in somma per267 una, due,268 più [p. 653 modifica]generazioni,269 talvolta senza270 proteste, senza richiami.271 Talvolta però ne troviamo alcuni, ma o non ascoltati, o derisi o trattati seriamente male: cosa che ci fa strabiliare, vedendo noi ora quanto fossero ragionevoli, come esprimessero verità le più ovvie, anzi tanto ovvie, che l’annunziarle ora con importanza, farebbe ridere per un altro verso. Questi richiami si trovano272 per lo più sparsi, gittati come273 di passaggio,274 per occasione, nelle opere di sommi scrittori,275 o con più diretta intenzione, con qualche maggiore insistenza, in libri strani e sconnessi, dove ardite verità sono confuse con arditi spropositi e con istravaganze volgari. Dal che si vede quanto fosse prepotente l’autorità di quelle idee; giacché non ardivano impugnarle che gli276 uomini,277 difesi da una gran fama, o i fanti perduti, per così dire, della letteratura: gli scrittori, che non temevano più o che ambivano la riputazione278 incomoda e pericolosa279 di amici del paradosso. Volendo poi280 tener dietro al corso e alle vicende di quelle idee,281 si trova generalmente che, dopo quei primi assalti staccati, comparve qualche scrittore pensante e metodico a combatterle in regola. Allora un trambusto da non dire:282 quelle idee disturbate seriamente nel loro antico283 e legale possesso sono sempre state difese con sicurezza, e con ardore. Si sarebbe detto ch’elle non fossero mai state così forti così inconcusse come in quel momento; ma noi posteri, che284 vediamo la cosa [p. 654 modifica]finita, possiamo giudicare che forza era quella. Egli era come quando uno va di notte con un lumicino a dar fuoco ad un vespajo: gli abitatori sbucano in furia; è un batter d’ale, un avventarsi, un ronzio terribile: pare che vadano ad una conquista o che celebrino una vittoria; ma guardate il nido e vedrete ch’egli arde: v’accorgerete che tutto quel concitamento nasce dall’impaccio di non sapere dove andarsi ad alloggiare.

É cosa degna di osservazione come tutte quelle guerre si rassomiglino: in tutte, i difensori furono costretti a variare ad ogni momento il sistema della difesa; ad abbandonare ogni giorno285 argomenti proposti con somma fidanza, e ad inventarne dei nuovi, a misura che i primi erano malconci e renduti inservibili.286 Alcuni di quei nuovi argomenti furono talvolta molto287 ingegnosi; ma, per chi288 voleva riflettere, l’epoca stessa della scoperta era un pregiudizio contro di essi;289 poiché sarebbe cosa troppo strana che,290 dopo cento o dugent’anni di persuasione e di consenso in una opinione, si trovino tutto ad un tratto le ragioni291 fondamentali, che la fanno esser vera. Un altro punto notabile di292 conformità, che hanno avuto quelle guerre293 fu questo che: sempre294 si sono andati a scavare,295 un po’ tardi, tutti i richiami antichi contra quelle idee, per far vedere che lo scrittore,296 il quale veniva in campo297 a combatterle, non diceva nulla di nuovo.298 E quelli, che299 si presero di tali brighe, non s’avvedevano che era un darsi300 della scure in sul piè: venivano a provare che la verità era già stata annunziata da molto tempo, che era stata posta loro dinanzi, e che essi non l’avevano avvertita, o l’avevano rifiutata avvertitamente.301 [p. 655 modifica]Sarebbe una storia molto curiosa quella di302 tutte le idee, che hanno così regnato303 nelle diverse età,304 delle origini, dei progressi, e della caduta loro. Si vedrebbero305 le più solenni stravaganze, raccolte insieme, e tenute306 da una circostanza comune, di essere state universalmente avute in conto di verità incontrastabili. Si direbbe: nel tal secolo il negare la tal cosa, che ora nessuno vorrebbe affermare, vi avrebbe fatto mandare ai pazzerelli; nel tal altro l’affermare la tal altra, che ora nessuno vorrebbe porre in dubbio, vi avrebbe fatto andar prigione; in quello, la tal proposizione vi avrebbe fatto perdere