I naviganti della Meloria/6. Nelle viscere dell'Italia

Da Wikisource.
6. Nelle viscere dell'Italia

../5. La galleria sotterranea ../7. L'assalto del pescecane IncludiIntestazione 10 marzo 2018 75% Da definire

5. La galleria sotterranea 7. L'assalto del pescecane
[p. 43 modifica]

VI.

Nelle viscere d’Italia.


Favoriti dalla corrente che scendeva verso il Mediterraneo, i quattro intrepidi esploratori giunsero ben presto alla caverna che aveva servito a loro d’imbarco, poi, dopo una breve fermata, ripresero audacemente il viaggio, risoluti a compiere l’intera traversata del meraviglioso canale.

Al di là della caverna, il tunnel si prolungava in linea retta con una leggera inclinazione verso il sud-ovest. L’ampiezza delle vôlte era regolare dappertutto, e la lavorazione delle pareti perfetta, però dopo un certo tratto i naviganti s’accorsero che delle numerose filtrazioni [p. 44 modifica]lasciavano cadere, di tratto in tratto, dei larghi goccioloni, e talvolta anche dei veri getti d’acqua.

Certamente le rocce che formavano le vôlte, dovevano essere di natura assai porosa, per lasciar trapelare l’acqua delle valli di Zenare e di Porzile, e fors’anche del canale di Porzone, poichè, secondo i calcoli del dottore, il tunnel doveva passare sotto quei terreni paludosi ed anche in prossimità di quel corso d’acqua artificiale.

L’effetto che produceva quella pioggia era strano, anzi un po’ impressionante, specialmente pei tre pescatori. Il rumore si propagava sotto le infinite vôlte con una monotonia desolante, irritando stranamente i nervi.

Ben presto però quelle filtrazioni cessarono, indizio certo che il canale ormai si prolungava sotto la terra solida.

— Dove credete che ci troviamo? — chiese ad un tratto padron Vincenzo al dottore, il quale stava guardando attentamente una carta della provincia d’Adria.

— Sotto o nei pressi di Cavarzare — rispose il signor Bandi.

— Di già?

— La corrente ci porta con una notevole velocità, Vincenzo.

— Udite? Ricominciano le filtrazioni.

— Non mi stupiscono.

— Perchè?

— Dobbiamo essere vicini all’Adige.

— Per mille merluzzi!... Brrr!...

— Cosa avete, Vincenzo?

— Pensavo al letto di quel fiume.

— Volete dire?

— Se le vôlte, corrose dall’acqua che vi passa sopra, dovessero cedere?

— Noi morremmo come i topi sorpresi nelle chiaviche da un furioso uragano.

— Mi fate venire la pelle d’oca, dottore.

— Oh! Non v’è pericolo, Vincenzo. Se la vôlta ha resistito per tanti secoli, non ci piomberà addosso oggi.

— Signore — disse in quell’istante Michele. — Scorgo un’apertura sulla nostra destra.

Il dottore si era vivamente voltato, alzando la torcia per meglio vedere.

Una grande spaccatura capace di lasciar passare anche una nave di modeste proporzioni, s’apriva nella parete del canale. Pareva che non fosse stata fatta dall’opera dell’uomo, poichè i margini erano irregolarissimi e bizzarramente dentellati. Probabilmente conduceva in qualche grande caverna naturale.

— Andiamo ad esplorarla — disse il dottore. — Forse troveremo un posto ove sbarcare e riposare con maggiore comodità.

La scialuppa virò di bordo e s’accostò a quella squarciatura lentamente, per tema che qualche roccia nascosta sott’acqua lacerasse il tessuto che serviva di rivestimento. [p. 45 modifica]

Oltrepassata quella specie di porta, i naviganti si trovarono in una caverna così ampia, da non poter scorgere la fine.

— Dove siamo noi? — si chiesero i tre pescatori, con un po’ d’inquietudine.

— In un lago sotterraneo — rispose il dottore.

— Mi pare che sia immenso — disse Vincenzo.

— Lo esploreremo, amici. Proviamo a piegare a sinistra.

— Che vi siano anche qui dei pesci, signore?

— E perchè no, Vincenzo?

— Saranno certamente ciechi; con questa oscurità degli occhi a nulla servirebbero.

