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Il nemico (Oriani)/Parte terza/IV

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IV

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Parte terza - III

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IV.

— Ecco il vostro chèque sulla banca Fitz di Varsavia, disse il principe a Loris: ho già fatto attaccare la vostra droiska.

Era il sabbato, l'ultimo giorno della settimana, che Loris si era assegnato per rimanere al castello. Il suo sguardo cadde imprudentemente su Tatiana, che a quelle parole aveva impallidito aprendo smisuratamente gli occhi, ma Loris per impedire al principe di accorgersene lo trasse alla finestra, ponendosi fra lui e lei. Nullameno anche il suo volto era agitato.

Il principe sembrava scrutarlo.

— Sono sospettato?

— Sì.

— Avete notizie da Pietroburgo?

— Dal Comitato; gli studenti hanno parlato di voi.

Loris si sentiva internamente tornare di ghiaccio; un momento perdette di vista il principe per rivolgersi tutto al nuovo pericolo, che veniva a destarlo da quel breve sogno di amore. Non pensava già più a Tatiana.

Il principe seguitò a bassa voce:

— È stata notata la mia uscita dal teatro, non altro su me. Invece lo stalliere, presso al quale [p. 235 modifica]tenevate la droiska, ha dato i vostri connotati, e concordano colle indicazioni di coloro, che vi hanno conosciuto a Mosca.

— Infatti deve essere così.

Parlavano così piano che ella non poteva intenderli.

— Partirò.

— Subito?

Loris alzò il capo.

— Vi pentireste già di avermi ospitato?

— Non mi perdonerei di farvi arrestare in casa mia.

— Il pericolo non può essere così urgente.

— Allora restate.

E un sorriso enigmatico commentò quella risposta troppo breve.

Un dubbio aveva ad un tratto illuminato la mente di Loris, che il principe mentisse per cacciarlo di casa, sospettando de’ suoi amori con Tatiana. Involontariamente si voltò verso di lei, seduta sulla poltrona ed in preda ad una visibile commozione; ma non ebbe nemmeno il tempo di pentirsene, che il principe proseguì con voce fredda:

— Se intendete di restare ancora qui, manderò via Tatiana; ella è troppo cagionevole di salute per potersi trovare impunemente alla scena spiacevole di una fuga o di arresto. Credo che voi stesso sarete di questa opinione.

Nessuna obbiezione era possibile; il principe gli voltò le spalle per andarsene. [p. 236 modifica]

— Aspettate, disse Loris alzando la voce: parto.

Il principe si rivolse colla maniglia dell’uscio in mano, ma il suo occhio atono non espresse nulla.

Tatiana, che aveva abbassato gli occhi, mentre egli le passava dinanzi, ascoltò allontanarsi i suoi passi; poi scattando dalla poltrona si slanciò ai collo di Loris.

— Bada! egli susurrò respingendola.

Ella aveva il viso sconvolto.

— Tatiana, disse Loris severamente per richiamarla all’impero di sè stesso: parto.

— Perchè?

— È inevitabile.

— Perchè subito?

— È inevitabile.

Ella sentì in queste parole la fatalità.

— Vengo con te.

— È impossibile.

— Ebbene, verrò dopo.

Parve loro di udire un passo nell’altra camera,

Tatiana balbettò rapidamente:

— Torna a mezzanotte, verrò ad aprirti dalla porticina della serra.

— Sì.

Loris ebbe appena il tempo di ricomporsi, che il principe era già sulla soglia del gabinetto; la sua faccia si conservava sempre così impassibile.

— Ho ordinato a Dmitri Soudaieff, il secondo cocchiere, di accompagnarvi sino a Wyasa. [p. 237 modifica]

Loris lo trasse di nuovo in disparte.

— Avete fatto male; nessuno dei vostri servi deve seguirmi. Sarà già troppo che mi abbiano conosciuto qui per dieci giorni, se dovranno essere interrogati. Lo credete probabile?

— Quanto voi.

Loris avvampava di collera davanti a quella freddezza impenetrabile, dietro la quale indovinava un proposito geloso. Ma bisognava compiere correttamente la ritirata per non mutarla in fuga; quindi cangiando tono gli chiese:

— Dove mi scriverete?

— Voi stesso ora non sapreste indicarmelo: vi fermerete dove potrete, assumendo il nome e la fisonomia che meglio vi converrà; poi mi scriverete. Alterate la calligrafia, e non firmate nemmeno coll’ultimo nome.

— È giusto, mormorò Loris accorgendosi di essere battuto.

— Farete anche benissimo disfacendovi dei cavalli e della droiska a una delle prime tappe.

— Voi pensate a tutto.

— A tutto, ribattè il principe con strana inflessione di voce, anche a quello, cui non si vorrebbe pensare.

