Le Mille ed una Notti/Risposta del principe di Persia alla lettera di Schemselnihar

Da Wikisource.
Risposta del principe di Persia alla lettera di Schemselnihar

../Lettera di Schemselnihar al principe di Persia Alì Ebn Becar ../Lettera di Schemselnihar al principe di Persia IncludiIntestazione 8 gennaio 2018 100% Da definire

Risposta del principe di Persia alla lettera di Schemselnihar
Lettera di Schemselnihar al principe di Persia Alì Ebn Becar Lettera di Schemselnihar al principe di Persia
[p. 205 modifica]

RISPOSTA
DEL PRINCIPE DI PERSIA ALLA LETTERA
DI SCHEMSELNIHAR.


«Io stava immerso in un’afflizione mortale, quando mi fu recata la vostra lettera; ma, al solo vederla, mi sentii trasportato da una gioia, che non posso esprimervi, e la vista dei caratteri vergati dalla bella vostra mano, impartì nuova luce agli occhi miei, più viva di quella che avevano perduta allorchè i vostri si chiusero d’improvviso ai piedi del mio rivale. Le parole contenute in quel carissimo scritto, sono altrettanti luminosi raggi che hanno diradate le tenebre, ond’era oscurata l’anima mia. Mi manifestano esse quanto per amor mio soffrite, facendomi pur conoscere che non ignorate ch’io soffro per voi, recando così qualche conforto agli atroci miei tormenti; e se da una parte mi fanno versar copiose lagrime, dall’altra m’infiammano il cuore di un fuoco che lo sostiene, e m’impediscono di spirare dal dolore. Non ho avuto un momento di riposo dopo la crudele nostra separazione; la vostra lettera sola recò qualche sollievo alle mie pene. Un tetro silenzio mi chiudeva le labbra fin al momento che la ricevetti; essa mi restituì la favella. Stava immerso in profonda malinconia, ed essa venne ad ispirarmi una gioia, che tosto manifestossi negli occhi miei e sul mio volto. Ma la mia sorpresa al ricevere un favore, cui non credo aver meritato, fu sì grande, ch’io non sapeva da qual parte cominciare per esternarvi la mia riconoscenza. Finalmente, dopo averla baciata e ribaciata più volte, come un pegno prezioso della vostra bontà, l’ho letta e riletta, e rimasi confuso all’eccesso della mia felicità. Voi [p. 206 modifica]mi dite di scrivervi ch’io vi amo sempre. Ahi quand’anche amata non vi avessi coll’ardore onde vi amo, non potrei trattenermi dall’adorarvi dopo tutti i segni che mi date di sì raro amore! Sì, vi amo, cara anima mia, e mi farò una gloria di ardere, per tutto il tempo della mia vita, della preziosa fiamma che voi accendeste nel mio cuore. Non mi lagnerò mai del vivo ardore, onde mi sento consumato; e per quanto aspri siano gli spasimi che l’assenza vostra mi cagiona, li sopporterò con costanza nella speme di rivedervi un giorno. Volesse Dio, che ciò fosse oggi, e che invece di mandarvi una lettera, mi fosse permesso di venir in persona ad assicurarvi che muoio d’amore per voi! Le lagrime m’impediscono di dirvi altro. Addio.»

Non potè Ebn Thaher leggere queste ultime righe senza versar lagrime anch’egli. Restituì quindi la lettera al principe di Persia, assicurandolo non esservi nulla da correggere; il principe la chiuse, e suggellatala: — Vi prego di avvicinarvi,» disse alla confidente di Schemselnihar, che stava discosta alquanto; «ecco la risposta alla lettera della vostra cara padrona. Vi scongiuro di portargliela, e salutarla a mio nome.» La schiava prese la lettera, e si ritirò con Ebn Thaher.»