— T’inganni, Vincenzo. Credi tu che i pesci ed i molluschi che vivono negli abissi degli oceani, là dove non può giungere la luce del sole, siano ciechi? Sì, un tempo lo si era creduto, ma dopo la campagna del Travailleur si sono fatte delle curiose scoperte a proposito di quegli abitanti delle tenebrose acque. Si sono pescati dei pesci che avevano delle vere lampadine che potevano accendere e spegnere a loro piacimento.

— Oh! Dottore!...

— Sì, Vincenzo. Quei pesci, invece di veri occhi, avevano delle placche trasparenti ricoperte d’una pelle sottile ripiena d’un liquido suscettibile di diventare luminoso sotto l’influenza dell’encefalo.

— Erano adunque muniti di lanterne cieche che aprivano e chiudevano a piacimento.

— Sì, Vincenzo.

— Badate!... — gridò in quell’istante Roberto. — Il mio remo ha toccato il fondo.

— Che siamo vicini a qualche sponda? — si chiese il dottore.

Alzò la fiaccola e sporse il braccio innanzi. Ad una distanza di trenta o quaranta passi, distinse confusamente delle scogliere, poi più oltre delle rupi che si spingevano molto innanzi.

— Forse potremo approdare — disse. — Procedete adagio, e voi, Vincenzo, scandagliate il fondo.

Il pescatore si armò d’una manovella e si mise a prora, immergendola di quando in quando per misurare la profondità dell’acqua.

Degli scoglietti dalle punte aguzze e taglienti, si scorgevano a destra ed a manca, minacciando di squarciare il tessuto della scialuppa, poi dei banchi sabbiosi, i quali si allungavano in direzione della spiaggia.

Manovrando con infinite precauzioni, dopo pochi minuti i naviganti giungevano dinanzi ad una sponda bassa e sabbiosa, fiancheggiata da altissime rupi, le quali si perdevano fra l’oscurità delle altissime vôlte.

L’acqua del lago, leggermente agitata, forse in causa del flusso che si faceva sentire nel canale, veniva a morire sulla sabbia con un gorgoglìo monotono, che l’eco ripercuoteva.

Il dottore, presa la torcia, balzò a terra gettando all’intorno uno sguardo curioso. Vincenzo lo aveva subito seguìto, armato d’una scure. Pareva che il buon pescatore non si fidasse troppo e che temesse l’incontro di qualche folletto o di qualche cosa di peggio. [p. 46 modifica]

— C’è nessuno, dottore? — chiese arrestandosi.

— Credete che ci siano dei leoni o delle tigri, quaggiù? — rispose il signor Bandi, ridendo. — Forse vi sarà qualche topo, ammesso che questa caverna abbia qualche comunicazione colla superficie della terra.

— Dei topi non ho paura. Ve n’erano tanti nella mia barca da pesca!

— Allora potete lasciare la scure nella scialuppa. Guardate: il luogo mi sembra propizio per prepararci la cena e per fare una bella dormita.

— Hum!... E vi fiderete voi a chiudere gli occhi?

— Come che fossi nella mia stanza, Vincenzo.

— Credo però che faremo bene a vegliare per turno.

— Cosa temete?

— Non lo so, ma vi dico che noi veglieremo.

— Come volete, Vincenzo — rispose il dottore.

Legata la scialuppa alla punta d’uno scoglio, Michele e Roberto sbarcarono portando con loro una lampada a spirito, delle gallette, una bottiglia di vino, del formaggio salato ed il pezzo di pesce-luna che volevano cucinare nella pentola, per poi condirlo con dell’olio e del succo di limone.

La cena, preparata in meno di mezz’ora da Michele, nominato lì per lì cuciniere della spedizione, fu divorata con un appetito invidiabile, quantunque la carne del pesce-luna non fosse così eccellente, come ognuno d’altronde s’aspettava.

Dopo quattro chiacchiere ed una fumata, stesero le coperte e si sdraiarono sulla morbida sabbia di quel piccolo seno; però i tre pescatori, avendo rinunciato all’idea di vegliare, rassicurati dal profondo silenzio che regnava in quel luogo, si misero accanto le scuri e tennero alla cintola i loro coltelli.

— Buon riposo, dottore, — disse padron Vincenzo, — e speriamo che nessuno venga a turbare il nostro sonno.

— Sì, qualche topo — rispose il signor Bandi, e chiuse gli occhi.