ogni credito; in quell’altro, era appena lecito avventurarla al tale grand’uomo, e con molta precauzione, con aria dubitativa, aggiungendovi per correzione la tal altra cosa,307 che ora per noi e fin d’allora era forse per lui stesso una sciocchezza badiale.308 Si vedrebbe un tale errore, proposto da prima con309 Si vedrebbe un tale errore, proposto da prima con310timidità, sostenuto con modestia, combattuto acremente, diffuso lentamente fra i contrasti, aver poi dominato con lunga ed universale tirannia; tal altro annunziato con pompa, come una scoperta, e tosto ricevuto;311 tale, nato,312 cresciuto, e morto in un paese; tale, recato da di fuori, e ricevuto con gratitudine; tale, sorto tra il popolo illetterato, e a poco a poco ammesso dai dotti,313 ridotto da essi in sistema, e314 restituito agli inventori con corredo di dottrine;315 tale, scavato316 in un libro vecchio;317 tale immaginato da un corpo, da un uomo autorevole; tale, messo fuori da un uomo senza credito, e senza merito,318 aver fatto grande fortuna perché conforme ad altre idee storte già dominanti, e ad una generale disposizione degli ingegni: e, per troncare con una delle specie più singolari una lista che sarebbe319 troppo difficile e troppo lungo il compiere, si vedrebbe tale errore, tenuto fermamente, amato, predicato con320 ardore [p. 656 modifica]fanatico dagli uomini i più cólti e pensatori di un’epoca, e rispinto321 dal popolo, e dalla folla dei dotti minori, quando per322 amore di323 prevenzioni diverse, e quando per324 le vere e buone ragioni; dimodoché325 su quel punto i posteri non trovano da compatire326 in un’epoca che gli uomini, pei qualj hanno più di ammirazione.327

328Ma una storia siffatta,329 oltre la curiosità, potrebbe avere anche uno scopo importante.330 Osservando riunite tante opinioni false e credute, si verrebbero certamente a scoprire molti caratteri generali, comuni a tutte,331 così nella indole loro come nel modo con cui sono invalse, nelle circostanze che le hanno fatte ricevere e sostenere, nei rapporti loro con altre opinioni, o con interessi,332 eccetera. Questi caratteri scoperti, potrebbero poi servire come di uno scandaglio per noi:333 si potrebbe osservare se fra le idee dominanti al nostro tempo, ve n’abbia alcune, nelle quali questi caratteri si trovino; e cavarne un indizio, per osservarle334 con più attenzione, con uno sguardo più libero e più fermo, e con un certo sospetto, per vedere se mai non fossero di quelle, che una età impone a se stessa, come un giogo che le età venture scuotono poi da sé con isdegno. Giacché, è cosa troppo probabile che anche noi ne abbiamo di tali: e sarebbe pretensione troppo tracotante, il crederci esenti da una sciagura, comune a tutti i nostri predecessori. Io credo che molte delle nostre opinioni attuali si troverebbero avere di quei caratteri; anzi alcuno di essi vi è tanto manifestamente che, senza studio, alla prima occhiata, si può scorgere.335 Citiamone [p. 657 modifica] uno dei più estrinseci ed apparenti, e che si ravvisa in tutti gli errori antichi, ora riconosciuti tali: un errore della discussione, un’ombra, una ritrosaggine, una subita attenzione a rispingere con ira o con beffe ogni dubbio, un ricorrere tosto all’autorità dei morti, e al consenso dei vivi, per chiamar tante voci in soccorso a coprire quella, che voleva rendere un suono diverso. Ora, mettiamoci un po’ la mano alla coscienza: quante dottrine non336 predichiamo e non sosteniamo noi a questo modo! Se v’ha chi lo nega, è facile, non dirò farlo ricredere, ma337 costringerlo a somministrare egli stesso una prova novella del fatto, che non vuol confessare. Se uno venisse ora a dire, per esempio: «è egli veramente inappellabilmente provato che...» Eh ma! signori voi mi fate già la cera brusca! Perdonate, non vado oltre,338 tronco la frase sacrilega: ripiglio il manoscritto del mio autore, e torno339 alla storia.




