Il Novellino/Parte seconda/Novella XVIII

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Novella XVIII - Un fratoccio de Santo Antonio con arte usurpa una tela ad una donna, il marito va per reaverla , il fratoccio le fa credere che el foco de Santo Antonio vi sia acceso, e recovera la tela

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Novella XVIII - Un fratoccio de Santo Antonio con arte usurpa una tela ad una donna, il marito va per reaverla , il fratoccio le fa credere che el foco de Santo Antonio vi sia acceso, e recovera la tela
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NOVELLA XVIII.




ARGOMENTO.


Un fratoccio di Santo Antonio con le ghiande incantate campa due porci da morte, la patrona gli dona una tela: viene il marito e se ne turba, segue il fratoccio per riaverla: lui il vede da lungi, butta fuoco dentro la tela, e rendela al patrone: il foco brucia la tela, e le brigate tengono che sia miracolo, conduconlo a la terra, e raduna di buona roba.


ALL’ECCELLENTE SIGNORE ANTONIO DE SANSEVERINO, DEL SERENISSIMO PRINCIPE SALERNITANO PRIMOGENITO.1


ESORDIO.


Insino a tanto, eccellente e virtuoso Signor mio, che con la mia insufficiente lira darò opera scrivendo a cantare le accumulate virtù che nel tuo giovanile e peregrino spirito dimorano come in loro conveniente seggio, ho voluto solo per arra la presen[p. 213 modifica]te facetissima novella mandarti: della quale almeno te resterà cautela a conoscere di quante maniere di corsali vanno per lo mondo discorrendo, e con quante novissime arti inducono gli sciocchi a farsi da lor medesimi empir le budelle di fiorini e reputare per santi, come nella sua fine con piacere non piccolo ti sarà manifesto. Vale.


narrazione.


