La donna vendicativa/Atto II

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Atto II

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Atto I Atto III

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ATTO SECONDO.

SCENA PRIMA.

Rosaura e Corallina.

Rosaura. Che cosa ha detto mio padre?

Corallina. Mi dispiace darvi una cattiva nuova.

Rosaura. Non vuole che mi mariti?

Corallina. Vuole anzi maritarvi, ma non col signor Florindo.

Rosaura. Quando non posso aver lui, non ne voglio altri.

Corallina. E voi resterete senza.

Rosaura. Ma ditemi, Corallina, non è una crudeltà di mio padre, volermi maritare contro la mia inclinazione?

Corallina. Può essere che non vi dispiaccia quello ch’egli vi ha destinato.

Rosaura. E chi è egli? [p. 504 modifica]

Corallina. Un certo signor Lelio...

Rosaura. Lo conosco. Il cielo mi liberi da quell’uomo feroce. Ho avuto un padre collerico, non voglio un marito bestiale.

Corallina. Se saprete fare, lo ridurrete come un agnello. Non vedete come ho fatto io col vostro signor padre? Se tanto è riuscito a me col padrone, molto più potrete compromettervi da un marito.

Rosaura. Ma io non ho quella bella abilità che avete voi.

Corallina. In che credete voi che consista questa mia abilità?

Rosaura. Cara Corallina, ci conosciamo; non mi fate dir altro.

Corallina. Signora Rosaura, voi mi pungete.

Rosaura. Orsù, lasciamo andare le cose che non servono a nulla. Io amo il signor Florindo, e lo desidero per marito.

Corallina. Circa al signor Florindo, vi potete leccar le dita.

Rosaura. Farò parlare a mio padre, e può essere ch’ei si contenti. Ho speranza che sarà mio.

Corallina. Voi creperete colla voglia in corpo.

Rosaura. Ed io spero che l’averò.

Corallina. Ed io vi dico di no, e poi un’altra volta no, e sessanta volte no.

Rosaura. Comanda ella, signora?

Corallina. Comanda, o non comanda, so quel che dico.

Rosaura. Ah sì, ha da essere la mia signora madre.

Corallina. Quel che ho da essere, nemmeno voi lo sapete.

Rosaura. Ma sulla mia volontà non avrebbe l’arbitrio assoluto nemmeno quella che mi ha generato.

Corallina. Che sentimenti gravi! eroici! Ma Florindo non l’averà.

Rosaura. Sì, l’averò a vostro dispetto.

Corallina. Poverina!

Rosaura. Siete un’impertinente. (parte)

Corallina. Fraschetta! a me impertinente? Questa parola ha da costarti assai cara. Vedrai chi sono, e ti pentirai d’avermi insultata. [p. 505 modifica]

SCENA II.

Arlecchino e Corallina.

Arlecchino. Chi cerca, trova; v’ho trovà anca vu.

Corallina. Che cosa vuoi?

Arlecchino. El padron ve domanda. El smania, el sbuffa, el grida, el ve cerca per tutto: e ho sentì a darve diese titoli un più bello dell’altro.

Corallina. Che vuol dire?

Arlecchino. El diseva, per esempio: dov’ela quella desgraziada?

Corallina. A me?

Arlecchino. Dov’ela quella maledetta?

Corallina. A me?

Arlecchino. Dov’ela...

Corallina. Basta così: non voglio sentir altro.

Arlecchino. Dov’ela quella pettegola?

Corallina. Basta così, ti dico.

Arlecchino. Dov’ela...

Corallina. Vuoi tacere?

Arlecchino. Dov’ela quella carogna?

Corallina. Eccola qui. (gli dà uno schiaffo)

Arlecchino. L’è lu, che l’ha dito.

Corallina. Ed io rispondo a lui.

Arlecchino. Ma la resposta l’ho avuda mi.

Corallina. Mando la risposta per chi mi fa l’ambasciata.

Arlecchino. Dov’ela quella... (arrabbiato)

Corallina. Ehi! (minacciandolo)

Arlecchino. No digo altro.

Corallina. E così, che vuole il padrone da me?

Arlecchino. Domandeghelo a lu, che lo saverè.

Corallina. Non occorr’altro; ora anderò da lui. Arlecchino, voglio che tu mi faccia un piacere.

Arlecchino. Sì, per le finezze che vu me fe.

Corallina. Via, se ti ho dato uno schiaffo, ti farò una carezza. (lo tocca un pochetto sulla spalla) Poverino! [p. 506 modifica]

Arlecchino. Ancora un pochettin.

Corallina. Via, non è altro. Povero Arlecchino!

Arlecchino. Poveretto!

Corallina. Mi farai questo piacere?