Terminando queste parole, la sultana delle Indie, vedendo apparire i primi albori, tacque; e la notte seguente continuò in questa guisa:


NOTTE CXCVIII


— Ebn Thaher, avendo camminato qualche tempo colla schiava confidente, la lasciò, e tornato a casa, si mise a riflettere profondamente all’intrigo amoroso nel quale trovavasi per disgrazia avvolto. Riflettè [p. 207 modifica]che il principe di Persia e Schemselnihar, malgrado il loro interesse a’ nascondere la reciproca intelligenza, si contenevano con sì poca discrezione, che ben poteva restare non troppo a lungo occulta; e ne trasse tutte le conseguenze che cavar ne doveva un uomo di buon senso. — Se Schemselnibar,» diceva egli tra sè, «fosse una dama comune, contribuirei con tutto il mio potere a renderla felice col suo amante; ma è la favorita del califfo, e non v’ha alcuno che possa impunemente intraprendere di piacere alla donna ch’egli ama. La sua collera cadrà in primo luogo sopra Schemselnihar: costerà quindi la vita al principe di Persia, ed io sarò involto nella sua disgrazia. Nonostante ho il mio onore, la mia quiete, la famiglia e le sostanze da conservare; è d’uopo adunque, mentre ancor lo posso, liberarmi da sì grave pericolo. —

«Tali pensieri l’occuparono tutto il giorno, e la mattina seguente si recò dal principe di Persia nel pensiero di tentare un ultimo sforzo onde persuaderlo a vincere la sua passione. In fatti, gli rappresentò quanto avevagli già detto: farebbe, cioè, molto meglio ad impiegare tutto il proprio coraggio nel distruggere la simpatia che sentiva per Schemselnihar, di quello che lasciarvisi trascinare; che quella passione era tanto più pericolosa, quanto più potente era il di lui rivale. — Insomma, signore,» soggiunse, «se volete darmi ascolto, non penserete se non a trionfare dell’amor vostro; altrimenti arrischiate di perdervi insieme a Schemselnihar, la cui vita vi deve premere ancor più della vostra. Vi do questo consiglio da amico, e qualche giorno me ne ringrazierete. —

Il principe ascoltò con molta impazienza Ebn Thaher; lo lasciò nondimeno favellare a piacimento, indi, prendendo anch’esso la parola: — Ebn Thaher,» gli disse, «credete voi ch’io possa cessar d’amare Schemselnihar, la quale mi corrisponde con tanta tenerezza? Ella [p. 208 modifica]non teme di esporre la propria vita per me, e vorreste che la cura di conservar la mia fosse capace di darmi pensiero? No, qualunque disgrazia sia per accadermi, voglio amare Schemselnihar fino all’ultimo sospiro. —

«Ebn Thaher, offeso dell’ostinazione del principe, lo lasciò un po’ bruscamente, e tornato a casa, richiamando allo spirito le riflessioni del giorno precedente, si mise a pensar sul serio al partito da prendere. In quel frattempo, un gioielliere, suo intimo amico, venne a trovarlo; erasi questi avveduto che la confidente di Schemselnihar andava da Ebn Thaher più spesso del solito, e che questi stava quasi sempre insieme col principe di Persia, la cui malattia era nota a tutti, senza tuttavia conoscerne la cagione; e ne aveva concepito sospetto. Siccome Ebn Thaher gli parve pensieroso, giudico che qualche affare d’importanza l’imbarazzasse, e credendosi sicuro del fatto suo, gli chiese che cosa volesse la schiava confidente di Schemselnihar. Restò Ebn Thaher un po’ sorpreso da quella domanda, e volle dissimulare, dicendogli che veniva sì spesso da lui per una bagattella. — Voi non mi parlate con sincerità,» gli replicò il gioielliere, «e colla vostra dissimulazione mi persuadete, che questa bagattella sia una faccenda molto più importante che non avessi prima creduto. —

