Lettere d'una viaggiatrice/Viaggio a Cosmopoli/Francesco Paolo Tosti

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Francesco Paolo Tosti

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FRANCESCO PAOLO TOSTI

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Nizza, marzo.....


È in un pomeriggio tiepido e odoroso di primavera, nel fondo di un vasto e ombroso giardino, tranquillo, al sole, in una stanza tutta piena della soave presenza di una donna tenera e spirituale che io ho udito, ancora, cantare al pianoforte, colui che le grandi dame inglesi chiamano l’usignuolo, colui che l’Inghilterra trattiene e tiene da quasi trent’anni, Francesco Paolo Tosti. E altri pomeriggi assai lontani, altre sere assai lontane, mi sono riapparse, evocate dalla voce che ci fu nota e cara: pomeriggi romani, innanzi a una bellezza di cose più augusta e più profonda; sere romane, quando, dalle finestre aperte, sotto la luna, [p. 182 modifica]biancheggiavano le piazze austere e deserte, e le colonne di marmo si allungavano in ombre strane, sulle pietre. In quei tempi, oramai inesprimibilmente lontani — non li vivemmo, noi, forse, in sogno?... — e pure vibranti nell’anima, con espressioni invincibili, attraverso una gaia vita giovanile di lavoro, di ricerca, di produzione letteraria, di attività infaticabile, quotidiana, attraverso le lusinghe e anche le ardenti malinconie dei venticinque anni, attraverso le alte speranze e le impetuose amare delusioni, la voce di Francesco Paolo Tosti, che, dal pianoforte ci diceva, nella sua musica, il suo sentimento e il suo pensiero, era una delle allegrezze, una delle intime consolazioni di chi gli voleva bene, di coloro che egli amava, col suo retto e leale cuore di amico. Mi rammento: arrivava, alla sera, in marsina, elegante, impeccabile, già inglese per istinto, nei vestiti, ed essendo stato in società, in qualche ritrovo, dove era sempre desiderato ed ammirato, ci dichiarava, a noi, che non si sarebbe seduto al pianoforte: e noi fingevamo di credere a questa dichiarazione. Ma se una persona [p. 183 modifica]canticchiava un ritornello, ma se un titolo di un’opera sfuggiva alle labbra di qualcuno, ma se, furbamente, gli domandavano di non so che sua canzone, le sue mani si mettevano a scorrere sui tasti, e, pian piano, a uno di noi, a due, a tre, egli cantava le sue più belle romanze, quelle che aveva composte ieri, egli ci cantava tutto quello che volevamo, suggerendogli, noi sommessamente, il nome a noi più gradito, dicendogli il primo verso di quell’aria di Caldara, che è una delle più nobili espressioni dolorose musicali, il primo verso di quella Nina di Pergolese, che è tutto un singolare strazio giocondo di melodia!... Oh tempi così lontani e non obliati giammai, in cui, al contatto di quell’anima canora, al contatto di questo talento, dove la divina armonia ha messo la sua sede più eletta, noi sentivamo schiudersi novelle sensazioni e aprirsi innanzi alla giovine mente sogni e fantasie d’arte e di vita.... [p. 184 modifica]