Era impossibile resistere. Loris si volse a Tatiana domandandole con un inchino il permesso di andare nella propria camera a mettersi la pelliccia, per ritornare a salutarla. I due coniugi rimasero soli. A Loris sembrava di agire sotto l’im[p. 238 modifica]pulso di un sogno. Nessuna idea gli rimaneva chiara nella mente, nemmeno quella che il principe conoscesse il suo amore con Tatiana, e lo cacciasse di casa. Si mise rapidamente la pelliccia e tornò nel gabinetto. Aveva bisogno di far presto, di essere fuori, per non tradirsi.

Il principe e la principessa erano ancora nel medesimo atteggiamento, come se non avessero parlato. Quando Loris entrò, Tatiana per frenare uno scoppio di pianto s’irrigidì così duramente che non potè muoversi. Loris invece andò verso il principe disinvoltamente: solo nella voce gli restava un certo tremito.

— Ci rivedremo alla guerra, caro principe, gli susurrò a bassa voce con accento quasi allegro.

— Forse.

— Ricusereste di battervi?

— Io non posso più dare che una battaglia, ma non la perderò.

Quindi andando verso Tatiana, le disse con voce meno cupa:

— Il signor Loris deve partire improvvisamente, mia cara.

Loris le tese la mano; ella gli mise negli occhi uno sguardo luminoso, e levandosi con improvvisa energia gli prese il braccio.

— Venite dunque in camera mia a prendere quell’albero che vi ho promesso, e fissò così alteramente il principe che questi capì di non poterli seguire. Un pallore cinereo gli si diffuse sulla [p. 239 modifica]faccia, le labbra diventate bianche gli tremarono; ma furono pochi istanti. Loris tornava già sorridente col rotolo dell’acquerello in mano.

— Arrivederci, caro principe; non mi accompagnate, l’aria è troppo rigida fuori.

Il principe gli allungò la mano.

À la guerre comme à la guerre, esclamò Loris con gaiezza che all’altro parve insultante.

Pochi minuti dopo il principe udiva tintinnire la campanella della droiska lanciata vigorosamente a tutta carriera. Tatiana si ritirò nella propria camera. Il pomeriggio era cominciato da poco; fuori, nel sereno della giornata freddissima, la luce della neve abbarbagliava. Il principe rimase lungamente alla finestra in una meditazione, che di quando in quando gli traeva sul volto nuvole fosche. La sua veste da camera di seta cinese, a larghi fiorami vividissimi, rendeva col contrasto anche più malata la sua fisonomia di vecchio; portava in testa un berretto ricamato, dono di Tatiana.

La voce di questa lo riscosse.

— Siete ancora lì.

Nel suo accento non v’era che una curiosità benevola. Aveva mutata la veste per un abito di un rosso cupissimo a merletti neri, corto che le lasciava scorgere le scarpine dal tacco alto, di pelle bronzata, e scollate. Una sottile freccia color d’oro le saliva per le calze di seta nera perdendosi sotto le gonnelle. [p. 240 modifica]

Sedette negligentemente e prese un giornale.

— Che avete dunque quest’oggi? gli domandò.

Il principe sentì l’agguato in questo attacco; invece di rispondere venne a sedersele vicino, ma entrando così nel raggio della sua bellezza tutta la sua risoluzione si sciolse. Non gli rimaneva più che un’idea limpida ed irresistibile, la necessità di un’ultima spiegazione con Tatiana, però ella stessa evidentemente vi si era preparata.

— Quando vorrete partire per Pietroburgo? le chiese scioccamente, non sapendo come incominciare.

— Ma, non lo so; l’inverno non è che a mezzo, avremo sempre tempo di arrivare agli ultimi balli. Resterete ancora al castello?

— Aspetto i vostri ordini.

— Sapete pure che per voi non posso averne, amico mio, e la sua voce era dolce come nei momenti più buoni della loro pace.

Egli ne provò un’immensa amarezza.

— Non vorrete averne mai per me?

Tatiana meravigliata gli rispose con un sorriso. Allora il principe proruppe: s’accorgeva di perdersi, ma la passione lo trascinava.

— Perchè finalmente? esclamò. Io vi ho amata sino dal primo giorno, come nessuno potrà mai amarvi; voi siete sempre rimasta egualmente insensibile, quasi fra noi vi fosse uno di quegli abissi, che solo il delitto può scavare. Nessuna grandezza d’animo basta dunque per trovare grazia ai vostri occhi? [p. 241 modifica]

— Vi credete grande? ella ribattè con calma irritante. Può darsi che abbiate ragione, io non saprei giudicare della passione di cui parlate, però confessate che grande non lo foste sempre. Per esempio, quando veniste a dirmi che ero l’amante dello Czar, non mostraste in quest’accusa molta grandezza.

