La miseria di Napoli/Appendice - Seconda Interrogazione sui Sordo-muti

Da Wikisource.
Appendice - Seconda Interrogazione sui Sordo-muti

../Parte IV - Ancora dei Rimedii/Capitolo IX. Conclusione IncludiIntestazione 13 gennaio 2023 75% Da definire

Appendice - Seconda Interrogazione sui Sordo-muti
Parte IV - Ancora dei Rimedii - Capitolo IX. Conclusione

[p. 283 modifica]

APPENDICE.1


Seconda Interrogazione sui Sordo-muti.

Presidente. Essendo presente l’onorevole Ministro della Pubblica Istruzione, debbo rinnovare la comunicazione d’una domanda d’interrogazione che fu presentata, or sono più giorni, dall’onorevole Bertani, che è la seguente:

«Il sottoscritto desidera interrogare l’onorevole Ministro per la Pubblica Istruzione circa la condizione dell’Istituto dei Sordo-muti per i maschi in Napoli.»

Prego l’onorevole Ministro a dichiarare se intende che questa interrogazione abbia luogo.

Coppino, ministro per l’Istruzione Pubblica. Sono pronto anche adesso.

Presidente. L’onorevole Bertani ha facoltà di parlare per isvolgere la sua interrogazione.

Bertani. Mi sarebbe penoso l’invadere un campo, nel quale l’onorevole Abignente, che spero tornerà presto fra noi, ha già preso la parola coll’autorità che gli compete e che l’interesse pel nativo luogo gl’inspira, se già non fossi persuaso del suo consenso non solo, ma anche del suo contento, perchè al più presto possibile si venga ad una risoluzione circa il tèma dei Sordo-muti di Napoli da lui tanto prediletto. [p. 284 modifica]

Alla mia parola, assai meno efficace di quella del l’onorevole Abignente, supplisca il buon volere, l’importanza dell’argomento, la benevola attenzione del Ministro dell’Istruzione Pubblica, e l’evidenza delle cose che sto per esporre.

Io comincio dal domandarmi, se esista ancora in Napoli l’antico ed onorato Istituto maschile di educazione ed istruzione pei Sordo-muti poveri; e disgraziatamente devo rispondere: non più.

Vi ha bensì nell’Albergo dei Poveri di Napoli una scuola, in cui sono educate e istruite 15 a 20 fanciulle sordo-mute: scuola così bene avviata nella molteplice istruzione e specialmente nella labbiale, così bene è con tanto amore condotta, che qualunque visitatore degl’Istituti più accreditati pei Sordo-muti in Italia, in Germania, in Francia, in Inghilterra, potrebbe certamente partirne soddisfatto ammiratore.

Ma, oltrepassato appena un cortile, voi non trovate che dei Sordo-muti di ogni età sporchi, negletti, ignoranti ed oziosi, meno pochi, i quali sono adoperati in qualche mestiere, ed altri nella tipografia, ultimi resti di un’intelligenza educata nei tempi passati, quando vigeva ancora quell’Istituto d’istruzione così benemerito.

E perchè, o Signori, tanto disdoro per Napoli? E perchè dura cotanto? Ne è responsabile il Governo? Ne è responsabile l’Albergo dei Poveri di Napoli?

Il Governo ha l’obbligo di concorrere per quella scuola con una somma, che costituisce il particolare patrimonio di quell’Istituto ora chiuso, patrimonio che data da molto tempo, quasi da un secolo: e l’Albergo dei Poveri ha inoltre tanti mezzi da poter mantenere ed anche, se volesse, mezzanamente istruire tutti i Sordo-muti in esso ricoverati.

Io credo, o Signori, che, quale più quale meno, [p. 285 modifica]ci abbiano colpa il Governo e l’Albergo dei Poveri in litigiosa vicenda.

E dall’uno e dall’altro è quindi urgente che venga un provvedimento, ed un provvedimento radicale.

La buona tradizione per l’istruzione dei Sordo-muti in Napoli ci è, e dura quasi da un secolo, dal 1790, quando quella scuola, ad imitazione di altre iniziate in Italia ed altrove, fu inaugurata dal celebre Abate Cozzolini.

E i provvedimenti adottati per quella scuola, in vero assai poco per iniziativa dell’Albergo dei Poveri, ma quasi tutti d’iniziativa del Governo, erano savii ed utili all’educazione ed istruzione di quei disgraziati. E con questi due mezzi: la tradizione che stimola e conforta il sentimento caritatevole avito in Napoli, e coi provvedimenti applicati, le cose camminarono senza gravi e pubblici reclami sino al 1871.

In quell’anno fatale per l’Istituto dei Sordo-muti di Napoli, un Ministro della Pubblica Istruzione, ed appunto napoletano, l’onorevole Scialoia, ha creduto di sciogliere quella scuola per ricostituirla sulle primitive sue basi, certamente colla migliore intenzione di renderla più proficua e di più larga applicazione.

In quell’anno stesso fu cancellata dal bilancio dell’interno, dove era fuori di proposito inscritta, trattandosi di Stabilimento d’istruzione, la somma di lire 17,777 che equivale ai 4000 ducati, patrimonio o dote stanziata già da sette diecine di anni per provvedere appunto a quella Scuola dei Sordo- muti.