«Ebn Thaher, vedendo che l’amico lo stringeva tanto vicino, gli disse: — È vero; questo affare è dell’ultima importanza. Aveva risoluto di tenerlo segreto; ma siccome m’è noto l’interesse che prendete per tutto ciò che mi risguarda, preferisco farvene la confidenza, anzichè lasciarvi pensare cose che non sono. Nè vi raccomando il segreto: che ben comprenderete, da quanto vi dirò, come sia importante di custodirlo.» Dopo tal preambolo, gli raccontò gli amori di Schemselnihar col principe di Persia. — Sapete,» soggiunse [p. 209 modifica]poi, «qual considerazione io goda alla corte e nella città presso i più grandi signori e le più nobili dame. Qual onta per me se questi temerari amori venissero scoperti! Ma che dico? Non saremmo noi tutti perduti, io coll’intiera mia famiglia? Ecco quello che più m’imbarazza; ma ho già preso il mio partito. Ho debiti e crediti: corro subito a soddisfare i miei creditori, e riscuotere il mio: e quando avrò posto gli averi in sicurezza, mi ritirerò a Balsora, dimorandovi finchè passata sia la tempesta che pur troppo preveggo. La mia amicizia per Schemselnihar e pel principe di Persia mi rende sensibile al male che lor ne può derivare; prego Iddio di far ad essi conoscere il pericolo, cui si espongono, e conservarli; ma se lo sciaurato loro destino vuole, che i loro amori giungano a cognizione del califfo, io almeno sarò al coperto dal suo risentimento, non credendoli tanto malvagi da volermi avvolgere nella loro disgrazia. Estrema ne sarebbe in tal caso l’ingratitudine; e sarebbe un retribuire assai male i resi servigi ed i consigli lor dati, specialmente al principe di Persia, il quale potrebbe ancora ritrarsi, se il volesse, dal precipizio colla sua bella. Gli è facile uscire come me da Bagdad, e la lontananza lo guarirebbe a poco a poco da una passione che non farà se non aumentare finchè si ostina a dimorarvi. —

«Udì il gioielliere con estremo stupore il racconto di Ebn Thaher. — Ciò che mi narraste, » gli disse, «è di tal importanza, che non so comprendere come Schemselnihar ed il principe di Persia siano stati capaci di abbandonarsi a sì violento amore. Qualunque sia l’inclinazione che li trascini l’un verso l’altro, invece di cedere vilmente, dovevano resistervi e fare miglior uso della loro ragione. Come hanno potuto illudersi sulle dolorose conseguenze della loro passione? Quanto n’è deplorabile l’acciecamento! Ne [p. 210 modifica]veggo al par di voi tutte le conseguenze. Ma siete saggio e prudente, ed io approvo la risoluzione che formaste; così soltanto potrete sottrarvi agli avvenimenti funesti cui avete ragione di temere.» Dopo tal colloquio, alzatosi il gioielliere, prese commiato da Ebn Thaher....»

Scheherazade, vedendo comparire il giorno, rimise alla successiva notte la continuazione degli amori del principe di Persia colla favorita del califfo.


NOTTE CXCIX


— Sire,» proseguì Scheherazade, «prima che il gioielliere partisse, Ebn Thaher non mancò di scongiurarlo, per l’amicizia che entrambi li univa, di non dir nulla a nessuno di quanto avevagli confidato. — Non v’inquietate,» gli disse il gioielliere; «vi custodirò il segreto a rischio della vita. —

«Due giorni dopo quel colloquio, passò il gioielliere davanti alla bottega di Ebn Thaher, e vedendola chiusa, non dubitò che non avesse eseguito il disegno, del quale gli aveva parlato. Per accertarsene, domandò ad un vicino se sapeva perchè non fosse aperta; questi rispose di non saper altro, se non che Ebn Thaher era andato a fare un viaggio. Non gli occorse di più, e pensò subito al principe di Persia. — Misero principe;» disse fra sè, «qual dolore non sarà il vostro all’udire tal nuova! Per qual mezzo manterrete la vostra relazione con Schemselnihar? Temo non soccombiate di disperazione. Sento pietà di voi; e bisogna che vi compensi della perdita d’un troppo timido confidente. —

