Il Trentino/Capitolo VII

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Le genti: nazionalità; differenze dialettologiche; toponomastica

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Le genti: nazionalità; differenze dialettologiche; toponomastica
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Capitolo Settimo.


Le genti: nazionalità; differenze dialettologiche; toponomastica.


1. I vari problemi, che ci presenta la preistoria del Trentino, sono in relazione strettissima colle molteplici questioni sull’origine, sulle sedi e sulla via tenuta dai diversi aggruppamenti di genti, che si affacciano in Italia intorno al millennio prima dell’èra volgare. E come queste questioni sono state dalla critica storica appena lumeggiate, e sono ancora soggetto di discussione, così anche i problemi etnografici, che riguardano il Trentino, si presentano in una forma del tutto embrionale ed incerta1.

Vaste zone di terreno nella regione nostra serbano traccia delle stratificazioni di popoli diversi, che successivamente vi ebbero stanza. Monumenti dell’epoca della pietra si scopersero in tutto il Trentino, massime nella parte occidentale, sulle sponde del Garda, vicino al lago di Loppio, poi a ritroso del Sarca, ad Arco, a Romarzollo, a Fiavè, a Cavedine, a Calavino, a Toblino, e S. Massenza, e in quella zona che per mezzo del passo di Cadine congiunge il bacino del Sarca con quello dell’Adige (stazioni litiche di Padergnone, Vezzano, Terlago). Altre traccie si hanno nel bacino del Noce a Lovere, a Dardine, a Dosso-Tavon a Dambel, e nella media valle dell’Adige, sulla sponda destra a Mezzolombardo, sulla sinistra a Sigsmundskron, a Pressano, a Meano, a Rovereto e a [p. 208 modifica]Mori. Sembra che le genti, che facevano uso dei molteplici oggetti di pietra ritrovati in queste stazioni, fossero i Liguri, che lasciarono di sè le maggiori testimonianze sulle sponde del Verbano, del Lario e del Garda. Osservandosi l’affinità degli oggetti trovati sulle rive del Benaco con quelli trovati a Loppio nella Val d’Adige, si volle congetturare da alcuni, e la tesi venne dai più accettata, che le genti tridentine dell’età della pietra fossero penetrate nel Trentino dalla valle del Po per il lago di Garda. È certo ad ogni modo che i Liguri dalle Alpi e dall’Italia settentrionale si abbassarono nella regione appenninica, quando li colse alle spalle l’urto di altre popolazioni.

I monumenti dell’età del bronzo nel Trentino sono distribuiti su una zona analoga a quella, che racchiude quelli dell’età litica; solo si ritrovano più addentro nel cuore delle valli, fino a Bondo e Breguzzo p. e., nelle Giudicarle; inoltre si rinvennero nella Valle d’Avisio a Ziano e in parecchie località della Valsugana. Bisogna però tener distinte le stazioni del bronzo del Trentino orientale, da quelle dell’occidentale, che, a quanto pare, non vi fu fino all’età del ferro comunanza di sorta fra le popolazioni poste alla destra e quelle alla sinistra dell’Adige, e le prime sembrano appartenere alla schiatta degli Itali, le altre alla famiglia veneta.

Centro della sede storica della famiglia degli Itali fu la valle del Po; la via per cui penetrarono nella penisola è dubbia, forse dalle porte orientali, forse dalle valli alpine. Si stabilirono nei luoghi stessi dove prima aveano dimora i Liguri, talché le palafitte del Piemonte e della Lombardia segnano nei vari strati la sovrapposizione dei due popoli. Nel Trentino non si scoprirono le palafitte, in uso presso queste genti; però vi mancano tutte quelle specie di oggetti, che non si rinvengono nelle terramare, mentre si trovano quelli in uso presso gli Itali, e la maggior parte delle scoperte si fecero presso laghi e fiumi. V’è poi chi congettura che alcune località come Presano lungo l’Adige (dove molti monumenti trovati al principio del secolo furono per incuria trascurati) e i Campi Neri nell’Anaunia sieno vere terramare. Gli Itali probabilmente non passarono l’Adige, o, fattone il tentativo, [p. 209 modifica]presso Trento e Pressano, non procedettero oltre nelle vallate orientali.