Come a ciascuno può esser noto, gli Spoletani e Cerretani come fratocci di Santo Antonio vanno di continuo attorno per Italia cercando e radunando i voti e promesse al loro Santo Antonio fatte, e sotto tal colore vanno predicando e fingono far miracoli, e con ogni altra maniera di cauti inganni che possono adoperare, si empiono molto bene di denari e d’altre robe, e ritornansi a poltronizzare a casa; dei quali più in questo nostro regno che in altre parti ogni dì ne vengono; e massimamente in Calabria e in Puglia, ove assai elemosine e poco senno vi trovano, quasi di continuo drizzano il loro cammino. Dove l’altro anno del mese di jennaro capitando alla Cerignola uno di questi tali cerretani a cavallo, e col somaro carico di bisacce, e col fante a piedi andando elemosinando per la terra, e facendo inginocchiare il cavallo a riverentia del Barone Misser Santo Antonio, secondo loro usanza, e in una parte capitando, gli vennero veduti dinanzi la casa d’un ricchissimo massaro due gran porci, e non essendovi il massaro, la moglie gli fece elemosina con più devotione de le altre; per lo quale atto parve al fratoccio quello essere terreno buono da ferri suoi, e [p. 214 modifica]mostrandosi tutto di carità ripieno, al suo fante voltatosi e piano parlando per modo che la donna lo intese, cosi gli disse: Gran peccato è a si belli porci dover così presto di morte subitania morire. La donna che a le parole avea le orecchie pesole tenute, disse: Missere che dice dei miei porci? Rispose lui: Io non dico altro se non che mi pare un gran mancamento di natura che debbano da qui a poche ore morire senza trarsene profitto alcuno. E la donna che insino al cuore tal novella li dolea disse: Deh uomo di Dio, io ti prego mi discopri la ragione di tal biastema,e se possibil fosse di farvi alcun riparo. A la quale rispose: Donna da bene, io non ne so rendere altra ragione se non che sarà così per un certo segno che ci ho cognosciuto, che persona che viva non sarebbe accorta altro che noi frati che avemo la grazia del nostro Barone Misser Santo Antonio; e sarebbenci rimedii se io avessi qui alcuna de le nostre gliande precantate. Disse la donna: Oh vedete per Dio se ne avete niuna che ve la pagarò molto bene. Il fratoccio rivolto al suo fante, il quale era molto nell’arte ammaestrato, gli disse: Martino, guarda fra le nostre bisacce se ve ne son due che le ho servate per l’asino nostro che così spesso si suole ammorbare, facciamone grazia a questa donna, a ciò per tale mancamento non si perdano li degni porci, che lei non sarà tanto ingrata che non abbia per ricomandato il nostro ospitale di alcun poco di lenzuola per li poveri infermi. Disse la donna: Per l’amore della Croce di Cristo salvatemi questi porci di tanto mala sorte, che io vi darò una tela nova e sottile che ne farete non che uno ma due paia di lenzuola al vostro [p. 215 modifica]ospitale. Il fratoccio subito fattesi porgere da Martino le dette gliande, e fatto lì venire un vaso d’acqua, postavi dentro di molta caniglia2 e mischiandovi dentro le precantate gliande con assai orationi dette col suo fante, dinanzi ai porci le pose, i quali come affamati de continente ogni cosa se mangiorono. Donde il fratoccio a la donna rivolto disse: Omai, potete le vostre bestie tenere libere dalla cruda morte che incorrere doveano, e piacendovi ricordare del beneficio ricevuto mi date presto spacciamento, che in questo punto intendo di partirmi e andarmi con Dio. E tal pressa era causata non tra quel mezzo venisse il marito e interdettagli la già sperata preda. Di che la donna piacevolmente gli donò la promessa tela: la quale avuta, subito montato a cavallo e uscito da la terra per lo cammino di Tre Santi s’invioe, per poscia a Manfredonia condursi dove ogni anno buona pastura vi trovava. E non molto poi della sua partita gionse il massaro in casa che dal suo campo tornava, al quale la moglie fattasi incontro con allegro viso gli disse la nova come i suoi porci erano per la virtù de le gliande precantate di Santo Antonio dalla improvista morte liberati, e anco della tela che lei per ricompensa di tanto bene avea dato all’ospitale per sovvenimento dei poveri. Il marito che con piacere avea ascoltato che i suoi porci dal gran pericolo erano campati, sentendo che la tela aveva cambiato patrone, ne fu oltre modo dolente; e se la pressa di ricoverarla non lo avesse impedito, averia con un querciuolo molto bene la schiena de la moglie rimenata; ma [p. 216 modifica]per presto attendere al necessario, senza dire altro, a la moglie domandò quanto tempo avea che il fratoccio era partito e quale cammino tenea: al quale fu risposto, che non avea un quarto d’ora, e che andava verso Tre Santi. Il valente uomo tolti circa sei altri giovani armati, rattissimamente dietro la pista del fratoccio s’avviorno, e non avendo appena un miglio camminati che il videro da lungi, al quale dato de loiro3 e con alte voci chiamato che aspettasse, non restavano di tirare verso lui. Il fratoccio al gridare rivolto, e vedendo la brigata abbaiando venirgli addosso, estimò subito che fosse ciò che era, e da’ suoi soliti provvedimenti aiutato, spacciatamente si fe’ dare la tela da Martino, e postasela dinanzi l’arcione e con le spalle rivolte ai nemici, preso il focile e destramente cavato il foco, lo appicciò a un pochettino d’esca, e come presso li sentì pose l’esca accesa dentro le pieghe della tela, e rivolto a coloro che erano già gionti a lui, disse: Che volete valenti uomini? Il massaro fattosi avanti disse: Vile poltrone ribaldo, che mi viene voglia di passarti questa partesana per mezzo il corpo, non hai avuta tu vergogna venire a casa mia e sotto inganno rubare la tela a mia moglie, da la quale che vermicane ti nasca. Il fratoccio senza altramente replicargli li buttò la tela in braccio, e disse: Buon omo, Dio te perdone, io non ho rubata la tela a tua moglie, ma lei l’ha di sua voglia donata ai poveri del nostro ospitale; ma togli la tela col nome di Dio: spero al nostro Barone Misser Santo Antonio che fra brevissimo spatio ne mostrerà evidentissimo miracolo, che si abbatterà il suo foco non solo dentro [p. 217 modifica]la tela ma in resto de’ tuoi beni. Colui avuto la tela, poco niente si curò delle biasteme e scongiure del fratoccio, e ritornandosene verso casa non ebbe una buttata di pietra con mano camminato, che venendogli puzza di bruciato vide fumar la tela, ed altresì videro e sentirono i compagni: di che lui con la maggior paura che avesse mai buttata la tela in terra e scopertala vide che tutta bruciava, e tutto territo e impaurito del peggio chiamò il fratoccio che per amore di Dio si ritornasse a’ pregare il suo miracoloso Santo Antonio che rivocasse la cruda sentenza la quale così presto lo avea sopragiunto. Il fratoccio per non far la tela consumare senza aspettar molti preghi prestissimo vi venne, e comandato a Martino che ammortasse l’acceso foco, subito lui si buttò a terra e con finte lagrime mostrò devotamente orare: e ciò fatto, rassicurato il massaro d’ogni altro sospetto preso per lo suo permesso errore, con coloro insieme se ne ritornò a la terra: dove saputa la novella del manifesto suo fatto miracolo ogni persona e maschi e femmine insino a’ fanciulli gridando misericordia gli si ferono incontro, e con non meno gloria che fu ricevuto Cristo in Gerusalem intrò nella terra. Al quale furono fatte tante offerte e doni che dieci somari non le averebbeno portate; di che lui convertite le più cose in denari contanti, ricco e lietissimo traversoe senza che ve ritornasse a riempire le bisacce.


MASUCCIO.


Molte e diverse sono l'arti con le quali i viventi si studiano a volere senza corporale affanno farne [p. 218 modifica]grosse prede, siccome le tre ricontate novelle hanno apertamente dimostrato, le quali in vero tutte si ponno dire piacevoli e con grande astutia e sottilissimi partiti adoperate. Però quella che appresso di ricontare intendo sarà non meno de le altre faceta, e tanto più da riderne quanto coloro che l’adoperarono senza niuna industria o arte e con poco o niente affanno guadagnarono.

  1. Antonello Sanseverino, figliuolo di Roberto e di Raimonda Orsino del Balzo, successe ancora fanciullo al padre nel 1474. Divenne grande Ammiraglio nel 1477: sposò nel 1480 Costanza di Federico Ubaldini di Montefeltro, Duca d’Urbino, e nell'83 ne ebbe un figliuolo cui pose nome Roberto. Fu capo della congiura dei Baroni, e nel 1487 fuggì a Roma; tornò con Carlo VIII nel 1494, e racquistò lo Stato. Si ribellò a re Federico nel 97 e dovè fuggire un’altra volta. Morì in Sinigaglia nel 1499. Il Porzio ne fa un bel ritratto.
  2. caniglia, nel Salernitano, e in Puglia e in Calabria, si dire la crusca.
  3. Dar di logoro come si fa al falcone per farlo calare.