«L’affare, che lo aveva obbligato ad uscire, non essendo di molta conseguenza, lo trascurò pertanto, e [p. 211 modifica]benchè non conoscesse il principe di Persia se non per avergli venduto alcune gioie, non tralasciò di recarsi al di lui palazzo. Indirizzatosi ad uno de’ servi, lo pregò di voler dire al suo padrone, che desiderava parlargli d’un affare d’importanza. Tornò tosto il servo dal gioielliere, e l’introdusse nella camera del principe, il quale stava sdraiato sur un sofà, colla testa sul cuscino. Essendosi egli ricordato di averlo veduto, si alzò per riceverlo, e gli diede il buon dì; pregatolo poi di sedere, gli chiese se ci fosse qualche cosa in cui potesse servirlo, o se veniva ad annunziargli qualche nuova che riguardasse la sua persona. — Principe,» rispose il gioielliere, «benchè non abbia l’onore di essere da voi particolarmente conosciuto, il desiderio di mestrarvi il mio zelo, mi spinse a prendere la libertà di venire da voi onde parteciparvi un fatto che vi risguarda; spero che perdonerete l’ardire in favore della mia buona intenzione. —

«Dopo quell’esordio, entrò il gioielliere in materia, e proseguì di tal guisa: — Principe, avrò l’onore di dirvi esser molto tempo che la conformità dell’umore, ed alcuni altari che avemmo insieme, ci ha legati, Ebn Thaher ed io, di stretta amicizia. So ch’egli è da voi conosciuto, e che fin ad ora si è adoperato a rendervi servigio in quanto poteva; lo seppi da lui medesimo, non avendo egli nulla di segreto per me, com’io nulla per lui. Sono testè passato davanti alla sua bottega, e maravigliatomi di vederla chiusa, ne chiesi il motivo ad un suo vicino, e n’ebbi in risposta, che Ebn Thaher da due giorni aveva preso commiato da lui e dagli altri vicini, offrendo loro i propri servigi per Balsora, ove recavasi, diceva, per un affare di grand’importanza. Simile risposta non mi soddisfece, e l’interesse che prendo a quanto lo concerne, mi determinò a venirvi domandare se non sapeste nulla di più preciso relativamente ad una sì precipitosa partenza. — [p. 212 modifica]«A tal discorso, accomodato dal gioielliere al soggetto per meglio giungere a’ propri fini, il principe di Persia cambiò colore, e guardò l’altro con una ciera che gli fe’ conoscere quanto fosse afflitto da quella nuova. — Ciò che mi dite,» rispos’egli, «mi sorprende assai, nè può accadermi più dolorosa sciagura. Sì,» sclamò poi colle lagrime agli occhi, «se le vostre parole sono vere, la è finita per me! Ebn Thaher, il quale era tutta la mia consolazione, in cui io riponeva tutte le mie speranze, m’abbandona! Non posso più pensar a vivere dopo un colpo sì crudele. —

«Il gioielliere non ebbe bisogno d’udirne di più per convincersi appieno della violenta passione del principe di Persia, di cui parlato avevagli Ebn Thaher. La semplice amicizia non parla tal linguaggio; l’amore solo è capace di generare sì vivi sentimenti.

«Rimase il principe alcuni istanti immerso nei più tristi pensieri; alfine alzò la testa, e volgendosi ad uno schiavo: — Andate,» gli disse, «a casa di Ebn Thaher, parlate con qualcuno de’ suoi servi, e sentite se è vero che sia partito per Balsora. Correte, e tornate subito a riferirmi quanto avrete potuto sapere.» Mentre aspettavano il ritorno del messo, cercò il gioielliere d’intertenere il principe di cose indifferenti; ma questi gli prestò quasi nessuna attenzione, in preda com’era ad un’inquietudine mortale. Ora non poteva persuadersi che Ebn Thaher fosse partito, e talora non ne dubitava, riflettendo ai discorsi tenutigli da quel confidente l’ultima volta ch’era stato a trovarlo, ed al far brusco, con cui avevalo lasciato.