Se non che le vive istanze fatte dall’onorevole Relatore del bilancio definitivo della pubblica istruzione di quell’anno stesso, dall’onorevole Bonghi, hanno procacciato si che quella somma venisse inscritta appunto in quel bilancio, e ciò debbo desu[p. 286 modifica]mere dal vedere molto cresciuta la somma stanziata pei Sordo-muti nel bilancio definitivo rispetto al bilancio di prima previsione.

Ma intanto quell’Istituto, in obbedienza al decreto Scialoia, era morto, e non spuntava provvedimento per farlo risorgere. Nel 1872, nel 1873 e 1874 non si vide più iscritta nel bilancio della pubblica istruzione una somma designatamente per l’Istituto dei Sordo-muti di Napoli; e soltanto nel bilancio del Ministero della Pubblica Istruzione pel 1875 quella somma ricomparve in tutta la sua pienezza e nella sua applicazione. Nel 1875 era appunto Ministro per l’Istruzione Pubblica l’onorevole Bonghi, altro cittadino napoletano, il quale, certamente ispirato ai medesimi sentimenti che avevano suggerito all’onorevole Scialoia di sopprimere quella scuola per ricostituirla su basi migliori, non potè, o qualche cosa gli manco per riparare a tanto danno della patria sua.

Ora abbiamo approvato il bilancio definitivo per la pubblica istruzione del 1876, e l’articolo 24, che riguarda gl’Istituti pei Sordo-muti, è muto anch’esso per quello di Napoli.

So che pende un litigio tra il Ministero della Pubblica Istruzione e la Commissione amministratrice dell’Albergo dei Poveri di Napoli; so che vi ha una tal quale intimazione del Ministro dell’Istruzione Pubblica al Consiglio d’amministrazione dell’Albergo dei Poveri di Napoli, con cui s’invita questo a desistere da certe sue pretese, se non voglia perdere la speranza di vedere un di ristabilita quella scuola. Questa grave minaccia sarà certamente fondata su motivi gravi egualmente; ma, comunque vogliasi, è un fatto.

Mi permetta pertanto l’onor. Ministro per l’Istruzione Pubblica d’indirizzargli queste tre domande: [p. 287 modifica]

1ª Perchè, sciolta la Scuola dei Sordo-muti di Napoli fino dal 1871, non fu ancora riorganizzata ed aperta?

2ª Se fu stanziata, come debbo supporre, la somma di 17,777 lire dal 1871 al 1876, e quella somma non fu spesa per quell’oggetto, dove è andata essa a finire, o dove e quanta se ne asconde?

3ª Quali provvedimenti intende adottare l’onore vole Ministro della Pubblica Istruzione pel ristabilimento della scuola? E come egli intende di agire riguardo alla pretesa già avanzata in altra circostanza dall’Amministrazione dell’Albergo dei Poveri di Napoli, di non permettere che il Ministro della Pubblica Istruzione, il quale ha stanziata questa somma di 17,777 lire, non abbia da avere influenza in quella scuola stessa?

Attendo dalla compiacenza dell’onorevole Ministro della Pubblica Istruzione tali risposte e promesse, che possano soddisfare con me la pubblica opinione per turbata in questo delicato proposito, ravvivando la speranza di vedere ristabilito finalmente un Istituto così utile ed onorevole per Napoli.

Ministro per l’Istruzione Pubblica. Io consento molto facilmente con l’onorevole interrogante sulla utilità e sulla necessità e, dico anche, sul dovere di riaprire la Scuola dei Sordo-muti in Napoli, che stette fino al 1871 aperta nell’Albergo dei Poveri. Ma mi per metta l’onorevole interrogante che io non consenta colla stessa facilità, non solo in quella parte di storia che mi pare egli volesse fare, allorquando diceva chiusa la scuola dal ministro Scialoia, senza che più si provvedesse a iniziare pratiche per la riapertura; ma ancora e specialmente che io non consenta sopra una frase che, o non ho bene intesa, o certamente non corrisponde alla verità. Mi pare indicasse gli ultimi [p. 288 modifica]provvedimenti fossero di tale intimazione, che, dove l’Albergo dei Poveri non li avesse accettati, si dovesse quasi rinunziare alla speranza di veder riaperta questa scuola. Io non ho capito queste parole, sebbene mi sembri sieno state pronunziate; ma non le ho capite, perchè, essendo così lontane dalla realtà delle cose, era evidente che mi dovevano produrre una sorpresa.

Comincierò a dire che uno degli ultimi atti, non l’ultimo, dell’Amministrazione, la quale a me è affidata in questo quarto d’ora, fu una lettera scritta al Prefetto, perchè richiamasse l’Amministrazione dell’Albergo dei Poveri all’esecuzione delle intelligenze passate tra il Rappresentante del Ministero e il Commissario che ha l’Amministrazione dell’Albergo dei Poveri.

Uno dei periodi di questa lettera riguardante questo capo diceva così: «Io, infine, sono tanto convinto delle buone ragioni, onde è confortato il Governo (e il Governo è quello che vuole che l’Albergo dei Poveri possa tenere queste Scuole aperte), che sto esaminando la questione, se convenga confermare oggi con un Decreto reale le disposizioni del 24 marzo e 7 maggio 1819, disposizioni ministeriali, ma date con l’approvazione esplicita di un Monarca assoluto, e quindi diventate vere e proprie leggi del Regno, ec.»

Detto ciò, mi permettano che io faccia la storia delle vicende di questo Istituto negli ultimi tempi, e facendone la storia, risponderò alle interrogazioni che mi furono dirette.