Arlecchino. Ve1 lo farò.

Corallina. Va subito a ritrovare il signor Florindo... Lo conosci il signor Florindo?

Arlecchino. Lo cognosso.

Corallina. Bene, trovalo, e digli che venga qui subito, che la signora Rosaura gli vuol parlare.

Arlecchino. Donca el servizio non l’è per vu; l’è per siora Rosaura.

Corallina. Tu lo fai a me, non lo fai a lei.

Arlecchino. Via, lo farò a vu.

Corallina. Ma avverti bene: non dire che l’ordine te l’ho dato io; ma devi dire averlo avuto dalla signora Rosaura.

Arlecchino. Volì che diga una busìa?

Corallina. È una bugia leggiera: non ti può far disonore.

Arlecchino. Basta, m’inzegnerò. Ma anca mi voggio un servizio da vu.

Corallina. Che cosa vuoi? Dimmelo.

Arlecchino. Che me voggiè ben.

Corallina. Perchè no?

Arlecchino. Anzi perchè de sì.

Corallina. Discorreremo.

Arlecchino. Sentì. So che el padron ve vol ben anca lu, ma mi no m’importa; no sè una donna tanto piccola. Za del vostro ben ghe ne pol esser per tutti do.

Corallina. Ma io voglio amare un solo.

Arlecchino. E quello sarò mi.

Corallina. E il padrone che cosa dirà?

Arlecchino. L’è vecchio. Za se sa, che una donna che fa finezze a un vecchio, la lo fa per interesse. A lu le parole, e con mi i fatti. [p. 507 modifica]

Corallina. Bravo! Sei spiritoso.

Arlecchino. No savi gnancora tutte le mie bravure.

Corallina. Le saprò un giorno.

Arlecchino. E resterè stupida, e maraveggiada.

Corallina. Oh via, presto; va a fare quello che ti ho detto.

Arlecchino. Vado subito... Ho da dir al sior Florindo...

Corallina. Che venga qui.

Arlecchino. Che vu ghe volì parlar.

Corallina. No, che la signora Rosaura gli vuol parlare.

Arlecchino. Ah sì, che siora Rosaura ghe vol parlar per parte vostra.

Corallina. Ma no, smemoriato; anzi non si ha da sapere che io l’ho detto.

Arlecchino. Ho da dir, che vu no me l’avi dito.

Corallina. Non nominare la mia persona. Che pazienza!

Arlecchino. Compatime; l’è amor che me fa confonder. Quando sarì mia muier, no m’averì da domandar le cosse più d’una volta.

Corallina. Via, portati bene.

Arlecchino. Vederì cossa che sa far sto tocco de omo. (parte)

SCENA III.

Corallina, poi Ottavio.

Corallina. Posso lusingar tutto il mondo, ma altro non desidero che Florindo. Rosaura ha da fare con me. Ne farò tante, che le passerà la voglia di averlo. Ecco il padrone.

Ottavio. Posso cercare, posso chiamare, posso mandare: è tutt’una. Corallina non si vede mai.

Corallina. Ho altro in testa io. (asciugandosi gli occhi)

Ottavio. Che maniera è questa di rispondere? ho altro in testa.

Corallina. Anderò via, e sarà finita. (piangendo)

Ottavio. Che cosa è stato? Che cosa avete? (dolce)

Corallina. Tutti mi strapazzano, tutti mi maltrattano, anderò via. (singhiozzando) [p. 508 modifica]

Ottavio. Cara Corallina, io non vi strapazzo; compatitemi, avevo bisogno di voi.

Corallina. Da voi ricevo tutto; non l’avrei per male, seanche mi deste delle bastonate. Ma... che... gli altri... m’abbiano da... mal... trattare... oh questo... no... no... no. (singhiozzando)

Ottavio. Come! Chi ha avuto ardire di maltrattarvi? Chi vi ha perso il rispetto? Chi vi ha disgustato?

Corallina. La vostra signora figliuola.

Ottavio. Disgraziata! le romperò la testa. Ditemi, cara, che cosa è stato? Che cosa vi ha detto?

Corallina. Già, io mi pregiudico per far del bene. Ella si vuol rovinare; io le do de’ buoni consigli, ed in ricompensa mi strapazza come una bestia. Non ci starei più in questa casa, se credessi di farmi d’oro.

Ottavio. Corallina, volete abbandonarmi?

Corallina. O via lei, o via io.

Ottavio. Via lei. Lei anderà via. Voi resterete, e sarete voi la padrona.

Corallina. Vostra figlia non la caccerete sulla strada.

Ottavio. La manderò da sua cugina.

Corallina. La signora Beatrice non vorrà quest’impiccio; e poi le cose s’aggiustano: potrebbe tornar in casa; così non mi fido. O per sempre, o niente.