Poco dopo tutti quattro russavano in modo tale da svegliare l’eco della grande caverna.

Il sonno dei tre pescatori non durò molto. Temendo chissà mai quali pericoli, di quando in quando si svegliavano e gettavano all’ingiro degli sguardi inquieti, specialmente verso le rupi giganti, che fra quell’oscurità, appena rotta dalla pallida luce d’una piccola lampada, prendevano l’aspetto di giganteschi fantasmi.

Sembrava a loro talvolta di veder agitarsi dei folletti nelle tenebrose cavità delle rocce o di veder vagolare delle ombre sulle acque del lago. Quel silenzio profondo, non più rotto dai mormorìi dell’acqua, e quell’oscurità che pareva diventasse sempre più densa, metteva delle strane paure nei loro animi.

Tuttavia, rassicurati un po’ o meglio vinti dalla stanchezza, finirono col riaddormentarsi l’uno vicino all’altro, onde essere più pronti ad aiutarsi vicendevolmente nel caso che un pericolo venisse a minacciarli. [p. 47 modifica]

Il dottore, invece, tranquillo come se si trovasse ancora nella sua bianca casetta di Sottomarina, non aveva aperto gli occhi un solo istante.

Forse i tre pescatori, vinti i primi terrori, avrebbero continuato a dormire, se un avvenimento inatteso e che doveva avere delle gravi conseguenze non li avesse strappati bruscamente da quel riposo.

Sonnecchiavano da qualche ora, quando tutto d’un tratto un fragore improvviso venne a destarli. Pareva che una gigantesca ondata si fosse precipitata nella caverna, sconvolgendo la tranquilla superficie del lago.

Padron Vincenzo era balzato rapidamente in piedi, gridando con voce tuonante:

— All’erta!...

Il dottore ed i due pescatori che si trovavano più vicini alla spiaggia, cercarono di rialzarsi, ma si sentirono atterrare da un’ondata, la quale, dopo d’essere passata sopra i loro corpi, andò ad infrangersi, con sordo fragore, alla base della rupe.

Quando l’acqua ridiscese la sponda e poterono rimettersi in piedi, una profonda oscurità li avvolgeva.

— Dov’è la lanterna? — chiese il dottore.

— È stata portata via dall’onda — rispose padron Vincenzo.

— Ma cos’è accaduto? — chiese Michele.

— Non saprei — rispose il dottore, che si trovava imbarazzatissimo. — Forse quest’ondata è stata prodotta dall’alta marea.

— O da qualche gigantesca frana? — chiese Vincenzo.

— Può essere.

— Caduta forse nel canale? — chiese Vincenzo.

— Od all’estremità di questa caverna — rispose il dottore. — Noi non conosciamo ancora la vastità di questo lago.

— Andiamo nella scialuppa a prendere un’altra lampada — disse Vincenzo. — Quest’oscurità mi mette indosso i brividi.

— Badate a non smarrirvi.

— Non abbiamo che da scendere, dottore.

Padron Vincenzo e Michele si diressero a tentoni verso la spiaggia, e poco dopo giungevano là dove avrebbe dovuto trovarsi la scialuppa. Trovato lo scoglio a cui l’avevano legata, cercarono la corda.

Ad un tratto un urlo di terrore si sprigionò dai loro petti.

— Cos’è accaduto? — domandò il signor Bandi, alzandosi precipitosamente.

— C’è... che la scialuppa... non vi è più!... — rispose Vincenzo, con voce rotta.

— Non vi è più la scialuppa!... — gridò il dottore slanciandosi innanzi, mentre un freddo sudore gli bagnava la fronte. — È impossibile!...

— Vi dico che è scomparsa!... — ripetè il pescatore, con voce strozzata.

— Gran Dio!... — mormorò il dottore.

Poi si precipitò all’impazzata verso la spiaggia, urtando bruscamente i due pescatori.

— Dov’è lo scoglio? — chiese. [p. 48 modifica]

— È qui, signore — rispose Michele.

— E la corda?

— Non v’è più.

— Siete certi?

— Certissimi — rispose Vincenzo.

— Potete esservi ingannati!...

— Non è possibile.

— Uno zolfanello! Presto, uno zolfanello!

Padron Vincenzo, arrabbiato fumatore, non era mai sprovvisto. Si frugò precipitosamente nelle tasche, e trovata la scatola, accese un cerino.