Nel 1871 fu chiusa la Scuola dei Sordo-muti nell’Albergo dei Poveri; ne tacerò i motivi; solamente dirò che, stando così le cose, come si rivelavano in quella scuola, anche a me sarebbe parso conveniente [p. 289 modifica]di chiuderla. Ma a quale fine, e con quali intendimenti chiuderla? Si voleva abbandonare la istruzione, che doveva essere somministrata a quegl’infelici, oppure la chiusura non aveva altra ragione che di somministrare un mezzo per rimettere su nuove e migliori basi la scuola medesima?

Io credo che quel provvedimento da niun’altra cosa che da questa fosse consigliato. Ma la Camera sa che molti degli assegni fatti ad alcuni di tali Istituti, che hanno quasi una natura mista tra Opera pia e Opera d’istruzione, stettero per molto tempo iscritti sul bilancio del Ministero dell’Interno. Nel 1871 la somma che era iscritta sul bilancio del Ministero dell’Interno fu cancellata, e allora, relatore essendo del bilancio dell’istruzione pubblica l’onorevole Bonghi, tanto si fece e tanto si disse, che questa somma di 17,772 lire fu trasportata al bilancio della pubblica istruzione. Restava sempre il concetto e l’obbligo di riaprire la scuola; e dico obbligo, imperocchè i onorevole deputato Bertani ha accennato come essa contasse oramai un secolo. È nata difatti nel 1788, fu ristorata nel 1806, e congiunta all’Università vi stette fino al 1819. In tale anno si delibero che uscisse dall’Università, dove si comprende come male ci stésse, e la si congiungesse coll’Albergo dei Poveri, determinando così una specie d’obbligo per quell’Istituto, obbligo che aveva però il suo compenso in quelle parecchie migliaia di ducati che il Governo si dispose a pagare. Dunque questa scuola, per decreti, i quali hanno una grande autorità, è in certo modo congiunta colla grande istituzione dell’Albergo dei Poveri, sopra la quale istituzione mi pare che una qualche parola mezzo fiera dicesse l’onorevole Bertani; nè io mi metterò davanti alla fierezza della sua parola, ma [p. 290 modifica]lascerò che vada ove egli l’ha indirizzata. Ora, iscritta nel 1872 questa somma, pare che si cominciasse a studiare come la scuola dovesse essere riordinata.

Di San Donato. E il danaro?

Ministro per l’Istruzione Pubblica. Anche del danaro, mi chiede l’onorevole Bertani. Del danaro risponderò poi.

Ora seguitiamo il processo più importante, che è di osservare questa vita latente o manifesta della Scuola dei Sordo-muti in Napoli.

La Camera sa che in quel periodo di tempo si studiava, poi le fu presentata una legge che doveva governare l’insegnamento dei Sordo-muti. Ora, pendendo una legge di questa natura, si soprassedette dall’attuazione temporanea di qualche disposizione che non pareva troppo perfetta; sventuratamente, mentre si ricercava la perfezione, la scuola restava sospesa. Ma i fondi tuttavia erano iscritti. Come e dove furono spesi? Qui rispondo ad una parte del l’interrogazione dell’onorevole Bertani, ed all’interruzione dell’onorevole duca Di San Donato.

Giovi anzitutto notare che la somma di 17,772 lire, iscritta in bilancio, deve servire a due scopi: a pagare i professori, e a mantenere alunni che si trovavano ospitati nell’Albergo dei Poveri; vale a dire, la somma che paga il Governo non serve solo all’insegnamento, ma anche al mantenimento di alcuni posti gratuiti. Ora, nel 1872, quella somma fu versata nelle mani del Prefetto, indi divisa fra questi due capi di spesa: 9000 o 10,000 lire andarono agl’insegnanti, i quali, abbenchè non facessero scuola, tuttavia non erano stati messi, nè in disponibilità, nè a riposo; l’altra parte servì a pagare la pensione di quei giovanetti o di quelle giovanette che seguitarono a restare [p. 291 modifica]nell’Albergo dei Poveri. Così, quanto allo stanziamento del 1872, l’impiego appare.

Quanto alla restituzione della scuola, mi rincresce di dire la parola, ma debbo dirla: si studia.

Veniamo al 1873: ed è a questo punto che mi parve l’esposizione dell’onorevole nostro collega Bertani non fosse precisa. In quell’anno il ministro Scialoia (facendo l’unica cosa che veramente si doveva fare, imperocchè una scuola che non va si sospende o si chiude, e in tal caso si cancella il fondo stanziato per essa), il ministro Scialoia, dico, con un Decreto del 24 luglio scioglie la scuola: onde si entra in una posizione legale: e con un successivo Decreto del 16 ottobre ne mette in disponibilità gl’insegnanti, e allora si comincia a pensare un po’ più vivamente come e dove si debba e si possa riattivarla.

E anche qui noi abbiamo una distribuzione del danaro, fatta secondo il suo giusto e naturale procedimento. Infatti, le disponibilità che cominciano nel 1873, si protraggono fino al 1875, come vuole la legge.

Ora, che cosa si fa per la scuola? S’interroga, si tratta, ma non si viene a conclusione definitiva: finchè nel 1875 il Ministro nomina suo rappresentante il Mordini, prefetto della Provincia. Il Commissario (mi pare che era un Commissario), il Commissario dell’Albergo dei Poveri (era il De Zerbi) tratta per l’Albergo; e si viene concludendo fra di loro a stabilire come debba essere riaperta la Scuola dei Sordo-muti nell’Albergo dei Poveri.