— Non vi difendeste.

— Nè mi difenderò. Chiedendo la mia mano, mi offriste cortesemente di diventare la vostra vedova; più tardi vi ho offerto, e ve lo offro ancora, di divorziare: di che cosa vi lagnate? Se io sono l’amante dello Czar...

— Non lo siete.

— Ora non lo credete più, e sia; probabilmente crederete fra non molto che sono l’amante di un altro.

Il colpo era così diritto, che il principe barcollò.

— Se lo credessi....

— Sentiamo.

— Neghereste anche questa volta di difendervi?

— Provate ad accusarmi.

Tatiana si conservava calma, senza quella imperiosità abituale, accorgendosi di avere il sopravvento; quindi colla temerità della donna arrischiò tutto per tutto.

— Perchè è partito così improvvisamente il signor Loris? Voi, che siete il suo amico, dovete saperlo. [p. 242 modifica]

Egli la guardò, quasi sbigottito; ma Tatiana precipitò l’ultimo attacco.

— Ah! è dunque il signor Loris, che io amo? Lo credete?

— Tatiana...

— Perchè questa volta non osate dirlo? Vi pare che sarei discesa troppo bassa, avendo cominciato dallo Czar? Eppure potreste dirlo francamente, perchè non siamo marito e moglie, e la sua voce era ritornata stridula. Se non volete divorziare, non so per quali ragioni, siamo egualmente liberi; nè io mi sono mai interessata alla vostra condotta, nè voi potete sindacare la mia.

— Vi sentite libera, assolutamente?

— Assolutamente. In faccia a voi il mio onore di donna è salvo. Quando dovetti farvi quell’orribile confessione, vi offersi prima il divorzio: potevate accettarlo, e siccome mi sarei assunta qualunque torto vi fosse meglio piaciuto, il vostro matrimonio di tre mesi con me, non sarebbe stato per voi una grande disgrazia. Sposare la principessa Tatiana Neginsky non poteva essere un disonore per alcuno, aggiunse con sovrana alterigia.

Il principe ne convenne con un gesto, Tatiana parve fare uno sforzo.

— Allora vi cedetti; era lo scotto dell’inganno, nel quale vi avevo tratto, poi avevate creduto nobilmente alla mia confessione.

— E ora? egli esclamò con voce dolorosa.

Ella finse di non comprendere, accomodandosi una piega dell’abito. [p. 243 modifica]

— Tatiana, non mi amerete mai?

— Mai.

— Ne amerete un altro?

— È possibile.

Il principe si alzò in piedi, fremendo.

— Voi scherzate con una passione che non conoscete. È vero, siete libera: il nostro matrimonio è una apparenza, che non mi dà nessun diritto; poi le donne, come voi, vanno conquistate. Ma la passione ha dei misteri anche per chi ne è la vittima: badate! Io vivo da molti anni nella vostra ombra, so tutto quello che soffrite, tutto quello che desiderate, tutto quello che amate. Non s’inganna una passione come la mia; non potete formare un pensiero nella mente, che io non lo senta subito nel cuore.

— Diventereste anche voi spiritista?

— Non insultate, Tatiana: la mia passione merita almeno il vostro rispetto. Io vi amo col delirio del naufrago; non voglio sapere nulla, non voglio discutere. Sì, siete libera, potete aver amato lo Czar, se egli ha potuto piacere alla vostra anima: in questo caso avrebbe conquistato un impero migliore di tutte le Russie. Ma voi non lo avete amato, lo so; egli non poteva comprendervi, non basta per questo essere Czar. Sentite, Tatiana: io non amo che voi, voi sola, non vivo che di voi: non ho più che questa speranza, la mia vita è vuota senza di voi. Ecco come sono: non posso uccidermi perchè vi veggo, e non posso vivere senza. [p. 244 modifica]

Le parole gli mancarono improvvisamente. La sua faccia convulsa era diventata più brutta, uno schianto di tosse gli scrollò il corpo magro entro quella lussuosa veste da camera. Egli se ne accorse e si avvilì, ma nell’orgasmo di una risoluzione suprema non potè arrestarsi.

— Bisogna che me lo diciate subito. Vi lascierò poi tutto il tempo che vorrete, perchè credo alla vostra parola. Tatiana, siate mia.

Ella si alzò.