Gli abitatori del Trentino orientale, in questo periodo, pare fossero i Veneti, che la tradizione ci fa apparire ad Aquileia vicini agli Euganei. Essi entrarono nel Trentino o per la valle della Brenta o a traverso l’altopiano dei Sette Comuni. Nella regione nostra si estesero da oriente a occidente lasciando traccie di sè oltre che a Ospedaletto, a Borgo, a Strigno, a Levico e a Pergine, anche a Civezzano, Albiano e Meano e verso S. a Povo e Vattaro.

Oltre alle traccie della civiltà ligure ed itala il Trentino conserva numerose quelle della civiltà etrusca. Ne fanno larga testimonianza la necropoli di Vadena, il sepolcreto di Meclo, il ripostiglio di Dercolo, quello di Caldaro, gli oggetti d’arte rinvenuti in essi e in altri luoghi come ad esempio la situla di Cembra e i manichi di pugnale di Meclo con iscrizioni etrusche. D’onde e per quale via gli Etruschi sieno venuti in Italia è questione delle più ardue e dibattute; chi li vuole scesi dalle Alpi, chi approdati dall’Oriente alla costa occidentale della media Italia. Del pari è incerto se nel Trentino essi sieno penetrati per necessità di espansione, o come fuggiaschi di fronte ai Galli.

Del resto non è tanto sulla designazione dei vari popoli in corrispondenza cogli oggetti ritrovati che ci importa fermar l’attenzione, perchè tale designazione è ancora — allo stadio attuale della scienza — basata sopra congetture, ma sul fatto che tutte le stazioni archeologiche trentine trovano riscontro nei depositi coevi italiani e attestano una civiltà comune colle stazioni italiche.

Dopo gli Etruschi giungiamo finalmente al periodo storico: con esso si affacciano alle porte della nostra regione i Cenomani, appartenenti a quella schiatta gallica che dovea mutare considerevolmente le condizioni etniche e linguistiche di gran parte della penisola italica. Pare che i Cenomani sieno venuti nel Trentino risalendo dalle valli dell’Adige o del Chiese; essi, però, benché di stirpe gallica, aveano indole più mite dei Galli, si accomunarono coi Veneti e divennero presto alleati dei Romani contro i proprii connazionali. [p. 210 modifica]Questo legame che vediamo stringersi fra i Romani, e gli abitatori della nostra regione ci spiega il rapido romanizzarsi delle popolazioni trentine.

Nè qui ci soffermeremo a parlare dei numerosi contatti delle genti trentine coi Romani, contatti che datano dal 117 a. C., delle lotte di questi contro i Reti, che abitavano alle spalle dei Trentini e spesso gli molestavano, della cittadinanza romana concessa a Trento prima ancora dell’impero di Claudio, dell’annessione di tutto il Trentino alla X regione italica e non alla Rezia. Ciò che a noi basta notare è l’influsso idiomatico della lingua latina. Questo non fu dapertutto uniforme: fu maggiore nei centri progrediti e nelle stazioni lungo le vie militari, minore e piuttosto pigro nelle valli laterali dell’Avisio e del Noce e in quelle del Sarca, dove c’era da lottare contro l’elemento retico che seppe resistere più a lungo. Inoltre bisogna ricordare che contro alla vittoria morale o intellettuale, che dir si voglia, della lingua di Roma si ebbe la reazione fonetica dei provinciali determinata dall’abitudine organica. Detto questo, è facile comprendere l’evoluzione idiomatica della lingua latina nel Trentino, la quale potè svolgersi in un vero volgare italiano con base latina e con influssi veneto-lombardi nella parte centrale del paese; ebbe invece minor sviluppo nelle valli più remote e diede origine a quella specie di idiomi che escono dai sistemi proprii all’Italia e diconsi ladini o reto-romani.