Ma pare che alcune cose là siano mobili; comincia il Commissario a ritirarsi; poi, quando si è sul punto di attuare ciò che è convenuto fra le due Autorità, quella che rappresenta l’Albergo dei Poveri e quella che rappresenta il Ministro della Pubblica [p. 292 modifica]Istruzione, il Consiglio d’Amministrazione del Pio Istituto ritorna sui patti, già stati concordati. Allora si disputa gli uni per fare accettare, gli altri per respingere le nuove correzioni.

In questo mentre, in mezzo a tali trattative, il Ministero della Pubblica Istruzione è affidato a me; ed io cerco di venire ad una conclusione: nè del perchè ci si debba venire è il caso che io dica i motivi. Abbiamo sul bilancio della pubblica istruzione uno stanziamento, il quale resta inoperoso; o si cancella o si attua. Ma c’è una cosa più grossa; c’è una grande istituzione, e c’è un grande bisogno di soccorrere ad una dolorosissima necessità. Non vi dirò il grido di dolore delle sedici Provincie Napoletane.

Queste si volgono al Ministero e dicono: perchè non si riapre questa Scuola dei Sordo-muti? E si capisce da coloro, i quali sanno quali questioni vi sieno tra le Provincie Napoletane e l’Albergo dei Poveri, volendo le une averci diritto loro, negando l’altro....

Della Rocca. È decisa dai Magistrati.

Ministro per l’Istruzione Pubblica. Io non entrerò in cotesta questione che l’onorevole Della Rocca dice essere stata decisa dai Magistrati; ma sino ad ora noi abbiamo una contesa, e la contesa versa su questo punto. Ed ecco una delle interrogazioni che mi ha fatto l’onorevole Bertani.

Dunque, se era conveniente che il Ministero si adattasse a pagare la somma stanziata, doveva avere in compenso un certo numero di posti gratuiti, tanto per, maschi che per femmine; l’Albergo dei Poveri doveva creare una specie di convitto, il quale fosse capace di albergare almeno un cento alunni; con una scuola ed anche con una clinica speciale.

L’Albergo dei Poveri diceva: Ma io non voglio [p. 293 modifica]una sorveglianza, la quale giunga sino a guardare come gli alunni sono nutriti. Non era questa una grande questione, imperocchè si doveva pure avvertire che creando una istituzione di tale natura, non poteva essa ne doveva essere trattata male; ma la questione che ha trattenuto il Ministero è questa. L’Albergo dei Poveri disse: Ma può avvenire che il Governo cessi dal contribuire; può avvenire che uno dei contraenti trovi di dover rompere questi patti, i quali la prima volta hanno da durare sei anni; e poi sono vitali di tre in tre.

Io non voglio, dice l’Albergo dei Poveri, essere obbligato a nulla; non voglio che la capitolazione che ora si stringe, possa, quando per avventura cessasse, portare per l’avvenire un qualche peso all’Albergo dei Poveri, nè restargli onere alcuno pel mantenimento del mentovato Istituto. E il Governo ha risposto: Se voi avete dei doveri verso le Provincie, io non entro a giudicarli, io non posso riconoscere la facoltà di esonerarvi da obblighi, i quali vi possono provenire dalla vostra istituzione; concediamo questo: quanto al resto, c’intenderemo; ma se domandate a noi che vi liberiamo da qualunque onere, ci domandate una cosa, la quale, ancorchè la concedessimo, non saprei qual valore potrebbe avere, perchè coteste Provincie Napoletane che fanno una questione per l’Albergo dei Poveri, non ci hanno mica dato il mandato di trattare per esse.

L’Amministrazione non poteva governarsi altrimenti: noi vediamo qui una istituzione, la quale è sorta in virtù di un potere assoluto; noi vediamo qui dei Ministri di un Governo assoluto, i quali hanno portato là dentro la scuola stabilendo un contributo; andremo noi a dire che non crediamo all’obbligo [p. 294 modifica]dell’Albergo dei Poveri di dare quest’insegnamento; andremo noi a liberarlo da quest’obbligo, il quale nasce se non dalla sua fondazione, certo dalle vicende della sua fondazione?

Il sussidio, cui si era obbligato lo Stato, fu regolarmente ogni anno stanziato; pel fatto del Governo la scuola può essere riaperta quando che sia, e non penso che con la grande opera dell’Albergo dei Poveri si abbia a disputare più a lungo intorno al limite che essa voglia mettere a se stessa, quanto al corrispondere a quelle funzioni che in qualità d’Opera Pia le debbono essere molto accette.

Ed ecco come noi abbiamo scritto quella lettera che è del 2 maggio, alla quale però non abbiamo ancora avuto risposta. Ma io dico che il Ministero della Pubblica Istruzione ha risoluto di volere che questa scuola come per i precedenti decreti, per le precedenti trattative si è voluto che fosse aperta, così veramente si apra; le difficoltà che possono esserci frapposte, debbono essere da un comune spirito di concordia superate; concederemo all’Albergo dei Poveri quella legittima ingerenza che esso chiede, perchè alcuni degl’inconvenienti che si sono verificati nel 1871 non si possano verificare; faremo le condizioni più favorevoli, perchè vogliamo che la scuola essenzialmente stia, e renda buoni risultati.