— No, le gridò con nuovo impeto, ascoltatemi, sarà magari per l’ultima volta. Possibile che non comprendiate il mio stato! Siate mia, vi porterò più alto dello Czar, perchè vi è qualche cosa in Russia, davanti alla quale lo Czar trema, e che può da un giorno all’altro rovesciare il suo trono. Non ho bisogno che di voi. Non potete amarmi, ebbene lo so.... Sì, aggiunse rabbiosamente: non sono amabile, avete ragione. Non lo sono! Lasciatevi amare, siate l’elemosina che mantiene la mia vita, e Dio, voi che ci credete, vi compenserà. No, no, ascoltatemi ancora. Non ho nessun diritto, non chiedo nulla, non lo merito.... ma, solo quando vorrete! Avrete i vostri giorni buoni: quando avrò molto sofferto, sofferto come voi sola potete ricompensare, verrò ai vostri piedi; non mi respingerete. È orribile quello che vi chiedo, orribile per voi che non mi amate, per me che vi amo. Lo so, ma è così: non posso, non posso....

Sotto quella bufera ardente Tatiana non pro[p. 245 modifica]vava che un freddo di orrore, come quella volta nella caverna, quando aveva incontrato lo sguardo bianco di Topine fisso sul proprio. Involontariamente indietreggiò; il principe ebbe un gesto delirante.

— Ah! ella gridò con ribrezzo così vivo, che l’altro si arrestò immobile.

Tatiana si mosse verso la porta.

— Una parola, mormorò il principe con voce strozzata.

Ella si rivolse.

— Dunque non volete.... badate di non avervene a pentire.

— Minacciate?

Egli era tremendamente cupo, Tatiana tornò indietro. I loro sguardi s’incontrarono; ella sfavillava d’orgoglio, i capelli biondi sembravano farle sulla testa un’aureola sulfurea.

Il principe chinò la fronte con un gemito.

— Le vostre ultime parole sono vili, se avete inteso con esse di mettermi paura. Le donne, seguitò dopo una pausa con un sorriso micidiale di disprezzo, non si conquistano così.

Egli la fissò con uno sguardo, che la fece rabbrividire.

— E voi avete torto di pretendere, che si possa vivere così.

Tatiana quel giorno si fece un dovere di comparire a pranzo, fingendo di aver tutto dimenticato. Il principe, che vi sarebbe mancato volon[p. 246 modifica]tieri, dovette per imitare il suo contegno comprimere gli spasimi del cuore: in un’ora era invecchiato di molti anni. Se Tatiana non fosse stata innamorata, avrebbe avuto pietà di quella passione ma l’egoismo assoluto dell’amore le toglieva perfino di comprenderla: però nessuno dei due, malgrado ogni ostentazione di disinvoltura, potè mangiare.

Invece di ritirarsi subito dopo il pranzo, Tatiana passò con lui nel gabinetto di legno e vi sostenne una lunga conversazione sullo spiritismo.

Il principe non ostante la propria incredulità aveva anche su tale questione, ridivenuta così ardente per tutta l’Europa in questi ultimi anni, una vasta cultura, quindi ella con grazia squisitamente femminile insisteva per farlo parlare. Sembrava voler sapere come la grande filosofia considerasse quel problema, che la grande scienza aveva da un pezzo cessato di sdegnare.

A poco a poco il principe cedeva ad un’altra speranza; forse Tatiana non era al tutto inaccessibile, perchè le passioni vere finiscono per diventare contagiose come tutte le verità.

Il suo sguardo espresse luminosamente questa fede, ma allora l’altra tornò rigida.

Quindi s’alzò per ritirarsi.

— Andate a letto?

— Sì, sono stanca.

— Io non posso più dormire: voi avete ucciso in me il sonno, come ha detto Shakespeare. [p. 247 modifica]

Appena nella propria camera Tatiana fu ripresa dall’emozione, ma dominandosi si fece spogliare da Polemska, la vecchia cameriera, per mettersi subito a letto. A rovescio di molte dame, ella non aveva mai concessa alcuna intimità a quella donna, che l’aveva veduta nascere: e non ne stimava il carattere, accettandone i servigi piuttosto per lunga abitudine che per elezione. La vecchia temeva la padrona.

Quando Tatiana fu coricata, Polemska le accomodò il servizio da thè presso il letto, sopra un piccolo tavolino intarsiato, e si ritirò mutamente. Tatiana non aveva mai voluto domestici nel proprio appartamento; d’altronde era tutto così pieno di bottoni elettrici, che avrebbe potuto suonare comodamente in qualunque posizione si trovasse. Tutti nel castello sapevano che di notte la porta del suo appartamento non era mai chiusa a chiave: ma quella sera ella vi pensò con rammarico. Quindi l’orgasmo la riprese poco dopo così vivamente che dovette rivestirsi. Trasse dall’armadio la più elegante delle proprie vesti da camera, in seta cilestra, marezzata, e foderata di raso bianco: davanti e di dietro, dalla sommità del seno e delle spalle, ne cadeva come una lunga stola, raddoppiata e trapunta di sottilissimi fili argentei. Le maniche larghe e lievi lasciavano travedere le braccia fin sopra al gomito.