Note

  1. in
  2. portata
  3. a maggiori
  4. e un buon frate che avevano prestati servigj a quei soldato
  5. quell’
  6. ordi
  7. dice uno
  8. uno dei conservatori della sanità, [Alessandro il Tadino, il quale avrebbe meglio nominata scarsa e tarda quella cautela che non abbondante ; giacché egli stesso racconta | il Tadino il quale racconta più tosto | immediatamente] il Tadino, ma la cautela fu piuttosto
  9. suonatore
  10. coloro che avevano
  11. che lo avevano accostato
  12. sosp
  13. con quella [accort] prontezza
  14. [sollecitudine] cura che gli uomini sanno mettere [a farsi male] a far male a sé stessi | cura
  15. [per ❘ in] per effetto di quella
  16. una
  17. paura
  18. La paura crebbe quando si vide la più
  19. il sospetto
  20. infermarsi
  21. morirne in poca
  22. morire in poco d'ora
  23. [E | Intanto nella città | Intanto erano giunti nella città altri uomini dal contado | nella città altri uomini che avevano dei | da altre terre per dove i soldati erano passati | era passata la soldatesca ; e a brevi intervalli in varj quartieri si sco | d | accadevano malattie straordinarie e morti] (lacuna)' Lo stesso intanto accadeva [in varj quartieri dell] a brevi intervalli in varj
  24. da quelle
  25. ne giungevano al
  26. alla S
  27. la
  28. si corrompevano i subalterni della sanità
  29. al
  30. [Ma lo schiamazzare che si faceva contra quel tribunale, contra i medici in ispecie non è da dirsi. Certo le | i primi indugi e le esitazioni, | gl’indugi e le esitazioni da prima, e la scarsezza, l’incertezza dei provvedimenti da pri | furono tali, che] (lacuna) Ma lo schiamazzare che si faceva contra quel tribunale non è da dirsi. [A voler giud | A voler giudicare] (lacuna) A volere ora giudicare con discrezione [i suoi] la sua condotta, (lacuna)
  31. tutti
  32. a tutte le classi e
  33. [disprezzo | scherno] disprezzo
  34. prima di tutto guardare [se i mezzi] quali erano i suoi mezzi per evitare
  35. affatto
  36. e quale uso fece di questi mezzi
  37. venuta
  38. che il danno
  39. non
  40. Segno di richiamo, e in fondo alla pagina: «Verri, Osservazioni su la tortura, § VII.»
  41. di quella pe
  42. rinu
  43. il suo
  44. posta
  45. Inuti
  46. entravano
  47. si
  48. Comunicato per il contagio a (lacuna)
  49. e preservarne gli altri? Quando si consideri che la linea percorsa [dalla truppa | del Milanese] nello Stato dai soldati era di forse cencinquama miglia, [che oltre] in lunghezza, [e] combinare quei due scopi così difficili e così necessari, se
  50. e s’e
  51. in tutto quel tratto la pestilenza si manifestò
  52. quand’anche dal tribunale per mezzo
  53. [adoperò | egli | il tribunale tutti quei mezzi che aveva] fece il tribunale uso di [quegli] quali si fossero mezzi che aveva
  54. per
  55. tosto
  56. [qui | Per rispondere a questo quesito, bisogna ❘ Per avere una idea passabilmente chiara su questo fatto, bisogn] (lacuna) A portare su di ciò un giudizio approssimativamente esatto,
  57. f
  58. insta
  59. sotto pena della vita di
  60. e molte altre col solo ca
  61. per non parlare di molte altre provvisioni dello stesso valore,
  62. inescusabile
  63. [in u] d’un trib
  64. [v’è forse] vi sareb
  65. [di credere] che volesse credere
  66. di lasciarsi raggirare [dai] da’ medici che volevano [per] che atterrisse, e contristasse, e tormentasse
  67. il
  68. [le] le
  69. e poteva che q
  70. dei m
  71. alle grida generali (parola illeggibile) ridevano al nome di peste, [trovavano | un nome ❘ ora un nome ora un altro per quello ma] davano molti e diversi nomi alla malattia, e
  72. non mancavano di nomi
  73. nei varj
  74. int
  75. qualche
  76. [repentinament] repent
  77. estinto
  78. estinto
  79. i provved
  80. [E quello] e per
  81. [gli u] i serv
  82. Operavano quindi
  83. [ed essi avevano l’incarico e la forza di farlo] che essi potevano fare eseguire,
  84. a quelli che dovevano obbedire
  85. costoro avev
