Il mio delitto/XIII

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XIII

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XII XIV
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XIII.

Dopo molti anni di riposo, eccomi nuovamente slanciata nel gran mondo; lo trovo cambiato, ma non migliorato, forse sono io che sono invecchiata e la solitudine m’ha resa più difficile da contentare.

Però faccio una scoperta; se non si è più suscettibili di divertirsi in mezzo alla gente, ci si può almeno stordire, e questo è il caso mio. Per stordirmi davvero, per non pensar più a cose malinconiche, vado dappertutto come se quella vita fosse il mio ideale. Anche Ruggeri ha mantenuta la sua parola, [p. 123 modifica] va, viene, fa quattro chiacchiere colle signore, poi si rifugia intorno al tavolino da gioco.

In società ho avuto anche una sorpresa, ho trovato mio marito tanto brillante che nol mi sarei mai immaginato. Egli è il beniamino delle signore, è molto ricercato nei loro crocchi, le intrattiene con aneddoti piacevoli e piccanti ch’egli dispensa come roba sua, ma che certo impara nei frivoli giornali francesi che legge continuamente quando è in casa.

Da una parte mi dà ai nervi questa sua popolarità, e quando lo sento chiamare con tanta confidenza dalle mie amiche: «Manfredi, venga qui. — Conte, mi racconti che cosa ha fatto ieri.... — Andiamo, su, qualche bella storiella» e lo sento chiamare semplicemente Manfredi, mi pare che mi rubino qualche cosa di mio; ma d’altra parte sono orgogliosa dei suoi trionfi, e quando ha ben [p. 124 modifica] fatto ridere le signore e se lo sono disputato a destra e a sinistra, io me lo porto a casa tutto per me, mi sento felice ed orgogliosa.

Anch’egli si mostra molto contento della sua Ilda ora che prende una parte maggiore alla sua vita ed ha i suoi medesimi gusti; la trova più bella nei suoi vestiti eleganti da società, l’ammira, ed è quasi una ripetizione della luna di miele.

— Così mi piace, — egli mi dice sempre, — se continuavi come prima mi sarebbe sembrato d’aver sposato la mia nonna; non puoi credere come invecchi una donna quello starsene chiusa tutto il giorno, intristisce come un fiore che vive nell’ombra. Ora sì, sei una moglie degna di me, bisogna sentire che cosa si dice di te; è un coro d’elogi, sei bella, sei elegante, compita, seducente, ne sono quasi geloso. [p. 125 modifica]

Confesso che questa recrudescenza d’affetto in mio marito mi fa molto piacere e ringrazio in cuor mio Ruggeri d’avermi consigliato a riprendere la mia vita di società. Quando vedo come mio marito si diverte, capisco che se io non mi fossi mostrata. egli mi sarebbe forse sfuggito e sono contenta d’aver presa questa risoluzione.

Mi vado abituando di nuovo a quella fantasmagoria di cose e di gente, è una vita febbrile, vertiginosa che non lascia più tempo per il raccoglimento e l’intimità, e non vado a casa che per riposare. M’occupo un po’ meno dei bimbi e ne ho rimorso, ma in compenso m’occupo un po’ più di mio marito, siamo come duo sposi novelli: si va, si corre, ci si diverte sempre insieme e sempre contenti. Vorrei che questa vita durasse sempre, mi riconcilio quasi col mondo e colla società che mi ha procurato un aumento [p. 126 modifica] nell’affetto di Manfredi... ma non è che un bel sogno: anche questo periodo di felicità passa come una meteora luminosa.

Mio marito decisamente ha il gusto della varietà come un fanciullo viziato e già comincia a trovare che quell’esser sempre assieme dopo tanti anni di matrimonio non è di buon genere, che una signora entrando in una sala fa miglior effetto quando non è al braccio del marito, già mi lascia andar con qualcuno dei nostri amici e mi raggiunge più tardi. Trova sempre qualche pretesto per lasciarmi la mia indipendenza e riacquistare la sua, e intanto sento che mi sfugge, mi scivola di mano; faccio ogni sforzo per trattenerlo, ma è peggio, si ribella, vuoi riprendere la sua libertà, il mio cuore soffre e pago caramente a prezzo della mia pace i giorni che ho goduto di perfetta felicità. È vero, mi lascia libera di circondarmi di uno stuolo [p. 127 modifica] d’ammiratori e certo non me ne mancano, anzi aumentano mano mano ch’egli mi abbandona; s’io fossi un po’ più frivola e vana mi sentirei soddisfatta di tutte le dolci parole che mi susurrano all’orecchio, ma non ne faccio caso, le sto a sentire tanto per passare il tempo e poi perchè anche a non crederci certe espressioni fanno sempre piacere, ma non lasciano in me nessuna traccia profonda, tutta intenta come sono ad occuparmi di mio marito, che oramai non pensa che a corteggiare le altre signore e a rendere omaggio alle nuove stelle che sorgono sull’orizzonte.