Si mise calze e pianelle cilestrine. Voleva essere supremamente bella. In quello studio paziente [p. 248 modifica]occupò più di un’ora; il suo volto pareva tranquillo, ma tratto tratto le mani le tremavano.

Quando quella lunga acconciatura fu terminata, scoperse da un cofanetto giapponese lo scrigno delle gioie, e si mise al collo un magnifico cordone di perle nerastre; per un momento dubitò di insinuare fra i capelli uno spillone incappellato di un grosso diamante, perchè vi brillasse come una stella, poi si pentì. Invece si spruzzò col polverizzatore i ricci sulla fronte di una tenue essenza di fieno.

Era pronta, il cuore cominciava a battere. Allora un senso di pudore la sorprese; il letto disfatto le parve volgarmente sguaiato. Sorridendo seco stessa si pose a rifarlo, forse per la prima volta in vita sua, ma la cosa le riuscì meno facile che sulle prime non avesse immaginato; nel mezzo vi restava sempre una piccola depressione, e l’immensa coperta, ammassandosi sul tappeto, vi faceva molte pieghe antipatiche.

Poi sedette attendendo.

Mancava un’ora a mezzanotte, Loris non poteva mancare.

Ella lo amava perdutamente, giacchè nelle due notti, che Loris era venuto a trovarla in quella camera, aveva finalmente provato l’amore dell’uomo, quel mistero, cui la sua anima anelava da tanti anni attraverso l’orrore della doppia violenza di Topine e del principe. Ella ne rimaneva ancora vibrante. La malata sensibilità del [p. 249 modifica]suo temperamento, che poche carezze bastavano a prostrare, le faceva riassaporare dopo, lungamente, l’effimera violenza di quelle gioie, nelle quali le pareva sempre di morire; mentre Loris, bello come un arcangelo, la stringeva furiosamente fra le braccia, o allentava d’un tratto la stretta, vedendola imbiancarsi nel volto colla fisonomia di un agonizzante.

Tatiana era felice; seguirebbe Loris dove e come vorrebbe. La sua posizione col principe era nettissima, perchè anche non amandolo ella lo stimava abbastanza per saperlo incapace di una volgarità e di negarle il divorzio, qualora glielo avesse reclamato. Ma Tatiana non avrebbe mai osato chiedere a Loris di sposarla. Sentiva nella sua anima un immenso segreto, una grandezza, della quale non provava che il freddo anche nei momenti più soavi del loro abbandono. Loris non s’obliava mai. Ella lo credeva nichilista, la più terribile originalità allora conosciuta nella Russia, inorgogliendo generosamente del proprio amore, che potrebbe un giorno farla diventare sua complice.

Colla foga delle anime appassionate Tatiana aveva già rinunciato nell’amore di Loris a tutti i pregiudizi e le abitudini della propria classe per sposare quella rivolta, che aveva inspirato tanti martiri e tanti eroi. L’eccesso medesimo della vendetta, praticata su lei da Loris, le dava le vertigini dell’ammirazione, pensando di che cosa un [p. 250 modifica]uomo simile potrebbe essere capace in una guerra. La sua fantasia lo paragonava a Napoleone, alto sui popoli e sui re, con quel profilo di aquila e quel pallore tragico, che nessuna emozione aveva mai potuto alterare. Ella timida e malaticcia, cresciuta come un fiore di serra ed ammirata sino allora come un fiore di salone, era colta alfine dal gran vento della steppa, ed abbandonandovisi colla dolcezza di una paura quasi confidente errava già sotto i cieli frigidi di serenità e sulle pianure scintillanti di neve, mentre le città dileguavano all’orizzonte come una macchia nerastra, e il sole riapparendo all’improvviso la avvolgeva nella pompa dei propri raggi.

Poco prima della mezzanotte accese una candela entro una piccola vaschetta di cristallo, si raccolse la veste in pugno, e discese coraggiosamente.

Per la scaletta di legno, che dall’ultimo gabinetto del suo appartamento comunicava col vestibolo presso le cucine, non incontrò alcuno; tutti i servi erano ritirati, ma incontrandoli avrebbe risposto al loro inchino ossequioso senza dire una parola e senza tremare. Dal vestibolo infilò tre grandi sale, una volta occupate dall’amministrazione, adesso vuote da parecchi anni, quasi senza mobili. Tatiana aveva detto più volte di volerne fare tre saloni da ballo, poichè finivano alla serra, ma nemmeno questa era gran cosa. Si componeva di un rettangolo a vetriate, pieno di [p. 251 modifica]piante, senza disegno alcuno di architettura, addossato all’ala del castello come un ripiego posticcio e non bello.