Queste parlate abbracciano, come è noto, una vasta zona alpina che con continuità più o meno serrata s’estende dal Friuli al Trentino, ai Grigioni. Nei territori adiacenti al Trentino esse aveano nei primi secoli del millenio, un’estensione maggiore dell’attuale e occupavano non solo la val Venosta ma anche gran parte della regione, posta sul versante meridionale della catena alpina, dove Roma avea imposto il suo dominio. Se non che in quest’ultimi territori esse non si erano radicate con forza sufficiente, per la varietà del substrato etnico meno adatto di quello trentino a ricever l’innesto romano; e le invasioni alemanne dei primi secoli dell’èra volgare riuscirono a travolgerle e solo si salvarono dal naufragio poche colonie di fuggiaschi, che formano le oasi linguistiche [p. 211 modifica]di Badia, Livinallongo e Ampezzo. Nel territorio trentino invece l’invasione germanica non lasciò traccie di sè e le oscillazioni del confine linguistico — che indicano il campo della lotta etnografica — non retrocessero mai al S. di S. Michele, mentre la lingua italiana fino a circa il 1500 era in uso comune nella città di Bolzano, aggregata allora al principato di Trento e perdette terreno solo più tardi, per riprendere poi il suo corso nel nostro secolo sotto l’influenza della lenta, ma continua colonizzazione dei lavoratori del Trentino.

Non più tardi del XII secolo, Trento aveva come le vicine città venete un vero volgare italiano, della cui esistenza sul principio del trecento ci fa fede Dante Alighieri nel suo De Vulgari Eloquio. È forse a questo tempo che si deve far risalire l’inizio del primo comparire in alcune plaghe del Trentino, di immigrazioni di lavoratori tedeschi, venuti alla spicciolata per sfruttare le miniere del principato o per dedicarsi alla pastorizia. Ma fu un’immigrazione di poco valore, ristretta a zone anguste, che non valse a distrugger l’elemento latino.

Il Trentino, romanizzato così rapidamente, non potea esser leso nel suo patrimonio nazionale nè dalle grandi invasioni dei primi secoli, che tendevano rapide alla pianura del Po, nè dalle piccole torme di minatori che spesso venivano dai limitrofi paesi dei Sette e dei Tredici Comuni, nè dalla politica germanizzatrice degli imperatori. I liberi ordinamenti, che Trento ebbe dai primissimi tempi, erano ottimo mezzo alle svolgersi della lingua, alla conservazione delle tradizioni nazionali: il dualismo politico fra l’autorità vescovile e la municipale, che informò gran parte della vita del Trentino, impedì sempre il prevalere del principato che poteva spesso rappresentare l’influenza germanica e determinò talvolta la superiorità del Comune che avea il suo centro d’attrazione in Italia; la diocesi trentina era unita alla provincia ecclesiastica d’Aquileia e la vita stessa, che sorgeva rigogliosa nei liberi comuni d’Italia, influiva sulla conservazione e sullo svolgersi degli idiomi volgari nella nostra regione.

Non è che siano mancati nel corso dei secoli gli elementi ostili al volgare italiano ma essi per forza di cose «vi si [p. 212 modifica]adagiarono e vi si mansuefecero, restringendosi e impicciolendosi e lasciando luogo all’elemento primigenio»2.

Delle varie differenze dialettologiche della parlata trentina e delle caratteristiche degli idiomi ladini, e della loro estensione parleremo in breve; prima ci pare necessario dare uno sguardo alla statistica delle nazionalità del Trentino.

2. Secondo i censimenti del 1890 la popolazione di diritto del Trentino ammontava a 344.098 abitanti, dei quali 333.738 erano italiani (italiani e ladini), 10.009 tedeschi, 351 di altre nazionalità.