Intanto fra il profumo delle dame eleganti, tra il fumo delle sigarette salgono delle voci, dei rumori dalle sale illuminate. Ad ogni dama si affibbia un cavaliere, un corteggiatore, ogni signore sospira per qualche dama, si osservano i gesti, s’interpretano le [p. 128 modifica] occhiate, non sfugge nulla, non si perdona a nessuno, si ripetono nomi, si sfrondano reputazioni; è uno spiarsi reciproco, una maldicenza che invade tutto e tutto avvelena. È un aspetto nuovo in cui mi si presenta la società, al quale non avevo ancora badato. Per molto tempo non mi curo nè di quelle chiacchiere nè di quelle malignità che volano nell’aria e le scaccio come il ronzio di zanzare importune lasciandomi trascinare dalla corrente di quella vita frivola e oziosa per forza d’abitudine, per inerzia, per non pensare ad un altro cambiamento.

Ma in mezzo a tutte quelle chiacchiere sparse al vento e susurrate tra le figure d’una contraddanza un none mi ferma, quello di mio marito.

Egli si diverte, conosce perfettamente l’arte di sedurre le signore, è molto fortunato, nessuna sa resistergli. [p. 129 modifica]

Non sono che vaghe parole lanciate con leggerezza, pure mi penetrano nel cuore e nel cervello e mi fanno sorgere un dubbio che mi avvelena l’esistenza.

Sono divenuta incredula, sospettosa, osservo attentamente mio marito, conto le ore che rimane lontano, in casa, osservo la sua fisonomia, noto le sue parole.

Egli si accorge della mia vigilanza e mi fa capire che lo annoio; un giorno perde la pazienza, e mi dice:

— Si può sapere perchè mi vorresti ora tener legato alla catena come un cagnolino?

Io che odio le finzioni non posso tacere e dico:

— Sono gelosa; ecco.

Egli si mette a ridere e dice che sono una bimba e che certo dò ascolto alle chiacchiere della gente.

— È vero, — io dico, — sono una

cordelia. Il mio delitto
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sciocca, ma non c’è fumo senza fuoco, e un po’ di vero ci dev’essere anche nelle chiacchiere della gente.

— Ebbene, allora anch’io, se dovessi dar retta a quello che si dice, dovrei essere geloso di Ruggeri e proibirti di riceverlo; ma ho fede in lui e in te e non dò retta alle voci che corrono.

— Perdono, sono una sciocca, — diss’io, convinta da quell’argomento e felice di poterci credere. Infatti anch’egli mi ripeteva quello che sentii ronzare nell’aria intorno a me; il mondo era tanto cattivo da trovare a ridire sulle cose più innocenti. Poiché avevo un amico che veniva spesso a passar qualche ora in casa mia, col quale m’intrattenevo dei nostri figli, quest’amico doveva avere un secondo fine. Ma nell’istessa guisa potevano aver calunniato anche Manfredi.

Però s’ha un bel dire: una volta entrato [p. 131 modifica] in cuore un sospetto non si può scacciarlo tanto facilmente, e quantunque fossi in apparenza più calma, pure al mio occhio sospettoso ed indagatore non isfuggiva la più piccola cosa, e mi bastava veder mio marito distratto e irrequieto perchè il dubbio sorgesse nuovamente a turbare la mia esistenza. Nel mio cuore intanto disprezzavo il mondo ciarliero che s’occupava degli altri inventando calunnie, e mi meravigliavo come avesse potuto trovar a ridire sulle mie relazioni con Ruggeri, mentre facea mostra di non badare alle assiduità del conte Ariberti il quale mi seguiva come la mia ombra, mi perseguitava colle sue dichiarazioni, e per quanto mi fosse indifferente non riescivo a liberarmene.