Quando Tatiana v’entrò, il calore della stufa e l’umidità aromatica delle piante le tolse quasi il respiro; istintivamente, parendole per la trasparenza delle vetriate di essere all’aperto, riparò sotto una manica la vaschetta della candela. I sassolini dei viali, fra i vasi, stridevano sotto il suo passo. Tatiana non degnò la serra nemmeno di uno sguardo, non vide alcune piante mostruose, dai rami, che parevano braccia stese verso di lei; non badò ai bagliori bianchi di certi fiori, al silenzio anelante, che opprimeva tutta quella folla vegetale.

Arrivò difilata all’usciolo chiuso dall’interno, e l’aperse.

Loris, nascosto da due ore dietro un grosso abete, entrò con un buffo di aria così rigida che quasi la rovesciò; egli stesso rinchiuse la porticina. Tatiana, senza parlare, risalì alla propria camera. Quella freddezza le era venuta da un subito senso di sconvenienza aristocratica, ricevendo così, a quell’ora e a quel modo, colla viltà di un sotterfugio l’uomo amato.

Ma appena nella propria camera la confidenza le tornò.

Loris aveva la faccia livida e chiazzata pel freddo sofferto; sul bavero della pelliccia il suo alito si era congelato in sottili cristalli. Tatiana gli si ap[p. 252 modifica]pressò, e umiliandosi colla inimitabile grazia della gran dama a fargli da cameriera, gli trasse la pelliccia, che andò quasi a nascondere sopra una sedia dietro l’armadio. Poi lo condusse ad una poltrona, e gli si fermò dinnanzi per attendere un bacio.

L’altro sembrava accigliato.

— Hai chiuso a chiave l’appartamento?

Tatiana sembrò meravigliata.

— Perchè? non verrà, sono libera.

Loris la contemplò senza che lo spettacolo della sua voluttuosa eleganza gli traesse un’onda di sangue al viso. Tatiana sedette, quasi devotamente, davanti a lui.

Loris le prese la mano.

— Perchè sei partito mio Loris? gli domandò accostandogli sempre più la fronte.

— Tu non puoi saperlo, d’altronde non lo capiresti.

— Ma io ti amo; capirò sempre tutto quello che vorrai.

— Adesso non voglio che tu capisca, egli rispose con un sorriso.

Ma Tatiana, che aveva un bisogno insopportabile di abbracciarlo, gli si gettò al collo, quasi mordendolo a più riprese; così seduto egli barcollò sulla poltrona, e per resistere dovette tirarsela sulle ginocchia. Ella felice raggiò.

— Non ami che me, Loris? Non hai mai amato che me, mi amerai sempre? [p. 253 modifica]

— Quante cose, bimba mia!

— No, dimmelo subito.

Ma Loris restava aggrondato. Tatiana afflitta si levò dalle sue ginocchia, e si rimise a sedere vicino a lui; una dolorosa umiliazione gli apparve sul volto a quella sua impotenza di donna. Poi Loris riprese:

— Tu credi che non verrà? Verrà.

— Qui! nel mio appartamento? ella replicò con quell’accento altero, che era uno dei fascini della sua bellezza.

Loris accennò di sì col capo.

— No, sono libera. Oggi stesso, dopo che tu eri partito, ce lo siamo reciprocamente ripetuto. Egli non è mio marito: abbiamo associato inutilmente i nostri due nomi, domani possiamo dissociarli.

— Verrà, ti dico. Tu non comprendi la sua passione, egli ti ama sino alla morte.

— Mi ama dunque più di te? ribattè con una interrogazione sfolgorante. Vuoi che vada a chiudere la porta dell’appartamento?

— È inutile.

E ricadde in una meditazione.

La faccia di Loris diventava sempre più fredda. Pensava di aver fatto male a tornare nel castello, dove il principe lo sorprenderebbe fra poco, poichè sapeva già tutto indubbiamente. Forse lo aveva visto entrare dalla porticina della serra; era impossibile che un uomo del suo carattere, e con [p. 254 modifica]quella sua passione, si fermasse a mezzo. Quanto tarderebbe a comparire? Loris se lo chiedeva con freddezza misteriosa anche per lui stesso. Dal momento che aveva promesso a Tatiana di ritornare nella notte, gli era parso di sentire come spaccarsi una frana nella propria vita: non era più possibile andare avanti. Amava egli Tatiana? Se non l’amava, era tornato solo per vanità, perchè ella non lo credesse così pauroso da arrestarsi davanti a simile pericolo? Ma così volgare amor proprio che cosa aveva di comune colle necessità politiche di quel momento, e colla tremenda impossibilità, alla quale si era educato da sè medesimo tanti anni per assorgere al tipo ideale di capo-partito. Un rimorso amaro e velenoso gli zampillava dalla coscienza. L’ora della debolezza era suonata anche per lui, come per tutti gli uomini, anche i maggiori, quell’ora che li uguaglia ai più piccoli, e sottomette i loro più alti disegni al capriccio del più meschino fra la gente, o del più bestiale fra i piaceri. Adesso Tatiana lo dominava. Ella lo aveva voluto in quella camera, sotto la vendetta del principe, certo non credendovi, per una fantasia erotica di donna nei primi giorni di un primo amore; ed egli era venuto come uno scolaro vanaglorioso e ridicolo, invece di gettare quella donna ai pruni della propria memoria per ritrovarne poi molti anni dopo qualche brandello.