La piccola fiamma ruppe l’orrenda oscurità che regnava sovrana nella grande caverna, proiettando la luce sull’acqua gorgogliante.

Un nuovo urlo irruppe dalle gole dei tre uomini:

— Scomparsa!...

I tre disgraziati si guardarono in volto l’un l’altro con terrore. Un breve silenzio regnò fra di loro, mentre la luce del cerino impallidiva rapidamente.

Roberto, che era rimasto a guardia delle coperte, ruppe per primo quell’angosciosa pausa.

— Deve essere stata l’onda a spezzare la fune — disse.

— Dottore, noi siamo perduti, è vero? — chiese padron Vincenzo, con voce abbastanza ferma.

— Perduti forse no... ma che la nostra situazione sia gravissima, non ve la nascondo — rispose il signor Bandi.

— Credete che la scialuppa possa essere stata sommersa da quell’ondata?

— No, di questo sono certo.

— Da che cosa lo arguite?

— Qualcuna delle nostre numerose casse o qualche barile sarebbe stato spinto verso la spiaggia.

— Allora voi avete la speranza di ritrovarla ancora?

— Forse.

— Udiamo, signore: credete che la scialuppa sia stata spinta lontano?

— L’ondata non può averla trascinata molto al largo — rispose il dottore. — Forse, mentre noi la crediamo perduta, si trova a pochi passi da noi.

— Ma siamo nell’impossibilità di poterla scorgere.

— Questo è vero, poichè anche la lanterna è stata portata via dall’onda.

— Signore, — disse Michele, — si potrebbe tentare qualche cosa?

— Spiegati.

— Gettiamoci in acqua, e cerchiamola.

— Con questa oscurità?

— Il caso può condurci verso di essa.

— Proviamo, amici. Tutto dobbiamo tentare, poichè senza la scialuppa non so che cosa potrebbe accadere di noi. [p. 51 modifica]

— Sarebbe la morte certa — rispose Vincenzo. — Nessuno potrebbe ritornare nella galleria senza un galleggiante.

— Affrettiamoci: ogni istante che passa, può diminuire la speranza di ritrovarla.

— Lasciate fare a noi, dottore — disse Michele. — Voi rimarrete qui ed accenderete qualche cerino. Ci servirà da faro.

In pochi istanti i tre pescatori si spogliarono, poi si tuffarono nelle fredde e tenebrose acque della grande caverna, mettendosi a nuotare con vigore sovrumano.

Dove andavano? Era impossibile a saperlo. Vagavano a casaccio, talvolta incrociandosi ed urtandosi, od allontanandosi tanto l’uno dall’altro da non udire più le battute dei compagni.

Il timore però di smarrirsi fra quella tenebrosa caverna o di trovarsi improvvisamente dinanzi a qualche pericolo, ed anche la paura rallentava il loro slancio, e dopo trenta o quaranta bracciate, cercavano di accostarsi nuovamente l’uno all’altro.

Nemmeno padron Vincenzo riusciva a vincere quel senso di terrore che gl’inspirava quell’oscurità. Invano faceva appello al proprio coraggio e si ripeteva che alla fine quelle acque non erano diverse dalle altre e che pesci pericolosi non se ne dovevano trovare; poco dopo lo sgomento lo riprendeva e s’affrettava a piegare verso la spiaggia, guardandosi alle spalle come se fosse inseguito da qualche ombra.

Il dottore, in piedi sulla riva, accendeva di quando in quando un cerino, onde i nuotatori potessero orientarsi fra quella profonda oscurità. Di tratto in tratto, con voce sensibilmente alterata, chiedeva se la scialuppa era stata ritrovata, ma riceveva sempre la stessa desolante risposta:

— Niente!

Per una buona ora padron Vincenzo ed i suoi due compagni continuarono le ricerche, ora accostandosi alla sponda ed ora allontanandosi in diverse direzioni, poi tutti, uno dietro l’altro, esausti e scoraggiati, raggiunsero il dottore.

— Nulla? — aveva chiesto il signor Bandi.

— Nulla — aveva risposto padron Vincenzo.

Il dottore aveva lasciato cadere il cerino che teneva fra le dita, e l’oscurità era ripiombata sui quattro disgraziati esploratori.

Per parecchi minuti un cupo silenzio regnò fra di loro. Pareva che l’angoscia avesse paralizzate le loro lingue.