Facendo così il nostro dovere, e usando quei fondi che la Camera ha conceduto, non ci mettiamo di mezzo a giudicare la questione che la Pia Opera possa avere con questa o con quell’altra Provincia. È troppo chiara questa cosa, cioè che la Scuola dei Sordo-muti è passata, per autorità di chi poteva farla passare, nell’Albergo dei Poveri: e la miglior disputa sarà in torno al modo di attuarla più presto e meglio. [p. 295 modifica]

Ora mi resta a dire dei fondi; è una storia che si fa facilmente, e permetta la Camera che io la faccia in poche parole.

Nel 1872 si stanziano adunque quelle 17,772 lire che prima erano sul bilancio del Ministero dell’Interno; si versano nelle mani del Prefetto, il quale, come ho detto, doveva far fronte con questo allo stipendio dei professori, che non erano stati mandati via, ma solamente avevano ricevuto l’intimazione di non più fare la scuola; ed al pagamento di quelle pensioni, le quali prima si pagavano a quei Sordo-muti che stavano nell’Albergo dei Poveri. Nel 1873 abbiamo il medesimo stanziamento, ma questo fondo non resta libero e disponibile fino al presente. Chi guardi la situazione del Tesoro del 1874 vedrà essere portata un’economia che pareggia quasi lo stanziamento. Nel bilancio definitivo del medesimo anno 1874 (e si può verificare) vi è un’economia di 5000 lire, cosicchè nella situazione del Tesoro del 1874 e nel bilancio definitivo del 1874 vengono in economia 17,604 lire e 8 centesimi, più 5000 lire; cioè in tutto lire 22,604 e 8 centesimi.

L’economia non si ferma lì. Nella situazione del Tesoro del 1875 trovate ancora in economia la somma di lire 16,027 60. Sugli stanziamenti che ci furono da quell’epoca in poi, si pagarono nel 1874 lire 3749 38 per gli assegni di disponibilità; nel 1875 si pagarono lire 1565 71 per la medesima cagione; in tutto, lire 5315 19. Andò in economia per tre atti successivi che ho indicati, cioè: situazione del Tesoro del 1874, situazione del Tesoro del 1875, bilancio definitivo del 1874, la somma di lire 38,631 68.

La somma dunque, la quale ci sarebbe rimasta, è di lire 27,141 33; sono i fondi che voi avete votato [p. 296 modifica]nel bilancio definitivo alcuni giorni sono, e che rimangono a disposizione del Ministero per ristabilire questa scuola.

Dunque, ricapitolando, dirò che la somma stanziata dalla Camera fu impiegata regolarmente secondo si doveva; quella parte che non fu spesa, è andata in economia.

Questa è la situazione della scuola. Io credo che quelle parole che ho letto prima, indicano la risoluta volontà del Governo di fare il suo dovere. Ciò indurrà l’Amministrazione a togliere quell’unica difficoltà, la quale ormai rimane, e che io confido sarà superata dal sentimento di rendere un grande servizio al proprio paese. Si, io sono convinto che l’Amministrazione dell’Albergo dei Poveri, per diversi titoli benemerita, riconoscendo come il Governo e come la Camera desiderino che l’istituzione viva, sarà lieta di renderne facile l’attuazione.

Presidente. Il deputato Bertani ha facoltà di parlare.

Bertani. Io non entrerò in contestazioni di cifre e di date; pure assicurando l’onorevole Ministro che altre date ed altre cifre io mi procurai da buone fonti; soltanto vorrei osservare che non capisco il titolo di spesa per pensioni ai Sordo-muti.

Ministro per l’Istruzione Pubblica. Posti gratuiti.

Bertani. Non lo capisco, perchè io penso che gli allievi Sordo-muti erano tolti dall’Albergo dei Poveri, che è obbligato a mantenerli gratuitamente, e perciò mi riesce difficile, senz’altra spiegazione, di comprendere come dei ricoverati poveri, gratuitamente mantenuti, abbiano poi da essere pensionati, solo perchè furono tolti dalle Scuole gratuite, ove erano istruiti. [p. 297 modifica]

Ma anche su questa differenza non insisto, poichè deve esservi o un’incognita o un equivoco, constandomi, che per quante controversie siano avvenute, l’Albergo dei Poveri di Napoli non si è mai rifiutato di mantenere gratuitamente tutti i poveri Sordo-muti ivi ricoverati, i quali non sono tanti naturalmente, quanti ne contengono le sedici Provincie Napoletane che sommano a più di quattromila....

Di San Donato. E quanti ne contiene la città di Napoli.

Bertani. Inoltre osserverò all’onorevole Ministro che si è allarmato per le mie parole un po’ fiere, a suo avviso, che io le mantengo conformi alla mia opinione.

Ministro per l’Istruzione Pubblica. No: di fronte all’Albergo dei Poveri.

Bertani. Ed appunto su quest’Albergo dirò fra poco brevi parole.

Consta a me che l’Amministrazione dell’Albergo dei Poveri è in oggi retta da un Commissario, nella aspettazione che si riorganizzi il Consiglio d’Amministrazione e, se io non m’inganno, durante questa aspettazione, durante questo stato provvisorio, il Commissario ha creduto di tener sospesa la decisione circa la grave differenza che esiste tra il Consiglio cessato dell’Amministrazione dell’Albergo dei Poveri e le recenti proposte e ripulse ministeriali. A me fu ciò manifestato da una informazione, che non ha invero l’autorità di un documento, ma viene da buona fonte e mi dice, che il Commissario, nella qualità di Amministratore provvisorio, non potendo arrogarsi la facoltà di una risoluzione definitiva in sì grave vertenza (essendo intervenuta una Sentenza di tribunale che dava ragione all’Amministrazione [p. 298 modifica]dell’Albergo dei Poveri), pregava il Ministro a differire ancora per poco ogni risoluzione, tanto che fosse ricostituito il governo del Pio Luogo. E il Ministro vi ha acconsentito.