Ottavio. Ma come ho da fare?

Corallina. Maritatela subito col signor Lelio.

Ottavio. Lelio è una bestia; con lui non si può trattare. Non avete sentito?

Corallina. Caldo lui, caldo voi: insieme non converrete mai. Lasciate fare a me. Date a me la facoltà di concludere un tal matrimonio?

Ottavio. Sì, vi do tutta la mia autorità.

Corallina. E se la figliuola non lo volesse?

Ottavio. Se non lo volesse...

Corallina. Mi darete braccio per obbligarla? [p. 509 modifica]

Ottavio. Farò tutto quello che mi direte.

Corallina. Avremo una difficoltà.

Ottavio. Che difficoltà?

Corallina. È innamorata morta del signor Florindo.

Ottavio. Florindo è un briccone. In casa mia non ci verrà più.

Corallina. Basta ch’ella non lo faccia venire.

Ottavio. Non sarà così temeraria.

Corallina. Si è protestata, che lo vuole a dispetto ancor di suo padre.

Ottavio. Scellerata! indegna! Le strapperò la lingua colle mie mani. Ma come può pretendere di voler Florindo, s’egli è innamorato di voi?

Corallina. Ella non lo sa, non lo crede, e si lusinga; e se viene per me, crede ch’egli venga per lei. E se lo farà venire per lei, egli tornerà a venire per me.

Ottavio. No, no, nè per voi, nè per lei. Se ci verrà, averà da fare con me.

Corallina. E s’ella lo facesse venire?

Ottavio. La gastigherò.

Corallina. E poi non la gastigherete.

Ottavio. E anche, se farà bisogno, la bastonerò.

Corallina. E poi non farete niente.

Ottavio. Non farò niente? Chi sono io, un bamboccio? Lo farò, lo farò, sì, lo farò. (furibondo)

Corallina. Sì, sì, lo farete; non son sorda no, lo farete. (E se mai se lo scordasse, io gli rinfrescherò la memoria). (da sè, parte)

SCENA IV.

Ottavio, poi Beatrice.

Ottavio. Io sono d’un naturale, che non mi piace gridare; e per una cosa, o per l’altra, sempre ho motivo d’alterarmi il sangue.

Beatrice. Signor zio, si può venire?

Ottavio. (Ecco qui quest’altra seccatura di mia nipote). (da sè) Venite, venite. [p. 510 modifica]

Beatrice. Fate gran carestia delle vostre grazie. Io credo sieno sei mesi che non vi ho veduto.

Ottavio. Ho degli affari; non posso venire.

Beatrice. Il mio bambino è ammalato...

Ottavio. Me ne dispiace. Avete da dirmi qualche cosa? Avete bisogno di niente?

Beatrice. Son qui per un affare di conseguenza. Vi prego di ascoltarmi con un po’ di tolleranza.

Ottavio. Nipote mia, ho qualche cosa anch’io di premura. Quel che m’avete a dire, ditelo presto.

Beatrice. Sediamo un poco.

Ottavio. No, no, in piedi. (Se si mette a sedere, non la finisce più). (da sè)

Beatrice. Ma io mi stanco a stare in piedi.

Ottavio. Ci sto io che son vecchio, ci potete stare anche voi.

Beatrice. Il cielo vi benedica, venite sempre più giovane: come fate a conservarvi sì bello e fresco?

Ottavio. Mi governo. Oh via, dite su.

Beatrice. Mio padre, poverino, è morto giovane, mentr’egli aveva tanti anni meno di voi.

Ottavio. Non parliamo de’ morti...

Beatrice. E ho paura che il povero bambino voglia viver poco.

Ottavio. Nipote mia...

Beatrice. Patisce certi mali...

Ottavio. Nipote mia... (alza un po’ più la voce)

Beatrice. Il medico ha paura...

Ottavio. Nipote mia... (forte, con rabbia)

Beatrice. Zitto, zitto: non andate in collera.

Ottavio. O dite quel che avete a dirmi, o ch’io me ne vado.

Beatrice. M’ha mandato a chiamare Rosaura mia cugina.

Ottavio. Mia figlia?

Beatrice. Sì signore: e poverina, colle lagrime agli occhi, mi ha detto un’infinità di cose; e son qui da voi a raccontarvele distesamente.

Ottavio. Sicchè vi vorranno almeno due ore a sentirle tutte. [p. 511 modifica]

Beatrice. Due, o tre, o quattro, quando preme...

Ottavio. Non ci sto, se credessi di tornar di vent’anni.

Beatrice. Ma perchè, signore?