Finalmente padron Vincenzo osò fare una domanda:

— Dottore, cosa accadrà di noi?

Il signor Bandi non aveva risposto. Ripiegato su se stesso, colla testa stretta fra le mani e gli occhi aperti, fissi sulle tenebre, pareva che fosse immerso in profondi pensieri.

— Dottore, parlate — riprese il pescatore dopo alcuni istanti. — Cosa accadrà di noi, se non ritroviamo la scialuppa?

— Non lo so — rispose il signor Bandi, con voce appena intelligibile.

— Siamo perduti, è vero? [p. 52 modifica]

— Chissà!

— Cosa sperate?

— Che l’onda ci riconduca la scialuppa.

— Credete che si ripeta?

— Se è stata prodotta dalla marea, tornerà a rovesciarsi su queste sponde.

— E se il riflusso avesse ormai trascinata la scialuppa nel canale?

— Tacete, Vincenzo.

— Sarebbe la nostra morte, dottore?

Il signor Bandi non rispose.

— Udiamo, dottore — riprese Vincenzo, dopo qualche istante. — Che non vi sia nulla da tentare per uscire da questa disperata situazione? Credete che non sia possibile raggiungere la caverna?

— In qual modo, Vincenzo? Non abbiamo alcun galleggiante, e poi dobbiamo essere lontani almeno trenta miglia. Chi sarebbe capace di percorrere tanta via a nuoto? No, aspettiamo l’onda: chissà, forse può ricondurci il battello.

— Sei ore d’attesa!... Una eternità!...

— Passeranno anche quelle — rispose il signor Bandi.

Il dialogo terminò lì.

I tre pescatori ed il dottore si erano sdraiati sulla sabbia in attesa del ritorno della marea. Quali tristi pensieri, però, durante quelle lunghe ed angosciose ore d’attesa!... Cosa sarebbe accaduto di loro, se l’onda non avesse ricondotta la scialuppa? E poi era cosa ammissibile che dovesse spingerla precisamente verso la spiaggia da essi occupata? Potevano sperare in tanta fortuna? Ah!... Se non ci fossero state quelle tenebre!... Ed invece non possedevano nemmeno una semplice lampada!... Soli pochi cerini che dovevano ormai serbare per l’ultimo momento.

Le ore passavano lentamente, lunghe come se fossero doppie, senza che alcun avvenimento venisse a rompere quell’angosciosa attesa. Un silenzio profondo, assoluto, un vero silenzio di morte, regnava nell’immensa caverna.

Sulla crosta terrestre il silenzio assoluto non regna: il volo d’una mosca; il trillare d’un grillo, il sibilo del vento, qualche lontano mormorìo si ode sempre; ma laggiù, in quella immensa spaccatura del suolo, perduta nelle viscere della terra, nulla si poteva percepire, dopo che l’onda si era spianata.

E poi quel silenzio con quella oscurità!... Meno male se un raggio di luce, per quanto fioca, sia pure quella d’una lanterna ad olio, fosse venuto ad illuminare quelle acque e quelle rocce, nere come se fossero di carbone o d’inchiostro solidificato!

Dovevano essere trascorse due ore, quando il dottore udì qualcuno dei suoi compagni a fare un movimento, poi alzarsi bruscamente, facendo stridere sotto i piedi la sabbia.

— Chi si muove? — chiese.

— Sono io — rispose Michele. — Avete udito, signore?

— No, non ho udito nulla — rispose Bandi. [p. 53 modifica]

— Dormivate?

— Ero sveglio.

— Eppure io ho udito distintamente un rumore che veniva dal largo.

— Sarà stato qualche pesce.

— No, dottore, m’è sembrato un colpo di remo.

— Un colpo di remo qui? Sognavi, Michele?

— No, dottore, non sognavo. Forse non sarà stato un colpo di remo, ma qualche cosa deve essere avvenuto al largo.

— Se siamo soli?

— Forse sarà caduto dall’alto qualche sasso — disse padron Vincenzo.

— Ah!...

— Cos’hai, Michele? — chiesero il dottore e Vincenzo.

— Non vedete laggiù?

— Dove?

— Là, guardate: la fosforescenza!...

Il dottore e padron Vincenzo si erano voltati vivamente. Dall’apertura della caverna, entravano allora come dei getti di zolfo fuso, distendendosi lentamente attraverso le acque tenebrose.