«Finalmente giunse lo schiavo del principe, e riferì d’aver parlato con un servo d’Ebn Thaher, il quale avevalo assicurato che questi più non era a Bagdad, essendo da due giorni partito alla volta di Balsora. — Mentre usciva dalla casa di Ebn Thaher,» [p. 213 modifica]soggiunse poi, «mi venne incontro una schiava ben vestita, e chiestomi se avessi l’onore di appartenervi, mi disse d’avervi a parlare, e mi pregò nel medesimo tempo di permetterle che meco venisse. Essa è qui nell’anticamera, e credo abbia una lettera da consegnarvi per parte di qualche persona di riguardo.» Il principe comandò che venisse subito introdotta, non dubitando non fosse la schiava confidente di Schemselnihar, com’era in fatti. Il gioielliere la riconobbe per averla qualche volta veduta da Ebn Thaher, il quale avevagli detto chi fosse. Non poteva colei giungere più a proposito per impedire al principe di disperarsi. Lo salutò essa....

— Ma, sire,» disse a questo passo Scheherazade, «mi avveggo che omai è giorno.» Allora tacque, e la notte seguente proseguì in questa guisa:


NOTTE CC


— Sire, il principe di Persia restituì il saluto alla confidente di Schemselnihar; intanto il gioielliere, alzatosi appena l’ebbe veduta, si era tratto in disparte per lasciar loro la libertà di parlare. La confidente, intertenutasi qualche tempo col principe, se ne accommiatò e partì, lasciandolo in uno stato ben diverso da quello di prima. Gli occhi ne parvero più brillanti, e più allegro il viso; il che fe’ giudicare al gioielliere che la buona schiava avessegli dette cose favorevoli all’amor suo.

«Il gioielliere, ripreso il proprio posto presso al giovane, gli disse sorridendo: — A quanto veggo, o principe, avete affari importanti nel palazzo del califfo.» Il principe di Persia, assai maravigliato ed atterrito insieme da quelle sue parole, rispose: — Da [p. 214 modifica]qual cosa, giudicate voi ch’io abbia affari nel palazzo del califfo? — Ne giudico,» ripigliò il gioielliere, «dalla schiava testè uscita. — E a chi credete voi che quella schiava appartenga?» soggiunse il principe. — A Schemselnihar, favorita del califfo,» rispose il gioielliere. «Conosco,» proseguì egli, «quella schiava, ed anche la sua padrona, che mi ha fatto qualche volta l’onore di venire in casa mia a comprar gioielli. So inoltre che Schemselnihar non tien celato nulla a questa schiava, che da alcuni giorni veggo andare e venire per le strade, ed assai affaccendata, a quanto pare. M’immagino che sia per qualche affare di conseguenza che risguardi la sua padrona. —

«Quelle parole del gioielliere turbarono estremamente il principe di Persia. — Egli non mi parlerebbe a questo modo,» disse fra se, «se non sospettasse, o piuttosto se non sapesse il mio segreto.» Rimase qualche tempo in silenzio; non sapendo a qual partito appigliarsi; ma finalmente, fattosi coraggio, così prese a favellare al gioielliere: — Voi venite a dirmi cose tali che mi fanno di leggieri supporre saperne voi molto più che non diciate. È importante per la mia quiete ch’io ne sia perfettamente in chiaro: vi scongiuro a non dissimularmi cosa alcuna. —