Ottavio. Non ho pazienza. Venghiamo alle corte, venghiamo alla conclusione. Che cosa vuole mia figlia?

Beatrice. Vuol marito.

Ottavio. E vi è bisogno di tante parole? La mariterò: in una parola ho risposto. Servitor suo.

Beatrice. Fermatevi: vi vuol altro.

Ottavio. Che cosa vi vuole di più?

Beatrice. Bisogna sapere che la ragazza... perchè ella pare di poco spirito, ma ha dei buoni sentimenti, e parla a dovere, e la sua ragione la sa dire quanto un dottore.

Ottavio. Via, bisogna sapere...

Beatrice. Se mi lascerete prendere un poco di fiato, vi dirò tutto.

Ottavio. Bisogna sapere...

Beatrice. Signor sì, bisogna sapere... Diavolo, mi avete fatto perdere il filo.

Ottavio. Bisogna sapere, che mi siete venuta in tasca, ma come va.

Beatrice. Io non ho volontà d’andare in collera.

Ottavio. Ed io, che sto lì per andarvi, partirò per prudenza.

Beatrice. Via, via: due parole, e non più.

Ottavio. Due parole, e non più.

Beatrice. La signora Rosaura vuol marito.

Ottavio. Me l’avete detto un’altra volta.

Beatrice. Ma bisogna sapere...

Ottavio. Eccoci lì.

Beatrice. Sì, bisogna sapere, che ella vorrebbe il signor Florindo.

Ottavio. Bisogna sapere, che io non glielo voglio dare.

Beatrice. Ora, signor zio, bisogna discorrere un poco alla lunga.

Ottavio. Ed io intendo d’aver finito.

Beatrice. La giovane è innamorata.

Ottavio. Non serve.

Beatrice. Il giovane le vuol bene.

Ottavio. Non è vero. [p. 512 modifica]

Beatrice. Ma bisogna sapere...

Ottavio. Bisogna sapere, che sono stufo; non vo’ sentir altro.

Beatrice. Signor zio...

Ottavio. Schiavo.

Beatrice. Non vi lascerò partire.

Ottavio. Non mi seccate.

Beatrice. Bella creanza! (a mezza voce)

Ottavio. Come! Che cosa avete detto?

Beatrice. Niente, signore.

Ottavio. Creanza? Non creanza? Benchè non siate mia figlia, non averò riguardo a darvi una mano nel viso.

Beatrice. Vorrei veder questa!

Ottavio. In casa mia sono padrone io.

Beatrice. In casa vostra non ci verrò mai più.

Ottavio. Farete bene.

Beatrice. E non verrò per causa di quella impertinente di Corallina.

SCENA V.

Corallina ed i suddetti.

Corallina. (Brava!) (in disparte)

Ottavio. Parlate con rispetto di Corallina.

Beatrice. Oh! di grazia, parliamo con rispetto dell’illustrissima signora zia.

Ottavio. Giuro al cielo...

Corallina. Una parola, signor padrone. (lo tira in disparte)

Ottavio. Che c’è?

Beatrice. (Non vorrei che mi avesse sentita). (da sè)

Corallina. (La vostra figliuola è in camera col signor Florindo). (piano ad Ottavio)

Ottavio. Disgraziati! Presto...

Corallina. (E la vostra signora nipote è stata la mezzana che lo ha introdotto). (come sopra)

Ottavio. Andate fuori di questa casa. (a Beatrice) [p. 513 modifica]

Beatrice. A me?

Ottavio. Sì, a voi.

Beatrice. Vi ricordate chi sono?

Ottavio. Siete la mezzana della mia figliuola. (parte)

Beatrice. A me questo!

Corallina. E non vi verrò per causa di quell’impertinente di Corallina. (con caricatura, e parte)

SCENA VI.

Beatrice sola.

Ora ho capito. Costei mi ha sentita, e per vendicarsi di me, ha detto a mio zio delle belle cose; ma senti, anch’io saprò ricattarmi. Son donna anch’io; e se non te la faccio, dimmi che sono... Che strepito è questo?

SCENA VII.

Rosaura fuggendo, Ottavio colla spada le corre dietro, Florindo lo trattiene; e la suddetta.

Rosaura. Aiutatemi per pietà. (a Beatrice)

Florindo. Fermatevi, signore. (ad Ottavio, trattenendolo)

Ottavio. Temerario! Lasciatemi.

Florindo. A me questa spada. (lo disarma)

Ottavio. Indegna! Ti affogherò colle mie mani, (afferrando Rosaura)

Rosaura. Aiuto.

Florindo. Fermatevi, che altrimenti... (minacciandolo)

Ottavio. A me? In casa mia? Questa è un’azione indegna.