— Loris, disse Tatiana, tu sei nichilista.

— No, è troppo poco. [p. 255 modifica]

L’altra tremò.

— Che cosa sei dunque?

— E tu che cosa hai voluto, facendomi ritornare qui?

— Te ne penti?

— Non mi pento mai.

— Volevo chiederti, ella mormorò finalmente, dove mi avresti aspettata.

— Sarebbe stato impossibile: egli rispose, come se tutto fosse già finito, quello che stava per accadere.

Si levò, ma la sua fronte ridivenne minacciosa.

— Hai voluto che ti ami.... e sarà forse la legge comune! ma bada di non avere voluto troppo. Al di sotto di questo amore, che ubbriaca tutti, uomini ed animali, vi è un’altra legge, che sospinge le migliaia delle generazioni ad una meta oscura, lasciando loro appena il tempo necessario a riprodursi. Quella è la legge vera, che crea i popoli e li distrugge a pro di una civiltà sempre più alta. In quella legge non si ama, perchè ogni progresso si è ottenuto solo colla morte. Io volevo essere l’uomo di quella legge: avevo raccolto tutti i dolori, mi ero nutrito col sangue di tutte le piaghe. Tu hai voluto che io ami.

— Ma io ti amo, Loris.

— Il tuo amore non è che un riverbero di neve, che si squaglia nel sole: domani non amerai più.

Ella si nascose il viso fra le mani.

— Tu non puoi nemmeno comprendere tutta l’ironia della tua vittoria di donna. [p. 256 modifica]

— Loris.... Loris....

— Ti pentiresti, seguitò fissandola duramente, se il tuo amore mi avesse spezzato?

— Ti compenserò di tutto, ella esclamò abbandonandosi al suo collo fra i singhiozzi.

— Portami con te, Loris, lasciami venire: sarò quello che vorrai. Mi lasci venire? gridò improvvisamente fra le lagrime con un riso, che parve un’iride. Tu non vorresti amarmi, eppure mi ami perchè sei buono. Dopo tutto quello che mi hai fatto soffrire, non mi puoi abbandonare; da parte tua sarebbe vile.

E febbricitante se lo strinse fra le braccia infiammandolo, sciogliendo quella tragica preoccupazione, che lo assiderava così crudelmente al di dentro. A poco a poco egli cedette. L’odore di fieno vaporante dai capelli di Tatiana, gli passava sui volto coi raggi cilestri dei suoi occhi, nei quali pareva tralucere il cielo come in un trionfo della primavera, quando la prima sensazione giovanile del mondo rinnovato domina tutti gli esseri.

— Tu lo vuoi?

— Voglio venire con te.

— No, disse, è impossibile.

Tatiana gli si sdraiò ai piedi.

— Non mi amerai, ma ti amerò, sarò la tua serva. Una donna dovrai pure averla.

Ma Loris non vacillava più; la rialzò e, stringendole le mani, stava per salutarla. Ella gli chiuse la bocca con una palma. [p. 257 modifica]

— Se tu non sei nichilista, vorresti però fare una rivoluzione: io posseggo tre milioni di rubli, prendili. Adesso non hai più il diritto di ricusarmi. Poi saltandogli al collo dalla gioia esclamò: l’ho trovata, l’ho trovata!

Così barcollando caddero sul letto. Tatiana aveva rocchio morente, Loris la baciava sul collo; ella lo teneva stretto con tutte le forze senza lasciargli modo di muoversi, e parlandogli all’orecchio.

— Se no, no, mormorò Tatiana, alzando leggermente la voce.

Egli le rispose con una stretta più convulsa, ma rivolgendo istintivamente il capo verso l’uscio, diede un balzo irresistibile.

Il principe era in piedi, dinanzi alla porta, con una rivoltella in pugno. Da quanto tempo li spiava?

— Dio! urlò Tatiana inorridita.

