Lezioni accademiche/Lezione quinta

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Della Leggerezza.
Lezione quinta

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DELLA LEGGEREZZA

LEZIONE QUINTA.

SS
E alcuno giammai si ritrovò, che giustamente meritasse il titolo di leggierezza, nessuno per mio credere può mostrarsi più degno di quest’attributo, che colui, il quale ardisca di pronunziare, che tutte le cose create sieno leggieri. Che l’incudini, le colonne, le montagne sieno corpi non solamente privi di gravità, ma anco tali, che abbiano dentro di se principio di leggerezza positiva, e assoluta, sembra proposizione piuttosto di temerità, che di filosofia. Nondimeno Sereniss. Principe, Degnissimo Arciconsolo, Virtuosissimi Accademici, nondimeno avrò io ardimento in questo giorno, costituirmi reo di tanta temerità; supplicando però l’esquisitezza de’ vostri giudizi a non fulminare contro di me la sentenza, prima che sieno state esposte le mie ragioni. Esamineremo con questo discorso le opinioni antiche circa la gravità, e la leggerezza. Con un altro fra pochi giorni, continuando il paradosso, ci sforzeremo provare la leggerezza assoluta di tutte le cose.

Le Nereidi stabilirono un giorno di voler comporre una Somma di Filosofia. Aprirono la loro Accademia colà ne’ profondissimi fondi dell’Oceano del Sur. Cominciarono poi a scrivere i dogmi della Fisica, conforme facciamo ancor noi abitatori dell’aria nelle scuole nostre. Vedevano queste Ninfe curiose, che parte delle materie praticate, discendevano nell’acqua abitata da loro, e parte ascendevano. Però subito senza star a pensar ciò, che potesse seguire negli altri Elementi, conclusero, che delle cose alcune son gravi, cioè terra, pietre, metalli, e simili, poichè nel mare discendono; ma alcune son leggieri, come aria, sugheri, cera, olio, ed una gran parte de’ legnami, perchè salgono dentro all’acqua. S’elle procedessero temerariamente, o nò, seguitando la semplice scorta del senso, senza correggerla coll’uso della ragione, io non lo [p. 31 modifica]so: so bene, che potrebbero difender la causa loro, con l’esempio riverito di Filosofi venerabili. Io fabbricando poi chimere tra me stesso m’accorsi, che era comportabile l’errore d’inconsiderazione commesso da quelle Donzelle marine, le quali pronunziarono per leggieri molte cose da noi tenute per gravi. Fantasticava coll’immaginazione, e mi dipingeva sopra la testa un altissimo pelago d’argentovivo. Ecco che io son nato, ed allevato nel fondo di questo fluido metallo, conviemmi ora scrivere un Trattato sopra la leggierezza, e la gravità. Subito fatto un tantino di reflessione discorro così. Sono tanti anni, che io pratico in questo gorgo, dove per esperienza continua ho veduto sempre, che bisogna tener legato tutte le sorti di roba, fuor che l’oro, acciocche elle non sormontino, e se ne fuggano verso l’alto. Dunque senza dubbio tutte le cose son leggieri, ed hanno inclinazione per natura d’andare all’insù, tanto l’acqua, quanto la terra, come anco le pietre, i metalli, e in somma ogni altra cosa corporea fuor che l’oro, il quale solo si ritrova descendente nell’argentovivo. Al contrario poi penserei, che la filosofia delle Salamandre (supposto ch’elle abitino nel fuoco) fosse per istabilire ogni cosa per grave, compresavi anco l’aria. Ma passiamo omai dall’immaginazioni astratte, alle verità praticate. Nel primo del Cielo al testo diciassettesimo si definisce così. Grave è quello la cui naturalezza è di andare al mezzo, leggieri è quello, la cui naturalezza è fuggir dal mezzo. Però fra gli Elementi la terra, e l’acqua, che vanno verso il centro son gravi: il fuoco che da quello si parte è leggiero. All’Aria poi è stato dato il privilegio della neutralità indifferente, o per dir meglio, della participazione. Posciache essendo ella stata considerata dal Filosofo nella sua propria sfera, e non in luogo alieno, si è veduto che ella vi sta ferma; però si è concluso aver ella, per principio intrinseco tanto l’andar verso il mezzo, quanto anco il dipartirsi da esso. Queste definizioni potrebbero sembrare ad alcuno poco diverse da quelle, che raccontava dianzi delle Nereidi, approvate dal senso, ma non corrette dalla ragione. Però per purgarle dal sospetto, se si potrà, stimo bene il chiamarle all’esame.