  86. [ne aveva fatto per sé un ramo di speculazione ne] faceva un traffico della inesecuzione e il traffico divenne a poco a poco oppressivo. [Nel Carnevale di quell’anno] Era venuto il carnevale, e i sospetti rinchiusi a forza nel lazzeretto volevano divertirsi come gli altri; ottennero quindi con denaro che si lasciassero entrare loro conoscenti: vi si fecero balli: e feste; e quel deposito (lacuna) e quel luogo che certo [parrebbe | certo | sembr] parve dovesse ispirare tutt’altri pensieri divenne una stanza di tresche clamorose e di sozzi tripudj a poco a poco | Con denaro pure ottenevano un ridotto di tresche romorose, e di sozzi baccani (lacuna)
  87. in
  88. capriccio ostinato, per una sua idea strava
  89. veramente
  90. visi
  91. tri
  92. Coloro poi che come sospetti erano rinchiusi nel lazzeretto sentivano ancor più vivamente una tirannia che non gli privava | amar | amareggiare ogni galantuomo
  93. o due tratti di corda in caso d’inabilità
  94. mancava di scudi
  95. che il lazzeretto fosse
  96. sospirata e comperata fu tanto più
  97. clamor
  98. con danaro (ottennero) si otteneva dai ministri del tribunale, il silenzio | mo
  99. né gli abitanti
  100. che le robe del defunto invece d’essere abbruciate si rilasciassero loro non fossero so
  101. costo
  102. [come la] quanto fruttava [loro] ad essi la loro condiscendenza,
  103. davano il nome di | intimavano la qualità di sospetti, e di | chiamavano sospetti, | e sospetti | di sospetti quelli e int
  104. [e da e per redimersi da que] e per uscire [dai loro] da quegli artigli, [conve] era necessario ugnerli, come si dice
  105. [Queste vessazioni (lacuna) Tante vessazioni
  106. e il clamore del p
  107. già
  108. di col
  109. gl’incomodi e gli abusi dei
  110. La stizza era tale che
  111. ischerni
  112. pochi
  113. [e noi crediamo] e se mai [vi fosse] v’avesse qualche postero che non lo avesse mai inteso; ch ❘ e per comodo
  114. un grande
  115. singolari
  116. Vecchio | Di più
  117. latine
  118. del
  119. del
  120. professore di filo
  121. Ma pure, come si può abusar di tutto!... egli abusò di tanta popolarità, e ne fu severamente punito. | Ma volle dire una verità che gli altri non volevano intendere [che importuna] e [tutt | tanta autorità, tanta popolarità, [scomparve | tanto concetto] (lacuna) tanto favore scomparve. Egli, come era stato
  122. dicendo
  123. cosi [sempre] era sempre
  124. domandare
  125. [confer] rassicurato da una
  126. la peste v’era, e che [la sven] la sciagura era
  127. e che bisognava guardarsi
  128. l'impedirne i rimedj era
  129. dargli più faci
  130. fa
  131. quan
  132. ad infierire più a
  133. il buon vecchio
  134. [i] alcuni (lacuna)ìì
  135. gridargli che
  136. apertame
  137. che quegli era il
  138. vuole per forza farci tutti infermare di peste
  139. per dar da mangiare
  140. Vuol metter paura a
  141. Coloro
  142. poteva divenir furore
  143. e co | e il | e presso agli ottant'anni que | ivi quell’uomo | e dopo
  144. quel
  145. [domandare] implorare un asilo
  146. malandrino
  147. e per aver fatto
  148. agli uomini. Altri
  149. loro
  150. essi [dispensano a proposito e a sproposito] danno e rivolgono a proposito e a sproposito
  151. a propo¬sito e a sproposito
  152. per l
  153. Variante Né mancavano
  154. poi
  155. ben
  156. Variante Per dare un saggio
  157. M
  158. egl
  159. [non ha scritto il cognome, ma ❘ tace il cognome, ma descrive] ha taciuto il cognome
  160. [descrive] accen
  161. un po
  162. mal grado que
  163. comunicasse
  164. credeva buon
  165. in astratto
  166. vi son
  167. con
  168. ma non pare che fosse di
  169. le d
  170. del tribunale
  171. fra
  172. ai
  173. alla fine è morto
  174. tranquillamente
  175. vederlo dico
  176. in quei
  177. [imbrogliare] imbrogliare tutti gli affari
  178. scappa
  179. del
  180. si
  181. risp
  182. sarebbe da altri
  183. Ma, continuò egli, son qui a (lacuna)
  184. tutti [quel] quest
  185. tutti questi segni di queste
  186. sentono da
  187. se qui a provare che
  188. un errore del
  189. astrusa
  190. piana e
  191. nelle
  192. s
  193. sost
  194. Sostanza non può essere,
  195. far da
  196. cadono sotto i sensi; e nessuno ❘ cadono sotto il senso dell’ | potrà dire di aver né veduto, né udito, né toccato, né gustato, né odorato questo contagio.