Questi dati ufficiali però meritano d’esser accolti con molta diffidenza3 e circospezione e devono essere ampliamento illustrati. Il numero degli abitanti tedeschi è dato dalla popolazione indigena quasi esclusivamente tedesca dei quattro comuni della Valle di Non (San Felice, Lauregno, Proves, Senale), dei due di Val Fiemme (Trodena e Anterivo), dell’ultimo di Val dei Mocheni (Palù), da alcuni altri paesi di questa valle, dove la popolazione è mista, e infine dai militari (in numero [p. 213 modifica]di 3800, dei quali appena un decimo appartengono alla popolazione indigena) dai forestieri soggiornanti temporaneamente sulle rive del Garda e dalle famiglie di ufficiali e di impiegati. Nel 1857 la popolazione indigena italiana del Trentino era di 321.031, la tedesca di 6300.4

Dal 1880 al ’90 si ha, secondo i dati ufficiali, un aumento della popolazione tedesca di 1371 corrispondente al 4.5 per mille, mentre la popolazione complessiva è diminuita di 3931 abitanti e quella italiana di 4521.

Ho raccolto in una tabella (vedi Tabella I) i dati statistici riguardanti le lingue parlate nel Trentino, confrontando i censimenti del 1880 con quelli del ’90. Dall’esame di questa tavola, e ancor meglio dallo studio accurato della pubblicazione ufficiale, si rileva questo fatto abbastanza strano, che mentre in parecchi distretti la popolazione italiana è diminuita di centinaia e migliaia, la tedesca è rimasta stazionaria od è cresciuta e che alcuni comuni hanno solo dall’ultimo censimento in poi una popolazione quasi esclusivamente tedesca; ora se in pochissimi casi questo fatto riesce parzialmente comprensibile per l’introduzione delle scuole tedesche, in altri paesi (ben noti a chi scrive) si mostra evidente l’esagerazione.5

Facendo quindi una giusta diffalta si può ritenere che la popolazione civile tedesca del Trentino non sia di molto superiore ai 5000 individui, dei quali 3200 appartengono ai paesi quasi esclusivamente tedeschi sopra indicati, circa 1000 [p. 214 modifica]ai paesi misti della Valle dei Mocheni e gli altri sono rappresentati da famiglie di ufficiali ed impiegati.

Di fronte al numero esiguo dei tedeschi nel Trentino, v’è un numero assai più grande di italiani e ladini nel vicino Tirolo. Essi raggiungono la cifra di 19477 senza contare i 5939 del distretto di Ampezzo.

3. Non così facile come la statistica della nazionalità è quella dei parlanti i vari dialetti nel Trentino, giacchè non si possono delinear bene 6 i confini delle singole zone dialettali, nelle quali si passa insensibilmente dall’una all’altra. I vari computi fatti p. e. sui parlanti gli idiomi ladini, oscillano fra cifre estreme e ciò perchè non da tutti si tien conto della distinzione fra ladini puri e ladini misti.

Davanti a queste difficoltà noi non ci sentiamo in grado di avanzare che delle cifre largamente approssimative per le tre sezioni dialettali in cui, ci pare, si possa ragionevolmente dividere il Trentino, costituite dal dialetto trentino, dalla zona mista trentino-ladina e dal ladino puro.

La zona puramente ladina si limita al territorio di Fassa nell’alta valle dell’Avisio e non racchiude più di 5000 persone, tenuto conto anche di qualche centinaio di abitanti limitrofi al distretto di Fassa. Il dialetto fassano è somigliantissimo al gardenese, al marebbano, al badioto, al livinalese. L’alto fassano è più genuino del basso fassano, ma in entrambi però si incontra l’intiero complesso dei caratteri fondamentali del sistema ladino del ripartimento orientale della sezione di mezzo. Su questi caratteri non stimiamo opportuno il fermarci e rimandiamo il lettore alla classica opera dell’Ascoli.