Le Definizioni della Fisica differiscono in questo da quelle [p. 32 modifica]della Mattematica, perchè quelle sono obbligate di addattarsi, ed aggiustarsi col loro definito; ma queste cioè le Mattematiche sono libere, e possono formarsi a beneplacito del Geometra definitore. La ragione è assai chiara, perchè le cose definite nella Fisica non nascono insieme colla definizione, ma hanno di già la sussistenza da se stesse, e si ritrovano anteriormente nella natura. Però se la definizione non si accomodasse precisamente al suo definito, non sarebbe buona. Ma le cose definite dalla Geometria, cioè dalla scienza dell’astrazione, non hanno altra esistenza nell’universo del mondo, fuor che quella, che gli conferisce la definizione nell’universo dell’intelletto. Così quali saranno definite le cose della Mattematica, tali puntualmente nasceranno insieme colla definizione istessa. Se io dicessi il Cerchio è una figura piana di quattro lati eguali, e quattro angoli retti, non sarebbe mica cattiva definizione; ma converrebbe poi in tutto il rimanente del mio libro, quand’io nominassi cerchio, intendere una certa figura, che da altri è stata detta quadrato. Chi dicesse nella Fisica il Cavallo è animal ragionevole, non meriterebb’egli titolo di Cavallo? Vedasi dunque prima diligentissimamente, se il Cavallo sia animal ragionevole sì, o no, e poi definiscasi conforme egli sarà, acciò la definizione fisica si addatti col suo definito, e non abbia da numerarsi fra le difettose.

Ma ritorniamo alla considerazione del nostro Testo. Grave è quello, che va all’in giù verso il mezzo. Io l’ho caro. Qui, cosa certa è, che quella parola grave significa un corpo, il quale non vada in giù per accidente, ma abbia principio interno di gravità. Bisogna dunque, che tutte le cose le quali discendono, abbiano principio intrinseco di gravità, altrimenti la definizione discorderebbe dalle cose definite. Ma chi mi assicura, che la terra, ancorchè si veda manifestamente andare all’ingiù, abbia questo principio intrinseco di gravità? forse perchè ella si vede discendere? Dunque la proposizione sarebbe fondata sopra il solo giudizio del senso. Troverò ben io un mezzo nel quale ella ascenderà con impeto più veloce che altri non crede. Si chiamerà forse moto naturale la discesa, che fa la terra nell’aria, e moto violento la salita che fa la medesima terra nell’argentovivo, perchè molto più spesso, [p. 33 modifica]ed in maggior quantità si vede discender della terra per l’aria, che salire nel metallo liquefatto? Certo no. Il più, ed il meno, la maggiore, o minor frequenza dell’esperienze, non hanno forza di poter decidere nel litigio di così gran controversia. Mentre dunque non venga dimostrato, che nella terra sia quel principio intrinseco dell’andare all’in giù, io, con buona grazia de’ Testi, riceverò quella Definizione, per una semplicissima imposizione di nome, mutando il verbo dell’essere nel verbo chiamarsi, accomoderò la definizione, per me medesimo, in questo modo, Grave si chiama quello, che discende verso il centro. Ogni volta poi, che e’ si dirà la terra è grave, io lo confesserò ancor io, ma però interpretando sempre, che quella parola grave non voglia significare altro, se non descendente nel mezzo più leggiero.