«Allora il gioielliere, il quale non desiderava nulla di meglio, gli, fece un’esposizione minuta del colloquio avuto con Ebn Thaher; e così gli dimostrò d’essere istruito della relazione di lui con Schemselnihar, ne dimenticò di dirgli che Ebn Thaher, spaventato dal pericolo, in cui lo avvolgeva la sua qualità di confidente, avevalo messo a parte del disegno formato di ritirarsi a Balsora, e quivi fermarsi finchè dissipato fosse il nembo che temeva. — E così egli ha fatto,» aggiunse quindi, «e sono sorpreso che abbia potuto risolversi ad abbandonarvi nello stato, in cui mi [p. 215 modifica]fece conoscere che vi trovavate. Da parte mia, principe, vi confesso che fui tocco da pietà per voi; vengo perciò ad offrirvi i miei servigi; e se mi fate la grazia di aggradirli, io m’impegno di mantenervi la medesima fedeltà di Ebn Thaher. Vi prometto d’altronde maggior fermezza: son pronto a sagrificarvi l’onore e la mia vita; ed affinchè non dobbiate dubitare della mia sincerità, giuro per quello che v’ha di più sacro nella nostra religione, di custodire inviolabile il segreto. Persuadetevi dunque, o principe, di trovare in me l’amico che avete perduto.» Cotale discorso rassicurò il principe, e lo confortò dell’allontanamento di Ebn Thaher. — Ben mi consolo,» disse al gioielliere, «di trovare in voi di che riparare alla perdita da me fatta, e mi mancano le espressioni per dimostrarvi l’obbligazione che ve ne ho. Prego Dio di ricompensare la vostra generosità, ed accetto di cuore l’offerta che mi fate. Credereste,» continuò poi, «che la confidente di Schemselnihar mi ha poco stante parlato di voi? Essa mi disse che foste voi a consigliare ad Ebn Thaher di allontanarsi da Bagdad. Sono le ultime parole che mi disse lasciandomi, e me ne parve assai persuasa. Ma non vi si fa giustizia, e non dubito ch’ella non s’inganni, dopo tutto quello che mi diceste. — Principe,» rispose il gioielliere, «io ebbi l’onore di farvi un racconto fedele del colloquio avuto con Ebn Thaher. Vero è che quando mi dichiarò di volersi ritirare a Balsora, io non m’opposi al suo disegno, dicendogli che agiva da uomo saggio e prudente; ma ciò non v’impedisca di riporre in me la vostra fiducia; son pronto a prestarvi i miei servigi con tutto l’immaginabile ardore. So pensate altrimenti, ciò non mi stoglierà dal mantenervi religiosamente il segreto, come mi c’impegno con solenne giuramento. — V’ho già detto,» ripigliò il principe, «che non prestava fede alle parole della confidente. Fu il suo zelo che [p. 216 modifica]l’ispirò questo in ondato sospetto; e voi dovete scusarla, come io la scuso. —

«Continuarono ancora qualche tempo i loro discorsi, e deliberando insieme sui mezzi più convenienti per mantenere la corrispondenza del principe con Schemselnihar, accordaronsi in questo, che bisognava cominciare dal disingannare la confidente, sì ingiustamente prevenuta contro il gioielliere; ed il principe s’incaricò di trarla d’errore, la prima volta che la rivedesse, pregandola poscia a volgersi a lui quando avesse lettere da portare, o qualche altra cosa da dirgli da parte della sua padrona. In fatti, convennero che colei non dovesse comparire sì spesso in casa del principe, potendo così dar luogo a scoprire ciò ch’era tanto importante di tener occulto. In fine, il gioielliere si alzò, e pregato nuovamente il principe di Persia ad aver intiera fiducia in lui, si ritirò...»

L’apparir del giorno impose silenzio a Scheherazade. La notte seguente disse al sultano delle Indie:


NOTTE CCI


— Sire, il gioielliere, ritirandosi a casa, trovò per via una lettera perduta da qualcuno. La raccolse, e siccome non era sigillata, l’aprì, e la lesse concepita in questi termini: