I Marmi/Parte seconda/Ragionamento di diverse etá del mondo/Papi Tedaldi, Bernardino di Giordano e Romito di Monte Morello

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Papi Tedaldi, Bernardino di Giordano e Romito di Monte Morello

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Papi Tedaldi, Bernardino di Giordano e Romito di Monte Morello
Parte seconda - Ragionamento di diverse etá del mondo Parte seconda - Vico Salvietti, Pollo degli Orlandini, ed Enea della Stufa

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RAGIONAMENTO

DI DIVERSE ETÀ DEL MONDO

FATTO AI MARMI DI FIORENZA.

Papi Tedaldi, Bernardino di Giordano e Romito
di Monte Morello.

Papi. La prima etá, secondo ch’io trovo scritto da chi si dilettava di dar notizia a color che verranno de’ suoi buon tempi, fu una bella cosa: avevano un buon tempo, al mio giudizio, coloro; erano nati per viver felici; tutto il contrario di quello che abbiamo trovato noi.

Bernardino. Io son d’un’opinione che sempre gli sia stato tanto freddo quanto caldo e tanto piacere quanto dispiacere al mondo: pure, con che logica mi farete voi cotesti argomenti?

Papi. Dicon gli scritti che tutti vivevano in pace, ciascuno lavorava un pezzo di terra ed era sua, piantava i suoi olivi, ricoglievane il frutto, vendemiava le sue vigne, segava il suo grano, allevava i suoi figliuoli e, finalmente, viveva del suo giusto sudore e non beveva del sangue de’ poveri.

Romito.«Vivi del sudor tuo», disse Iddio ad Adamo.

Bernardino. Seguitate voi, che siate mezzo filosofo e tutto spirito, cotesta prèdica, perché udirò volentieri il vostro discorso, perciò che fia raro sí come voi sète raro virtuoso similmente.

Romito. La virtú veramente è fuggire il vizio.

Papi. Quando adunque io paragono quella alla nostra etá, egli è forza che io gridi, ancóra che io mi ritrovi solo nel mio scrittoio: — O malizia umana! o maladetto nostro mondo, che [p. 268 modifica] mai lasci fermo alcun buono stato! — Non vi maravigliate, perché io battezzi il mondo con sí cattivo nome; prima, perché la terra ebbe da Dio la maladizione, poi, perché d’ogni tempo che la fortuna mondana ci favoreggia, sempre la fa qualche cattiva esecuzione nella nostra vita. Chi legge di quell’etá, e vede questa, non volge le carte del libro senza sparger qualche lagrima. Passaron parecchi centinaia d’anni inanzi che la malizia s’impatronisse del mondo e che gli uomini provassero la sua malidizione. Iddio adunque, per i nostri errori, permesse che il ferro dell’aratro si convertisse in armature, i domati tori in fieri cavalli, il pungolo in lancia e la semplicitá nella malizia. Seguí a questa prima antiguardia di male la battaglia; per ciò che il traffico delle faccende buone si tramutò in ozio di pensier cattivi, il riposo naturale in artifizioso travaglio diabolico, la pace in guerra, l’amore in odio, la caritá in crudeltá, la giustizia nella tirannia, l’utile nel danno, la limosina nel ladroneccio e sopra tutto la fede in idolatria: tanto che l’utile della republica prese un’altra strada e pervenne in danno della natura umana particularmente e in vece di sparger seme per sostentamento dell’uomo si versa sangue vivo a distruzione di quello.

Romito. Chi si diletta di sparger il sangue d’altri gli fia sparso il suo.

Bernardino. L’è gran cosa veramente che l’uomo non possi piú vivere in alcuno stato oggi, sia religioso, sia ricco, sia povero, sia artigiano o gentiluomo: attendi al fatto tuo, non aver né amico né parente, sta solitario, vivi acompagnato, servi, non servire, non praticare, pratica, e piglia il malinconico, il savio, il pazzo, il mediocre, il quieto, il bestiale, il malizioso, il semplice, abita la cima de’ monti, le colline, le pianure, le caverne, i diserti, impácciati d’ogni cosa, non t’impacciar di nulla, sia letterato o sia ignorante, che in tutto e per tutto sei ritrovato, molestato, fastidito, e bisogna, a dispetto tuo, che tu viva a modo d’altri; in tutto si trova il biasimo che ti assassina, il danno che ti perseguita; la noia ti tormenta, il vitupèro ti calpesta e l’ardire e la forza di ciascuno particolare e universale viene a turbarti il tuo stato; la insaziabilitá che dá bere [p. 269 modifica] all’uomo continuamente vino di desiderio, per mano della rapina, con la tazza della roba, fa che ciascuno arde di sete d’impadronirsi d’ogni minimo uomo e cosa vile e disprezzata, ancóra che sia signore di tutto il restante.

RomitoInquietum est cor nostrum, donec requiescamus in te, Domine».

Papi. Voi sapreste dire qualche cosa ancóra voi, quando voleste. Che volete piú bello che, avendo un gran ricco tre o quattro miglia di paese, e io aveva fra le sue centinara di campi un picciol pezzo di terra e quella sola aveva e me la coltivava, né mai ho potuto trarne frutto a mezzo e tanto m’ha straziato che egli me ne ha cacciato e aggiunto quel poco mio al molto suo? E pure, tre braccia di terreno gli basteranno, ultimamente! Ed è tanto accecato nella roba che non si conosce né uomo, creatura di Dio, né mortale.

Romito. Insino agli animali conoscono Iddio, e l’uomo non lo vuol conoscere!

Bernardino. Non è egli assai esser conosciuto bestia, animale senza ragione? So che non ne caverá altro che vitto e vestito, venga ricco quanto egli sa; e chi piú raguna roba in vita piú n’è straziata, spartita e consumata dopo morte. Io sono in una casa oggi, che, secondo c’ho veduto alle prestanze, ella ha avuto da settanta quattro padroni e ora va per terra. Che giova tanta avarizia, se il tempo e la morte son signori del tutto? Ultimamente, non ci trovo altro al mondo che opinione: l’uomo si ficca una fantasia maladetta nel capo e va dietro a quella, pascendosi tanto che finisce i suoi giorni; oggi si conturba tutto per la roba, domani s’adira per la dignitá, l’altro si cruccia per i figlioli, tal ora muor di doglia e spesso crepa d’allegrezza; cosí ogni dí, ogn’ora muta voglia, pensiero, faccenda e stato.

Romito. Dodici son l’ore del giorno e sempre si volgono.

Papi. Ogni cosa fu dal magno fattore accomodata generalmente: egli diede alle intelligenze il cielo empireo, alle stelle il firmamento, ai pianeti i mondi celesti, agli elementi il globo che noi abitiamo, l’aere agli uccelli, l’acqua ai pesci, alla terra [p. 270 modifica] il centro, ai serpenti il sotterraneo, alle bestie le montagne; di maniera che a tutto diede il luogo di riposo e all’uomo il paradiso terrestre; ma egli, insuperbito, si perdé tutto il suo stato perfetto e cadde nell’imperfezione. Questo è che i principi e’ signori non hanno mai una ora di bene, perché si fanno padroni di terra maladetta, che produce spini e triboli: ora sospettano del perdimento dello stato, or temano del mancamento de’ danari, spesso si spaventano di veleni e hanno i continui sproni o di tradimenti o di morte ai fianchi, senza il morso della fama e del timor di Dio che del continuo gli sbriglia; e se tal volta sfrenatamente corrono con il giannetto del lor desiderio o con il cavallo dell’apetito insaziabile, caggiono, e non è chi gli ritenga, nella fossa dell’infamia eterna e danno inremediabile, perdendo a un tratto il tempo, l’onore, l’utile e la vita. Di che si glorieranno adunque?

Romito. Chi si gloria nel Signore, si rallegri.

Bernardino. Certamente che l’uomo che s’è trovato privo del godimento del suo stato e trovasi ridotto in terra strana e forestiero, non ha mai riposo, se non perséguita gli altri che sono in pacifico stato, i pesci, gli uccelli, gli animali; e non contento di questo, ancóra agli uomini dá tormento, e a se medesimo dá affanno continuamente, perché mai si sazia di cosa che egli faccia, usi o si metta in pensiero. Chi si fonda nel parentado, chi fa fondamento su l’amicizia, altri si fondano su la lor roba, su la forza propria, sul favore, su la sanitá e sopra il loro sapere, stato e beni tutti della fortuna, e bene spesso, anzi sempre, egli è fondamento in rena e in acqua corrente.

RomitoFundamentum aliud nemo ponat praeter id quod positum est, quod est Christus».

Bernardino. La vostra vita veramente, padre, è priva di molti dispiaceri e vi sète fondato bene.

RomitoFundamenta mea in montibus sanctis». Non che sia santo Monte Morello, ma il Monte della Croce bisogna salire, che è santo; annegar le volontá del mondo, tutti i desiderii carnali, che son tutti bassi nel fango e son polvere e ombra, e con la sua croce seguitare il maestro, che è via, veritá e vita. [p. 271 modifica]

Papi. Bisognava che noi non avessimo tanti assalti a un tratto da’ nimíci: chi resisterebbe in un tempo medesimo alla carne, al sangue, alla concupiscenza degli occhi, alla superbia della vita e al leone che del continuo cerca preda?

BernardinoQuis est iste et laudabimus eum?»