Che poi nell’aria sieno unitamente la gravità, e la leggierezza (siccome il Filosofo in tanti luoghi afferma) a me pare inintelligibile dal mio poco cervello, ed inesplicabile da qualsivoglia facondia. Interrogherò qualcuno più perspicace di me, se quelle due virtù, che son nell’aria, sieno eguali tra di loro, o pur diseguali. Se risponderà sono eguali; ed io soggiungerò, adunque son nulle, imperocchè due possanze eguali, traenti per la medesima linea retta, al contrario però l’una dall’altra, non posson fare effetto alcuno. Come dunque ha saputo indovinare la perspicacia filosofica, che queste due potenze nell’aria si ritrovino, mentre non posson produrre effetto alcuno per il quale si manifestino? Mi si risponderà forse, che son diseguali. Sia: e pongasi per esempio, che predomini quella virtù la qual tende in alto. Chi ha poi saputo investigare, che e’ vi sia quell’altra contraria minore, la qual tira all’ingiù, mentre non facendo effetto alcuno, vi sta nascosa, e superflua, appunto come se non vi fosse? Se mi saltasse capriccio di dire, che anco nella terra è molto di gravità, ma però qualche poco di leggerezza, con quale argumento si sforzerebbero i Filosofi di convincermi? Se nel fuoco io dirò, che sia molta leggerezza, ma però con qualche poco di gravità, chi potrà giammai persuadermi, che egli sia assolutamente leggiero, senza niuna sorta di gravità mescolata? Forse l’antica Filosofia ha determinato, che l’aria sia natural[p. 34 modifica]mente, e grave, e leggiera, perchè alle volte ella sale, ed alle volte discende? Ma, questo medesimo effetto si vede anco nell’acqua, e nella terra, secondo la diversità de’ mezzi; adunque ancora nell’acqua, e nella terra dovrà esser la medesima mistione di gravità, e di leggierezza, variata solamente nella dose. Concludiamo pure questo punto, che non solo nell’aria, ma ne anco in nessuno degli altri elementi possono ritrovarsi principj diversi di gravità, e di leggierezza, uniti insieme. E stabilischiamo, che volendosi porre queste due cose, gravità e leggierezza, negli elementi, sempre s’urterà in qualche scoglio d’inesplicabil difficultà.

Tentiamo ora di provare, che gli elementi (considerati tutti insieme) non possono aver in se principj intrinsechi di movimento diverso, cioè alcuni di essi di andare in su, ed altri di muoversi in giù. Ma o conviene, che tutti sieno assolutamente gravi, o tutti sieno semplicemente leggieri, colla sola diversità del più, e del meno.

Primieramente ciascuno degli elementi si è preso nel Mondo quel luogo, che gli conveniva, non confusamente, ma secondo la proporzione del suo momento interno, o sia di gravità, o di leggerezza. Alla terra come gravissima è toccata la sede vicinissima al centro, all’acqua non tanto grave, si è assegnata la sfera seguente, e contigua alla terrena. Dalla gravità positiva dell’acqua alla non gravità dell’aria, e molto più dalla gravità dell’acqua, alla leggerezza del fuoco, è un passaggio infinito; dall’esser qualche cosa all’esser niente, ovvero dall’esser qualche cosa all’esser meno di niente, è passaggio infinito: adunque il luogo dell’aria, e molto più quello del fuoco, doveva essere infinitamente lontano da quello dell’acqua, per continuar la proposizione nell’ordine dell’Universo. So che altri ricorrerebbe all’ajuto del sognato concavo Lunare, il quale se si ritrovasse in natura, potrebbe far qualche effetto. Ma passiamo ad altri argomenti.