  197. nessuno
  198. [fanno ai pugni fra loro | due parole | che ad un orecchio | che cozzano fra di loro come che] (lacuna) che ad un orecchio filosofico suonano come [Aristotele] se si dicesse Aristotele scimunito
  199. dove s'impara nella prima lezione che
  200. sost
  201. formare un
  202. bella
  203. trovare
  204. di questa
  205. la cagione è chiara; sono tante malattie
  206. La carestia, e la mala vita, rispose il signor Lucio. Non ci [scorgo] vedo gran mistero sotto.
  207. Potrei farla salire di cagione in cagione, [e stancare la sua] e stancare la sua pazienza, disse Don Ferrante; ma senza [tanto male, non | darle questo incomodo] perdere tanto tempo, la cagione prima la dirò io, ed ella vedrà che [biso] non si può trovarla che nella scienza
  208. su
  209. guardare le stelle come il volgo che le considera come tante capocchie
  210. Il libro
  211. a
  212. che di saper leggere
  213. con la con
  214. ve
  215. [si è veduto pur troppo] con nuove osservazioni, si è fatta pur troppo un’altra scoperta [che quella] una congiunzione funesta [che ha aperta | prodotta la carestia,] che ha prodotta
  216. [si] si è scoperta pur troppo
  217. , egualmente terribile, che
  218. e qui [la vo] la fronte di Don Ferrante si corrugò, e la sua voce prese un tuono lugubre e solenne
  219. e
  220. tutti stavano ansiosamente attenti, ed egli pronunc
  221. volessero
  222. quelle parole
  223. signi
  224. Il signor Lucio volle ancora opporsi, ma [Don Ferrante aveva prodotto una] l’impressione di terrore che Don Ferrante aveva prodotta su gli uditori, gli rendeva poco disposti [a pesare | le oppo | gli argomenti) a sentire la forza delle opposizioni [Ma f] Io non so niente, disse il primo, di tutte queste predizioni: so però che [il mezzo più semplice per ispiegare | come molti m | come e perché ora tanti muojano, è di dire che è venuta la loro ora] senza di esse si capisce benissimo perché ora tanti muojano: muoiono perché è venuta la loro ora. L’argomento era tanto debole che | Nessuno badò all’argomento del signor Lucio, e
  225. po
  226. fossimo tutti [ignoranti] ragazzi. [Gridando a proposito | Parlano a proposito e a sproposito di vibici] Non basta parlare a proposito e a sproposito ❘ tutti
  227. che
  228. di parotidi
  229. di carboni
  230. [bisogna vedere se] ma bisogna vedere
  231. sentiva
  232. per le
  233. dicono tutte queste belle cose di aspetti, di costituzioni, di pianeti, di influenze, di comete...
  234. che | dire
  235. sarebbe come dire che gli uomini
  236. tanti pianeti
  237. ha
  238. e sostengono poi che
  239. e sostengono poi che
  240. rendere
  241. che hanno autorità di comandare
  242. mali
  243. ; perché oltre il male partorito dalle cause
  244. abbiamo anche
  245. già
  246. ma non avevano mai pensato a comporre tutte queste
  247. ora
  248. aveva espresse nella
  249. il tribunale
  250. uscì
  251. non
  252. non già
  253. Qui di mano del Manzoni: «(l * Can¬cellato [considerando | le | certe cose che erano tenute per vere a quei tempi] (lacuna) Considerando ora noi
  254. per vere
  255. [erano] fossero
  256. [alla condotta] ai casi della vita
  257. [non si può a meno di non senti] si sente per gli uo
  258. vissuto a quei tempi con le
  259. un uomo
  260. o peggio colla
  261. [avessimo da] gente mondana
  262. avessimo
  263. di queste [d | opinioni] cono
  264. le età venture [abbiano motiv] faranno
  265. da far dire ai posteri: [vedete un po’ come] un giorno: pare impossibile gli uomini di quel tempo erano incocciati di errori tanto massicci. E perché no? Se si tratta di persuasione Guardandoci indietro, noi vediamo in ogni generazione di cui esaminiamo le idee [di queste idee | alcune di queste idee un tempo | una grande persuasione | un grande affetto per | per le idee | di alcune idee particolari] un grande affetto, un non permettere né contrasti né discussione su alcune idee particolari [che per noi sono si] la cui falsità ora ci è manifesta; e siamo maravigliati come anche i migliori ingegni, e i più arditi partecipassero della servitù comune. Siamo noi esenti da