La risoluzione dell’affare è aggiornata adunque fino all’imminente ricostituzione del nuovo governo dell’Albergo dei Poveri.

Ora io credo che in questa circostanza appunto siano state espresse dal Ministro delle intenzioni, che sicuramente non rivelavano la decisa negazione della Scuola dell’Albergo dei Poveri, ma avevano un accento da mettere in dubbio l’attendibilità della pretesa dell’Albergo dei Poveri, che forse andava al di là di quello che il Ministro avrebbe voluto concedere.

Comunque, io confido nelle intenzioni e nella sollecitudine dell’onorevole ministro Coppino, il quale mi auguro che, dopo i due Ministri che lo precedettero, giunga terzo riparatore auspicato a ristabilire, dopo quattro anni dalla sua chiusura, questo Istituto, che tanto onora la carità e l’intelligenza di quella splendida città italiana.

E giacchè ho detto parole fiere, come rilevò l’onorevole Ministro, circa l’Albergo dei Poveri di Napoli, io mi permetto di aggiungere queste osservazioni soltanto. Quell’Albergo dei Poveri ha una fama antica, ed un retaggio lautissimo, che credo abbia convertito in rendita da pochi anni in qua, vendendo una parte o tutto il suo patrimonio in stabili, rendita che si eleva ad un milione e duecento trentacinque mila lire. Con questo reddito mantiene 2096 poveri; e per mantenere 2096 poveri paga 700 impiegati.

Di San Donato. Domando la parola.

Bertani. Di maniera che, facendo l’induzione del [p. 299 modifica]quanto costa annualmente all’Albergo dei Poveri ogni ricoverato, risulta che costa 600 lire l’anno; mentre il Governo dà in appalto altri mantenimenti d’Istituti e di Carceri e di Orfanotrofii, e d’Istituti insomma che dipendono da lui, per 80 centesimi, per 58 centesimi, per testa e per giorno, e credo che il mantenimento delle alunne dell’Educandato di Napoli costi appunto 50 centesimi l’uno.

Se questi dati sono veri, come ho motivo di credere, non solo mantengo il viso fiero coll’Albergo dei Poveri; ma poichè l’onorevole Ministro mi ha lasciato a fronte di quell’Istituto, che celebra veramente la carità fraterna napoletana, ma non celebra sicura+ mente la economia, se sorgeranno contestazioni, mi riservo a dare, lo dirò con una frase napoletana, ai miei contradittori il resto del carlino. (Si ride.)

Di San Donato. Glielo darò io. (Ilarità.)

Presidente. L’onorevole Ministro per l’Istruzione Pubblica ha facoltà di parlare.

Di San Donato. Io aveva chiesto di parlare.

Presidente. Parlerà dopo.

Ministro per l’Istruzione Pubblica. Io, lasciando che il resto del carlino se lo disputino tra loro gli onorevoli deputati Bertani e Di San Donato, accetto l’augurio che quegli mi fa, che io possa ristabilire la Scuola dei Sordo-muti; non l’accetto solo per me, ma per qualunque uomo possa essere chiamato dalla fiducia della Camera e della Corona in questo luogo. Imperocchè io credo che ogni interesse d’istruzione congiunto ad un grande interesse di carità e di beneficenza debba stare egualmente a cuore di tutti.

Io ho domandato la parola per sciogliere un dubbio dell’onorevole Bertani. Non capisco, diceva egli, come ci siano pensioni governative, mentre l’Albergo [p. 300 modifica]dei Poveri è pure obbligato ad ospitare gratuitamente questi infelici.

Ora, le pensioni governative sono qui come dappertutto; imperocchè il Governo, concorrendo in moltissime opere pie, opere d’istruzione, di educazione, mette come condizione del concorso che egli presta una specie di riserva per potere o proporre, o concedere alcuni posti ad infelici, i quali, per le condizioni locali di molte di queste opere pie, non potrebbero forse esservi raccolti.

D’altronde, badi l’onorevole Bertani, le pensioni, di cui egli parlava, hanno consumato il fondo del 1872; dappoi tutto rimase a carico dell’Albergo dei Poveri. È quindi sciolto il suo dubbio.

Dirò ancora una parola in risposta ad un’altra sua osservazione, o dubbio che si voglia chiamare.

Ho sentito, disse egli, a parlare di Amministrazione e di Consiglio, mentre so che l’Albergo dei Poveri ha un Commissario.

Verissimo; ma bisogna ritenere che il commissario De Zerbi, il primo che trattò e conchiuse, dava la sua dimissione, od altrimenti si ritirava dall’ufficio. Le sue proposte andarono innanzi al Consiglio dell’Albergo dei Poveri, del quale ho qui i verbali, che non leggerò, perchè ho detto il punto del dissenso, e le cui conclusioni sono nel senso da me accennato.

Ora abbiamo un nuovo Commissario, e siccome questo sospetta di non avere autorità sufficiente per trattare e conchiudere questa vertenza, noi ci siamo rivolti al nostro egregio Delegato, perchè solleciti così che la convenzione possa essere presto sottoscritta. La dilazione sarà breve, e tale fu significata alle Provincie che instavano presso il Ministero, nè ci abbatteremo più una seconda volta ad una vicenda [p. 301 modifica]infruttuosa, che rimandi d’anno in anno la definizione della vertenza.

Credo non dovremo aspettare molto tempo a con chiudere. Ed è poi mestieri far presto, perchè l’ordinamento di una scuola di tal genere, non è come quello di un’altra scuola, per la quale si trovano dappertutto abili maestri. Inoltre, non si tratta qui di riaprire una scuola soltanto, ma di una vera riforma, bisogna assolutamente far si che la scuola sia costituita in modo da provvedere efficacemente non solo ad un’opera di beneficenza, ma eziandio ai migliori metodi d’istruzione.

Di San Donato. A rischio anche di meritarmi il resto del carlino, come minacciava di dare l’onorevole nostro collega Bertani, io chiedo licenza alla Camera per dire poche parole. E principio col dichiarare che non intendo di scusare l’Amministrazione dell’Albergo dei Poveri di Napoli della condotta serbata sul ritardato riordinamento della Scuola dei Sordo-muti, che da più tempo avrebbe dovuto essere messa in condizioni di funzionare.

Le poche parole che io, a modo incidentale, mi permetterò di dire, sono dirette a rilevare due inesattezze dette. Un esercito di 700 impiegati in una Amministrazione come l’Albergo dei Poveri di Napoli? Chi gliel’ha dette al nostro collega Bertani ha esagerato deliberatamente. Ed hanno anche deliberatamente esagerato, quando hanno dato all’Albergo dei Poveri (il che io mi augurerei) la rendita che l’onorevole Bertani ha citato alla Camera. Egli è vero che l’Albergo dei Poveri avesse una forte rendita. Dico avesse, perchè, in grazia delle tasse che noi abbiamo poste su tutti i contribuenti, l’Albergo dei Poveri si è veduto molto menomate le sue risorse. E qualche [p. 302 modifica]cosa di più: alcuni privilegi che gli antichi Stabilimenti Pii si godevano in Napoli sino al 1860, li ha interamente perduti!

Difatti l’immenso fabbricato dell’Albergo dei Poveri di Napoli e quelli delle sue pietose dipendenze non erano soggetti alla tassa fondiaria. Venuto il Regno d’Italia, non so se regolarmente, ma certo senza carità, ha messo tra le tante imposte gravissime anche quella sul fabbricato. Chi di loro Signori è stato a Napoli e ha certamente visto l’immensa mole di quel fabbricato, può immaginare la somma che esso paga di fondiaria.

L’onorevole Bertani dice che questo Albergo, che prima racchiudeva 4000 e più poveri....

Bertani. No, no!!

Di San Donato. Li racchiudeva, onorevole Bertani. Posso garantire che questo Albergo racchiudeva una volta 4000 poveri e qualche cosa di più. Questa Opera Pia provvede ancora a due ospedali: l’Ospedale di Loreto e l’Ospedale della Vita. Provvedeva anche, rara istituzione, alle povere donne pentite che ricovera nei Cristallini. Si aggiungano a queste opere l’Ospizio dei ciechi posti alla Riviera di Chiaia, dove di queste misere creature condannate alle tenebre si fanno dei professori di musica, e voi, onorevoli Colleghi, vi formerete un’idea del personale e della spesa che occorre per condurli bene innanzi.

Se io dunque mi sono permesso di prendere la parola, è stato per rilevare in certo modo delle inesattezze; me lo perdoni, l’onorevole Bertani, poichè ella certamente non è responsabile delle notizie che ha avute; ed anche per salvare le passate Amministrazioni dell’Albergo dei Poveri da una specie di rimprovero che l’onorevole Bertani faceva, di avere molto [p. 303 modifica]ristretta la famiglia dei poveri. Essa, egli è vero, è stata ristretta, ma se ne è grandemente migliorata la condizione.

Io che fui incaricato, ora sono molti anni, dal Consiglio provinciale di Napoli di fare un’inchiesta sul modo come erano tenuti i poveri di quell’Albergo in quei tempi, posso dirvi, o Signori, e raccapriccio nel ricordarlo, di avere riconosciuto che esso non rappresentava che un magazzino di carne umana, di gente nuda, che non aveva camicia, che non mangiava che cattivissimo pane soltanto, e rarissime volte aveva una pessima minestra. Una massa abbrutita, niente istrutta.

Ora io dico all’onorevole Bertani: vada ad osservare l’attuale condizione dell’Albergo dei Poveri, e troverà che, grazie alle cure specialmente dell’ultima Amministrazione, il modo come sono trattati i poveri ivi albergati conforta l’animo. Vi è rifiorita l’arte musicale, e quella d’ogni mestiere. L’istruzione progredisce per bene, ed anche le Belle Arti cominciano ad avervi accesso. Aggiungerò di più, che per i ragazzi quell’Albergo piglia tutte le proporzioni e l’aspetto di un grandioso convitto. Oramai il povero che ivi è ricoverato, non vive più di ozio, e può essere utile a qualche cosa.

Dimenticavo ancora una penosa eredità in quell’Albergo: c’è, per esempio, l’Opera di San Francesco di Sales che conteneva da 450 a 500 donne che, in forza di Decreto regio, avevano diritto di avere alloggio lì, vitto, e qualche volta anche ad una pensione.