Florindo. È azione onorata difendere una povera innocente dalle mani di un padre tiranno.

Beatrice. (Quanto mi piacciono questi giovani spiritosi!) (da sè)

Rosaura. (Tremo tutta). (da sè)

Ottavio. Come c’entrate voi in casa mia?

Florindo. Ci entro, perchè voi a me avete promesso quella fanciulla. [p. 514 modifica]

Ottavio. Ve l’ho promessa, quando non sapevo che eravate un...

Florindo. Via, dite, che son io?

Ottavio. Siete... siete...2 Non ve la voglio dare.

Florindo. Ditemi almeno il perchè.

Ottavio. Perchè voi, col pretesto di mia figliuola, venite in casa ad amoreggiare colla serva.

Rosaura. Come?

Beatrice. Può essere. Colei è capace...

Florindo. Non è vero; e per prova che non sia vero, e per autentica di quel ch’io dico, son qui pronto in questo momento a dar la mano a Rosaura. Se volessi bene alla serva, non direi di sposar la padrona.

Beatrice. La ragione è chiarissima.

Rosaura. Mi persuade.

Florindo. Che dice il signor Ottavio?

Ottavio. Potreste... che so io? No, non ve la voglio dare. (Ho promesso di darla a Lelio. Voglio mantenere la mia parola). (da sè)

Beatrice. Ma dite almeno il perchè non gliela volete dare.

Ottavio. Sono impuntato. La mia riputazione non vuole ch’io gliela dia.

Beatrice. Ed io dico, che se aveste riputazione, gliela dareste.

Ottavio. Perchè?

Beatrice. Voi coi vostri strilli, colle vostre collere spropositate...

Ottavio. Giuro al cielo!... (la minaccia)

Beatrice. Eh, non mi fate paura. Voi avrete sollevato il vicinato e la servitù, e tutti sapranno che avete messo mano alla spada, perchè avete trovata la figlia in camera con uno...

Ottavio. Sì, l’ammazzerò. (si vuol avventare)

Florindo. Col naso. (lo ferma)

Beatrice. Per causa vostra la riputazione è in pericolo, e l’unico mezzo per risarcirla, sapete qual è?

Ottavio. Quale, via! Sentiamo la dottoressa.

Beatrice. L’unico rimedio, quando per causa d’un giovane una [p. 515 modifica] fanciulla resta nell’onor pregiudicata, è di fargliela immediatamente sposare. Che cosa dice il signore zio sapientissimo?

Ottavio. (Dice il vero, non si può negare). (da sè)

Florindo. Signor Ottavio, son qui pronto a darvi ogni soddisfazione, o colla spada, o col matrimonio.

Ottavio. Sì, colla spada.

Rosaura. Signor padre, no colla spada. Mi preme la vostra vita.

Beatrice. Che spada? Che pazzie son queste? Siete offeso nell’onore, e volete col vostro sangue medesimo risarcirlo? (ad Ottavio)

Ottavio. (Anche qui non dice male). (da sè)

Florindo. Animo, alle corte. Volete, o non volete?

Ottavio. Giuratemi sul vostro onore. Amate voi Corallina?

Florindo. No, ve lo giuro. Amo la signora Rosaura, e son qui per lei; e se penso a Corallina, prego il cielo che mi punisca.

Rosaura. Caro signor padre, quando sarò maritata io, vi mariterete anche voi.

Ottavio. (Sì, ma... l’impegno che ho con Corallina, ed ella con Lelio... Eh, che importa a Corallina che Rosaura abbia l’uno o l’altro?) (da sè, pensando)

Beatrice. Signor zio, risolvete.

Ottavio. Ho risolto.

Beatrice. Come?

Ottavio. Che Florindo sposi Rosaura.

SCENA VIII.

Corallina e detti.

Corallina. (Che sento!) (in disparte)

Beatrice. Bravissimo.

Rosaura. Non poteva risolver meglio.

Corallina. (Ora è tempo di porre in opra l’artifizioso viglietto). (da sè)

Florindo. Vedo, signor Ottavio, che siete un uomo savio e prudente, ed io sono un galantuomo, e son qui prontissimo a dar la mano... [p. 516 modifica]

Corallina. Piano, piano, signori: prima di concludere, ascoltino due parole.

Beatrice. Voi qui non c’entrate.

Corallina. Può essere che c’entri meglio di lei. (a Beatrice)

Beatrice. Che temerità!

Florindo. Che insolenza!

Ottavio. Via, lasciatela pariare; dite quel che volete dire.

Corallina. Il signor Florindo non può dar la mano di sposo ad alcuna donna, senza mia permissione.

Rosaura. Oimè!

Ottavio. Come?

