La zecca di Nasso

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Niccolò Papadopoli

1895 Indice:Rivista italiana di numismatica 1895.djvu Rivista italiana di numismatica 1895/Nasso La zecca di Nasso Intestazione 12 aprile 2018 75% Da definire

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LA ZECCA DI NASSO



MONETE DEI SANUDO

DUCHI DELL'ARCIPELAGO E DI NASSO.


Una monetina di Giovanni Sanudo Duca di Nasso, della mia raccolta, che differisce da quelle sinora pubblicate, mi suggerì l’idea di far conoscere ai lettori della Rivista Italiana di Numismatica i prodotti di questa piccola zecca orientale scoperta non sono molti anni dall’infaticabile signor Paolo Lambros, che la rese di pubblica ragione nella Gazzetta Archeologica di Atene nel 18741 e, più tardi, nella Zeitschrift für Numismatik di Berlino2. Si trattava allora di un solo pezzo di Nicolò Sanudo, ma l’autore aveva espresso la convinzione che in avvenire si sarebbero trovate altre monete dei principi di questa casa, e Gustavo Schlumberger nel suo grandioso lavoro Numismatique de l’Orient latin3 parlò della zecca di Nasso, descrisse la monetina e si associò alla speranza del numismatico greco. Paolo Lambros ebbe li fortuna di veder verificata almeno in parte questa sua previsione e poco prima di morire potè [p. 458 modifica]aggiungere a quella già nota una varietà dell’obolo di Nicolò e due dello stesso tipo col nome di Giovanni suo fratello e successore4.

Mentre di questa zecca nuovamente aggiunta alla serie ricca e variata delle orientali latine si occupavano i periodici greci, tedeschi e francesi, nessuno in Italia ne parlava, sebbene le monete di Nasso appartengano a quelle che soglionsi comprendere nella numismatica italiana, perchè coniate da una dinastia di origine prettamente italiana e sotto la protezione della Veneta repubblica. Difatti Vincenzo Promis, che ne ebbe sentore anche prima della pubblicazione di Lambros, comprese la zecca di Nasso nelle Tavole sinottiche delle monete battute in Italia o da italiani all’estero. Mi sembra adunque che non sarebbe conveniente pubblicare una sola varietà del denaro di Giovanni Sanudo e credo più opportuno raccogliere in poche pagine quanto sinora si conosce dei prodotti della zecca di Nasso, facendo precedere la descrizione delle monete da un breve riassunto storico del ducato e dei Sanudo che vi regnarono.

Dopo la conquista di Costantinopoli e la fondazione del nuovo impero latino, Venezia ebbe, nella divisione del bottino, gran parte delle coste e delle isole dell’arcipelago. L’occupazione però di questi possessi era impresa vasta e faticosa, e Venezia, per riuscirvi più facilmente, ricorse ad un sistema usato talvolta con buoni risultati nei tempi feudali, proclamando che qualunque cittadino suo o delle città alleate si fosse impadronito con mezzi propri! di qualche isola o terra compresa nella parte assegnata a Venezia, ne [p. 459 modifica]sarebbe divenuto signore riconoscendo l’alta sovranità della Repubblica.

Molti patrizii ricchi od avventurosi accettarono l’invito e, tra gli altri, Marco Sanudo, nipote di Enrico Dandolo, che l’aveva accompagnato nelle Crociate, occupò con armi e denari suoi le isole di Nasso, Milo, Paro, Sira ed altre delle Cicladi, formando uno stato importante ed una dinastia che durò fino alla conquista turca.

Questa saggia politica del Governo veneto ebbe ottimi risultati, impedì la dispersione delle forze della Repubblica in una impresa grandiosa e difficile e, senza compromettere l’autorità dello Stato, riuscì a diffondere il commercio e l’influenza veneziana in tutte le spiaggie d’Oriente.

Più difficile fu a mantenere il legame di tali principotti colla madre-patria, giacché, appena si sentirono forti, fecero una politica propria, allentarono i loro legami con Venezia contracndo nuovi vincoli secondo le convenienze e le aspirazioni del momento.

Nella Convenzione di Ravennika (1210) fra l’Imperatore Enrico e i suoi vassalli, il più potente dei nuovi baroni, Marco Sanudo, giurò fedeltà al monarca franco, ebbe da lui l’investitura ed il titolo di Duca del Dodecaneso, ossia delle 12 isole (Cicladi).