Osservi l’onorevole Bertani tutti questi pesi che l’Albergo dei Poveri deve sopportare, e si formerà un criterio esatto delle spese a sostenere e del personale a pagare. [p. 304 modifica]

Detto questo, chiedo scusa all’onorevole Bertani se mi sono permesso di fargli delle osservazioni. Ma sentiva il dovere di rilevare qualche inesattezza e di fare in modo che la Camera non fosse rimasta sotto l’impressione che l’Amministrazione dell’Albergo dei Poveri non siasi migliorata da qualche anno in qua.

Ciò non toglie che io mi unisca a lui per domandare il sollecito riordinamento della Scuola dei Sordo-muti.

Bertani. Io non posso impugnare che l’Amministrazione dell’Albergo dei Poveri abbia progredito, dal momento che l’onorevole Di San Donato ci riferisce che una volta era un magazzino di carne umana e nulla più; poichè ogni istituzione, anche mediocremente sorvegliata, poco o tanto ha progredito. Debbo però osservare che l’Albergo dei Poveri di Napoli è ancora, in oggi, se non un magazzino di carne umana, certamente un Istituto che lascia troppo a desiderare come magazzino di miserie umane, anche per parte del fabbricato, che è al di sotto delle esigenze igieniche e dello scopo caritatevole, cui è destinato.

lo tengo fermo intanto tutto quello che ho detto circa il reddito di 1,235,000 lire, sul numero complessivo di 2096 ricoverati. Ammetto che vi siano molti dispendii; ma quando mi verrà provato che la cifra di 600 lire, come spesa per ogni ricoverato, sia adeguatamente ridotta a quella che il Governo paga per i ricoverati in altri Ospizii, dove sonvi pure persone sane e malate che mangiano e bevono e prendono medicine, io mi dichiarerò perfettamente convinto di quello che l’onorevole Di San Donato ha voluto oppormi; per ora, me lo consenta l’onorevole Collega, non posso che tenere fermo quello che ho detto, senza mutarvi una sillaba. — [p. 305 modifica]

Il resto del carlino, l’onorevole Bertani diede al duca Di San Donato, sindaco di Napoli, in un lungo articolo inserito nella Capitale, avendo fatti venir da Napoli precisissimi dati, fatti e statistiche, e il Duca sindaco non fiato, nè per quanto ci consta finora la Scuola dei Sordo-muti si è riaperta.

E se qualcheduno trova eccessiva questa nostra insistenza sulla Scuola dei Sordo-muti, li preghiamo di visitare l’Albergo dei Poveri in Napoli, di vedere la Scuola femminile da una parte e i Sordo-muti senza scuola da un’altra: tenendo sempre in mente che anche ritardando l’istruzione di altri esseri umani si può supplire più o meno anche in tarda età, mentre passata l’età fanciullesca per i Sordi-muti nulla si può loro insegnare, e sono condannati a passare la vita in un stato di abbrutimento, che in poco differisce da quello delle bestie. Bisogna pensare poi a ciò che si fa in Francia, in Inghilterra, negli Stati Uniti d’America per questi disgraziati — bisogna pensare che l’impulso fu dato a quest’ultimo paese da Napoli stesso — alle Scuole di Milano, Roma, ec., ec., per capire tutta la vergogna della chiusura prolungata della Scuola di Napoli.

Nel Discorso dell’onorevole Coppino, citato di sopra, si legge: «Quanto alla restituzione della scuola si studia.... Si comincia a pensare un po’ più vivamente come e dove si debba e si possa riattivarla.... Io dico che il Ministero della Pubblica Istruzione ha risoluto di volere che questa scuola, come per i precedenti Decreti per le precedenti trattative si è voluto che fosse aperta, così veramente si apra. Io credo che quelle parole che ho letto prima, indicano la risoluta volontà del Governo di fare il suo dovere.»

Il Discorso risale a 17 mesi fa! Che il Governo [p. 306 modifica]avrebbe voluto fare il suo dovere, siamo persuasi; ma perchè non costringere l’Albergo dei Poveri a compire il proprio? E se i reggitori presenti vi si oppongono, perchè non sono destituiti? Perchè il Governo, che non esita in casi meno urgenti di fare sentire il suo potere, non arroga a se stesso la direzione di tanti infelici? «Non vi dico il grido di dolore delle sedici Provincie Napoletane,» esclamò l’onorevole Coppino nel giugno del 1876.

E non teme egli che quel grido non si trasmuti nella interrogazione terribile di Jehova a Caino? Può rispondere il Governo riparatore come Caino? Egli stesso ci dice: «Noi vediamo qui una Istituzione sorta in virtù di un potere assoluto; noi vediamo qui dei Ministri di un Governo assoluto, i quali hanno portato là dentro la scuola stabilendo un contributo.» Egli dunque riconosce il diritto dei Sordo-muti alla scuola, che fu un dì fornita di tutto il necessario, dotata di maestri eletti e amorevoli, che si dedicarono al non lieve ufficio di ridare agli sventurati quella favella, onde la natura avevali orbati. Per quale ragione dunque può il Governo riparatore dell’Italia una privarli più a lungo, o permettere che altri li privino di questo diritto sacrosanto, quanto è sacrosanta la miseria?

Qui non c’è scusa o uscita possibile.

Per il Governo del Regno d’Italia «volere è potere.»

fine.

Note

  1. Questa Appendice compie quello che fu detto nel Capitolo secondo della Parte seconda.