La favola de' tre gobbi/Parte I

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Parte I

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Prefazione Parte II
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PARTE PRIMA.

SCENA PRIMA1).

Camera con due porte.

Madama Vezzosa con un Servitore.

Sì, lo so, non replicar;
     Tutti muoiono per me.
     Poverini! Sai perchè?
     Perch’io sono la Vezzosa,
     Tutta grazia e spiritosa.
     Che! tu ridi? Ignorantaccio!
     Chiedi a tutta la città,
     Se dich’io la verità2.

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Per tutte le botteghe (parte il Servo

So che di me si parla,
Per le vie, per le piazze, e per le case;
In ogn’angolo alfin della città
Non si fa che parlar di mia beltà.
Io però non son pazza;
Non mi fo vagheggiar per ambizione;
Non cerco cicisbei belli e graziosi,
Ma ricchi, di buon core3, e generosi.
So che la gioventù passa e non dura,
Onde chi non procura
Per tempo stabilir la sua fortuna,
Arriva la 4 vecchiezza,
Ed allora può dirsi: addio bellezza.
(torna il Servo e le5 parla piano
Come? Chi è? Il marchese Parpagnacco?
Venga, venga, è padrone. (parte il Servo6
Costui fa il signorone,
Benchè nato villan, ma non importa;
In oggi chi ha denaro in quantità,
Porta nel suo taschin la nobiltà.

SCENA II.

Il Marchese Parpagnacco e detta.

Parpagnacco. Riverente m’inchino

A quella bella grazia,
Che di farmi languir non è mai sazia.
Madama. Io faccio riverenza
A quei vezzosi rai,
Che di farmi penar non cessan mai.

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Parpagnacco. Ah madama Vezzosa,

Siete molto graziosa!
Madama. Ah Parpagnacco mio,
Siete tutto bellezza7 e tutto brio!
Parpagnacco. Non dico per lodarmi,
Ma dacchè son Marchese,
Faccio maravigliar tutto il paese.
Quand’ero alla montagna,
D’essere mi pareva un contadino,
Ora d’esser mi pare8 un ballarino.
Madama. Certo che un uomo siete
Veramente ben fatto.
V’è un certo non so che dietro la schiena;
Ma è una cosa da niente, e non dà pena.
Parpagnacco. Sì, vi dirò il perchè: come ricolma
Di pesanti pensieri ho la mia mente,
Par che il dorso s’incurvi, e non è niente.
Madama. Niente, niente, signor, lo dico anch’io.
Anzi grazia gli dà quel monticello;
E poi chi ha del dinaro9 è sempre bello.
Parpagnacco. Denar? Voi lo sapete:
Feudi, ville, campagne,
Palazzi, servitù, sedie e carrozze,
Ori, argenti, diamanti e ricche spoglie
Non mi mancano mai. Voi lo sapete,
Io possiedo un tesoro.
Madama. (Certamente ha costui la gobba d’oro).
Parpagnacco. Una cosa mi manca.
Madama.   E cosa è mai? 10
Lei11 ha feudi e campagne,
Palazzi, servitù, sedie e carrozze,
Ori, argenti, diamanti e ricche spoglie.

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Parpagnacco. Mi manca... Io dirò... una bella moglie.

Madama. Ritrovarla conviene12; una tal donna
Sarà ben fortunata.
Se la trovi, signore.
Parpagnacco.   Io l’ho trovata.
Madama. E chi è mai? E chi è mai? Sarà sicuro
Giovine, com’è lei, graziosa e bella.
Parpagnacco. Lo volete saper? Voi siete quella.
Madama. Io? davvero! Lo credo? Oh me felice!
Oh che sorte! Oh che grazia! Oh che contento!
Quasi impazzir13 dall’allegria mi sento.
(Se mi credi, minchion, la sbagli affé.
Voglio la borsa tua, non voglio te).
Parpagnacco. Questa vostra allegrezza
M’empie il cor di dolcezza;
Sudo, smanio, e deliro14;
Rido per il contento, e poi sospiro.
  Quegli occhietti belli, belli,
  M’hanno fatto innamorar;
  Quei labbretti15 cari cari,
  Mi potrebber consolar.
  Quel ch’io vedo, e ch’io16 non vedo,
  Mi fa sempre sospirar.
  Occhi vezzosi,
  Labbri amorosi,
  Via non mi fate17 più delirar.
  Di penar son ormai stracco,
  Del mio mal chiedo pietà.
  Il marchese Parpagnacco
  Di Madama ognor sarà.
  Sì, vezzosetta,
  Cara, caretta,

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  Non saprei...

  Non vorrei...
  Che m’aveste18 ad ingannar.
Madama. Io ingannarvi, signor? Mi meraviglio.
In casa mia non vien nessun al mondo;
Io non sono di quelle... Eh faccia grazia:
Dove ha comprato mai quel bel diamante,
Spiritoso e brillante?
Certamente è un incanto!
Parpagnacco. Le piace?
Madama.   Signor sì, mi piace tanto.
Parpagnacco. Padrona.
Madama.   Meraviglio.
Parpagnacco.   Eh via.
Madama.   No certo.
Parpagnacco. Mi fa torto.
Madama.   Ma poi... Non vuò, non vuò.
Parpagnacco. Eh lo prenda...
Madama.   Via, via, lo prenderò...
Parpagnacco. Dunque, mia cara sposa...
(viene il Servo e parla a Madama19
Madama. Con licenza: il barone Macacco
Mi viene a visitar? Non so che dire,
Farlo indietro tornar non è creanza.
Venga pur, ch’io l’attendo in questa stanza.
(parte il Servo20
Oh gioia mia diletta21,
Son imbrogliata assai. Vien22 mio fratello,
Uomo senza cervello e assai manesco;
Se vi vede con me, voi state fresco.
Parpagnacco. Dunque che deggio far?
Madama.   Io vi consiglio,

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Per fuggir il periglio,

Nascondervi colà.
Parpagnacco.   Poi, se mi trova?
Madama. Lasciate far a me.
Difendervi prometto.
Parpagnacco. Che mi spiani la gobba io già m’aspetto.
(si ritira in una camera
Madama. Vi vuol un po’ d’ingegno
A far l’amor con questo e con quell’altro,
E vi vuol pronto labbro ed occhio scaltro.

SCENA III.

Il Baron Macacco e detta23.

Macacco. Ma ma ma ma ma ma ma ma madama,

Vi chie chiedo perdono.
Madama. Del barone Macacco io serva sono.
Macacco. Cosa fa fa fa fate?24
Madama. Io sto be be be bene.
Macacco. Non mi co co co co co corbellate25.
Madama. Pensi lei; signor sì,
Parlo anch’io26 qualche volta co così.
Macacco. Io son inna na na na na namorato27
Di voi, mia be be bella,
Viver non po po posso
Senza chia chia chia chia chiamar aita28
Da voi, che che che siete la mia vita.
Madama. (Che ti venga la rabbia!
Oh che bella figura!
Questo può dirsi un mostro di natura).

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Macacco. Le ra ga ga ga ga gazze

Mi co co co corron dietro29.
Vorriano ch’io fo fo fo fo follemente
Le amassi, ma non fa fa fanno niente.
  Sono ancora raga gazzo,
  Non ci penso un ca ca cavolo,
  Le ma mando tutte al diavolo
  Queste donne bu bugiarde,
  E maliarde - se senza pietà.
  Per voi sola divengo pa pazzo
  E vi voglio be be be be bene,
  Di ca ca ca cavarmi di pene
  Mi farete la ca carità.
Madama. Caro signor Macacco,
Quando lei fosse sposo,
Sarebbe poi geloso?
Macacco.   Pe pensate!
Vorrei che la mia sposa
Fosse co co co co co corteggiata30,
E spiritosa chia chia chia chiamata31.
Madama. Non vi saria pericolo
Che gli32 facesse torto,
Poichè più bel di lei
Che si trovi nel mondo io non saprei.
Macacco. Io sono ben fa fatto33,
Son be be be be bello in conclusione,
E non son un co co co cornacchione34.
Madama. (Che faccia di ca ca ca ca castrone35). (viene il Servo
Mi permette?
Macacco.   Sì sì, signora sì.
Madama. Oh questa è bella affé.

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Se quest’altro sen vien, saranno tre.

(Sì, sì, venga ancor 36 lui,
Soggezion non mi prendo di costui). (parte il Servo 37
Giacche non è geloso,
Caro signor Barone,
Con buona permissione,
Un altro cavalier vuol visitarmi,
Onde la prego in libertà lasciarmi.
Macacco. Fa fa fa fate pure,
So anchi ch’io la usanza,
Mi mi mi riti ti ro in questa stanza 38.
(entra in un' altra camera
Madama. Questo sarebbe il caso
Per una cui piacesse
Di vivere al gran mondo.
Ha la vita piegata, e il capo tondo.

SCENA IV.

Il Conte Bellavita e detta.

Conte. Al volto porporino

Di madama Graziosa umii m’inchino39.
Madama. Io dalle grazie sue resto stordita,
E riverisco il conte Beliavita.
Conte. Di me non vi dolete,
Se tardi mi vedete.
Sono stato finor da certe dame,
Che vogliono ballar con fondamento,
A insegnarle di vita il portamento.
Madama. Già si sa, già si vede:
La sua vita ben fatta è cosa rara;
Vezzi e grazie da lei ciascuno impara.

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Conte. Veda, signora mia,

Osservi in cortesia:
Questi due monacelli,
Ch’io tengo uno per parte,
Son fatti con tal arte,
Ch’uno con l’altro40 in equilibrio accorda,
E sembro appunto un ballarin da corda.
Madama. Non ne dica di più, lo so, lo credo,
Lo capisco, lo vedo:
Lei è tutto ben fatto;
Lei è tutto gentil. (Lei è un bel matto).
Conte. Senta, signora mia, per dir il vero,
Io son un cavaliero
Ameno e disinvolto;
Se lei mi osserva in volto,
Un certo non so che vi vederà,
Che s’accosta di molto alla beltà.
Circa la grazia poi, non fo per dire,
Osservi la presenza:
Col piè sempre in cadenza,
Nelle braccia grazioso,
Nel gestir manieroso,
Si può dire ch’io sia cosa compita.
E poi che serve? 11 conte Beliavita.
  Veda che garbo,
  Veda che brio,
  Tutto son io
  Grazia e beltà.
  Io con le dame
  Son tutto amore,
  Son l’amorino,
  Caro, carino,
  Son per le donne
  Tutto bontà.

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  Ma a chi m’offende

  Sono terribile,
  Con braccio orribile,
  Con luci irate,
  Tiro stoccate
  Di qua, di là.
  Fatene stima,
  Non mi lasciate,
  Se voi bramate
  D’esser felice;
  Ognun mi dice,
  Ch’io sono bello,
  Ch’io sono quello
  Che fa l’onore
  Della città.
Madama. Non si stia a faticare41.
Sempre meno dirà di quel che appare.
Ma, se tanto è grazioso,
Sarà anco42 generoso.
Conte.   Eh cosa importa?
Dov’è grazia e beltà,
Non si ricerca generosità.
Madama. Signor, lei mi perdoni43, in questo sbaglia.
Un amante, ancorchè bello e grazioso,
Quando si mostra avaro,
Alla donna non puol44 esser mai caro.
Conte. Dunque con i miei vezzi
Io non posso da voi sperar affetto45?
Madama. Per me vi parlo schietto,
Se mi volete innamorar da buono,
Fate che della borsa io senta il suono.
Conte. Sarà dunque un amor interessato.
Madama. Sarà l’amor46 che dalie donne è usato.

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Conte. Parmi di sentir gente.

Madama.   Ah dite piano,
Poichè tengo un germano,
Ch’è piuttosto cervello stravagante;
Se ci sente, vorrà far l’arrogante.
Conte. Tiriamoci più in qua. Torniamo un poco
Al discorso di prima.
Per esempio, volendo
Darvi un segno d’amor, quest’orologio,
Dite, saria opportuno?
Madama. Ah sì, ne ho perduto uno
Simile appunto a quello.
Conte. Guardate con che grazia io vel presento.
Madama. Oh che grazia gentil! Siete un portento.
Conte. Mi vorrete poi bene?
Madama.   Uh tanto, tanto.
Conte. Vi piace il volto mio?
Madama.   Siete un incanto.
Conte.   Vezzosa gradita,
  Mio dolce tesoro.
Madama.   Per voi, Bellavita,
  Io smanio, io moro 47.

a due Che dolce contento
Ch’io provo, ch’io sento!
Che brio! che beltà!
Conte.   Ohimè, sento gente.

Madama.   No, no, non è niente;
  Sarà mio fratello.
Conte.   Ha poco cervello,
  Tremar ci farà.
Madama.   Non tema di nulla;
  Stia fermo, stia qua.
Parpagnacco.   Padron riverito. (esce48

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Conte.   Son servo obbligato49.

Parpagnacco.   È tutto compito50. (a Madama
Conte.   È assai ben creato. (a Madama
Madama.   Sorella gli sono,
  Spiacermi non sa.

Parpagnacco. a due (Fratello più buono (ciascuno da sè
Conte. Di lui non si dà).
Madama.   Per fino ch’ei parte,

  Celatevi là. (piano a Parpagnacco
Parpagnacco.   È troppa bontà.
Madama.   Andate in disparte,
  Che poi partirà. (piano al Conte51
Conte.   È troppa bontà.

Parpagnacco.
Conte
.
a due Gli son servitore.
Comandi, signore,52
Ma con libertà53. (si ritirano
Madama.   Oh questa sì ch’è bella!

  M’hanno creduto affé54.
Macacco.   Non c’è più più nessuno;
  To to to tocca a me.
Madama.   E questo bel Macacco
  Da me cosa vorrà?
Macacco.   Mia ca ca ca ca cara.
Madama.   Mio be be be be belio.
(a due   Son qua qua qua qua qua55.

Parpagnacco. a due Un altro suo fratello
Conte. Codesto ancor sarà?
Madama.   Or sono nell’imbroglio,

  Non so cosa sarà.

Parpagnacco. a due Eh ben, quanti fratelli
Conte. Avete, mia signora?
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Madama.   Patroni cari e belli,

  Io non glielo so dir.
Parpagnacco.   Voi siete menzognera.
Conte.   Voi siete lusinghiera56.
(a due   Scoperta siete già.
Madama.   Andate, che vi mando,
  Andate via di qua.
Macacco.   Co cosa mai sarà?
  Tutti57
  Che razza maledetta,
  Che rabbia che mi fa58.


Fine della Prima Parte.


Note

  1. Per comodo dei lettori conserviamo la divisione in scene che si trova soltanto nell’ed. Zatta (t. XXXV, ossia I della classe IV, 1794).
  2. Vedi nell’Appendice l’aria di Mad. Vezzosa nell’edizione Occhi, 1756.
  3. Ed. Occhi: cuor.
  4. Ed. Occhi: alla.
  5. Così Zatta. Nelle più antiche stampe: gli. Nell’ed. Occhi c’è questa didascalia: Viene la Donzella.
  6. Ed. Occhi Donzella via.
  7. Ed. Occhi: beltade.
  8. Occhi: par.
  9. Occhi: denaro.
  10. Occhi: E cosa mai?
  11. Occhi: Ella.
  12. Ed. Occhi: convien.
  13. Nel testo: Quas’impazzir.
  14. Occhi: smanio, deliro.
  15. Nelle più vecchie edizioni: labretti: e più sotto: labri.
  16. Occhi: e che.
  17. Occhi: Ah non mi fate.
  18. Edd. Tevernin e Zatta. per isbaglio: che m’avessi.
  19. Ed. Occhi: Viene la Donzella.
  20. Nell’ed. Occhi è Parpagnacco che dice: Oh gioia mia diletta!
  21. Occhi: Donzella via.
  22. Ed. Zatta. per errore: Vi è.
  23. Nelle edizioni precedenti all’ed. Zatta, non essendovi la divisione in scene, si trova questa didascalia: viene il Macacco.
  24. Ed. Occhi: Co co co cosa fate?
  25. Occhi: Non mi co corbellate.
  26. Così Zatta. Nelle stampe precedenti: Parl’anch’io.
  27. Occhi: Io son innamo mo mo mo morato.
  28. Occhi: Senza chieder aita.
  29. Vedasi in Appendice ciò che segue nell’ed. Occhi.
  30. Occhi: Fosse co corteggiata.
  31. Occhi: E spiritosa va va vagheggiata.
  32. Occhi: le.
  33. Occhi: Io son ben fa fa fatto.
  34. Occhi: un mi mi mi mi minchione.
  35. Occhi: "(Che faccia di castrone!) Vien la Donzella".
  36. Nel testo: veng’ancor.
  37. Occhi: Donzella via.
  38. Occhi: Fa fa fa fate pur; so anch’io l’usanza. - Io mi ritiro in que que questa stanza. Si ritira".
  39. Vedasi in Appendice ciò che segue nell’ed. Occhi.
  40. Così Zatta. Edd. precedenti: coll’altro.
  41. Ed. Occhi: affaticare.
  42. Occhi: ancor.
  43. Occhi: Signore, mi perdoni.
  44. Occhi: puote.
  45. Occhi: Io sperare da voi non posso affetto?
  46. Occhi: un amor.
  47. Così il testo.
  48. Ed. Occhi: vien Parpagnacco.
  49. Segue nell’ed. Occhi: "Mad. Che gran civiltà!"
  50. Segue nell’ed. Occhi: "Mad. Sorella gli sono; - Spiacermi non sa”.
  51. Occhi: a Bella vita.
  52. Manca questo verso nelle edizioni Tevernin e Zatta.
  53. Segue nell’ed. Occhi: "Mad. Celatevi là. - Oh questa ecc. ".
  54. Nell’ed. Occhi c’è questa didascalia: Esce Macacco.
  55. Ed. Occhi: "Son qua, son qua, son qua. Escono Parpagnacco e Bella vita".
  56. Nell’ed. Occhi questo verso e quello precedente sono scambiati.
  57. Così Zatta. Nelle precedenti edizioni: a 4. Nell’ed. Occhi: a 3.
  58. Nell’ed. Occhi segue Macacco, il quale ripete ancora: Co cosa mai sarà?