Che di tutti i contrari uno solo sia positivamente vero, e l’altro una piccola negazione, non è opinione nuova, ed anco non è falsa. Certo è, che ella si prova, quando si concedono questi due principj, il primo è, che non debbono moltiplicarsi gli enti senza necessità; il secondo, che indarno si fa [p. 35 modifica]con più cose, ciò che può farsi con meno egualmente bene. Perche dunque porre una nuova qualità, cioè il freddo, se la sola privazione del calore adempisce tutti gli offizi che posson giammai assegnarsi alla posizione della freddezza? A che serve il raddoppiare, per dir così, le qualità dell’umido, e del secco; della luce, e delle tenebre; della gravità, e della leggerezza, se la natura colla sola posizione d’una di queste contrarietà, conseguisce immediatamente la sua contraria?

Comunque ciò sia, spero d’aver ancora tanto da poter in qualche modo provare, che di queste due cose Gravità, e Leggerezza, una sola sia assolutamente, e positivamente vera, e l’altra una semplice privazione di quella, ed un vocabolo immaginario. Se la natura avesse impresso nella terra l’istinto dell’andare in giù, e di aderire al centro, ma nel fuoco il desiderio di sollevarsi in su verso la circonferenza, verrebbero senza dubbio gli elementi, ad aver dentro di se principio intrinseco di separazione, e disunione. Se con isforzo continuo s’affaticano per separarsi la terra, e l’acqua, dall’aria, ed il fuoco dalla medesima aria, bisognerà pur ricorrere per isfuggire il pericolo della discontinua continuazione del mondo (assurdo orribile) converrà dico ricorrere alla forza del vacuo, o d’altro tale, acciò si mantenga la connessione della natura, e l’unione degli elementi.

Ma perchè ricorrere al vacuo? (il quale, per mio credere, non ha forza alcuna, e si da senza veruna repugnanza e piccolo, e grande) se la natura con un solo, e semplicissimo decreto, poteva rimediare al pericolo di tanto inconveniente. Facciansi tutte le cose gravi, ovvero tutte leggieri, che così necessariamente ne seguirà la perpetua continuazione degli elementi, senza introdurre la necessità d’altra sorta di legame.

Fin quì s’è veduto, che la filosofia antica, a similitudine delle Nereidi, dichiarò per gravi quelle cose, che tali forse non sono, ma tali però appariscono al senso. Che poi la terra, e l’acqua sieno assolutamente gravi, si è veduto ciò non seguitare in virtù della definizione. Nella Mattematica quale sarà la definizione, tali bisognerà che sieno le cose definite. Nella Fisica ancorche si definisca per grave ciò, che discende, non però ciò, che discende necessariamente sarà grave. La [p. 36 modifica]Natura non muta leggi, mentre gli uomini formano i decreti. Che nell’aria sieno le due virtù di gravità, e di leggerezza, ciò si è veduto impossibile, non potendo quelle esser ne eguali, ne diseguali. Che degli elementi alcuni sieno gravi, ed alcuni leggieri, si è veduto esser opinione, la quale ha in se altrettanto di ambiguità, quanto ha sempre avuto di seguito, e d’applauso: però da noi si è posta da parte, come perniciosa alla continuazione degli elementi, e produttrice di assurdi nella natura.

Restano gli altri due concetti, che ogni cosa sia grave, ovvero ogni cosa sia leggiera.

Io in una delle prossime tornate seguitando il discorso delle mie leggerezze, mostrerò, che le dette due opinioni stanno bilanciate, ed equilibrate con ogni egualità, senza un minimo vantaggio tra di loro, a segno tale, che io stimo totalmente impossibile potersi alcuna delle due opinioni, con assoluta, e necessaria dimostrazione provar per vera, o convincere per falsa. Certo è, ch’io non ho saputo fin ora trovar argomento, o sperienza alcuna, la quale necessariamente convinca la gravità, o la leggerezza delle cose. Esporrò la mia opinione paradossica, che tutte le cose create sieno leggieri, con isperanza, che confesserete esser almeno nel mio cervello quella qualità, che negherete essere negli elementi.