Il gruppo degli idiomi ladini misti abbraccia un territorio maggiore: esso occupa tutto il bacino del Noce, la parte media [p. 215 modifica]e inferiore del bacino dell’Avisio e — quantunque con minor vigorìa — la valle Rendena (parte superiore del Sarca). In questa zona si riscontrano alcuni dei fenomeni glottologici propri del ladino, ormai soverchiato dagli influssi lombardi o veneti. I più importanti di questi fenomeni — specie nei dialetti del bacino del Noce e dell’Avisio medio e inferiore — sono i seguenti che riassumo dal lavoro dell’Alton: 7 1. Il trapasso dei suoni gutturali ca e ga nelle corrispondenti palatali ca e ga: casa, vaca, cavai, castel (pron. ciasa, vacia, ciaval, ciastel) ecc. 2. La liquidazione del l in u nelle forme ald, alt ecc. càud (pron.: ciàud) (it. caldo), saut (salto), auter (altro) ecc. 3. L’offuscamento della vocale ü col suono francese o lombardo u: ün (uno) dür (duro). 4. L’offuscamento della vocale ö col suono del francese eu e oe ecc.; nöo, noe (nuovo). 5. Il doppio suono ue (oppure ö) che deriva da una latina breve accentata o: fuec (fuoco). 6. Il doppio suono in gran numero di vocaboli terminati in elio: fradièi (fratelli), bèi (belli). 7. L’n uguagliato al nd: domanàr (domandare), grani (grandi). 8. Il conservarsi del l delle formole bl, cl, fl, pl: blastamar (bestemmiare), recla (orecchio), fior (fiore). 9. L’s flessiva nella seconda persona della coniugazione: das (dai), fas (fai), sentes (senti).

Naturalmente questi fenomeni si mostrano ora più ora meno spiccati, ma in nessun luogo dei territori citati sono così complessi da darci un idioma ladino.

Nell’Anaunia la varietà con forme ladine più cospicua è quella della valle di Rumo, percorsa dal torrente Barnes. Gli influssi che vanno stremando l’elemento ladino del Noce e dell’Avisio sono prevalentemente veneti. Il vernacolo di Rendena ha in sè i caratteri delle finitime varietà ladine ed è nello stesso tempo una cospicua continuazione del fenomeno di tipo lombardo orientale.

Il numero dei parlanti idiomi misti si può far risalire per l’Anaunia a 55.000 abitanti, per le valli di Fienme e Cembra a 26.000, per la Rendena a 10.000 circa.

Tutti gli altri abitanti della regione trentina (288.000 circa), [p. 216 modifica]eccettuato l’esiguo numero dei tedeschi, i trentini parlano quello che comunemente si dice dialetto trentino.

Si ha così un territorio che abbraccia tutta la valle dell’Adige, la Valsugana colle valli laterali di Tesino e di Primiero, i distretti di Vezzano, Arco e Riva e parte delle Giudicane medie e inferiori. Tale dialetto viene generalmente classificato come veneto-lombardo; e molto si accosta al veneto per ciò che riguarda il lessico, mentre più si avvicina al lombardo per la stroncatura dei vocaboli e il suono celtico dell’o e dell’zt. D’altra parte il dialetto trentino va assumendo nelle diverse località varietà notevoli; sotto l’influenza delle parlate delle popolazioni affini nei bacini del Sarca e del Chiese esso mostra maggior affinità coi vernacoli lombardi; e sono anzi lombardi orientali i vernacoli della Val di Ledro e dei territori fra il Chiese e il Sarca; nella valle della Brenta fino a Pergine è modificato dall’influenza del dialetto veneto. Accenti di quest’ultimo risalgono fino a Rovereto e danno al suo dialetto caratteristiche diverse da quello del dialetto di Trento, che ha nel suo fondo tracce che taluni dicon lombarde e l’Ascoli ritiene ladineggianti.

Così, per esempio, il roveretano ha comune col veneto il frequente cambiamento dell’accentuata a delle desinenze in arius (italiano ario-aio-iero) in e: fervér, (ferraio) murér (muratore), molinér (mugnaio), pomér (mela), mentre nel dialetto di Trento questi vocaboli suonano ferràr, muràr, molinàr, pomàr ecc. Il vernacolo di Rovereto ha comune col veneto la soppressione del suono dentale d.: battua, (battuta), bevila (bevuta), prea (preda) che rimane inalterato nel dialetto trentino: battuda, bevuda, preda. Il dialetto di Trento appare meno sonoro di quello di Rovereto e ha molte consonanti finali 8.

Tornando a parlare del dialetto trentino in generale, diremo che esso ha una grammatica ed una sintassi prettamente italiane. Fra gli elementi estranei, che esso accolse nel processo della sua elaborazione, va tenuto conto anche dei germanici, comuni, del resto, ai vernacoli della Lombardia e della [p. 217 modifica]Venezia. Le voci, che si possono dire germaniche, non sono più di 200 (per lo più di sostantivi e pochi verbi) delle quali la metà circa sono comuni alla lingua letteraria. In numero assai maggiore sono invece i latinismi 9 e i vocaboli e le dizioni che rammentano non solo le parlate rustiche e popolari della Toscana, ma anche la lingua degli scrittori toscani del trecento.

I diversi dialetti, che noi vedemmo esser parlati nella regione trentina, non mancano di una propria letteratura: letteratura che si riduce a canzoni popolari per i ladini di Fassa e che prende un vero sviluppo letterario pei ladini misti della Valle di Non e pel dialetto trentino. Per ricchezza di poeti dialettali si distinse in modo speciale nel secolo scorso la Val Lagarina 10.

4. Un valido aiuto agli studi etnografici nel Trentino fu dato dalla toponomastica e ad essa dobbiamo se si può affermare con una certa sicurezza, che nel secolo secondo a. C. deve esser stato celtico il grosso della popolazione trentina. Sotto l’aspetto toponomastico 11 il nostro paese presenta il notevole fenomeno di una duplice serie di nomi locali, di cui la prima offre analoga corrispondenza coi nomi delle sezioni alpine occidentali e persino della Linguadoca, della Franca Contea e del Poitù, mentre l’altra mostra di aver [p. 218 modifica]parentela con certi nomi locali del Friuli e dell’Istria; il che — secondo il Malfatti — potrebbe far pensare all’incontro ed alla fusione delle immigrazioni illiriche e celtiche nelle regioni alpine. Queste due correnti etnografiche, la prima prevalente dal Quarnero all’Adige, .la seconda dall’Adige al Rodano, devono esser venute in contatto nel Trentino, situato nel centro delle due zone, finchè la seconda ebbe il sopravvento anche nelle regioni alpine più verso oriente.

Di questo sopravvento dell’elemento celtico nel Trentino (sopravvento che non esclude la convivenza dei Galli Cenomani, fondatori di Trento, secondo Pompeo Trogo, con altre genti, discendenti dagli abitatori dell’età neolitica oppure avanzi degli Italici e degli Etruschi) si hanno, malgrado l’infima civiltà dei Galli, numerose traccie onomatologiche. Le valli del Noce e del Chiese ci offrono prove di una fitta popolazione gallica persistente anche dopo l’occupazione romana, che fu pur tanto rapida e per ben cinque secoli ininterrotta. Queste vicende determinarono il carattere decisamente galloitalico della toponomastica trentina, nè le ulteriori invasioni e dominazioni dei Goti e dei Longobardi poterono menomamente far prevalere l’elemento germanico, il quale non è rappresentato che da pochi nomi locali. Il Trentino sotto l’aspetto toponomastico appartiene quindi a quella regione settentrionale gallo-italica divisa, secondo il Malfatti, dalla regione propriamente italica, da una linea che partendo dalla foce del Frigido, tocca la Penna di Sumbra, raggiunge le sorgenti del Serchio e segue infine la cresta degli Appennini fino alle sorgenti della Marecchia colla quale scende al mare. Nella toponomastica trentina dobbiamo poi distinguere quattro differenti strati: cioè il gallico propriamente detto, il romano, il gallo-italico e l’italico, strati che rappresentano il succedersi dei fattori idiomatici del paese.