Florindo. Come lo potete voi sostenere? (a Corallina)

Corallina. E voi medesimo lo domandate?

Beatrice. Bisogna ben sapere il perchè.

Corallina. Perchè a me ha dato fede di sposo.

Ottavio. Corpo di bacco!... (infuriato)

Florindo. Ciò non è vero. Ho detto qualche parola per ischerzo; ma cose da nulla, cose che non concludono niente siffatto.

Corallina. Cose da nulla? Cose che non concludono? Osservi, signor Florindo, questa sottoscrizione è sua?

Florindo. Sì, è mia. Che sì, ch’egli è quell’obbligo dei cinquanta zecchini? Sì, signori, confesso la verità. Avevo necessità di denari; ella mi ha prestati quaranta zecchini, ed io le ho fatto una ricevuta di cinquanta. Ma sono un galantuomo: i vostri denari eccoli qui, li ho preparati; ve li do, e voi rendetemi la mia obbligazione. (le dà una borsa, ella la prende)

Ottavio. Donde avete avuto quel denaro? (con collera a Corallina)

Corallina. L’ho vinto al lotto. Voi come c’entrate nella roba mia?

Ottavio. Basta... voleva dire... (Che me li avesse rubati a me?) (da sè)

Beatrice. E che sì, che li avete guadagnati con una cinquina? (accenna con cinque dita)

Corallina. Spiritosa!

Rosaura. E così, quando il signor Florindo vi ha pagato, è finita.

Florindo. Rendetemi l’obbligo che vi ho fatto. [p. 517 modifica]

Corallina. Signor no, il suo obbligo non consiste nel denaro, ma nella fede di sposo.

Florindo. Eh via, siete pazza?

Corallina. Son pazza? Sentite, signori, s’io sono pazza. Confesso io sottoscritto aver avuto in prestito dalla signora Corallina degli Graziosi...

Beatrice. (Sputa con caricatura, raschiandosi.)

Corallina. È raffreddata, signora? Recipe sugna di bosco...

Ottavio. Finiamola una volta.

Corallina. Zecchini cinquanta.

Florindo. Erano quaranta; ma non importa, ne ho resi cinquanta.

Corallina. Eh, questo non è niente. Ora viene il buono. Ha poca memoria il signor Florindo. E per gratitudine di tanti benefizi ricevuti...

Florindo. Io ho scritto questo?

Corallina. Si contenti. Prometto e giuro darle la mano di sposo.

Florindo. Io non ho scritto.

Corallina. Osservi, signor Ottavio: questo è il suo carattere. Florindo degli Aretusi affermo.

Florindo. La sottoscrizione è mia; ma qui non ho scritto io.

Corallina. Oh bella! in queste cose, siccome in tante altre, basta la sottoscrizione.

Ottavio. (Son fuori di me). (da sè)

Florindo. La sottoscrizione è fatta per i denari. Dove parla dei denari ho scritto io: il resto è aggiuntato. Non so niente. È una bricconata.

Corallina. Il carattere è tutto vostro.

Florindo. Imita il mio, ma non è mio.

Corallina. La sottoscrizione non si fa distante così dall’estesa dell’obbligo. Voi non siete così ignorante. Eccolo qui il viglietto d’obbligazione. Mi avete promesso; siete in impegno meco, e senza licenza mia...

Ottavio. Se avessi una spada, ve la caccerei nel cuore. (a Florindo)

Florindo. Ma se non è vero niente. [p. 518 modifica]

Corallina. Sì, sì, difendetevi se potete. Via, signora, lo sposi adesso il suo caro Florindo. (a Rosaura)

Rosaura. Mortificatemi, che avete ragion di fado. Perfido, non avrei mai creduto vedermi da voi tradita.

Florindo. Non è vero, ve lo giuro...

Rosaura. Non più, ingannatore, bugiardo. (parte)

Ottavio. Tuo danno, pazzerella. (dietro a Rosaura)

Florindo. Senti, tu me la pagherai. Quella carta me la renderai a forza. (a Corallina, e parte)

Ottavio. (Prende una sedia per tirargliela dietro.)

Beatrice. Signor zio.

Ottavio. Andate al diavolo.

Beatrice. Tutto per causa tua; ma la discorreremo. (a Corallina, e parte)

SCENA IX.

Ottavio e Corallina.

Corallina. (Eh, io non ho paura di brutti musi). (da sè) Signor padrone.

Ottavio. Andate al diavolo ancora voi.

Corallina. Ancora io al diavolo?

Ottavio. Sì, maledetta.

Corallina. La povera Corallina?

Ottavio. Finta, doppia, bugiarda.

Corallina. Pazienza.

Ottavio. Non so chi mi tenga, che non ti spacchi la testa in due.