Una sera mi raggiunse mentre me ne stavo nel vano di una finestra sola coi miei pensieri.

— A che pensate, qui tutta sola? — mi disse. [p. 132 modifica]

— A nulla e a nessuno.

— Non credo che una signora così bella e sensibile non pensi ad alcuno, non abbia una immagine nel cuore che lo riempia e riscaldi.

— Ebbene, sì, penso a mio marito.

— È impossibile, — disse con un riso beffardo.

— Perchè? — chiesi indignata.

— Perchè non lo merita.

— Che ne sapete voi?

— So quello che tutti sanno.

— Chiacchiere.

— Fatti; non chiacchiere soltanto.

A quelle parole la mia mente piuttosto distratta si concentra, la mia attenzione si fa più intensa e dico:

— Sentiamo questi fatti.

Egli voleva schermirsi, voleva andarsene, ma il mio sguardo si posò nel suo quasi ipnotizzandolo, e aggiunsi: [p. 133 modifica]

— Parlate.

— E sia; già che lo volete, forse dopo sarete meno crudele.

E mi narrò a bassa voce come mio marito avesse degli appuntamenti con una signora in una casa sospetta in via Torino e mi disse anche il numero.

— E chi è questa donna? — diss’io.

— È un mistero, perchè è troppo impellicciata e porta il velo troppo fitto.

— È alta, bassa, grassa, snella? suvvia ditemi tutto.

— È alta, snella, elegante.

Io ormai non lo udivo più e guardavo mio marito che stava scherzando con la signora Nardi, la quale era piuttosto matura, ma alta e snella.

— Non è certo quella, — disse il conte, — vostro marito si diverte e scherza con lei e poi ride delle sue velleità giovanili; ma [p. 134 modifica] non ci pensi, vede, tutti fanno così, anche il conte Orlandi con una moglie tanto bella, il Sanvitale con una moglie così virtuosa. Perché del resto crucciarsi la vita? si vendichi e sarà molto meglio.

Io m’alzai indignata e non volli ascoltarlo più oltre, e quando una signora che corrispondeva ai connotati datimi da Ariberti mi si avvicinò per invitarmi ad una serata in casa sua, le risposi sgarbatamente, tanto che essa fece un gesto come se volesse dire: — È pazza.

Un momento mi parve di vedere un cenno d’intelligenza fra mio marito e la baronessa Sanvitale e mi avvicinai a loro, ma la baronessa era tanto infervorata a biasimare ogni colpa ed ogni leggerezza, lo faceva con parole così sinceramente convinte, che tutti i miei sospetti sparirono e fui con lei più gentile del solito.

Avevo la tempesta nel cuore, ma mi [p. 135 modifica] facevo forza nella speranza che qualche parola, qualche gesto, mi mettesse sulle traccie della mia rivale, perchè sentivo che esisteva davvero, che non c’era più dubbio.

Ascoltavo intanto i discorsi che si facevano intorno a me.

Si parlava di infedeltà coniugali, un discorso che m’interessava, ma m’accorgevo che su questo punto nessuno la pensava come me, anche con Ruggeri ero agli antipodi. Egli sosteneva che certi fatti sono una necessità della vita, la quale sarebbe altrimenti troppo monotona.

Io gli dissi se avesse trovato una necessità della vita che sua moglie lo tradisse.

Rispose che avrebbe fatto il possibile per non meritarlo.

Poi si venne a parlare di quelli che in simili casi fanno degli scandali, delle pubblicità. Mio marito disapprovava e diceva che quando ci [p. 136 modifica] sono figliuoli, non si deve far troppo chiasso; io m’irritai e dissi un po’ vivacemente:

— S’io scoprissi d’esser tradita farei davvero uno scandalo. — Così dicendo osservavo mio marito e abbracciavo nel mio odio tutte quelle signore che si dicevano mie amiche.

Più tardi egli mi rimproverò dicendo che la mia condotta non era stata degna d’una signora par mia, che m’ero lasciata trasportar troppo dalla mia vivacità.

Io alzai le spalle con indifferenza per mostrare che non mi curavo nè della sua disapprovazione, nè delle chiacchiere del mondo, di quella gente egoista che la pensava tanto diversamente da me.

Ero troppo infelice, e in quelle sale dorate, in mezzo a tutta quella gente così spensierata mi trovavo sola come in un deserto.