Le pochissime traccie dell’influenza germanica nella toponomastica trentina si incontrano all’estremità delle Valli di Non e di Fiemme, nella Valsugana e nella Valle della Fersina superiore. Ma è da escludere assolutamente — e ne abbiamo già viste le ragioni — che esse devano la loro origine alle antiche reliquie sparse dei Goti, dei Longobardi, dei Bavari [p. 219 modifica] o dei Franchi. In queste valli le parlate tedesche non si diffusero, se non intorno al secolo XIII, per cause sopratutto politiche ed economiche e per cause affini diminuirono e in gran parte scomparvero nei secoli posteriori.

Ma quando tali cause entrarono in vigore, la maggior parte dei nomi locali si eran già formati per opera degli elementi idiomatici gallico-latino ed italiani e come tali ci si presentano anche oggi 12.

  1. Francesco Pullè. Profilo antropologico dell’Italia. Firenze, 1898. — Panizza Augusto. Sui primi abitatori del Trentino. «Arch. trent.» Trento, 1882. — Malfatti B. Degli idiomi parlati anticamente nel Trentino e dei dialetti odierni. Note storiche. «Giorn. di filol. romanza.» Livorno, 1878. Id. Etnografia trentina. «Arch. stor. p. Trieste, l’Istria il Trent.» Roma, 1881. — Campi Luigi. L'italianità del Trentino. «Il Trentino Dante ecc.» Trento, 1895.
  2. Correnti C. op. cit. — Ci pare questo il luogo di ricordare peculiarmente — sia pur ripetendoci — le cause che più di tutte influirono sullo stanziarsi di oasi tedesche nel Trentino, oasi che vennero man mano scomparendo. Le principali fra esse sono: 1.° L’azione politica dei principi vescovi di Trento — ligi servi degli imperatori germanici — i quali amavano affidare la custodia dei loro castelli a feudatari della loro nazionalità, sempre in lotta coi comuni. 2.° L’emigrazione dei minatori dal Tirolo e dalla Boemia, spinti dal desiderio di trar profitto delle ricchezze minerarie della Valle della Fersina. 3.° Le immigrazioni dei boscaioli e pastori tedeschi nella Val del Sila mandati probabilmente dai signori di Salorno, che qui possedevano un’arimania. 4.° Inevitabili rapporti di vicinanza coll’altopiano dei Sette Comuni; da esso per impulso di necessità industriale emigrarono non poche famiglie nel territorio di Centa e di Lavarone. È notevole come fu anche più tardi l’influenza di cause economiche che valse a spezzare nel Perginese l’angusta zona dei dialetti germanici. Oggi non restano che pochi avanzi nella Valle dei Mocheni, mentre già fin dal XVI sec. cominciò a scomparire l’elemento tedesco per opera delle immigrazioni di coloni italiani, attratti lungo l’Astico, il Leno, il Centa, il Rio di Calliano dall’industria serica e dall’allevamento dei bachi.
  3. Galanti. Sull’opportunità di studiare le isole linguistiche straniere in Italia. «II Congr. Geogr. Ital.». Roma, 1895.
  4. Cfr. Censimento del Trentino del 31 ottobre 1S57 nel «Censimento degli antichi Stati Sardi.» Torino, Stamperia reale, 1862.