Corallina. Ammazzatemi, io non mi muovo.

Ottavio. Sì, t’ammazzerò. (le va incontro colla spada, ed ella mette mano ad una pistola.)

Corallina. Giuro al cielô se dite davvero voi, dirò davvero ancor io.

Ottavio. Una pistola?

Corallina. Volete uccidermi? Che cosa vi ho fatto?

Ottavio. Mi hai tradito. (irato)

Corallina. Non è vero niente. (irata) [p. 519 modifica]

Ottavio. Quell’obbligo di Florindo? (irato)

Corallina. Non l’ho fatto io. (irata)

Ottavio. Se tu non l’hai fatto l’hai accettato.

Corallina. Ho accettato quello dei denari, non quello del matrimonio.

Ottavio. Ma conservi però l’uno e l’altro. Segno che speri, che l’ami, e che mi tradisci.

Corallina. Non è vero: non ispero, non l’amo, non ci penso; e che sia la verità, ecco qui: straccio l’obbligo in pezzi (straccia la carta in pezzi, e la ripone in tasca) e metto in libertà quel discolo, quel dissoluto, per esser sempre fedele al mio caro, al mio adorato padrone.

Ottavio. Giù quella pistola.

Corallina. Giù quella spada.

Ottavio. Eccola. (mette via la spada)

Corallina. Anch’io la ripongo. (la mette in tasca)

Ottavio. Pistole in tasca?

Corallina. Per difesa della mia vita.

Ottavio. Di chi hai paura?

Corallina. Ho dei nemici assai, signore: tutti m’insidiano, tutti mi vogliono male, perchè godo la grazia del mio padrone; ma ora tutti saran contenti. Il mio padrone non m’ama più: mi odia, mi disprezza, e non fa più conto di me. (piange piano)

Ottavio. Io non t’amo? Io non fo conto di te? Corallina, Può darsi maggior disprezzo di quello che ho dovuto soffrire?

Ottavio. Di che parli?

Corallina. Mi avete promesso di dare la figlia al signor Lelio. M’avete data la facoltà d’impegnarmi; mi sono impegnata; e poi tutto ad un tratto la volete dare al signor Florindo.

Ottavio. Ma sono stato costretto...

Corallina. Eh, che non vi curate più di me.

Ottavio. È stato un punto d’onore.

Corallina. Via, so tutto. Il punto d’onore vuole che non si faccia a modo di una serva. [p. 520 modifica]

Ottavio. Non è vero...

Corallina. E voi ascoltando le vostre signore...

Ottavio. Sia maledetto! Tu non mi lasci parlare. Mi darò al diavolo.

Corallina. Via, via, meno furia.

Ottavio. Mi caccerò questa spada nella gola.

Corallina. Eh via, dico.

Ottavio. Mi getterò da una finestra.

Corallina. Via, signor Ottavio, acquietatevi.

Ottavio. Son fuor di me.

Corallina. Mi volete bene?

Ottavio. Sì... (singhiozzando)

Corallina. Sono ancora la vostra Corallina?

Ottavio. Sì... (singhiozzando)

Corallina. E voi siete l’anima mia.

Ottavio. (Dà in un dirotto pianto.)

Corallina. (È mio, è mio). (da sè)

Ottavio. Ma perchè non dirmi prima di quella carta che vi aveva fatta colui?

Corallina. Se non vi era bisogno, non lo dicevo.

Ottavio. E perchè dirlo allora?

Corallina. Per carità, per l’amore che ho per vostra figliuola, per non vederla rovinata con quel briccone.

Ottavio. Via, siate benedetta.

Corallina. Per far del bene s’hanno dei disgusti. Che bella figura farò io adesso col signor Lelio, dopo avergli data la parola che la signora Rosaura sarà sua.

Ottavio. E bene, sarà sua.

Corallina. Io non me ne impiccio più sicuramente.

Ottavio. Gli parlerò io.

Corallina. Se foste buono a parlargli senza andar in collera?

Ottavio. Mi proverò.

Corallina. Se mi volete bene, promettetemi di parlargli.

Ottavio. Sì, ve lo prometto.

Corallina. Giuratelo. [p. 521 modifica]

Ottavio. Ve lo giuro.

Corallina. Promettetemi di parlargli senza andar in collera.

Ottavio. Via, ve lo prometto.

Corallina. Giuratelo.

Ottavio. Ho da giurarlo?

Corallina. Sì, se mi volete bene.

Ottavio. Lo giuro.

Corallina. Caro il mio padroncino, fatelo presto.

Ottavio. Subito che lo trovo.

Corallina. E subito fate che vostra figlia lo sposi.

Ottavio. Sì, subito; e se non lo volesse?