Ecco, la maturità non ha mutato Francesco Paolo Tosti, lo ha semplicemente trasformato: trent’anni d’Inghilterra non hanno cancellato in lui nè l’italiano, nè il meridionale, ma ne hanno educato la foga e la fiamma. I suoi capelli biondi sono bianchi: la sua barba bionda, imbianca: anzi, ora, è più il bianco che il biondo. Ma la sua carnagione è vivida e sana, ma i suoi occhi azzurri lampeggiano di quel fuoco interno, che ha sempre alimentato la sua arte, ma se le sue mani trascorrono via, sui tasti, la passione tutta veemenza e anche tutta grazia del suo talento musicale, trascina chi l’ascolta, in quel mondo di malinconia e di dolcezze, dove noi compiamo i nostri migliori viaggi! Il tempo, il paese, il lungo nobile esercizio dell’arte, lo studio continuo di tutte le cose belle, di tutta la musica bella, hanno, in verità avuto le influenze elevatrici e purificatrici, sul suo temperamento artistico, ma egli è sempre, per noi, per tutti, l’autore di quelle [p. 185 modifica]appassionate romanze che sono Carmela e Dopo, che sono Vorrei morir e Malìa, l'autore di quelle romanze aggraziate, delicate che sono l’Ideale, l’Aprile, Chanson à Ninon, l’autore di quel pensiero musicale All’alba, che ha in sé, tutto lo ardore segreto di un sogno, tutta la delusione della realtà! Ma il suo spirito d’arte si è sollevato a regioni più chiare e fresche e serene. Come sulla vita dell’uomo si è venuta posando la luce cristallina della impetuosa gioventù oramai sorpassata, come sulla esistenza dell’artista, si è allargata la quiete di avere fatto tutto il bene della sublime arte adorata, come sulla sua duplice manifestazione, si è messa la dolcezza costante di un affetto intelligentemente amoroso, così il talento di Tosti ha subito questa novella e più bella e più lunga fase di chiarità, di nitidità, di altitudine. Più per noi, egoisticamente, gli domandammo che ci ripetesse i suoi più antichi trionfi, gli cercammo, avidamente, che ci ridonasse il canto delle sue vecchie cose, di quelle che hanno fatto e che rifanno, anche adesso, il giro del mondo, le impressioni degli anni trascorsi e nella [p. 186 modifica]immaginazione e nella memoria noi le ritrovammo, vivaci e limpide, come allora. Ma i nostri capelli neri cominciano a essere traversati da ciocche bianche: ma l’anima che si abbandona al sogno, sorride lietamente dei trent’anni trascorsi inutilmente, per distruggere questo potere profondo e ricco della fantasia. Così, tutto udimmo, in quel giorno così fragrante di rose e di garofani rosei, in fondo a quel giardino solingo, fra due o tre anime belle di arte e di pensiero, che ascoltavano: e udimmo quello che un anno fa, che ieri, è sgorgato dalla sua mente, fatta più semplice e più nobile, fatta più lucente e più fine, fatta di un ideale sempre più alto, sulla via del sentimento.

Caro a tutti i cuori italiani sarà, è, quello Stornello pisano, dove la magìa di quei canti campestri, tutta la magìa dei paesaggi toscani pare che vibri in dolce ritorno di armonia; dove corre, dentro, un fuoco di passione quasi depresso, quasi temperato e più fiammeggiante [p. 187 modifica]alla fine dello stornello: dove il bel canto semplice italiano si svolge magnificamente, con un sapore quasi liturgico, come molti canti villerecci. Caro a tutte le anime sentimentali sarà quella seconda maniera con cui Tosti ha musicato Adieu, Suzon, una maniera più piana e più molle di lacrime, in quelle parole ultime, così emananti rammarico, dell’Adìeu mussettiane. Ma infinitamente caro a tutte le anime dolenti, sarà quella Serenatella mesta, di cui solo il titolo diminuisce l’importanza musicale: le parole di Percy Bysshe Shelley, sono state tradotte da quell’Adolfo de Bos che ha messo tutto il suo animo di poeta, nel rendere popolare fra noi Shelley: nobile assunto!.. A tutte le anime dolenti, io dico, poiché in questa Serenatella, vi è quello ineffabile di tristezza musicale, che vi tira dal cuore agli occhi le lacrime più nascoste, vi è quel senso intimo di dolore, che solo i grandi malinconici come Chopin e Schumann seppero condensare in poche frasi musicali, vi è quella bellezza triste e affascinante, di cui parla Baudelaire: Sois belle et sois triste! E, a quella purissima dolorosa [p. 188 modifica]musica, in quel pomeriggio di primavera, parve che tutto si trascolorasse, in fondo a quel giardino, e che tutti i fiori languissero, come le anime languivano!