Egli s’intitolò anche Dvx Ægæe Pelagi ossia dell’Arcipelago e di Nasso, dove egli aveva fissato la sua residenza. Non però era sciolto dai suoi doveri verso la Repubblica e fu infatti chiamato dai veneziani per domare una sollevazione pericolosa in Candia. Vinse i ribelli in più combattimenti ed ebbe anche per un momento la velleità di diventare padrone dell’isola, essendo stato proclamato re di Creta; ma poco dopo rinunciò ad ogni potere nelle mani di Jacopo Tiepolo, che aveva ricevuto da Venezia rinforzo di navi e di armati. Il suo regno cominciò nel [p. 460 modifica]1207 e finì verso il 1227, epoca della sua morte, di cui non si conosce con esattezza la data.

Gli successe il figlio Angelo (1227-1262), che giurò fedeltà a Giovanni di Brienne, poi a Baldovino 2° e, caduto l’impero latino, a Guglielmo di Villehardouin duca di Acaja. Angelo ebbe due figli, il maggiore Marco II (1262- 1303), che aveva passato la sua gioventù nella corte brillante e cavalleresca di Chiarenza, ebbe il ducato, a cui aggiunse la grande isola di Andro, che invano gli fu disputata da Nicolò Querini. Marino secondogenito ebbe Paro ed Antiparo, coprì cariche importanti a Venezia e divenne procuratore di S. Marco.

Guglielmo figlio di Marco II, fu quarto duca di Nasso (1303-1323). Suo figlio Nicolò I (1323-1341), appena salito al trono, si rese all’invito di Giovanni Gravina Duca di Acaja, e mentre si trovava a Chiarenza, per difendere il suo Signore da numerosi nemici, i turchi fecero una funesta apparizione ne’ suoi stati saccheggiandone la capitale.

Le incursioni degli infedeli si ripeterono e questi in pochi anni, condussero in schiavitù più di 15000 cristiani delle isole. Non avendo ajuti nè dagli Angioini nè da Venezia Nicolò fu costretto a gettarsi nelle braccia di Andronio III Paleologo, suo antico nemico. Nel 1332 concluse una tregua coi Turchi e da allora in poi divenne pirata più feroce degli stessi infedeli: costantemente in guerra coi principi vicini, riuscì ad impadronirsi di Santorino e Terasia spogliandone i Barozzi. Questi reclamarono a Venezia, ma Nicolò rifiutò di restituire le sue conquiste e fu posto al bando della Repubblica. Morì senza figli nel 1341, e gli successe il fratello Giovanni (1341-1362), che ebbe pure a subire ripetute invasioni dei turchi, fra cui terribile quella del 1344 in cui, sotto la condotta di un pirata Genovese, saccheggiarono Nasso e condussero in schiavitù [p. 461 modifica]più di 6000 persone. Fu alleato fedele e costante di Venezia che pila volte lo fornì di navi e di armi. Scoppiata la guerra fra Venezia e Genova, egli si accingeva a recarsi colla sua armata a Venezia, quando i Ghisi ed i Barozzi con 15 navigli invasero i suoi possessi e lo mandarono prigione a Genova.

Nel 1352 si riconciliò coi Ghisi accordando loro in feudo l’isola di Amorgo, e solo nel 1355 potè uscire di prigione essendosi stipulata la pace fra Genovesi e Veneziani, pace che si estendeva al duca dell’Arcipelago ed al re di Aragona.

Morto Giovanni Sanudo, l’unica figlia Fiorenza (1362-1371), maritata con Giovanni dalle Carceri terziere di Negroponte, divenne duchessa di Nasso e dell’Arcipelago. Rimasta vedova, Venezia si oppose al di lei matrimonio con uno che non fosse cittadino veneziano, ed avendo ella resistito, la fece trasportare a Candia prima, poi a Venezia. Sposò allora il cugino Nicolò Sanudo detto Spezzabanda, ma morì nel 1371 lasciando il trono al solo figlio del primo letto Nicolò II delle Carceri padrone di due terzi dell’Eubea; mentre a Maria Sanudo figlia del secondo marito furono date in feudo le isole di Andro e di Antiparo. Nicolò fu assassinato nel 1383 da Franguli, o Francesco Crispo signore di Milo, il quale vantava diritti su Nasso, quale figlio di un’altra Fiorenza figlia di Marco Sanudo, e divenne duca dell’Arcipelago e fondatore di una nuova dinastia che conservò Nasso e le isole sino alla conquista definitiva dei Turchi (1566).