Romito. Io non niego, ma confesso che tutte le cose furon create da Dio per l’uomo: ma l’uomo, sí come era ordinato, doveva anch’egli servire a Dio, conoscendo d’esser fatto per quello; ma l’uomo, sí come si ribellò a Dio, ancóra le cose sopposte a lui se gli voltaron contro, perché egli è giusto che chi non vuole ubidir altri non sia ubidito lui. Quanto danno ha ricevuto l’uomo per non esser a un comandamento solo ubidiente? Se Adamo amava e temeva nel paradiso il suo creatore solamente, da tutti in terra era egli temuto e amato. Natura ingrata di tanti e sí preziosi benifici! Io ho veramente a me medesimo e a tutti gli uomini gran compassione, vedendoci fuori del paradiso, potendo esser in cielo, considerandomi in sí aspra selva mondana e vedendo la carne nostra nella sepoltura in preda dei vermini. Oh che grande scatto da innocente e beato a peccatore e dannato! Gran paragone veramente ci s’appresenta dinanzi agli occhi: il godere gli elementi nello stato d’obedienza in pro nostro e utile e, nell’esser della disobedienza, in danno e tormento! Io sono astretto dal freddo che m’amazza, non posso toccare il fuoco che m’abrucia, non trapasso l’acqua perché m’annega, né entro sotto la terra perché la mi stiaccia; i serpi mi mordono, i cavalli mi traggono, i serpenti m’avvelenano e ogni cosa ha lasciato il dolce e il suave per me e ha preso l’aspro e l’amaro per tormentarmi; e, quello che è peggio, quello che tutto importa, che è la mia rovina, dico dell’uomo perpetuo affanno e danno, è stato che la mia celeste intelligenza m’è stata messa in un corpo grosso, grave, mortale e bestiale, tutto il rovescio che era prima, onde, in cambio di cose celesti e divine, egli cerca terrene e umane. Cuopri pur questa carne di broccato, ch’io non voglio altro; dammi pur famigli assai, e mi contento; accumulami pur del tesoro, ché io ad altro non penso; addestrami infiniti cavalli, perché lá è il mio piacere; [p. 272 modifica] empimi pur per la gola il corpo de’ variati e diversi cibi, perché lá trovo la mia quiete; pur che io abbi superbi edifici da perpetuarmi, vadi il resto come gli piace: grandi eserciti, regni, vassalli, diletti carnali, novitá di passare il tempo cerco io e in altro non mi curo d’affaticare. O Dio! ecco la parte cattiva che soffoca la buona: ciascuno è accecato in questa vita, ogni uno è preso da questa arpia e legato da questa ferocitá insensata. Il dí che nasce l’uomo non nasce la morte con esso? non gli sono súbito attorno le miserie? Ed egli, misero!, l’abraccia né si conosce, e chi gne ne mostra, chi fa vedergnene, súbito chiude gli occhi e volge la testa e si fa beffe di te, ti chiama stolto, dappoco, ignorante e pazzo: in dispregio del mondo, egli è pur poco quel che si gode e son pur brevi i giorni, l’ore volano in un súbito e gli anni passano che alcuno non se ne accorge!

Papi. La morte senza alcun dubbio è il nostro patrimonio; l’ereditá nostra di tanti e tanti tesori e stati è una puzzolente sepoltura.

Romito. Messer Bernardino, la notte ne viene: i Marmi non son stanza piú da me, secondo l’opinione del vulgo ignorante.

Papi. Ignorante certo, credendo che i buoni non sien buoni se non ne’ luoghi ascosti e di giorno.

Romito. Però, messer Papi, io mi raccomanderò alla vostra caritá: domattina ci vedremo.

Bernardino. Andate con il Signore.

Papi. Questo buon padre ha molto spirito, e mi piace il suo discorso che se ne va toccando quel che bisogna all’uomo: ma dubito che favelli in molti luoghi che le sue parole faccin poco profitto, perché il mondo sta come egli può.

Bernardino. Io concludo, per le parole che egli ha dette, che, secondo che Adamo aveva a essere ubidiente a Dio, e non fu, poi ciò che gli era sottoposto si ribellò; cosí i principi e i signori che non temano Dio e non sono ubidienti a’ comandamenti di quello, che gli abbia da succeder loro il medesimo, ciò è che perderanno tutte le cose buone, l’utili e le salutifere. [p. 273 modifica]

Papi. Ecco che l’etá nostra s’accosta a cotesta vita; e Dio voglia che i travagli non ci assaltino e ci faccino una guerra tale che noi abbiamo da piangere piú tempo i nostri errori che non è stata longa la disonesta vita che abbiamo fatta.

Bernardino. Questa stanza non mi piace piú per istasera.

Papi. Né ancóra a me, perché ho faccenda: andiancene in verso casa di compagnia.

Bernardino. Andiamo.