Corallina. E se non lo volesse... Vi do licenza che andiate in collera quanto volete, e che la bastoniate ancora se fa di bisogno. (parte)

SCENA X.

Ottavio solo.

Presto, vadasi a ricercar di Lelio. Corallina merita di essere soddisfatta: Rosaura merita di esser punita. E se Lelio ora non la volesse più? Giuro al cielo, avrebbe da far con me. Ma ho giurato di non andar in collera. Oh! durerò pure la gran fatica a mantenere quest’orribile giuramento.

SCENA XI.

Lelio ed il suddetto.

Lelio. (Anche questa volta vo’ far a modo di Corallina), (da sè)

Ottavio. (Eccolo qui). (da sè, vedendo Lelio)

Lelio. (Quando lo vedo, mi bolle il sangue). (da sè)

Ottavio. Signor Lelio, vi riverisco.

Lelio. Schiavo suo.

Ottavio. Amico, io ho per voi tutta la stima: parliamo da buoni amici.

Lelio. Se mi foste amico, non mi trattereste così.

Ottavio. Che cosa vi ho fatto? [p. 522 modifica]

Lelio. Una bricconata.

Ottavio. Bricconata? Bricconata? (masticando)

Lelio. Siete in parola con me di darmi la vostra figlia; me lo fate dire espressamente da Corallina; e poi la volete dare ad un altro?

Ottavio. Vi dirò, amico...

Lelio. Siete un mancator di parola.

Ottavio. Ah! (sospira e freme)

Lelio. Sono azioni che meritano stilettate.

Ottavio. (Oh, se resisto è un prodigio). (da sè)

Lelio. La signora Rosaura...

Ottavio. Via, Rosaura sarà vostra: ve lo prometto.

Lelio. E poi mi tornerete a mancar di parola. Dagli uomini senza fede non si può sperare di meglio.

Ottavio. (Oh! mi pizzicano le mani). (da sè)

Lelio. Se non foste più vecchio di me, vi metterei le mani addosso.

Ottavio. Le mani addosso?

Lelio. Sì, vorrei che mi rendeste conto della mala azione.

Ottavio. (E non ho d’andar in collera?) (da sè)

Lelio. (Costui è diventato un porco). (da sè)

Ottavio. Volete altro che Rosaura? Vi torno a dire, Rosaura è vostra.

Lelio. Ma perchè volevate voi darla al signor Florindo?

Ottavio. Perchè... non sapevo che Corallina vi avesse detto quello che le ho detto io.

Lelio. Vi confondete. Si vede che siete...

Ottavio. Che cosa sono?

Lelio. Un farabutto.

Ottavio. Eh, giuro a Bacco. (mette mano sulla spada, fremendo) Chi si può tenere, si tenga.

SCENA XII.

Corallina ed i suddetti.

Corallina. Alto, alto, signori miei. Bravo, signor padrone, mantenete bene le promesse, i giuramenti.

Ottavio. Corallina mia, son quasi crepato. [p. 523 modifica]

Corallina. Datemi quella spada.

Ottavio. No.

Corallina. Ehi! ricordatevi che ho la pistola.

Ottavio. Mettetela fuori contro di lui, e non contro di me.

Lelio. Che pistola? Mi userete qualche superchieria? Non sarebbe maraviglia, che la tentasse un villano come voi siete.

Ottavio. Villano a me? (arrabbiato)

Corallina. Il giuramento. (Ottavio freme) Via, signor Lelio, calmate le vostre collere. La signora Rosaura sarà vostra sposa. Son donna; ma potete di me fidarvi.

Lelio. Sì, mi fiderò più di voi, che di quel cabalone.

Ottavio. Temerario! (arrabbiato)

Corallina. Il giuramento, dico.

Ottavio. Uh! (getta la spada, e va via correndo)

Lelio. È pazzo!

Corallina. Venite con me, se vi preme la signora Rosaura.

Lelio. Ma come è andata la cosa del signor Florindo?

Corallina. Venite, e tutto vi narrerò.

Lelio. Sì, andiamo.

Corallina. Insieme non va bene. Precedetemi, che ora vi seguo.

Lelio. Sì, come volete. Purchè Rosaura sia mia, arrischierò anche la vita. (parte)

SCENA XIII.

Corallina sola.

Voglio tentare quest’altra strada per vendicarmi. Non ho piacer maggiore della vendetta. Florindo, Rosaura e Beatrice saranno sempre nemici miei, e son disposta ad unire anche al numero de’ miei nemici il padrone medesimo, se non vorrà secondarmi sino al termine delle mie vendette.

Fine dell’Atto Secondo.



Note

  1. Pap.: Te.
  2. L’ed. Pap. aggiunge: basta.