Le monete conosciute della zecca di Nasso sono tutte di uno stesso tipo e di una sola specie, che per le dimensioni e per il peso mostra di essere l’ultima e più piccola frazione dell’unità monetaria. Da un lato hanno la Croce, dall’altro una testa vista di fronte nella quale Lambros credette vedere il ritratto del [p. 462 modifica]principe in età giovanile. Non posso associarmi a tale interpretazione, perchè l’aspetto di quella testa, e particolarmente la capigliatura abbondante pettinata con ricercatezza femminile indicano piuttosto una qualche divinità protettrice di Nasso in tempi pagani, ma non un principe guerriero e meno ancora un santo cristiano; come potrebbe far supporre una certa somiglianza coi mezzi denari, o bianchi di Venezia sui quali è raffigurata la protome di S. Marco. Si deve anche notare che la stessa testa è riprodotta da tutti e due i duchi e che una sola varietà ha una pettinatura alquanto diversa, ma sempre di aspetto donnesco. Forse si tratta del busto di Bacco, divinità che a Nasso fu l’oggetto di un culto speciale, perchè la tradizione voleva che ivi Arianna fosse stata abbandonata da Teseo e raccolta da Bacco.

Con savio criterio P. Lambros attribuì al primo Nicolò l’obolo ch’egli aveva trovato nel 1856, perchè ai tempi di Nicolò II i principi latini della Grecia non battevano più moneta. Le scoperte posteriori di denari col nome di Giovanni I fratello e successore di Nicolò I mostrarono la esattezza del suo giudizio, il quale è nuovamente confermato dalla monetina inedita che aggiungo alla breve serie, perchè porta scritto il cognome di Sanudo che a lui solo compete, mentre Giovanni II duca di Nasso era della famiglia Crispo.




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DESCRIZIONE

DELLE MONETE DI NASSO




Nicolò I Sanudo duca dell'Arcipelago e di Nasso

1323-1341.



1. — Mistura, peso grammi 0,45.

D/ — Croce + nIC . . . AVS • DVX * in un doppio cerchio di perline.
R/ — Testa di fronte con ornata capigliatura + AGIOP𐐺L' NIX𐐺 * in doppio cerchio di perline5.



2. — Mistura6.

D/ — Testa come al rovescio del n. 1 + nICOL. . . . DVX
R/ — Croce come al diritto del n. 1 + AGIOP 𐐺L.  . . IXI


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Giovanni I Sanudo duca dell'Arcipelago e di Nasso

1341-1362.



1. — Mistura, peso grammi 0,42.

D/ — Testa come sopra + IOΛn DVX * in un cerchietto.
R/ — Croce + ΛGIOPEL nIX𐐺 in un cerchietto.



2. — Mistura.

D/ — Testa con pettinatura alquanto differente dagli altri numeri + IOΛn DVX in un cerchietto.
R/ — Croce come sopra + ΛGIOPELIu X𐐺 in un cerchietto.



3. — Mistura, peso grammi 0,44.

D/ — Testa come al n. 1 + IOAn𐐺 • SAnVD ... in doppio cerchio di perline.
R/ — Croce come sopra + AGIOP𐐺L nIXI𐐺 in doppio cerchio di perline.

Nicolò Papadopoli.          





Note

  1. Αρχαιολογική Εφημερίς, Περίοδος Β, τεύχος ΙΕ, pag. 294-296.
  2. Lambros P., Unedirte Mittelaltermünzen von Athen und Naxos. Zeitschrift für Numismatik, Berlin, 1874, Tom. I, pag. 193-197, tav. VI, numero 10.
  3. Schlumberger G., Numismatique de l’Orient latin. Paris, 1878, pag. 393-395, tav. XIII, n. 28.
  4. Lambros P., Monnaies inéditcs des ducs de Naxos. Revue Numismatique, etc, III serie, Tome V. Paris 1887, pag. 277-280.
  5. L’esemplare della mia raccolta deve essere lo stesso che fu trovato nel 1856 e pubblicato da P. Lambros nella Zeitschrift für Numismatik., 1874, tav. 6, n. 10.
  6. e (7) Mancano i pesi di queste due monete che ho riportato dalla monografia di P. Lambros: Revue de Numismatique del 1887, pag. 278 e 280.