  266. [vediamo] scopriamo
  267. due
  268. tre generazioni dieci
  269. Qui di mano del Manzoni: «1) (3».
  270. richiami, senza proteste. Talvolta però
  271. A margine, in penna: «Quelle proteste, quei richiami, ove ve ne furono li troviamo».
  272. per lo più
  273. a caso, talvolta
  274. toccati in modo occasionale
  275. o più direttamente
  276. uomini
  277. ai quali una grande fama o
  278. incomoda di amici
  279. Parola illeggibile.
  280. seguir
  281. Segno di richiamo, e a margine, in penna: «pregiudicate e dominanti in lungo tempo».
  282. le
  283. possesso | e pacifico
  284. [vedi | abbiano veduta la fine | vediamo la cosa finita,] vediamo la cosa finita, vediamo pure che ciò che [sembrav] poteva sembrare impeto di vita, vigor giovanile, era lo smaniare della fiera che ha ricevuto il colpo mortale. È cosa [curiosa ad osservare come] degna di osservazione Qui, a margine, parimente cancellato, ciò che segue: ovvero egli era come quando uno va di notte con un lumicino a dar fuoco ad un vespajo : [si vedono uscire | ne viene uno sciame interminato, un | ecco uno sbucare | gli abitatori sbucano in furia,] ne segue uno sbucare di abitatori è [un ronzio,] un batter d’ale, un avventarsi, un accorrere un ronzio terribile, ma guardate in su al nido, e vedrete ch’egli arde, e s’e’ vogliono alloggiare [dovranno] converrà proprio che se ne fabbrichino un altro
  285. i primi argomenti ❘ gli
  286. [Fra] Talvolta ne furono inventati
  287. Variante arguti
  288. [riflette | pon | av] ponderava
  289. A margine, in penna: «poiché quelle ragioni non erano in armonia coi principi finallora messi innanzi per sostenere quelle opinioni antiquate. D’altronde».
  290. soltanto
  291. che la fanno esser vera
  292. rassomiglianza
  293. [è questo] è stato
  294. i difensori delle idee
  295. Segno di richiamo, e a margine, in penna: «dei propugnatori dei pregiudizi».
  296. che
  297. ad impu
  298. ; non pensando però quelli che | Ma quelli che presero | si tolsero queste fatiche, non pensavano | Ma quegli che si togli | tolsero questa | Ma quegli | questi (lacuna) Ma
  299. si tolsero [tali] tali impegni non pensavano
  300. dell’ascia
  301. Qui di mano del Manzoni un: «3),» come un: «(2» al capoverso seguente.
  302. tutte [queste] le idee che dopo un regno più o meno lungo, più o meno dispotico hanno
  303. in mente
  304. dei loro
  305. [raccolte in un] insieme raccolte
  306. come in un
  307. che per lui allora, e per noi ora
  308. ; e cosi discorrendo
  309. Segno di richiamo, e a margine, in penna, cancellato poi dal Manzoni, perchè portato nel testo: «e che ora è per noi e forse fin d’allora era per lui stesso una sciocchezza badiale.» Cancellato Si vedrebbe in alcuni casi l’errore essersi mostrato
  310. modestia
  311. taluno
  312. cresci
  313. e rìdo
  314. insegnato
  315. tal altro immaginato [da un corpo] da un uomo auto
  316. in
  317. tal altro
  318. ma
  319. [cola] troppo lunga e troppo difficile
  320. insistenza
  321. dalla moltitudine, e
  322. amore di altri sistemi, quando
  323. altre
  324. ragioni vere e belle e buone, per quelle ragioni delle
  325. in quel
  326. che gli uomini che ammirano
  327. Qui di mano del Manzoni un: «2)».
  328. Qui di mano del Manzoni un: «(4».
  329. non sarebbe soltanto curiosa,
  330. [Riunendo tante] (lacuna) Considerando
  331. tanto
  332. nel processo logico, eccetera
  333. potrebbero
  334. più
  335. [Per non citare di questi caratteri] Per citare uno dei più estrinseci, e dei più apparenti, è carattere comune a tutti e che Accanto ai due periodi seguenti si ha un foglietto incollato, su cui il Manzoni scrisse: « Deduzione più logica.
    1) generazioni: [da ogge] e divenute poi il ludibrio delle generazioni susseguenti
    (2 Sarebbe una storia - fino a - più di ammirazione
    (3 Talvolta senza richiami ecc. - fino a [rifiuta] rifiutata avvertitamente. (4 Conclusione - Ma una siffatta storia ecc. - Rifondere il tutto per adattarlo [al nuovo ordine] alla nuova [descrizione] deduzione
  336. sosteni
  337. farlo somministra
  338. ma interrompo
  339. davvero