A questo nome Loris si senti passare una tenebra sugli occhi: l’espiazione lo sorprendeva nell’atteggiamento medesimo del delitto, da lui commesso sopra Tatiana. Eppure lo sapeva, gli sembrava di averlo già previsto. Quella vasta camera, annegata in una molle ombra femminile, diventava l’arena del suo ultimo scontro, improvviso ed inevitabile malgrado tutti i disegni della sua ragione. Si ricordò di aver lasciato il revolver nella tasca interna della pelliccia, non aveva un’arma, nulla intorno poteva diventarlo.

Il principe lo guatava. [p. 258 modifica]

Sotto la fissazione di quello sguardo mortale sentì scattare violentemente tutte le proprie energie, quasi nella stessa suprema emozione dei condannati all’apparire del patibolo. La sua immensa guerra sociale si riassumeva in quel duello senz’armi.

Il principe s’inoltrò; Loris mosse verso di lui, ed incrociando le braccia attese provocantemente.

L’altro, insensibile a quella sfida, camminava colla rigidità di uno spettro.

— Ebbene! chiese Loris con accento di comando.

Tatiana dal fondo della stanza si slanciò innanzi a lui, gli cinse il collo con un braccio, protendendo l’altra mano per respingere il principe.

— Chi siete, che cosa volete?

Un riso stridulo, quasi meccanico, fu la risposta.

— Scostatevi, signora, non si tratta di voi; e l’atto di Loris fu così violento, che Tatiana traballando si abbattè sopra una poltrona.

— Quest’uomo vuole uccidermi: vediamo.

— Ti ucciderò, rispose il principe con voce sorda.

— Mi assassinerete.... è il diritto dei deboli. In una lotta con me sareste ucciso.

Il principe ebbe un sorriso di scheletro, ma Loris, invece di restargli superbamente rigido dinanzi, indietreggiò di qualche passo, prese una poltrona, e vi si sdraiò squadrandolo con aria dileggiatrice. Il principe sorpreso da quella manovra [p. 259 modifica]si arrestò, nell’occhio di Loris passò un lampo. Il principe non era che a tre passi, teneva la rivoltella in pugno, puntata; la piccola canna pareva di cristallo.

— È dunque la mia morte che vi fa paura? gli chiese Loris con atto di scherno, piegandosi sulle ginocchia e stropicciandosi nervosamente le mani.

Il principe ebbe ancora un istante di agitazione, gettò un’occhiata di sbieco a Tatiana.

Questo bastò a Loris. Con un balzo da tigre, così seduto, s’avventò nelle gambe del principe e lo rovesciò; caddero entrambi sul tappeto, abbrancolati, senza un grido, senza un soffio. Loris tentava di afferrargli colla mano il pugno, nel quale teneva la rivoltella, mentre coll’altro gli stringeva furiosamente il collo; ma il principe era riuscito a scartare l’arma, e gli sparò nel fianco. Loris non provò che un urto violento, si rialzò di scatto, lasciando la presa, e arretrò di qualche passo.

Tatiana alla detonazione era svenuta.

Loris vide il principe raspare sul tappeto per rialzarsi; in un attimo capì che aveva tempo per scagliarglisi nuovamente addosso e soffocarlo, che avrebbe potuto correre a prendere la propria rivoltella nella pelliccia. Fu un baleno; poi un’ombra immensa gli ondeggiò agli occhi, e portandosi istintivamente la mano al cuore ricadde.

Il principe si era rialzato.

Loris aveva gli occhi socchiusi, col pallore della morte sul volto. La sua bella testa pareva dentro [p. 260 modifica]una nebbia, che ne intorbidasse la potente espressione; era caduto in una posa quasi elegante, come un gladiatore antico.

Quindi aperse gli occhi, che non sembravano più quelli. Il loro verde, diventato opaco, non aveva più fondo; si guardò attorno, tentando di raddrizzarsi faticosamente sopra una mano.

Un filo sottile di sangue gli usciva dal fianco, rompendosi come a goccie di coralli sul tappeto scuro.

Il principe lo contemplava, sempre coll’arma in pugno, senza che la sua faccia avesse cangiato. Allora la ragione di Loris si schiarì luminosamente, e l’opacità de’ suoi occhi s’aperse lasciando passare un raggio così vivo, che il principe non potè sostenerlo. Loris si guardò attorno. La testa smorta di Tatiana penzolava dalla spalliera della poltrona respirando a stento; una mano le toccava il tappeto. La mano era diventata rossa.

Fu l’ultima sensazione.

Poi il suo sguardo si riportò sul principe, fisso, coll’immobilità vampeggiante di un incendio lontano. Quell’uomo era la fine della sua vita, l’ultima realtà del mondo, dal quale stava per sparire.

Una malinconia ineffabile gli calò sulla fronte.

— L’uomo che salverà la Russia non amerà: mormorò fiocamente.


Nè Tatiana nè il principe avevano inteso.