  5. Ecco alcuni esempi: Nel censimento del 1880 Luserna figurava, secondo i dati ufficiali con 215 italiani e 431 tedeschi, mentre nel 1890 ebbe a contare 24 italiani e 675 tedeschi; Fierozzo aveva allora 352 italiani e 331 tedeschi; mentre nel 1890 appare con 559 tedeschi e 128 italiani; Frassilongo segnato allora con 464 italiani e 276 tedeschi, ha invece nel 1890 soli 145 italiani e 555 tedeschi. A Pergine il censimento del ’90 scoprì 404 tedeschi, mentre la guarnigione militare non ascendeva che a 198 uomini e si sa con certezza, che in paese non vi sono che pochissime famiglie di impiegati appartenenti alla nazionalità tedesca. Altrettanto si può osservare per Levico e per parecchi altri luoghi.
  6. Malfatti. Opere citate. — Ascoli. Saggi ladini. In «Arch. glottologico ital.» Anno I, 1878. — Alton Johann. Die ladintschen Idiome in Ladinien Groden, Fassa ecc. Innsbruck 1897. — Id. Dialect u. Dialectdichtung der Italiener in Tirol.Id. Dialect u. Dialectdichtung der Ladiner in Tirol in «Die oesterr. ung. Monarchie in Wort u. Bild. Tirol und Vorarlberg.» Wien 1893. — L. Cesarini Sforza. Il dialetto trentino confrontato col toscano e coll’italiano propriamente detto. Rovereto, 1896.
  7. Alton. Dialect u. Dialectdichtung. der Italiener in Tirol, già cit.
  8. Cfr. Alton, op. cit.
  9. Cfr. Cesarini Sforza. Alcuni latinismi del dialetto trentino. In « Strenna Trentina » Trento 1893. — Id. Altri latinismi.Testo in corsivoIvi 1894.
  10. Va qui fatto cenno di un gergo speciale (detto taron o gain) che sii usa nella valle di Sole, specie nella pieve d’Osanna. Sull’origine dei vocaboli che lo compongono si sono fatte dagli studiosi locali mille strane congetture e chi li fece risalire alla lingua osca, chi alla grecat chi alla tedesca. Dò un saggio di tali voci: Ghatartibi, padre; Ianès, fratello; blestòs (libro); brustel, granoturco; gròson freddo; cobis, prete; gautil negoziante; ghinel, campo. (Cfr. Arvedi. Illustrazione della Val di Sole. Trento, 1888).
  11. Orsi P. Saggio di toponomastica tridentina ossia contributo all'etnografia e topografia antica del Trentino. Arch. trent. Anno III. Trento 1S84. — Malfatti B. Saggio di toponomastica trentina. I nomi dei luoghi abitati nei distretti di Civezzano, Pergine e Levico. « Ann. Alp. Trent. » 1S87-88. — Id. Saggio di toponomastica trentina. « Ann. Alp. Trent. » 1894-95, Pubblicazione postuma. Orsi P. Saggio di toponomastica tridentina ossia contributo all'etnografia e topografia antica del Trentino. Arch. trent. Anno III. Trento 1S84.
  12. La stessa origine deve attribuirsi ai cognomi personali. Secondo un recentissimo studio (E. Lorenzi: Saggio di commento ai cognomi tridentini, Trento, 1897) la cifra rotonda dei nomi italiani del Trentino è di 4000 di fronte a 650 tedeschi. Tali cifre però non hanno un’importanza reale, poiché i cognomi tedeschi, tranne rare eccezioni, sono rappresentati da poche famiglie, mentre gli italiani lo sono in molti casi da centinaia 0 centinaia di famiglie. Dal suddetto lavoro tolgo pure queste notizie: Nelle colonie tedesche di Val di Non, di Trodena, dei Mocheni e di Folgaria predominano i cognomi tedeschi sugli italiani: altrove il rapporto numerico percentuale fra gli uni e gli altri è il seguente: (cognomi tedeschi) Besenello 47 %; Terragnolo 45 %; Castagnè 40 %; Lavarone 37 %; Pergine 26 %; distretto di Primiero 19 70; Rovereto 16 %; Borgo 13 %; Cles 10.5 %; Trento 8.3 %; Ala 5 %; Riva 3.5 %; Predazzo 0 %