Kant - Geografia fisica, 1807, vol. 1/Trattato della geografia fisica/Capitolo 1/IV. Del colore del mare

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Capitolo 1 - IV. Del colore del mare

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Immanuel Kant - Geografia fisica (1802)
Traduzione dal tedesco di Carl August Eckerlin (1807)
Capitolo 1 - IV. Del colore del mare
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IV.
Del colore del mare1

L’acqua marina ha un colore verde turchiniccio, come l’aria, o veramente un colore turchina, benchè in piccola quantità ed in poca distanza non lo ravvisiamo. Possiamo fare delle soluzioni debolissime del rosso o del turchino, come, per esempio, dell’indaco, senza riconoscere il colore in un bicchiere, mentre però in un vaso grande è assai visibile. Dunque, se non veggiamo alcun colore nell’acqua marina posta in un vaso di vetro, o se quest’acqua ci pare essere tinta d’altri colori variati, come quando l’esaminiamo rinchiusa da coste, o ne’ seni e su’ banchi di sabbia o tra bassifondi; non possiamo per questa ragione negarle il color verde. Medesimamente il ghiaccio nel mare settentrionale ha il colore verde turchiniccio, e fu chiamato già dagli [p. 150 modifica] antichi caerulea glacies. La neve che sopra le alte montagne è cangiata a poco a poco in ghiaccio, conserva pure questo colore, ed è quindi dai Norvegesi chiamata blabreen. L’acqua di neve al contrario ha un colore un po’ più bianchiccio, e lo comunica ancora all’acqua dolce, mescolandola con questa: essa lava ed imbianchisce meglio, scioglie meglio il sapone, leva meglio le macchie che l’acqua dolce semplice, resiste ella putrefazione più che l’acqua dei fiumi, e dà un gusto particolare ai cibi che in essa si cuocono. Anche la stessa acqua dolce in gran massa, come, per esempio, in un lago, ha un colore verdiccio, talchè questo colore pare essere proprio all’acqua primitiva. Ciò non ostante Forster ed altri esperti viaggiatori hanno voluto negare qualunque colore all’acqua marina, dichiarando che il suo bel verde, simile al berillo, non è altro che un riflesso del turchino celeste, talchè al contrario un cielo nuvoloso e tetro veste l’intero oceano di un tetro cenerognolo.

Tutti gli altri colori, fuori di questo verde turchiniccio, altro non sono che riflessi, ed hanno la vera cagione nel colore [p. 151 modifica] del fondo, nell’aria o in altri accidenti. Così il mare, verso il polo artico sembra più nereggiante; nella zona torrida, più bruno; negli stretti di mare, più bianco. Presso Maldivia è desso nero come l’inchiostro, probabilmente a cagione delle miniere di carbone, e di un’altra materia negra del fondo. Presso la Vera Crux è bianco a cagione del fondo calcareo. Qualche volta si sono osservate pure delle strisce gialle sul mare, le quali erano cagionate da animaletti assai piccoli o delle piante. Del mare morto si è sostenuto, più per lo passato che attualmente, che la mattina sia nero, al mezzo giorno, turchino, e la sera, rosso o piuttosto giallo: ciò si spiegherebbe ancora per mezzo dell’ottica, essendo un effetto dipendente della situazione del lago, dal punto dove è posto il sole, e dalla qualità del suolo che lo circonda; fra gli antichi ne fa di esso menzione particolarmente Giuseppe. I miri nominati secondo un colore, come il rosso, il bianco, il noto, il mare purpureo, il lago turchino, non hanno colore diverso da quello di qualunque altr’acqua marina: questi nomi forse sono stati attribuiti a circostanze secondarie, le quali al [p. 152 modifica] presente forse più non s’indovinano. Il mar bianco presso Archangel, a cagione della neve sciolta, potrebbe forse avere un colore più bianco, e meno verdiccio, almeno pel riflesso dei campi di ghiaccio e per le montagne di neve. Sul colore del mar rosso ha fatto degli sperimenti Don Giorgio Juan, le di cui ricerche forse sono state I troppo superiori all’importanza dell’oggetto, ed ha trovato , che nè le' coste nè le montagne di questo mare nè l’arena siano particolarmente rosse; e che il mare, per mezzo di maggior o minor trasparenza , dà ora un riflesso rosso, ora un verde, ed in altri luoghi uno bianco. Da Suaquem fino a Kosseir, dice egli, per uno spazio di 136 leghe francesi, è il fondo sì coperto di coralli e da madrepore, che si crede di vedere boschi intieri: alcuni sono bianchi, altri d’un rosso carico, altri poi coperti d’una specie di gomma verde e viscosa. In maggior quantità sono i coralli rossi, e forse per tale ragione, essendo questo colore il più spiccante fra tutti, si è quel mare chiamato piuttosto mar rosso, che mar verde o bianco: forse ha preso anco il detto nome dagli antichi abitanti della costa, il di cui vestiario [p. 153 modifica] probabimente sarà stato rosso. Così è sicuro che il mar nero non trae il suo nome dall’argilla nera, della quale dicesi essere coperto il fondo; poichè, come osserva Tournefort, l’arena del mar nero punto non differisce da quella del mar bianco; nemmeno dall’aspetto tetro che forse le selve potrebbero dargli, essendo troppo estese perchè le montagne ed i boschi possano influirvi; meno ancora per un colore d’acque, ma unicamente dal vestiario degli abitanti circonvicini, i quali per lo passato occuparono in maggior parte le coste, ed in seguito si ritirarono più verso l’oriente. Questi si chiamano Karakalpacki, cioè, berrette negre, o Carakalmachi, Calmachi negri, o come essi stessi si chiamano Karakiptschachi, cioè pastori negri. In oggi abitano verso il nord-est del lago di Aral, per lo più in città sotto il dominio dei proprj Chalsi (Chani). La stirpe più debole, angustiata dai Kirgisi, si è sommessa all’impero della Russia.

  1. Costanzo sostiene, che il vero colore del mare sia un turchina d’indaco. Vedi Mêmoires sur l’Egypte, publiées pendant les Campagnes de Bonaparte. Paris. l’an VIII. n. 15.