Erano le falangi delle nottiluche che s’avanzavano nella grande caverna, sospinte dalla marea. Quelle miriadi di polipetti salivano in ranghi fitti, mescolati alle splendide e variopinte meduse, scintillanti come globi di luce elettrica.

Quell’onda di luce si allargava sempre fugando le tenebre. E le acque, poco prima così oscure, ora scintillavano come se sopra e sotto scorressero serpenti di fuoco.

I tre pescatori ed il dottore, in piedi, guardavano con stupore il meraviglioso spettacolo, mille volte veduto ma pur sempre splendido. Una vaga speranza, che però ingigantiva rapidamente, invadeva i loro cuori.

Una barca perduta su quelle acque luminose, doveva essere visibile. Perchè non avrebbero scoperta la loro scialuppa?

— Aprite gli occhi! Guardate bene! — ripeteva il dottore.

Ad un tratto un urlo di gioia irruppe dal petto del bel Roberto.

— Là!... Là!... — aveva esclamato con voce rotta dall’emozione. — Eccola!... Eccola!...

L’onda luminosa aveva allora invasa mezza caverna, e continuava a distendersi. Dal canale, i battaglioni delle nottiluche continuavano ad affluire.

In mezzo a quello scintillìo meraviglioso, gli occhi del pescatore avevano scoperta la scialuppa.

Essa ondulava a mille o milleduecento metri dalla piccola cala, a breve distanza da alcune scogliere che si prolungavano parallelamente alla spiaggia. La grossa ondata, per un caso prodigioso, l’aveva risparmiata, mentre un semplice urto sarebbe stato sufficiente per mandarla a picco.

— Bisogna riprenderla prima che la fosforescenza cessi! — aveva gridato il dottore.

Padron Vincenzo e Michele, i due più abili nuotatori, in pochi istanti [p. 54 modifica]si erano sbarazzati delle loro vesti, non conservando che le loro larghe fasce di lana rossa per tenervi appeso il coltello di manovra.

— Vieni — disse Vincenzo.

— Sono pronto — rispose Michele.

— Potrai resistere?

— Non temete: nemmeno quattro miglia mi spaventerebbero.

I due pescatori s’immersero nelle acque luminose, facendo spruzzare in alto un nembo di spuma fosforescente.

Il dottore e Roberto, ritti sulla sponda, li seguivano cogli sguardi e con una certa ansietà. Guai se la fosforescenza fosse cessata prima che i due pescatori potessero giungere alla scialuppa. Vi era anche il pericolo che quei due coraggiosi si smarrissero fra le tenebre e non potessero più ritrovare la sponda, dalla quale erano partiti.

Padron Vincenzo e Michele nuotavano intanto con vigore, fendendo rapidamente quelle acque scintillanti. I loro sguardi non si staccavano dalla scialuppa, la quale, sospinta dalla marea, navigava lentamente lungo le scogliere, inoltrandosi sempre più nella grande caverna.

Le loro braccia poderose disperdevano le falangi delle nottiluche e fugavano le splendide meduse, sollevando sprazzi di spuma iridescente. Pareva che nuotassero in un mare di bronzo fuso o di mercurio. Persino i loro corpi parevano luminosi, come se fossero impregnati di materia fosforescente.

Già si erano allontanati di cinque o seicento metri, quando udirono due grida di terrore alzarsi verso la spiaggia.

Entrambi si erano arrestati.

— Dottore! — gridò padron Vincenzo.

La voce del signor Bandi si elevò fra le tenebre:

— Guardatevi alle spalle!

— Per centomila merluzzi, cosa può aver veduto il dottore? — si chiese padron Vincenzo, gettando all’intorno uno sguardo sospettoso. – Ehi, Michele!...

Il pescatore, che si trovava dieci passi più indietro, rispose subito all’appello:

— Cosa volete, padron Vincenzo?

— Hai scorto nulla?

— No, padrone, e mi domando quale pericolo può minacciarci.

— Il dottore deve aver scorto qualche cosa.

In quell’istante la voce del signor Bandi echeggiò nuovamente fra le tenebre:

— Badate!... Avete un pescecane che vi caccia!...

— Per mille orate! — urlò padron Vincenzo, impallidendo. — Attenzione alle nostre gambe, Michele!... Tieni pronto il coltello!...